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Uno sguardo pedagogico sulla mafia nel pensiero di Borsellino e Don Antonello Giannotti PDF Stampa E-mail
Notizie - OPINIONI
Scritto da Antonio Luisè   
Lunedì 20 Luglio 2020 15:34

CASERTA - Sono trascorsi ventotto anni, ma il ricordo è fermo a quell’ieri che non deve essere mai tanto lontano. Lo scorso 19 luglio la comunità civile ha voluto ricordare la figura di Paolo Borsellino caduto in un tragico attentato pochi giorni dopo che uguale sorte toccò al suo amico e collega Falcone. La lotta alla mafia non conosce sosta, si opera sia sul campo delle indagini, della repressione, ma anche su quello non meno difficile delle coscienze. Qui giocano un ruolo fondamentale la Chiesa ed i pedagogisti.

Ne abbiamo parlato con Dott.ssa Anna De Luca, Consulente Pedagogista nei contesti educativi di formazione permanente, specializzata in dipendenze patologiche: strategie di intervento e prevenzione, ma anche esperta in Counselor vittimologico nelle relazioni d’aiuto con le vittime di reati e violenze, competente dell’interdisciplinarità nell’analisi dei fenomeni criminali, esperta in didattica e metodologie per la difesa dei pericoli in rete.

Dottoressa cosa significa parlare oggi di Mafia?

Secondo me significa affrontare la questione dell’emancipazione di uomini e donne  che guardano in faccia il loro più violento avversario: il pensiero e l’organizzazione mafiosa. Una pedagogia meridiana non può non tenere conto della complessità di tale “questione” con le sue modalità ed implicazioni, dovute un pò per insufficienza culturale e un pò per abulia morale.  Solo sporcandosi le mani, in senso  figurato, da un’attenta analisi critica e riflessiva sul rapporto tra mafia e processi educativi  può emergere un pensiero pedagogico coraggioso, in grado di restituire  e tracciare orientamenti  al mondo della formazione in opposizione  al contesto della sub cultura mafiosa.

Secondo Paolo Borsellino la liberazione del territorio dalla mafia poteva avvenire solo attraverso un movimento culturale e morale che coinvolgendo tutti comprendesse stili di vita ed esempi che una concreta condotta può offrire alla quotidianità.

E’ vero, Borsellino indica la strada dell’educazione per permettere alle giovani generazioni di far propria l’eredità di valori e di sacrificio umano, anche di fatica, che sta alla base della crescita umana, personale e collettiva. Un’ eredità che non può essere semplicemente donata da una generazione all’altra, ma va piuttosto accolta, dall’esserci nell’esercizio quotidiano di una prassi

Che cosa si intende per prassi ?

La risposta può essere data  attraverso  una foto  scattata nel 1992 in Sicilia in una manifestazione “Comitato dei lenzuoli” di resistenza al potere mafioso. La foto ritrae una donna affacciata al balcone nell’atto di stendere il lenzuolo e, al suo fianco una bambina di pochi anni, nell’atto di imitarla mentre tenta di acconciare anche lei sulla ringhiera un fazzoletto bianco a fianco del lenzuolo esposto dalla mamma. Semplice ma di grande significato è il gesto dell’imitazione poiché è capace di restituire l’idea che l’educazione ed essenzialmente prassi e di conseguenza solo l’educazione può imprimere alla liberazione del territorio, fisico e mentale, dalla mafia.

Lei prende spunto da quel che ha scritto Don Antonello Giannotti nella sua  Pastorale della pace per il Mezzogiorno”.

Secondo il presidente della Caritas Diocesana  “la criminalità va debellata fin dentro le radici sociali. La parola  deve tornare ad una scuola davvero, capace di favorire un ingresso dignitoso nella società e nel mondo del lavoro”. E ancora, in altre parti del libro, Don Antonello spiega che  per descrivere la profonda crisi strutturale che caratterizza la scuola nel Sud  e delle sue gravi conseguenze, “bisogna considerare da una parte l’ampliarsi dell’area della povertà nel Mezzogiorno, dall’altra la sempre più grave difficoltà dei soggetti che concorrono a formare la comunità educante, condizionata dallo stato in cui versa la scuola pubblica. La dispersione scolastica, soprattutto in alcune zone del Sud, continua a essere elevatissima, il tempo pieno va riducendosi e l’insuccesso scolastico si lega al rischio di essere arruolati in circuiti di sfruttamento e di criminalità, indebolendo gli sforzi di affermare una cultura della cittadinanza e della legalità”. Dunque, l’amato parroco del Buon Pastore sottolinea come siamo giunti ad un punto di  “grave emergenza che deve essere affrontata subito e con determinazione , perché a rischio vi è il futuro di una parte importante del nostro paese”.

A conclusione di questa riflessione pedagogica possiamo affermare, quindi, che sia per Borsellino che per Don Antonello Giannotti la mafia va a collocarsi li dove esiste un vuoto educativo?

Giusto. La sua possibilità di condizionamento è direttamente proporzionale alla quantità di vuoto presente  a livello di sapere, di diritti, di servizi, di equità, di giustizia, di istituzioni, di società civile, di consapevolezza rispetto alla realtà circostante.

In questo contesto, allora, il ruolo del pedagogista come coach delle coscienze è quantomai importante

In una terra meravigliosa, ma difficile come e’ il mezzogiorno, il nostro impegno è quello di mettere in piedi una pedagogia che si strutturi come forma di impegno sociale, finalizzato ad attivare risposte concrete, risposte vere che sappiano essere di contrasto alla mafia è di conseguenza una attività in grado di colmare in modo coraggioso  i vuoti lasciati troppo spesso dalle istituzioni.