Caserta, il Maestro Antonio Grauso mandolinista ed editore al n.192 Grand Street di New York |
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Scritto da Michele Schioppa |
Martedì 17 Gennaio 2023 17:16 |
CASERTA – La città di Caserta vanta tra le sue eccellenze il Maestro costruttore di mandolini e altri strumenti a corde, nonché famoso liutaio ed editore in America, Antonio Grauso. Ho avuto modo di iniziare a conoscere la sua esistenza attraverso delle richieste di informazioni che mi giungevano da Napoli su Antonio Grauso di Maddaloni che si pensasse essere quello poi emigrato in America. Da lì è iniziata la ricerca. Va detto che la vicina Maddaloni, per omonimia nel campo musicale, ricorda con passione e attenzione le vicende artistico musicali del Maestro Antonio Grauso (Maddaloni 15 giugno 1885 – Maddaloni 2 maggio 1980)[1] e con lui una serie di Maestri di Musica e veri e propri Artisti dello Strumento Musicale, come il mandolino più famoso della Campania: Maestro Alberto Marzaioli[2]. Lo Studio di base di queste maestranze mi è stato utile per avviare lo studio su Antonio Grauso per il quale segnalo l’intervento, l’interessamento e la collaborazione dello studioso esperto e autore di storia e protagonisti della musica Napoletana studioso e autore di studi di musica napoletana Ciro Daniele e del Maestro Antonio Barchetta e della sua Biblioteca Culturale Musicale “A. Barchetta” di Maddaloni e relativo archivio e fondi bibliografici e archivistici di personaggi e artisti della musica napoletana e italiana degli ultimi due tre secoli. Presso la Biblioteca e Archivio Barchetta di Maddaloni sono conservati, catalogati e consultabili migliaia di spartiti cartacei originali e digitali anche dei protagonisti di questa storia biografica che oggi presento. La storia di Antonio Grauso[3] è legata al mandolino, alla cultura artistica e musicale, alla sua epoca, alla migrazione verso il nuovo mondo, all’imprenditorialità e all’editoria, a una eccellenza che non ha di fatto mai tagliato ma tutto al più rinsaldato il legame con la famiglia d’origine, a un sogno. Vediamo nel dettaglio. Il mandolino, nato intorno alla prima metà XVII secolo è spesso associato alla cultura napoletana anche se investigando bene se ne trovano diverse versioni e caratterizzazioni in luoghi diversi e contemporaneamente. Probabilmente quello più noto è proprio quello detto Mandolino Classico[4] o Mandolino Napoletano al cui attivo, e gli spartiti a disposizione lo dimostrano, vi è un repertorio illimitato. Forse ciò è dovuto al fatto che è facile adattare le musiche a questo strumento dalla popolare alla classica, dalla folkloristica al jazz e così via. Esistono composizioni a lui dedicate o comunque adattate come il Concerto per Mandolino in Do maggiore Op.3 n.6 e oppure i due Concerti per due Mandolini ed orchestra di Antonio Vivaldi (1678-1741). Sue noto sono uscite anche dal genio di Beethoven (1770-1827) con Quattro sonatine e non dimentichiamo Mozart (1756-1791) con Don Giovanni. Forse da qui nacque lo strumento di base che nel tempo anche nel napoletano si è evoluto, così come evoluzione ha avuto anche la variante sviluppatasi in America sul finire dell’ottocento e che si è integrata magnificamente nel primo trentennio del novecento. Ma degni di nota sono la versione del Mandolino nordico italiano, detto anche brianzolo, oppure quella del Mandolino portoghese, detto anche bandolim. A seguire le altre versioni europee e non solo. Dunque lo strumento di base c’è, il mandolino. La bravura di un falegname e liutaio, ovvero fabbricante o accordatore o riparatore di strumenti musicali portatili a corde, è qualcosa che parte dalla bravura della famiglia, in cui si registra la professione di falegnami negli atti di nascita e matrimonio consultati per questa ricerca. Una professione resa possibile grazie alla ricchezza di alberi e delle diverse tipologie che offre la città di Caserta, nel cui quartiere Briano prende vita Antonio e la sua famiglia, e si diffonde in tutto il territorio circostante. La bravura di questi artigiani, come altri già dai due secoli precedenti ha reso inestimabile e in quantificabile il patrimonio di oggetti e mobili lignei di Terra di Lavoro, vanto di un intero Paese e Arte. Alla professionalità Antonio associa la cultura di cui è portatrice la sua Città, che ospita la Reggia, probabilmente al tempo un vanto più di oggi, e della vicina Napoli dove probabilmente arricchirà le sue conoscenze e competenze nella costruzione di strumenti musicali e della musica. Si badi, approfondirà perché la sua Caserta di eccellenti artigiani che costruiscono strumenti musicali e musicisti ce ne sono. Però, visto che appena arriva in America subito sembra essere accolto nel laboratorio di Luigi Ricca, costruttore di strumenti musicali, quindi un liutaio napoletano che rappresenta una istituzione a New York, e la garanzia è la sua provenienza da Napoli. Da qui, visto che Antonio Grauso da subito è impegnato da Ricca e poi come leggeremo nel corso del racconto già dopo tre anni firma i mandolini, riportandosi come allievo di Ricca, e considerando che da alcuni studiosi di mandolinisti americani si intuisce che il catalogo di 18 pagine dell’ultimo decennio dell’ottocento di Ricca probabilmente esponga le opere di Grauso, va da sé che una tale fiducia e libertà la si possa dare solo a chi è di fiducia. Fiducia che suppongo possa essere suffragata da qualche raccomandazione giunta dalla città di Napoli, dove appunto ipotizzo che si sia specializzato Grauso prima della partenza per “conquistare l’America”. E si badi, Antonio Grauso per più di un ventennio, a suo modo e nel suo campo, “conquista New York” e non solo, quindi mi si consenta l’espressione che ha “conquistato l’America”. Una conquista che lo porta ad essere citato tra le eccellenze nella produzione del mandolino americano, come indicato nella “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”, del Metropolitan Museum of Art di New York del 2011[5]. Sicuramente è depositario di una cultura e tradizione di Terra di Lavoro e di Napoli e di un bagaglio culturale musicale da poter esportare e diffondere. Non potrebbe essere altrimenti perché il suo bacino di persone di riferimento è quello proveniente dall’Italia, in particolare dalla Campania, e quindi da Napoli, e dal resto del mezzogiorno. Almeno questo era il grosso della migrazione e se quindi non era realmente in grado di trasferire e rappresentare la cultura del suo popolo e la tradizione musicale delle sue origini non sarebbe andato avanti nel settore. La sua utenza era un’utenza d’intenditori dopo tutto. Antonio Grauso come gli altri, che grossomodo dal 1880 ai primi decenni del Novecento in milioni di persone sono giunte a cercare fortuna, sa quali sono i bisogni e cosa può aiutare questa gente che lasciato tutto si potrebbe a trovare a cercare il nulla. Non tutti dopo tutto riescono a realizzare il loro sogno, lui si, e probabilmente ritenendosi fortunato riesce anche a dare più con passione il proprio contributo, mettendo a frutto le sue doti e quindi realizza e inventa modelli di manolino e chitarre ad arpa[6], diventa negozio non solo di strumenti musicali ma anche di penne e probabilmente, come accadeva in quel periodo, tra uno strumento musicale e un libro di musica (e forze anche di americano per italiani) qualche altro oggetto del Paese d’origine era disponibile. Siamo pur sempre nella little italy. Certo Antonio Grauso scopriremo che va oltre, perché apre una fabbrica di mandolini[7] e poi anche di chitarre arpa e non solo e diventa editore di musicisti napoletani e napoletani trapiantati in America. Diventa imprenditore, anche imprenditore musicale e come tale si fa pubblicità sui libri e sui giornali, e nell’articolo lo dimostro ampiamente con tanti documenti inediti. Ma come imprenditore si adegua, forse per adeguarsi agli altri, o chi lo sa?!, alla logica di cercare di ottimizzare il guadagno, forse proprio per sostenere la difficile onerosa e non sempre retributiva editoriale musicale e promozione degli artisti, come suo genero Paolo Bolognese. Infatti, sarà preso di mira dai sindacati per l’aumento del trattamento economico degli impiegati della sua fabbrica di mandolini e chitarre arpa, assecondando però le richieste riconoscendo un aumento del 20% dello stipendio e concedendo mezz’ora di pausa nelle dieci di lavoro contrattualizzate massimo al giorno[8]. È un uomo, Antonio Grauso, che realizzato il suo sogno richiama il fratello Domenico che avrà anche lui un laboratorio fabbrica, oltre a collaborare con lui come liutaio anche se si considererà come un libero professionista. Non abbiamo informazioni certe di altri arrivi da Caserta o da Napoli che lui aiuterà, ma considerato il suo animo e la ricchezza della sua famiglia che aumenterà esponenzialmente con quella Bolognese; infatti, con il genero Paolo troviamo a tavola con Antonio Grauso molti componenti della famiglia di origine del genero Paolo. Da qui sicuramente tanti saranno quelli che arriveranno in America grazie al sogno realizzato da Antonio Grauso. Antonio Grauso è stato un grande anche nella scelta della location del negozio, non solo del quartiere ma proprio dei locali, infatti, va ad occupare i locali appena lasciati dall’Antica Pizzeria Port’Alba di Filippo Milone, ovvero del primo imprenditore ad aprire una pizzeria in America (nel seguito dell’articolo