Napoli e il terzo scudetto, tutta n'ata storia |
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Scritto da Giovanni Maggio |
Giovedì 11 Maggio 2023 14:22 |
NAPOLI - Quando Pino Daniele ha scritto «Napule è», non sapeva che le stava accarezzando l’anima. Quando Diego Armando Maradona è arrivato a Napoli, non sapeva che sarebbe diventato Napoli. Quando il Napoli ha vinto lo scudetto, forse, sapeva di fare la storia, cioè Napoli. Napoli è la storia. Una storia di ritardi di scudetti e di metropolitane (Troisi avrebbe chiesto di scusarli), risolti con la sola forza della passione o con la leggerezza di Lello Arena sulla bicicletta… quella di “Ricomincio da tre”. E sì, perché di ripartenza si tratta. Perché Napoli non si è mai fermata. Avrebbero pedalato, Troisi e Arena, adesso a fatica per i Quartieri Spagnoli, non potendo non constatare una Napoli più matura e consapevole, anche nei festeggiamenti, non più solo folkloristici. Non bisogna infatti confondere gli stereotipi con la cultura. Quella azzurra è una città resistente a un mondo sempre più piatto (ma solo culturalmente, con buona pace dei terrapiattisti) e globalizzato, dove l’osteria è sostituita dagli stessi sapori, all around the world, di un fast food. Non vorrei cadere nel cliché del calciocentrismo di italica natura, né in quello opposto di chi respira questo sport con aria da snob. Come tre è il numero perfetto, si può dire che in medio stat virtus. Il tricolore che si aggiunge alle mille sfumature di Napoli, per tornare a Daniele, è sì riscatto sociale ma, per dirla come Salemme, “Napoli è già una città felice”. Sarebbe compito troppo arduo quello di scandagliare il concetto di felicità, ma basti dire che Napoli è soprattutto consapevole, e vive sulla propria pelle, di non essere perfetta. E si piace così. Il Napoli di Spalletti è un mix di culture, etiche, storie personali e di gruppo. La gavetta e l’attesa di Meret, l’eredità di Kim, l’esplosività del «vice-Vesuvio» Victor Osimhen, la costanza di capitan Di Lorenzo, la freschezza di Kvaratskhelia. Per arrivare alla lungimiranza di Giuntoli e alla fermezza del presidente De Laurentiis. Qualcuno (Cruciani) ha messo in dubbio che sia la vittoria del popolo. “Il c.d. popolo voleva cacciare allenatore e presidente”, ipse dixit. Sono d’accordo a metà. Nella Napoli matura non regna il populismo, è il presidente a decidere; ma l’amore incondizionato che questa città nutre, negli up and down continui, non ha paragoni al mondo. “È stata la mano di tutti”, se il maestro Sorrentino consente. Raccontata così, è “tutta n’ata storia”. |