
ROMA – È tornato Paolo Sorrentino, dopo aver messo in pausa il suo genio con Parthenope, un film che non mi piacque. Ricordo bene la delusione provata all’uscita dall’anteprima notturna al Cinema Troisi. “Non è possibile, non ci credo” continuavano a rimbombarmi in testa mentre camminavo lungo viale Trastevere. In Parthenope l’unico vero guizzo mi parve il monologo dell’ottima Luisa Ranieri, capace di demolire gli stereotipi positivi su Napoli e sui napoletani. Per il resto, poco o nulla da ricordare. Lì Sorrentino mi apparve smarrito, alla ricerca di un film tutto di testa per dare forma a una mancanza d’ispirazione. A ripensarci oggi, quella “vacanza dal genio” è comprensibile ed è il volto umano di un artista dalla carriera eccezionale.
Tutta altra musica per La Grazia. Qui Sorrentino torna a fuoco e torna a fare ciò in cui è insuperabile: raccontare la vita dal di dentro. Lo fa variando registri, silenzi, sguardi, musica, con un’asciuttezza che mancava al film precedente, senza quelle ridondanze estetico-dialettiche che finivano per soffocare lo spettatore. Di questo film ho amato tutto, persino i tagli improvvisi sul cambio scena: dentro di me gioivo e dicevo “grazie Paolo”.

E poi ritorna l’accoppiata vincente: si riassembla il duo Sorrentino–Servillo. Questi due sembrano avvolti da un tappeto magico che li fa danzare senza bisogno di poggiare i piedi a terra, vanno di flow, di concertazione spirituale. Il modo in cui Mariano De Santis (Tony Servillo), Presidente della Repubblica, allunga il braccio per ricevere la sigaretta quotidiana dal Colonnello (un bravissimo Orlando Cinque); il Papa nero con i rasta che si congeda dal Presidente in motorino come un De Laurentiis qualsiasi; Coco Valori (Milva Marigliano, eccezionale), con il suo ritmo forsennato, unica persona al mondo capace di “scutuliare” emotivamente Cemento Armato, soprannome del Presidente De Santis; gli occhi di Dorotea De Santis (Anna Ferzetti, incantevole), sempre accesi come un falò di Ferragosto.

Sì, lo so. Qualcuno penserà che questa recensione rasenti l’entusiasmo immotivato, citando un regista a caso. Ma concedetemi la libertà di riappacificarmi con un regista che ha la capacità di proiettare il mio mondo interiore su un pannello bianco, facendomi passare dal pianto al riso e dal riso al pianto con la stessa frequenza di un battito cardiaco. Un regista capace di instillare semi di dubbio nelle nostre carcasse di cemento armato, di stenderci la realtà dopo aver macinato chilometri nel caos, di raccontare le ossa rotte di una ricerca infinita incarnandola in personaggi bizzarri, archetipi dei nostri desideri e delle nostre fragilità.
Grazie, Paolo Sorrentino, per essere tornato sulla terra e averci fatto toccare con mano la Grazia: un dono che attraversa i personaggi e che, senza chiedere permesso, per un paio d’ore fai respirare anche noi.