e nelle note che fungono da integrazione e da dimostrazione storico scientifica di questa informazione) e quindi punto di riferimento per la popolazione “made in Italy” e a maggiore ragione “made in Naples”. Le intuizioni di Grauso[9], come nell’articolo si comprenderà, sono continue e sicuramente frutto di una “mentalità” eccezionale tipica del luogo di provenienza. Ora passiamo alla conoscenza più storico scientifica della nostra eccellenza italiana prima ancora che casertana. Nascita a Caserta Il nostro Antonio Grauso, della frazione di Briano, come apprendiamo dalla documentazione d’archivio[10], nasce da Raffaele Grauso (figlio di Vitantonio) ventottenne, di professione falegname, e residente nella strada di mezzo a Briano. La mamma di Antonio e moglie di Raffaele[11] è Geltrude Filomena Giaquinto[12] ventitreenne[13]. Il piccolo Antonio, apprendiamo dalla documentazione d’archivio originale della nascita, nasce alle ore 20 nella casa paterna il 12 febbraio 1858 e sarà battezzato nella chiesa parrocchiale di Santo Vincenzo di Briano dal parroco il giorno 14 febbraio 1858. Raffaele e Geltrude Filomena, dopo il matrimonio del 14 aprile 1855 a Puccianiello di Caserta daranno vita alla seguente famiglia con i figli Vincenzo nato nel 1857[14], nasce il 12 febbraio 1858 il nostro Antonio Grauso, nel 1860 nasce il fratello Domenico[15] che morirà in America il 9 dicembre 1920[16], dunque nasce Giustina sempre a Briano il 1862 a Caserta[17], nasce Antimo nel 1864[18], il giorno 8 aprile 1867 nasce Donato, il 10 gennaio 1869 nasce Filomena[19], il 16 giugno 1870 nasce a Briano Maria Cristina[20], il 19 luglio 1874 nasce Donato che muore bambino il 9 dicembre 1878 e il giorno 19 luglio 1875 nasce Vitagliano[21]. Diversi componenti della famiglia Antonio sono falegnami e nobiliteranno alla massima potenza questa espressione artigianale e artistica al di là della mera citazione dei loro documenti di viaggio verso l’America come “Italian for carpenter”. Dalle annotazioni dell’atto di nascita di Antonio Grauso e dall’annotazione n. 5 agli atti del registro dell’ufficiale di stato civile di Puccianiello, in Caserta, emerge il matrimonio in Casagiove avvenuto il diciassette dicembre 1883 e registrata nel registro degli atti di matrimonio di Casagiove del 1883 al numero 33 tra Antonio Grauso e Maria Carmela Carbone. Circa il registro delle nascite del 1858 vi è una annotazione a margine dell’atto di nascita, dove ribadisce che Antonio Grauso sposò Maria Carmela Carbone[22] (nata il 28 maggio 1855 a Casagiove/Casanova di Caserta e morta a New York il 29 febbraio 1920) il giorno 17 dicembre 1883 a Casagiove. Dalla loro unione nasceranno Concetta (Briano di Caserta 8 dicembre 1884-1976)[23] e Raffaele (Briano di Caserta 21 febbraio 1887 - Briano di Caserta 29 dicembre 1888), Raffaele ( Briano di Caserta 20 febbraio 1889 – non si conosce la data di morte), nel mentre dal 1890 Antonio è in America e con il 1892 tutta la famiglia. Intanto nasce un nuovo figlio Raffale o Ralph (11 gennaio 1895 -1950)[24] e Giuseppe (New York 27 febbraio 1897 - ???)[25]. Antonio Grauso morirà a New York il 22 dicembre 1927 ed è sepolto al Calvary Cemetery. Dal certificato di morte n. 28389 degli uffici dello stato civile di Manhattan risulta ancora residente al 190 di Grand Street[26]. Il viaggio in America Le date possibili dell’arrivo dei Grauso, ovvero sua e della moglie e forse del figlio, in America sono diverse anche se quella più accreditata, o comunque la prima, dovrebbe essere quella del 3 novembre 1890[27] (secondo altra fonte si anticiperebbe al 3 agosto 1890[28]) destinazione Belgravia presso Castle Garden[29]. La Naturalizzazione, invece, avverrà il 25 marzo 1897 come si evince dal registro Petitions for Naturalization From the U.S. District Court for the Southern District of New York, 1897-1944. Non sarà stato l’unico viaggio di Grauso visto che il nostro Antonio Grauso sarà in viaggio anche probabilmente nel 1903, anche se qui ci sono delle controversie. Infatti, troviamo un Antonio Grauso che il 13 marzo 1903 parte da Napoli sulla nave Neckar[30] e giungerà a New York il 27 marzo 1903. Naturalmente, come è noto, la durata del viaggio non era certa in quanto dipendeva da diversi fattori non ultimo i venti e le correnti marittime. Non a caso si racconta anche la difficoltà per i passeggeri di quantificare i viveri che dovevano portare al seguito per il viaggio. Il problema sta nel fatto che questo Anche, qui l’età corrisponde, risulta con la provenienza da Maddaloni e la destinazione presso Domenicoantonio Sarrocco. Se si trattasse del nostro non avrebbe bisogno di avere un punto di appoggio essendo già naturalizzato in America[31]. A metterci ancora più in crisi è la fonte del 1903 che è suffragata da altri riscontri anche se questi creano una interferenza, ovvero quella della provenienza associandolo a Maddaloni[32]. Il riferimento nasce da una citazione che riguarda il genero, anch’esso musicista, ovvero Paolo Bolognese (nato il 7 febbraio 1881[33] ad Altamura di Bari[34] e morì il 18 novembre 1944)[35]. Questi, infatti, il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. I due avranno tre figli: Maria nata l’8 maggio del 1906[36], Domenico (5 ottobre 1907[37]), Domenico (2 febbraio 1909- 1970)[38] che sposerà Filomena Chiarizio[39] (1910-1997) e Carmela (Carmella Erminia) (1912)[40]. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”[41]. Da qui la presenza dei Grauso a Maddaloni, per di più come dicevamo all’inizio dell’articolo, anche in ambito di impegno musicale[42]. Il legame tra Grauso e Bolognese sarà saldo così come si vede dalle citazioni in cui il genero è arrangiatore delle pubblicazioni edite dal suocero[43]. Si scopre nell’articolo un Antonio Grauso poliedrico che lega probabilmente la sua fortuna di editore a figure come quelle di Francesco Pennino e Paolo Bolognese, ma che agli inizi del 1920 edita anche “Marechiare” con versi di Salvatore di Giacomo e musiche di Francesco Paolo Tosti[44]. L’arrivo in America Va considerato che Grauso appena mette piede in America, e quindi a New York si dà subito da fare e mette in mostra la sua arte di falegname, come il padre, nella realizzazione di mandolini e altri strumenti musicali, sarà subito identificato come esperto artigiano e liutaio. A questo si aggiunge la sua conoscenza tecnica e talento musicale. Da qui metterà a frutto le sue abilità aprendo, nel giro di qualche anno, un negozio al n.190[45] (inizialmente)[46] e poi al 192[47] (probabilmente allargando il luogo con la fabbrica e cambiando il civico) Grand Street di New York[48] che in un decennio diventa punto di riferimento con il suo gestore per gli artisti e le persone del settore[49]. Della partenza nel 1903 di Antonio Grauso da Maddaloni lo apprendiamo anche da una citazione che riguarda il genero, anch’esso musicista, ovvero Paolo Bolognese. Questi, infatti, il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”[50]. Antonio Grauso alle dipendenze di Luigi Ricca Dagli studi finora condotti sembrerebbe che Grauso avesse maturato l’esperienza di esperto artigiano liutaio in Campania, regione di provenienza. La sua abilità gli valse la stima del liutaio napoletano Luigi Ricca che lo volle assumere da subito nella sua bottega a Manhattan. Luigi Ricca non è un produttore di mandolini in America di secondo piano in quanto è stato allievo di Joseph Bohmann, un liutaio di Chicago che è storicamente accertato il primo a produrre un mandolino in America. Da un recente studio, storicamente supportato dalle fonti, Sheri Mignano Crawford dimostra sia che Chicago è stata la patria del primo mandolino di fabbricazione americana sia che il produttore è stato Joseph Bohmann[51]. Con il 1882 probabilmente inizia la produzione. Luigi Ricca già famoso mandolinista, con il tempo fa tesoro dell’esperienza di Joseph Bohmann e successivamente apre una fabbrica come liutaio a Manhattan[52] e si occupa di insegnare e perfezionare l’arte di liutaio alle giovani generazioni di liutai come Antonio Grauso che restò poi in zona con il suo laboratorio e Fachutar e Cesare Valisi che si affermarono a Chicago[53]. In particolare, la storica dei mandolinisti americani Sheri Mignano Crawford, riferisce che Antonio Grauso era un famoso operaio di Luigi Ricca che si rende indipendente come liutaio indipendente con fabbriche sia a Manhattan e di nuovo a Napoli[54]. Purtroppo delle fabbriche di mandolini o negozi a Napoli non ho ancora traccia, mentre è rinomata la sua azione sul mercato editoriale della musica napoletana in particolare per mandolinisti, supportata dai viaggi che lo stesso Grauso faceva tra New York e Napoli. Tornando a Ricca e Grauso va detto che il legame fu forte tra i due, nonostante ricca contasse complessivamente oltre 200 impiegati tra le diverse mansioni, e in pochi mesi si ipotizza che Grauso passo dalla realizzazione alla progettazione di strumenti musicali. Si racconta che in pochi mesi realizzò uno dei più belli mandolini bowl back[55], intanto sappiamo che Luigi Ricca nel 1898 sospese la produzione di mandolini per passare a quella del piano e dunque anche Grauso approfitto di questo per passare nella realizzazione di questo nuovo strumento prendendo una pausa dai mandolini (e probabilmente anche chitarre visto che ancora on line sono in vendita questi tipi di strumenti a firma di Antonio Grauso con notevoli cifre). Intanto va