CASERTA – Sono stata particolarmente colpita dalla notizia che un mio compagno di scuola, il dott. Vincenzo D’Angiolella, allievo del Liceo Classico “Domenico Cirillo” di Aversa (CE), sia diventato titolare della cattedra Charles ed Ethel Barr per la ricerca sul cancro dell’Università di Edimburgo (vedi link https://institute-genetics-cancer.ed.ac.uk/research/research-groups-a-z/d-angiolella-group).
Saranno trascorsi circa 25 anni dall’ultima volta che l’ho visto: parlavo della fuga dei cervelli della nostra disgraziata generazione e mi è venuto in mente Vincenzo, che sin da ragazzo aveva già chiara la sua passione per la medicina almeno quanto io per la storia dell’arte, benché i nostri esiti siano stati di gran lunga diversi.
L’Italia ha proprio difficoltà a trattenere i suoi figli migliori e – vivadio! – Vincenzo l’ha capito in tempo che per poter riuscire nella sua passione ed essere apprezzato in Italia non ci doveva rimanere … Non come me, ostinata fino alla morte, proprio come Domenico Cirillo, il medico intestatario del nostro liceo.
Impiegato a 36 anni nel 1777 come medico alla corte di Maria Carolina d’Asburgo, Domenico Cirillo (Grumo Nevano, Napoli, 1739 -1799) era tra i personaggi di corte abilitati ad accedere alle stanze private della regina, proprio come le sue dame di corte: la pittrice e moglie del Maggiordomo Maggiore Clara Spinelli di Belmonte Pignatelli (Napoli, 10 gennaio 1744 – 18 febbraio 1823), Livia Carafa di Roccella e la sua bibliotecaria Eleonora de Fonseca Pimentel. Per cui me lo immagino aggirarsi dal 1782 anche nelle stanze della Reggia di Caserta.
Lungi dall’essere un giovane medico privo di esperienza, Cirillo aveva viaggiato in Inghilterra e Francia, dove aveva fatto amicizia con Denis Diderot che in quegli anni andava scrivendo il Dizionario delle Arti e delle Scienze.
Tra i temi più in voga al tempo non vi era il cancro ma l’acqua, che si andava imponendo non solo per fini igienici ma anche curativi. A tal proposito Cirillo aveva scritto due testi: De aqua frigida e Riflessioni intorno alla qualità delle acque che si adoperano nella concia dei cuoi (1784), dove si espresse a proposito dell’accusa mossa dalla facoltà di medicina ai conciatori di Santa Maria Capua Vetere, accusati di inquinare l’acqua con le loro pratiche.
Gli studi di diverse malattie e dei relativi farmaci, gli fecero meritare l’ingresso nella Royal Society di Londra e lo splendido ritratto di Angelica Kaufmann, conservato al Museo di San Martino a Napoli, che nel 1782 lo volle così ringraziare di averla curata.
Glielo regalò dopo averlo invitato a far colazione con lei nel Palazzo Francavilla Sessa di Napoli, dove la pittrice delle Regine – Maria Antonietta di Francia e Maria Carolina di Napoli – era andata ad abitare con il pittore di corte di Ferdinando IV di Borbone, Jackob Phillip Hackert, che era stato guarito da Cirillo già nel 1770, quando era venuto a Napoli per la prima volta al servizio di Lord Hamilton.
Nato da una famiglia di lunga tradizione nell’esercizio della professione medica e nell’interesse per le discipline naturalistiche, ereditò parte della collezione del farmacista Ferrante Imperato (Napoli, 1550 – Napoli, 1631), che aveva allestito un pregevole museo presso la sua casa di Palazzo Gravina a Napoli. Il museo divenne uno dei più noti in Europa e fu visitato da numerosi studiosi, arricchendosi della corrispondenza e degli scambi di campioni con altri naturalisti europei.
Laureatosi in medicina nel 1759, Cirillo fu prima docente universitario di botanica fino al 1777 e poi di medicina, curando la famiglia reale e buona parte dell’aristocrazia napoletana.
Nell’ambito degli studi botanici, si occupò di studiare piante come il platano, l’olmo e il papiro acquatico. Un botanico inglese, per la stima che nutriva nei suoi confronti, gli dedicò addirittura un genere botanico: le Cyrillaceae.
Particolarmente propenso alla ricerca, Cirillo si concentrò in campo medico soprattutto sulla cura delle malattie veneree (1780 – 1783), a cui il re Ferdinando IV di Borbone andò spesso soggetto per via delle sue numerose scappatelle (che oggi con tanta leggerezza si fanno!), ottenendo un discreto successo, tanto che i suoi studi furono tradotti e diffusi anche a Lipsia e a Vienna (1790-1791).
Dopo la caduta della repubblica, fu rinchiuso con altri repubblicani nelle prigioni di Castel Nuovo e Castel Sant’Elmo e, rifiutatosi di chiedere la grazia, fu condannato a morte, mentre la sua abitazione venne incendiata e saccheggiata: andarono, così distrutte le collezioni botaniche e zoologiche, la biblioteca e diverse opere inedite, oltre ai manoscritti del padre Nicola Cirillo, docente di un altro importante medico regio: Francesco Serao.
Cirillo fu impiccato il 29 ottobre 1799. Un suo busto, scolpito da Tommaso Solari (Napoli, 1744 – 1823), si conserva all’Ospedale degli Incurabili di Napoli, di cui fu direttore.
A lui si deve l’applicazione del Systema naturae di Carlo Linneo (1707-1778) nella classificazione delle piante, già apprezzato da Jean Jacques Rousseau, per il quale si servì delle illustrazioni del pittore tedesco Georg Dionys o Dionysius Ehret (Erfurt, 1710 – Chelsea, 1770), membro dal 1757 della Royal Society di Londra e disegnatore delle piante dei giardini reali di Parigi, a cui si ispirerà certamente Hackert nel suo approccio naturalistico alle specie botaniche; anche perché il pittore ai suoi esordi aveva potuto studiare botanica nel giardino di suo padre a Berlino. La sua tecnica preferita fu quella degli acquarelli su pergamena.
Nel 1788 Cirillo conobbe Giambattista Bodoni (1740 – 1813), celebre tipografo direttore della Tipografia Reale di Parma, invitato a Caserta da Francesco Daniele, antiquario di San Clemente e bibliotecario regio dal 1807 al 1812. Lo stampatore giunse alla Corte di Napoli in compagnia dell’abate Fortis, un celebre naturalista, guadagnando molte committenze di pregiate edizioni di volumi, come quella di Giuseppe Saverio Poli, educatore del piccolo Francesco I: Testacea Utriusque Siciliae eorum historia eta natome tabulis aeneis illustrata a Josepho Xaverio Poli Serenissimi Regii Siciliarum Principis Institutore, Parmae, ex Regio Typographeio, 1791– 1829. Ancora pubblico’ Cyperus Papyrus, Parmae, in aedibus Palatinis, 1796, studio sul papiro dello stesso Domenico Cirillo, che chiese a Bodoni di stampare il volume con illustrazioni realizzate da lui stesso.
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