sottolineato come Ricca era sul mercato degli strumentisti con un catalogo che contava 18 pagine di strumenti a tasti dove emergeva, dunque, anche la capacità artistica di Grauso. Probabilmente Grauso lavorando per Ricca aveva già iniziato un suo mercato di riferimento, infatti, lo stesso Grauso, sappiamo grazie a una etichetta del 1895 di un mandolino realizzato da “Antonio Grauso & Co”. Nel dettaglio la dicitura dice: “Special Manufact / of/ Mandlins / A. Grauso & Co. / Disciples of L. Ricca/ 1895 / New York”, avvia la sua produzione. Il fatto di indicare “A. Grauso & Co.” Forse collega la sua collaborazione con il fratello Domenico, ma questo è da dimostrare. Questa svolta durò poco per Grauso in quanto Antonio Grauso deciso di lasciare Luigi Ricca e di aprire un suo laboratorio e negozio, cosa che accadrà gradualmente in quegli stessi anni, dove primeggiava la progettazione e produzione di chitarre, mandolini e chitarre arpa. La produzione di mandolini e chitarre ad arpa, a doppio manico a quattro e sei corde rappresenta una eccellenza di Antonio Grauso e tutt’ora collezionisti e on line e storici della musica lo dimostrano. Basta inserire come parole chiavi nei motori di ricerca “Antonio Grauso” e avere già un repertorio di suoi strumenti musicali in vendita o proposti per percepire la sua importanza artigianale strumentale e la sua popolarità[56]. A titolo esemplificativo si rimanda all’articolo di Gregg Miner del 13 gennaio 2013 su harpguitars.net in cui si racconta la genialità di questo artigiano del legno e degli strumenti musicali[57]. Anche sulla sede del negozio, inizialmente, sulla base della residenza si pensava fosse al 190 di Grand Street, anche se la pubblicità lo vedeva al 192 di Grand Street, ma lo studio di indagine mi ha riservato un’altra sorpresa … leggendo l’avvincente romando Storico Sociale “I Misteri di New York” di Menotti Pellegrino con annesso “Il Grande Manuale Internazionale degli annunzi”, edito nel 1903 dalla Tipografia Italiana “U. De Luca & Benedetti” con sede al 144 W. Houston Str., N. Y., subito dopo il capitolo I, prima del capitolo II vi è la proposta di inserzioni commerciali. Ebbene, sorpresa delle sorprese mi ritrovo a pagina 30 l’inserzione pubblicitaria del nostro Antonio Grauso che sembra offra anche il servizio di riscatto degli strumenti musicali. La stessa recita “Antonio Grauso / manufacturer of / Italian mandolins & Guitars / Si vendono Svariati Metodi Italiani per Mandolini e Chitarre, Corde e Penne delle migliori fabbriche d’Italia, Canzoni e Musica di Silvestri ed altri autori. In questa fabbrica si trova qualunque articolo che possa servire alla musica. / REPAIRING A SPECIALITY/ 373 Broome Street New York”[58]. La sede della fabbrica, infatti più che negozio si parla di fabbrica, è coerente con la location dove sappiamo che si trasferirà in questo periodo. Questo dato ci aiuta a capire che probabilmente, nonostante il trasferimento della residenza al 190 di Grand Street per un periodo, almeno fino al 1903 il negozio/fabbrica era ancora al 373 Broome Street. Il negozio che ha reso celebre Antonio Grauso sarà al n.192 Grand Street di New York. Per meglio identificare il suo design e firma, sulle opere, Antonio Grauso ideò anche logo ovvero farfalla iridescente (conchiglia di abalone)[59] che è intagliato sul battipenna di osso di tartaruga del mandolino o stampato all’interno della cassa degli altri strumenti a corda. Dalla pubblicità apprendiamo che con il nuovo secolo i suoi mandolini sono venduti a 23 dollari e, nel rispetto dell’origine e probabilmente anche per dimostrare la qualità della produzione l’etichetta porta due luoghi di produzione, ovvero Napoli e New York[60]. Quella della lavorazione degli strumenti musicali sarà stata probabilmente un’abilità di papà Raffaele Grauso, in quanto si scopre che non è solo Antonio ad avere un negozio New York, infatti, vi è anche quello del fratello Domenico (naturalizzato in America il 7 aprile 1899 e morto nel 1920) anche lui come liutaio free-lance, e che si considerava “creatore di strumenti musicali” e si registra una forte collaborazione tra i due fratelli e si ipotizza anche una collaborazione dei rispettivi figli nel laboratorio. A proposito della famiglia di Antonio Grauso, va detto che con Maria Carmela Carbone ebbero 7 bambini di cui solo 3 divennero adulti, ovvero Concetta e Raffaele nati in Italia e poi Giuseppe nato il 27 febbraio 1897 in America. La musica era di famiglia, infatti, Concetta sposò come richiamato il musicista Paolo Bolognese e Raffaele inizio la professione di macchinista per poi passare a pubblicare con il padre Antonio[61]. Anche Giuseppe era musicista, in particolare portò avanti una brillante carriera di batterista jazz e dixieland (particolare modo di suonare lo stile New Orleans jazz) comparendo con diverse etichette discografiche. Anche Raffaele, figlio di Domenico Grauso, divenne caporale di banda durante la Prima guerra mondiale e anche lui seguì la carriera musicale[62]. Svolta per la famiglia Grauso in Grand Street Con la famiglia in crescita Antonio Grauso trasferisce la famiglia in Broome Street a Bowery; tuttavia, con la nascita del progetto imprenditoriale nel 1902[63] circa decide di trasferirsi in un caseggiato in Grand Street al 190 dove apre il negozio di musica e una ditta di mandolini abbinata. Il quartiere è vicino alla Little Italy[64]. La scelta dei locali del negozio è studiata in quanto il quartiere va sviluppandosi ospitando artisti, attori ballerini, fotografi, musicisti e scrittori. Nel tempo, nel giro di un paio di anni troviamo la pubblicità del negozio al civico 192 Grand Street probabilmente lasciando il fabbricato del civico 190 all’abitazione e al laboratorio, anche se non è escluso il passaggio (considerando l’ampiezza del fabbricato con più piani) al trasferimento nell’adiacente civico. Ricordiamo che ci troviamo nel quartiere Manhattan che con Staten Island è una delle due isole della città di New York a cui si aggiungono ma ben collegati gli altri tre quartieri ovvero Brooklyn, Queens e il Bronx. Sia il fabbricato al civico 190 che quello al civico 192 sono stati costruiti intorno al 1833 e per entrambi esiste una nota storica a cura della commissione per la conservazione dei monumenti di Manhattan datata 16 novembre 2010[65] a firma di Donald G. Presa. Entrambe le relazioni sono riuscito a trovare e sono disponibili on line sul sito governativo di New York city, e sono arricchite di contributi fotografici[66]. In particolare, nella relazione relativa al civico 192 si legge che con il 1910[67] ma, piani superiori del fabbricato erano abitati da due grandi famiglie italiane, riflettendo l'enorme crescita di Little Italy in quel momento. Probabilmente il riferimento è ai Grauso e Bolognese. La proprietà la dovettero probabilmente conservare fino al 1941 allorquando l’edificio fu venduti Irving Maltman di Brooklyn. Antonio Grauso coglie al volo l’occasione di inserirsi in questo scenario di Manhattan, ovvero in questa isola rettangolare che si può percorrerla in lungo e in largo semplice percorrendo la Street e la Avenue, contraddistinte dai civici che ancora oggi ci consentono di individuare il fabbricato dell’abitazione, laboratorio e negozio. In questo scenario culturale Grauso[68] si rese conto, anche in funzione dell’utenza, che il suo negozio e la sua fabbrica di mandolini sosteneva le attività culturali collegate al teatro italiano, concerti, danze e arti letterarie che erano ospitate in loco. Inoltre, il quartiere era anche la sede dell’irriverente settimanale italiano “La Follia” avente come fondatore Francesco Sisca nel 1893 e gestito con i figli Alessandro e Marziale, il secondo caporedattore. Il giornale ebbe una certa presa sugli italoamericani e non solo dal 1893 al 1968. Tra i due Sisca era noto talentuoso Alessandro Sisca conosciuto anche con lo pseudomino di Riccardo Cordiferro, ed era un poeta e paroliere riverito. Tanto per intenderci, Cordiferro fu l’autore della classica canzone “Cor ‘ngrato”[69] che divenne la più amata di tutta la canzone napoletana dopo che Enrico Caruso la incise[70]. Il complesso abitativo era sicuramente centrato, infatti, ospitava anche la famiglia famosa Maiori noti per essere importanti nel teatro italiano per le opere di Shakespeare, in particolare il grande attore di teatro Antonio Maiori, la moglie Arcamona, e il collega Thespian, e i loro numerosi figli vivevano vicino ai Grauso. In questo periodo, così come l’editoria napoletana giunge in America accade anche il contrario con le “Edizioni Grauso”[71]. A tal fine almeno altri due viaggi farà Antonio Grauso a Napoli lasciando a Maria Carmela la gestione del negozio dove c’è anche la giovane Concetta che accoglie i clienti e prende ordinazioni, oltre a saper mostrare i mandolini, discutere delle loro qualità e vendere spartiti musicali italiani. Il negozio dei Grauso oramai fungeva da outlet di fabbrica di strumenti musicali del quartiere più trafficato di Manhattan. In ogni caso il negozio di Grauso con migliaia di immigranti che arrivavano a Ellis Island era per tutti l’incrocio ideale tra Mulberry St e Grand St. Tra i tanti giunti dall’Italia si portò al negozio di Grauso anche il giovane mandolinista di talento Palo Bolognese che si innamorò della figlia Concetta. Antonio Grauso, non solo per il rapporto familiare, ma soprattutto per il talento di Paolo Bolognese[72] decise di fungere da suo editore e questo connubio portò nel tempo a un ottimo business per Grauso e promozione artistica per Bolognese. In quest’ottica, si coinvolse anche la Arto World Roll per la parte in pianola, che venivano venduti anche nel negozio. Negozio dove Grauso continuò la sua arte di liutaio e di artigiano di strumenti musicali anche se la parte editoriale, e soprattutto il legame con Bolognese, favorì lo sviluppo familiare. Tanto è vero che, sul fondo degli spartiti editi, Antonio Grauso inizio ad intensificare la promozione del negozio sia per la produzione che per la vendita di spartiti e di strumenti musicali. Si consideri che attraverso uno studio dell’archivio digitale americano della “Library Of Congress” attraverso il portale “Chronicling America – Historic American Newspapers” in particolare negli anni 1906 e 1907[73]. Le stesse inserzioni presentano diversi strumenti musicali in disegno e poi ha il seguente titolo: “AMA TE LA MUSICA NUOVA? / ANTONIO GRAUSO / 192 GRAND STREET NEW YORK / Vicino alla popolare Mulberry”. A seguire il testo della pubblicità: “Fabbricante di Chitarre Mandole e Mandolini. Metodi italiani e americani per violini Mandolino e Chitarra. Metodi Italiani per Clarino, Cornetta e Trombone. METODI E TRATTATI D’ARMONIA. Assortimento di Corde, Armoniche, Penne ed accessori musicali[74]. Musica dei migliori autori italiani, Canzonette Napoletane e Musica americana. Si vendono e si danno a leggere libri di ogni qualità. Cartoline illustrate. Metodo per Violino del maestro Ferrara. Spedizione per tutti gli Stati Uniti Co O. D. o contro buone referenze. Visitate il negozio del sign. Antonio Grauso e rimarrete soddisfatti non solo per gli oggetti di prima qualità ma anche per i prezzi modici e di assoluta concorrenza”. Grauso diventa editore E sì, Antonio Grauso fu editore musicale e fece tanto strada con questo business[75]. Editori di New York nel primo ventennio del nuovo secolo con Antonio Grauso sono l’Editore Biagio B. Russo, la Partenope Publishing, l’Editore R. Catalano, Ottavio Pagani, Biagio Quattrociocche, Arturo Matacea, Antonio Paololli, l’Editore A. Falsetti[76], naturalmente Onofrio Di Bella[77], Mauro V. Cardilli, Antonio Mongillo e altri[78]. Con la fine del primo decennio oramai Antonio Grauso è editore affermato. Considerato che il mercato di riferimento poteva essere rappresentato dai nostalgici il catalogo iniziale di Grauso era incentrato sulle generazioni di musicisti più datato nell’ambito dei compositori per mandolini. Negli anni dello sviluppo delle “Edizioni Grauso” si calcolano almeno 92 titoli editi da Antonio Grauso a cui si aggiungevano opere di artisti in immigrati in America e per lo più deceduti come Giuseppe Silvestri, Francesco Della Rosa, Frederico Fiorillo, Giuseppe Bellenghi, Giuseppe Branzoli, Antonio Cavolicri e G. La Malfa. A questo si aggiunsero le iniziali 17 composizioni strumentali di Paolo Bolognese e ancora i numerosi arrangiamenti delle opere di Verdi, Mascagni e altri compositori operistici che divennero titoli sempre di moda. Questa ricca produzione attirò anche l’attenzione di artisti locali che vollero farsi pubblicare tra cui Vincenzo Emilio Speciale, Saverio Russo e Domenico Ciolfi. Fino ad oggi si era creduto che la casa editrice di Antonio Grauso doveva essere nata a inizio secolo ed era noto nel 1905 in relazione ai diritti di un’opera di Francesco Pennino. Questa informazione si desume da una citazione di Giuliana Muscio in “Tra nostalgia e memoria: da Francesco Pennino a Francis Ford Coppola” (il grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense è figlio di Carmine Coppola e Italia Pennino Coppola quest’ultima figlia di Francesco).Qui, parlando del poeta e musicista Francesco Pennino (talvolta edito con lo pseudonimo “F. Pensiero” e considerato uno dei più amati compositori italiani) si legge: «Nello stesso anno in cui emigra, il 1905, l’editore Antonio Grauso a New York copyrighted E ‘Ffemmene d’America “canzone allegra, parole e musica di Francesco Pennino, cantata per la prima volta dal conosciuto artista Marcello Mele” in cui racconta in napoletani delle bellezze bionde che si incrociano passeggiando per “Broduè”, ovvero Broadway Avenue»[79]. Ebbene, lo studio d’indagine, la ricerca che ho condotto e sto continuando a portare avanti seguendo il metodo storico scientifico, mi ha fornito, come in tanti altri aspetti che via via si riportano in questo studio, di scoprire , non solo che Antonio Grauso è già indicato come editore nell’anno 1900 ma anche che è editore di se stesso in quanto compositore. Questa cosa ci offre, tra le altre cose, la possibilità di aggiungere alle attività di Grauso, nel mondo artistico musicale anche quella di compositore che si affianca a quella di produttore e inventore di strumenti musicali, attore e naturalmente editore. Le opere edite e coperte da diritti nel marzo 1900 sono “Il Trovatore. Coro di zingari e canzone” con arrangiamento di G. La Malfa, per mandolino e “Miserere ed aria” [80]. Inoltre, a una recente ricerca e scansionatura americana delle opere edite da Antonio Grauso è possibile, come poi più nel dettaglio si vedrà nel corso del testo, evidenziare sue pubblicazioni datate 1903 e non si esclude che i “fogli volanti” su cui editava “macchiette coloniali” e dunque altre opere siano anche antecedenti. Sempre dai cataloghi dei diritti d’autore americani si evidenzia una registrazione capillare dal 1905 al 1928 (si considerati che l’anno della morte è il 1927) mentre vi è un vuoto solo per l’annualità 1922 (ho consultato i diversi cataloghi e non risultano opere edite da Grauso). Come si vede in altro punto dell’articolo con il 1928 si avranno opere in capo all’editore Antonio Grauso e da aprile dello stesso anno Antonio Grauso e figli a dimostrazione che almeno per qualche tempo la famiglia porta avanti l’attività editoriale. Circa l’assenza delle opere antecedenti il 1905 ma edite dallo stesso si presume che con la “stretta di mano” tali opere siano state edite e affidate a Grauso, probabilmente la stessa “stretta di mano” con cui i diritti editoriali passeranno a Ernesto Rossi e da questo a Onofrio Di Bella. Secondo alcuni studiosi Antonio Grauso deve la sua fortuna come editore, infatti, sempre un ‘opera di Pennino, il tango “Senza mamma!”[81] del 1917, registrata con Copyright Office di Washington, inizierà ad essere nota al punto che l’autore la registrerà anche nel 1920 a Napoli. Si badi che ciò succede solo dopo che Grauso nel 1918 la riedita successivamente come rotolo di pianoforte per i pianoforti venduti nel suo tesso negozio, ed è a questo punto che Pennino vende i diritti ad Antonio Grauso ed è con Grauso che il successo prende piede al punto tale che nel 1931 lo stesso Pennino si ricopra da Grauso (ovvero dal genero Paolo Bolognese essendo morto Grauso) i diritti della sua canzone che nel frattempo sta per essere trasformata in sceneggiata data l’enorme popolarità conquistata in terra Americana[82]. Quanto successo con Pennino, e probabilmente anche con altri, oltre che con Paolo Bolognese, dimostra le capacità imprenditoriali nel settore musicale di Antonio Grauso. E si badi che anche l’idea di trasformare la canzone in sceneggiata fu di Grauso c’e già dal 1929 si preoccupò di investigare e di trasformare in sceneggiata l’opera anche a Napoli. Infatti, riporta Muscio “Negli anni venti la sceneggiata era diventata un formato popolare sui palcoscenici napoletani e Pennino potè entrare in contatto con questa esperienza” proprio per interessamento di Antonio Grauso. La canzone sarà poi sceneggiata con Enzo Lucio Murolo e se ne registrarono 62 rappresentazioni[83]. Altri artisti a cui è legato il nome di Antonio Grauso sono il mandolinista romano Alessandro Morelli (1875-1918) e il prof. Giovanni Del Colle (quest’ultimo in particolare per via del famoso testo “suo famoso “No Beer, No Work”)[84] e a quello di Pietro Tesio (1869-1923). Si consideri che l’arrivo in America di Paolo Bolognese, genero di Antonio Grauso poterà questi a fungere da arrangiatore anche di Morelli nel 1909. Sono presenti ancora in rete parti del catalogo del 1920 di Antonio Grauso con la sua ricca produzione che andrà avanti per un altro decennio, almeno fino a quando, come scopriremo tra breve, il catalogo delle musiche di proprietà di Antonio Grauso passerà negli anni trenta nelle mani di Onofrio Di Bella[85] a seguito della prematura morte di Antonio Grauso il 22 dicembre 1927 e per via probabilmente della crisi economica che investe il Paese. Probabilmente la forza e l’inventiva di Grauso se non fosse sopraggiunta la morte gli avrebbe permesso di superare gli anni della crisi visto che a seguire vi è la rinascita artistica e musicale che investe New York e anche il suo quartiere. In questo caso oggi saremmo stati probabilmente qui a raccontare ancora più ampiamente della storia del negozio e dell’editore Antonio Grauso. Il locale una volta chiuso probabilmente sarà sostituito da un ristorante / pizzeria e, caso della vita, seguendo con le foto storiche sul web l’evoluzione nel tempo del fabbricato “al n.192 Grand Street di New York” è tutt’ora occupata da un ristorante, il “Tomiño Taberna Gallega”[86]. Precedentemente all’apertura del negozio da parte di Antonio Grauso[87] il pian terreno dell’edificio che poi ospita il negozio è occupato dall’Antica Pizzeria Port’Alba di Filippo Milone come apprendiamo dal portale di schede storiche americane History collegato al brand History Channel[88]. In ogni caso con il primo decennio del nuovo secolo Grauso edita e/o diffonde canzonette del “La belle Epoque” stilizzate e scritte per tenori e mandolino, oppure per piano e mandolino, ovvero per gli strumenti che esso stesso commercializza, compreso le opere di Pennino che contribuì a diffondere. Il riferimento è a brani che cantati in napoletano hanno successo nel teatro italiano come “Schiaranno Tuorno”, “E ‘ffemmene d’America” e “Lassanno Napule!”. Nel racconto che fa di Antonio Grauso Sheri Mignano Crawford in “Italian Mandolin Heroes in America”, a cui questa descrizione degli anni d’oro fa riferimento, si evince come Antonio Grauso ebbe l’astuzia di collegare le autentiche tristi ballate napoletane, ovvero le classiche canzoni napoletane, a titoli più accattivanti e ottimisti americani. Antonio Grauso aveva stabili contatti con Napoli e con gli artisti napoletani, infatti, lo stesso soddisfaceva sia il mercato italiano (e forse con destinazione europea) che quello americano, e pubblicava canzoni da entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. Nella sua produzione troviamo “Coney Island” di Paolo Bolognese, “Luna Park” di Agostino D’Agostino e dello stesso autore la marzuka “Luna Park” che furono usate per commemorare l’apertura nel 1903 del parco divertimenti di Coney Island, ovvero una sorta di primordiale Disneyland che prometteva viaggi sulla luna e altro ancora come i moderni parchi divertimento. Naturalmente dovendo accontentare le diverse generazioni e gusti, va detto che questi titoli, erano controbilanciati da altri più classici napoletani come quelli della serenata comica “Na serenata A Mulbere avenuta (P’ a figlia ‘e Mistro Ponto)” con musica di G. Leotti versi e creazione, nonché primo esecutore Eduardo Migliaccio (“Farfariello”) ed edita nel 1907 da Grauso. La stessa rientra anche nella “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York”[89]. L’attività editoriale di Grauso andò sempre più ad incrementarsi nel tempo e a editare anche le opere e gli spartiti della tradizione dei tenori napoletani, gli stessi che un tempo si strimpellavano al balcone nei vicoli di Napoli e che con lui, e con la migrazione dei napoletani replicavano le serenate sui palcoscenici intorno a Mulberry Street. Un arricchimento del catalogo che nel 1927 diventa un problema allorquando muore Grauso e probabilmente non c’è interesse in famiglia a portare avanti l’attività e si penserà di sfruttare questo patrimonio mettendo in vendita il repertorio. Su questa scelta, anche perché si basa su colloqui diretti con la famiglia Bolognese/Grauso viene incontro l’indagine condotta da Sheri Mignano Crawford, al cui testo, come detto, ci si ispira per le linee portanti dell’esperienza di Antonio Grauso nel ventennio in cui ha esercitato come editore e come realizzatore di strumenti musicali. La stessa riferisce che vi sono diverse ipotesi sulle scelte che si vollero perseguire. Una riteneva che vi fosse la volontà del genero Paolo Bolognese[90] di vendere il catalogo di musica al padre del suo amico e collega Ernesto Rossi, il quale aveva il suo negozio di musica di fronte a quello di Antonio Grauso[91]. Ci sono diverse riflessioni da fare e al contempo non è del tutto da escludere l’ipotesi, almeno stando alle annotazioni degli studiosi che hanno ripreso la questione. Potrebbe, la stessa, sembrare poco fondata in considerazione che la musica per mandolino di Grauso non rientrava nel business in cui si era specializzato Rossi ovvero la canzone napoletana. Non va comunque scartata l’ipotesi che, essendo nel momento della recessione, Rossi abbia acquista circa nell’arco temporale 1930-1932 i diritti del catalogo di Grauso per poi rivenderli con guadagno personale a Di Bella. Questa tesi trova riscontro nella ricostruzione che ne fa Mark Rotella che pubblica nel 2010 il libro “Amore: The Story of Italian American Song” per l’editore Ferrar, Straus and Giroux in ebook. Qui, riprendendo le vicende dell’opera “Senza Mamma!” di Francesco Pennino (di cui in questo articolo si tratta ampiamente per la questione dei diritti d’autore tra Grauso e lo stesso Pennino), si riporta che nel 1930 Rossi acquista il negozio e gli spartiti, ovvero si presume i diritti d’autore su di essi dagli eredi Grauso, ovvero principalmente dalla figlia Concetta e dal genero Paolo Bolognese[92]. Altra considerazione che viene da fare è che ai fini di un acquisto per gestione personale dei diritti viene ancora meno l’ipotesi dell’acquisto di Rossi in considerazione dell’eventuale interesse a prendere il catalogo per acquisire i diritti di Francesco Pennino, interesse che veniva a cadere, perché nel tempo Pennino aveva fatto scelte editoriali diverse e. infatti, nel 1927 Pennino lo troviamo pubblicare spartiti musicali con il suo nome a Brooklyn. Tra l’altro con la sua edizione Pennino ebbe anche a pubblicare delle opere di Paolo Bolognese, in particolare si ricordano 2 danze strumentali un walzer “Linguaggio amoroso” e una mazurka “Notte D’Aprile”. La tesi più probabile, e che poi trova conferma nelle conseguenze, è che Paolo Bolognese, che da più parti si comprendere essere la persona che ha gestito per la famiglia questa delicata fase, preferisse che copyright del suocero fosse acquisito da un autentico editore di musica e ballo strumentale. Ma gli restava comunque la vendita del negozio e di quanto in esso contenuto. Siamo ancora alla vigilia della depressione americana dopo la morte di Grauso. Dal catalogo delle opere registrate per la tutela dei diritti d’autore emerge che vengono associate all’editore Antonio Grauso opere anche nel 1928 e da questo momento, mentre le prime opere di gennaio (Lingua (La) taliana ; nuovissima macchietta, versi di Tony Ferrazzano, melodia di Raffaele Grauso[93]) riporta l’editore Antonio Grauso da aprile del 1928 (Gente meie ; versi di Raffaele Ciaramella. musica di Giuseppe Manna, of Italy, domiciled at New York) l’editore è Antonio Grauso & son (song), ovvero e figli[94]. E alla fine così avvenne, infatti, nel giro di cinque anni dalla morte di Grauso, siamo tra il 1932 e il 1934, i listini delle opere edite e di cui Grauso deteneva i diritti, e anche i suoi cataloghi degli strumenti musicali furono trasferiti al catalogo di musica di Onofrio Di Bella (fatta salva l’eventuale intermediazione o rivendita di Rossi) e ebbero un nuovo titolo ovvero “Italian Dance Albums”, ed erano conosciuti dai musicisti come i “Red dance folios”, grazie alla loro copertina rossa. Va detto che Di Bella conserva la provenienza del diritto d’autore originario citandolo nelle stampe. Apprendiamo che i titoli delle opere erano organizzati in otto album (probabilmente catalogati con la numerazione generale di Di Bella dal numero 101 al numero 109), ogni album formato da 9 a 12 titoli per un totale di 85. Da questo momento i titoli di mandolino appartengono a Di Bella che concepì il loro uso per arrangiamenti per formazioni musicali di piccole bande. Portata avanti la sua eredità editoriale e di strumenti musicali da Di Bella e grazie alla fama che nel frattempo stava maturando sempre più Paolo Bolognese (grazie molto all’opera di Grauso che in vestì tanto sia sull’artista che sul genero) Antonio Grauso vieni via via dimenticato e con lui anche il suo stato leggendario di liutaio e di editore di musica da ballo per mandolino. Le opere strumentali di Grauso tutt’ora conservano tra i collezionisti e on line, per i suoi mandolini e per le sue chitarre arpe, ancora un mercato con importi di tutto rispetto, mentre probabilmente la stessa sorte non è toccata ai suoi spartiti che probabilmente, quelli che sono sopravvissuti al tempo, potrebbero essere inseriti nel migliore delle ipotesi in qualche archivio o peggio ancora in qualche sottotetto o cantina di eredi di appassionati di musica strumentale e napoletana, che hanno pensato bene di non buttare i cimeli del caro estinto. In ogni caso, la popolarità di Bolognese, forse anche per la passionalità della moglie Concetta, che quel negozio e quelle attività editoriali e strumentali le aveva viste crescere, contribuì a conservare la memoria di Antonio Grauso[95] (impegno portato avanti da tutti i figli), e anche la riscoperta di recenti generazioni di musicisti e mandolinisti italiani della gioia di suonare queste mazurche, valzer e polke dello scorso secolo hanno contribuito al recupero della sua memoria. Per la parte la raccolta di opere edite da Antonio Grauso, o comunque riprese dalle sue edizioni, come nel caso dei diritti acquistati da Di Bella, così come più volte ho fatto cenno in questo ricordo, è necessario ringraziare Sheri Mignano Crawford[96]. Con il suo lavoro è stato possibile estrarre una catalogazione delle opere, opere ricercate, scansionate così da salvare dalla loro perdita[97]. Queste opere salvate unitamente a quelle presenti nei cataloghi dei diritti d’autore americani[98] potranno permettermi di elaborare un elenco pressoché fedele dell’intera produzione editoriale trentennale americana di Antonio Grauso. In chiusura mi viene da proporre alle istituzioni culturali, musicali e politiche casertane nonché ai rappresentanti dell’imprenditoria, un’azione di recupero della memoria di questo casertano che “ha realizzato il suo sogno” ed è riuscito “a conquistare l’America”. A cura di Michele Schioppa [1] Michele Schioppa, Maddaloni, ricordo della belle époque della banda cittadina con il Maestro Antonio Grauso del 25 ottobre 2016 in L’Eco di Caserta (link). [2] Michele Schioppa, Maddaloni, Alberto Marzaioli “violinista”: il più noto mandolino della Regione nel 1929 del 25maggio 2017 in L’Eco di Caserta (link). [3] Directory of Music Industries, edito nel 1911 da Charles A. Daniell, Frank D. Abbott, riporta Antonio Grauso a pagina 17 come produttore “G. & M., guitars and mandolina; Sm. Ins., small instruments” ovvero di chitarre mandolini e piccoli strumenti musicali e a pagina 121 come “MUSIC PUBLISHERS” ovvero editore. In effetti, secondo la testimonianza dello studioso di musica napoletana Ciro Daniele il nostro Antonio Grauso oltre a essere liutaio, editore è anche compositore. Naturalmente appena avrò documentazione a supporto provvederò a integrarla nello studio. [4] Storicamente la sua produzione napoletana risale all'inizio del 600 nella Casa Vinaccia di Napoli, con noti prodotti dai Vinaccia, famosa famiglia di liutai. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a: Anna Rita Addessi, “Il mandolino di tipo napoletano nel Settecento: storia, formazione, ricerca” in “Il saggiatore musicale” del 23 febbraio 2022 (link); Ettore Mariani, “Differenze tra il mandolino Lonbardo e il Napoletano” (link); Cascini Gabriele, “La Musica Manoscritta per Mandolino nelle Biblioteche Italiane” (link); Simona Frasca, “La canzone napoletana negli anni dell’emigrazione di massa” in Altreitalie, luglio-dicembre 2004, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, pagg. 34-51. [5] Jayson Kerr Dobney, “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”. Metropolitan Museum of Art: New York, 2011, pag. 19 (link). Cfr. Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019, pagg. 5 e 13 (link). [6] Per la sua chitarra a 12 corte è citato nella “Vintage guitars: the instruments, the players, the music” edita dalla String Letter Publishing nel 2001, alla pagina 89, nel testo il richiamo + anche a pagina 160 e 161. [7] Si approfitta per riferire che la scelta americana probabilmente era legata al fatto che nel Continente in cui ciascuno è in cerca di fortuna non solo si è andato diffondendo il mandolino ma addirittura si va personalizzando, in contemporanea alla nascita dell’imprenditore Antonio Grauso, anch’esso liutaio, nella realizzazione di mandolini personalizzati. Infatti, ci troviamo a conoscere la figura del liutaio Orville Gibson, del Michigan, titolare di una bottega, che è noto per essere il primo in America ad ottenere il brevetto per un Mandolino nel 1898 (in effetti abbiamo altre registrazione di Americani in Italia nel mentre, come nel 1896 con il brevetto n. 41404 di Merrill N. e Jones A. W. di Pittsburg abbiamo il “Perfectionnements aux instruments de musique du genre de la mandoline” e sempre nel 1898 con il brevetto n. 46877 abbiamo Simpson R. B. e Kaye W. E. di Fort Worth-Tarrant ad aver brevettato “Perfezionamenti nei mandolini” come si evince dalla pubblicazione di Lorenzo Lippi dal titolo “I Brevetti di mandolino in Italia tra il 1870 e il 1930: tra reali innovazione e strategie commerciali” Estratto da “Il periodo d’oro del mandolino” a cura di Ugo Orlandi, edizioni CMI/IMC, Brescia 2017, link). La cosa ebbe successo e così già nel 1902, lo stesso Orville Gibson fondò la Gibson Mandolin-Guitar Manufacturing Company, oggi nota come la Gibson Brands Inc..Il nuovo mandolino si discosta da quello classico napoletano per la forma facendolo assomigliare più a un violino e per la casa che richiama quella della chitarra. Cfr. Luigi Catizone, “IL MANDOLINO: LE ORIGINI E LA SUA DIFFUSIONE” del 27 agosto 2020 in “Dante Alighieri Society Promoting Italian language & culture in Canberra”(link); Redazione Musicoff, “Un metodo per MANDOLINO BLUES, dal Mississippi al Mediterraneo” (link); E.A., “A Napoli anche il Mandolino è Doc Lo strumento più popolare del folklore partenopeo vanta una lunga storia di arte liutaia”del 19 luglio 2020 in Turismo.it (link). [8] Antonio Grauso con la sua produzione di mandolini, chitarre non riusciva da solo, giustamente, come dice fin dal 1895 e poi ribadisce con la “Fabbrica” dal 1903 ha bisogno di operai, e come la presenza di operai prevede il riconoscimento dei diritti e se questi non vengono rispettati si scende in sciopero. Ed è questo che hanno fatto nel periodo tra agosto e settembre 1910 gi opererai delle fabbriche di mandolini e chitarre finché cinque produttori, dove il nostro Antonio Grauso con sede in Grand Street è il primo, seguono i fratelli Favila di Prince Street, Raffaele Ciani di Mulberry Street (risulta che abbia collaborato con loro in un primo momento o comunque da indipendente anche Antonio Grauso unitamente ad A Russo, Anonio Cerrito e Joseph Nettuno. Ciò in funzione al legame che questi avevano con Ricca. Non è escluso che questa squadra di professionisti nel tempo si sia alternata da Ricca a Ciani a Schmidt e nel forum moandolincafe si evidenzia come il mondo della costruzione di mandolini e strumenti negli Stati Uniti è cambiato radicalmente tra il 1905 e il 1915 e tra il 1925 e il 1935), Angelo Monello di East 149th Street, e Antonio Favilla di Mulberry street. Il sindacato ha sottoscritto l’accordo con i cinque produttori in via Elisabetta al civico 35. L’aumento è quello del 20 per cento sul salario e massimo 10 ore di lavoro al giorno con mezz’ora per il pranzo. Degli otto negozio e fabbriche di mandolini e chitarre del quartiere solo cinque hanno accolto l’invito, dopo il tentativo bluff dei produttori di minacciare il sindacato per far tornare subito i lavoratori al lavoro e minaccia di far chiudere il sindacato. I cinque costruttori hanno 43 dei 67 lavoratori del settore del quartiere. Il sindacato si augura che anche gli operai che non sono tornati a lavoro lo facciano presto in funzione dei tre produttori del quartiere che si ostinano a non firmare l’accordo che sono Carluccio di West Houston street, Fred Gretsch di Scot Fourth street in Brooklyn e Oscar Schmidt di Ferry street in Jersey. La trattativa la sta portando avanti il presidente del sindacato Raffaele Bavilacqua. Il quale rifiuta e smentisce che il sindacato giri armato e faccia intimidazioni ai negozianti e produttori. La notizia della cronaca e della firma del contratto è riportata dal “Piano, Organ & Musical Instrument Workers, Official Journal, n. 8 del settembre 1910 (vol. 12), a pagina 4. Il Giornale è disponibile nel portale della Library of Congress (link). Nel Thirteenth Annual Report of the factory inspectors of the State of New York del 1899, a pagina 267 troviamo l’ispezione numero 4644 dove Antonio Grauso è indicato come fabbrica di “Musical Instruments” e ha 14 operai maschi impegnati in 59 ore settimanali e 1 cambio orario e un adempimento segnalato. L’attività è in crescita perché in occasione della ispezione dell’anno 1900 con l’ispezione n. 5275 risulta avere già 19 operai maschi e tre apprendisti minorenne di diciotto anni maschi, sempre 59 ore di lavoro settimanali e tre cambi orari e tre adempimenti (Fourteent Annual Report of the factory inspectors of the State of New York del 1900, a pagina 308). [9] Probabilmente Antonio Grauso, da imprenditore, partecipò all’invenzione anche del marchio Galiano come produttore di chitarra e mandolino su cui si aggira un alone di mistero. Infatti, è probabile che sia nata una sorta di cooperativa di costruttori di New York tra Antonio Grauso e Raphael Ciani (zio di John D’angelico), Antonio Cerrito, Giuseppe (Joseph) Nettuno e distribuito dalla società Oscar Schmidt. Dalle annotazioni e dai commenti vari emerge che etichette A. Galiano, riportano il nome di Ciani, altre non lo riportano. In effetti sembra esistano anche essenzialmente etichette con la sigla AG (da qualcuno confusa con Antonio Grauso). La citazione di Galiano rimanda all’essere stati allievi di Ricca ed eredi dell’arte dei Vinaccia. Da qui l’ipotesi della cooperativa, dietro l’identità di A. Galiano, con la produzione dei quattro liutai. Naturalmente, l’argomento è da approfondire ma ci sono diversi riscontri in tal senso. [10] Registro delle nascite dell’anno 1858, ufficio periferico di Stato Civile a Puccianiello di Caserta, segnatura n. 1/d.146, conservato presso l’Archivio di Stato di Caserta e disponibile on line (Portale Antenati (beniculturali.it)), alla pagina 22 [11] Raffaele Grauso nasce il 1829 da Domenicantonio Grauso mentre non è noto il nome della mamma. Raffaele sposa Filomena Giaquinto a Caserta il 14 aprile 1855 e dalla stessa avrà dieci figli in 18 anni, come riferisce Brin Brophy nella sua ricostruzione geologica sulla famiglia a cui si rimanda (link). [12] Della mamma di Antonio Grauso abbiamo maggiori informazioni. Sappiamo che nasce a Caserta, ovvero a Briano dove resterà anche poi, nel 1835 da Domenico avente 36 anni e da Anna Scialla avente 31 anni alla sua nascita. Abbiamo accennato al matrimonio con Raffaele e alla prole. Sappiamo anche che è morta il 19 maggio 1905 a Caserta, alla veneranda età di 70 anni. Questo potrebbe anche giustificare il viaggio di inizio 1906 di Antonio, magari tornato in Italia per commemorate la madre morta. Sappiamo qualcosa in più anche del nonno di Antonio Grauso da parte di madre, ovvero di Domenico Giaquinto, figlio di Salvatore e Marianna Martino è nato nel 1799, bella stessa città dove sposa Anna Scialla il 30 dicembre 1824, e i due avranno cinque figli in 19 anni. Anche della nonna materna, grazie a Brin Brophy, sappiamo qualcosa, ovvero che nasce da Francesco e Angela Rosa Paparella a Sala di Caserta nel 1804 a Sala e che è morta il 27 dicembre 1879 a Caserta, all’età di 75 anni. [13] Nel libro di Sheri Mignano Crawford dal titolo “Italian mandolin Heroes in America” edito da Zighi Baci Publishing Boyes Hot Spings, Ca nel 2018, a pagina 94, nel paragrafo Antonio Grauso A Grand Luthier in manhattan’s Little Italy si cita la mamma “Gertrude “Tillie” Giaquinta” e si rimanda tale informazione a: “Death Certificate for Domenico Grauso contains marginalia written by his son Ralph Grauso. 9 December 1920”. Sicuramente la trascrizione dei documenti dall’italiano all’americano avrà influito sulla deformazione del nome. Per questa citazione si veda la nota 1 del relativo paragrafo nel libro di Sheri Mignano Crawford a pagina 205. [14] Sappiamo che sposerà a Puccianiello il 9 marzo 1882 Concetta Martino e risulta carpentiere/falegname. Da Vincenzo e Concetta nascerà Geltrude il 15 ottobre 1884 a Briano di Caserta che morirà a soli due anni il 1° maggio 1887. La sua famiglia sarà allietata da una nuova figlia di Nome anna il 12 agosto 1888 sempre a Briano e di un figlio Raffaele il 15 gennaio 1891 sempre a Briano che morirà il 17 luglio 1891. [15] Domenico all’età di venticinque anni sposa Angela Maria Funcellino (nata nel 1861 da Michelangelo e Antonia Di Lella del quartiere di Sala di Caserta) il 5 ottobre 1885 a Caserta. Dalla loro unione nasceranno Raffaele a Sala il giorno 11 ottobre 1886 che morirà il 10 luglio 1888, Geltrude il giorno 8 luglio 1888 a Sala dove morirà il 16 agosto 1889, e Anna il 12 dicembre 1889. Domenico si trasferirà in America e qui lavorerà come competitor e collaboratore del fratello nella costruzione di strumenti musicali e avrà l’allargamento della famiglia; infatti, con la moglie darà la vita a un nuovo Raffaele Grauso nato il 22 luglio 1896 come evidenzia il certificato di nascita n. 34521 del 19 agosto 1896 è disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). Di questo Raffaele si parlerà più avanti in relazione allo zio Antonio e al cugino Raffaele. Sempre questo Raffaele figlio di Domenico si sposerà con Maria Pallama il 25 ottobre 1916 a Manhattan come si evidenzia dal certificato di matrimonio n. 1907 del 12 gennaio 1917 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). Ancora Domenico e Maria Funcellino avranno una figlia di nome Carmela che il 25 marzo 1922 all’età di 21 anni sposa Anthony Vaccaro come si evince dal certificato di matrimonio n. 1254 del 5 aprile 1922 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [16] Si rimanda per i dettagli al certificato di morte n. 31788 del 12 dicembre 1920 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New (link). [17] Giustina ha sposa Vincenzo Ianniello il 2 dicembre 1888 a Puccianiello di Caserta e i due avranno quattro: il 31 marzo 1890 a Briano Rosina Ianniello, il 5 gennaio 1892 a Briano Pasquale Ianniello, il 13 novembre 1893 nasce e muore Michele Ianniello, nasce dunque la figlia Rosa il 29 marzo 1895. Il marito Vincenzo Ianniello nasce da Pasquale e Rosa Cantiello nel 1864 sempre in Briano. [18] Antimo, anche lui di professione falegname, sposa Maria Annunziata del Gaudio a Puccianiello il 9 dicembre1886 e della loro unione nasceranno Geltrude il 6 agosto 1889 e Donato il 1 gennaio 1892. [19] Filomena ha sposato Francesco Batelli il 26 febbraio 1891 a Puccianiello di Caserta poi muore a Briano il 25 maggio 1904. [20] Quest’altra sorella di Antonio Grauso sposa Carmine Villano il 24 marzo 1897 a Caserta. [21] Vitagliano sposa Orlanda Solaro il 18 settembre 1901 a San Leucio di Caserta e dalla loro unione è nato un figlio. [22] Nasce da Giuseppe Carbone e Anna Santillo in Carbone, come si evince dal certificato di morte n. 9305 della Contena di New York 1 marzo 1920 e residente al 192 di Grand Street. [23] Concetta sposa l’8 ottobre 1905 (come si evince dal certificato di matrimonio n. 21619 del 10 ottobre 1905 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York link) il musicista Paolo Bolognese e con lui il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo (Operatori C.R.S.E.C. BA/7), “Saluti dalla Merica- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), Edito dalla Regione Publia, Gradica&Stampa, Altamura (Ba), giugno 2009, pagg. 59, 60 e 88. [24] Esiste il certificato di nascita di New York di Raffello Grauso nato il giorno 11 gennaio 1895 da Antonio Grauso residente in loco al 356 di Broome St. di professione mandolinista e da Carmela Grauso Carbone con il timbro della contea di New York al 23 febbraio 1895 e la registrazione agli uffici del giorno 8 marzo 1895. [25] Giuseppe sarà coinvolto musicalmente, infatti, lo troviamo come arrangiatore nel 1921. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 1 First Half of 1921 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1921, pag. 631. Qui nell’opera “’A mamma è sempre mamma” con parole di Mario Nicolò e musica di Giulio Del Vecchio è arrangiata da Giuseppe Grauso, dunque anche l’altro figlio (oltre a Raffaele che abbiamo già incontrato più volte) è impegnato nel campo musicale. [26] La collezione fotografica “Manhattan 1940s Tax Photos” del NYC Departement of Record & Information Services di New York City Manhattan offre contributi storici che riprendono il nostro luogo nel corso del secolo scorso. Nel period 1939-1940 scopriamo che c’è un negozio di specchi e sulle tre insegne troviamo “Glass”, “A, Maltaman” e “Mirroas” (link della foto del civico 194 del 1940). Ad esempio, dei fotogrammi relativi al civico 190 del 1940 identificano bene l’abitazione e ci fanno capire come in quegli anni, diversamente da quanto è stato possibile riscontrare attraverso altri contributi storico fotografici, il 192 non è destinato a un ristorante o pizzeria ma altra attività. Per i contributi fotografici (che avendo una panoramica ampia riguardano anche i civici adiacenti) per i civici 188-190 dell’anno 1940 (link), il 190 per l’anno 1940 (link) e per il 192 per l’anno (link). [27] Il dato emerge dal passaporto rilasciato ad Antonio Grauso il 12 maggio 1900 n. 23907. Il dato emerge dalla banca dati ancestry realizzata in collaborazione con la National Archives and Records Administration, registro dei passaporti richiesti agli Stati Uniti d’America 1900-1902 pagina 820 (link). [28] Questa possibile data la escluderei in quanto questo Antonio Grauso risulta essere nato il 26 luglio 1864. In una delle schede di arrivi (dalla banca dati di familysearch.org (Index to Naturalization Petitions filed in Federal, state and local court in New York, 1792-1906)) esso risulta di professione carpentiere, naturalizzato in America il giorno 11 luglio 1900, residente in New York al 193 di Mott St.e il suo riferimento e datore di lavoro è Domenico Grauso residente al 191 di Mott St. e di professione “instrument mkr” ovvero “instrumentet muzikore” costruttore di strumenti, probabilmente musicali. Questo Antonio Grauso risulta in ingresso in America a New York il 3 agosto 1890. Dal censimento del 29 aprile 1910, di questo stesso Antonio Grauso abbiamo la composizione del nucleo familiare e residente al 155 di Madison a New York. Ecco la composizione del nucleo famigliare: Nancy Grauso moglie di 46 anni, Tilly Grauso figlia di 19 anni, Rafel Grauso figlio di 22 anni Italy (quindi nato nel 1887/1888 ovvero coetaneo di Raffaele Grauso figlio di Antonio Grauso protagonista di questa storia) Robert Grauso figlio 18 anni. Tutti questi nati in Italia, ora seguono i figli nati a New Jersey, e quindi Mary Grauso di 13 anni, Tony Grauso di 11 anni, Dominick Grauso di 9 anni e Maggie Grauso di 7 anni. [29] Cfr. Sheri Mignano Crawford dal titolo “Italian mandolin Heroes in America”, pag. 94 e 205. [30] “Il piroscafo Neckar, il secondo del Norddeutscher Lloyd con questo nome, fu costruito nel 1899 dai cantieri J. C. Tecklenborg di Geestemünde (scafo N° 172). […] Il 12 maggio 1902 fece il primo viaggio Napoli - New York. […]Il 27 maggio 1910 fece l'ultimo viaggio di ventidue consecutivi tra Napoli e New York”. Fonte Agenzia Bozzo “ARCHIVIO NAVI A VAPORE” link Scheda 166B. Per ulteriori approfondimento portale “Il nonno d'America” voce “Navi : L-M-N”, link . [31] Il tutto si evidenzia dalla lista n. 76 della “List or manifest alien immigrants for the commissioner of immigration) ovvero l’elenco degli equipaggi e dei passeggeri giunti a Castle Garden e Ellis Island. In quest’ultima località probabilmente sarà stato messo in quarantena Grauso prima di entrare nel continente. [32] Nei registri non risulta come già naturalizzato eppure negli elenchi elettorali del 1903 già è a Manhattan, come si evince dalla Transcript of the Enrollment Books - Borough of Manhattan di New York (N.Y.). Board of Elections · 1903 conservato presso la Biblioteca Pubblica di New York. [33] Dal certificato di morte di Paolo Bolognese si evidenzia come data di nascita il 7 febbraio 1881, altri riferimenti (riscontrabili sui portali geneologici richiamati nell’articolo come Familysearch) talvolta è riportata la data del 1871. Sarei propenso a citate per buona quella del 1881. Il certificato di morte n. 8845 del 21/11/1944 è disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [34] Fonte Familysearch (link per albero genealogico di riferimento). Paolo è figlio di Domenico Bolognese e Maria Nasca. Secondo questa stessa fonte Maria Bolognese nasce nel 1905 e Domenico nel 1908. [35] Per la storia di Paolo Bolognese si rimanda a Sheri Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, pag. 95 e seguenti e 125 e seguenti. [36] Inizialmente pensavo che probabilmente per andare a trovare la figlia in Italia dove avrebbe potuto partorire la prima nipote Antonio Grauso avesse fatto un viaggio, come altre volte accadeva anche per questione di affari, e rientrava in America con la nave SS Bulgaria proveniente da Napoli dove erano partiti il 29 aprile 1906 e giunti il 17 maggio 1906 in America. Infatti, coincide l’età, il nome la provenienza, il fatto che non è immigrato l’unica nota stonata (che ritornerebbe quando viaggia, da come si è riscontrato, è che risulta proveniente da Maddaloni. Queste informazioni sono rilevabili dalla lista 242 del registro “List or Manifest of alien passengers for the U.S. Immigration officer at port of arrival. In ogni caso dal certificato di nascita di Maria Bolognese, del 17 maggio 1906 si evidenza che la prima nipote di Antonio nasce in America. Il certificato è il n. 23899 emesso in New York il 17 maggio 1906 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (Link). [37] Questo componente della famiglia lo troviamo nato il 5 ottobre 1907 come emerge dal certificato di nascita n. 53037 del 18 ottobre 1907 e disponibile e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). I genitori sono Paolo Bolognese e Concetta Grauso. Probabilmente morirà nel giro di poco tempo visto la presenza di un fratello nato poi con lo stesso nome. [38] All’anagrafe è Domenico Antonio Bolognese come si evidenzia dal certificato di nascita del 12 febbraio 1909 n. 8160 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [39] Il matrimonio è del 7 febbraio 1932 come si evince dal certificato n. 588 del 10 febbraio 1932 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New (link). [40] Dall’albero genealogico di Familysearch (link) troviamo anche Concetta Bolognese nata nel 1912 che però non è più riscontrata in nessun altro documento e quindi si presume morta. Non sappiamo se gemella o nata solo nello stesso anno della sorella. [41] Cfr. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo, “Saluti dalla America- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), pagg. 59, 60 e 88. Bolognese e la moglie Concetta Grauso sono presenti nell’elenco degli emigrati di Altamura a dimostrazione che provenivano da tale località. [42] Nello studio su Grauso Antonio sono emersi casi di anonimia come quello di un tale Grauso Antonio che per anagrafica potrebbe essere quello che ha viaggiato nel 1903 e da qui il riferimento del biografo che ha trattato bolognese potrebbe essere caduto in errore. Del resto, a volte alcune ricerche possono portare a imbattersi nella persona sbagliata, ma la costanza nella verifica delle fonti consente anche di correggersi e puntare sull’indagine della persona giusta. Questo omonimo Antonio Grauso nasce a Maddaloni il 6 agosto 1863 da Giacomo (figlio di Domenico) di anni trenta di professione scalpellino e da Filomena Iovana ventiseienne alle ore ventitre e che è stato battezzato nella chiesa di Santa Margherita il 7 agosto 1863 (Registro Nascite Comune di Maddaloni anno 1863 n. d’ordine 422.). Il nostro Maestro Antonio Grauso, con annotazione di professione scalpellino, il 4 dicembre 1890 si sposerà con rito civile davanti all’assessore Federico Farina (delegato del sindaco) con Margherita d’Alessandro ventisettenne maddalonese figlia di Giovanni e di Luigia Cioffi (Registro Ufficio Stato Civile, Atti di Matrimonio, Parte I, Comune di Maddaloni anno 1890 n. d’ordine 155.). [43] Il legame tra Grauso e Bolognese sarà saldo così come si vede dalle citazioni in cui il genero è arrangiatore delle pubblicazioni edite dal suocero. [44] Per la documentazione d’archivio si rimanda a IC Internet Culturale Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane link. [45] Una versione della mappa della città grosso modo di quel periodo, e precisamente del 1885, con la specifica di questo civico 190, è disponibile on line al link. [46] Dal censimento del 1 giugno 1905 Antonio Grauso e la moglie Carmela e i figli Concetta, Raffaello e Jopseph abitano al 190 di Grand Street e nello stesso civico abita anche la famiglia di Antonio Maiori, attore di cui si riferirà più avanti. Dal censimento della popolazione residente del 18 aprile 1910, al Grand Street al civico 190 risultano residenti Grauso Antonio, Grauso Carmela (la moglie porta il cognome del marito), Ralph (Raffaele) e Joseph (Giuseppe) e ancora Bolognese Paul (Paolo) e la consorte Concetta con i figli Maria e Domenico. Ciò è evidente al foglio 201 del registro “Thirteent census of the United States: 1910 – Population” per New Yor a cura del Departement of commerce and labor bureau of the census. È interessante vedere come Antonio Grauso risulta per l’occupazione proprietario di un negozio di musica e Paolo Bolognese musicista di genere teatrale. Solo come musicista sarà poi presente nel censimento del 1° giugno del 1915 in cui lo troviamo in altra residenza con la moglie e figli. Infatti, da altra documentazione di archivio di quel periodo di New York emergerebbe che entro la fine del 1910 la famiglia Bolognese Grauso era residente a Ward 14 di Manhattan New York. Nel censimento del 17 aprile 1930 di New York, alla pagina 2019, troviamo che Paolo Bolognese è naturalizzato nel 1903 ed è Direttore di Banda Musicale come professione. Dai documenti vari di residenza e censimento (consultabili attraverso la piattaforma di genealogia Ancestry e Familysearch, emerge che Concetta Grauso era arrivata in America, prima dell’arrivo con coniuge e figli del 1903, già nel 1887 all’età di due anni e poi nel 1892. [47] Una versione della mappa della città grosso modo di quel periodo, e precisamente del 1885, con la specifica di questo civico 192, è disponibile on line al link. [48] Per l’evoluzione del negozio e delle sue attività si rimanda al dettaglio di Sheri Mignano Crawford in “Italian Mandolin Heroes in America”, in particolare nelle pagine 30, 92, 94 e seguenti, 146, e 194. Ed ancora in quarta di copertina si legge: « What an amazing time to be alive as a mandolin player! Now, thanks to Sheri’s book, musicians can experience what it must have felt like to stroll along the streets of little Italy in the early 1900s. We can pop into Antonio Grauso’s factory to audition a guitar or a Neapolitan mandolin. No longer do we need to imagine what it must have been like to take a lesson from a virtuoso such as Maestro Stellario Cambria. For the first time, we glimpse the incomparable knowledge of Italian musicians who introduced mandolin composition, performance, and instrument building to America. Mike Guggino, Mandolinist, Grammy Award-winning bluegrass band, Steep Canyon Rangers ».Dove spicca il passaggio qui tradotto: « Possiamo fare un salto nella fabbrica di Antonio Grauso per fare un provino a chitarra o un mandolino napoletano». [49] Per dovere di cronaca va detto che una concreta conoscenza dell’esperienza di Antonio Grauso in America la si deve allo studio di Sheri Mignano Crawford in particolare con il libro “Italian mandolin Heroes in America” (a cui si rimanda nel testo quando mancano ulteriori esplicite citazioni documentali) e grazie anche agli spunti derivanti da questa pubblicazione, integrati dalle ricerche d’archivio, bibliografiche e giornalistiche il presente contributo si pone come possibile sintesi sulla figura del professionista musicale Antonio Grauso. Certamente lo studio prosegue perché non lo si può ritenere del tutto esaustivo. [50] Cfr. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo, “Saluti dalla America- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), pagg. 59, 60 e 88. ÂÂ [51] Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019 (link). L’autrice e maggiora esperta di mandolinisti americani riferisce che il primo liutaio americano a costruire un mandolino in stile napoletano o di qualsiasi tipo mandolino per quella materia è Joseph Bohmann, che nasce a Neumarkt, Boemia nel 1848. Lo stesso viaggiò in America subito dopo la guerra civile e divenne noto come famoso liutaio di Chicago con forti legami con il violino comunità e la tradizione classica viennese. Si consideri che, nel 1876, la famiglia di Bohmann passò da ebanisteria alla costruzione di strumenti musicali e questa cosa favorì Joseph Bohmann. A Natale del 1880 Joseph Bohmann annuncia l’apertura ufficiale della sua fabbrica di strumenti musicali al 119 North Clark Street. Non costruisce ancora mandolini ma li ripara.ÂÂ [52] Nel circondario newyorkese con l’inizio del 900 ci sono famosi liutai oltre a Luigi Ricca e Antonio Grauso, spesso nella ricerca sono emersi Angelo Mannello, Raphael (raffaele) Ciani (zio di John D'Angelico), Nicola Turturro e altri. [53] Altri allievi famosi di Ricca e colleghi di Grauso sono C. Biggio A. Russo. [54] Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019, pag. 13 (link). [55] Cfr. Jayson Kerr Dobney, “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”. Metropolitan Museum of Art: New York, 2011, pag. 19. [56] Come richiamato nel testo si suggeriscono dei link di portali con queste parole chiavi: bing.com link e google.it link volendoci fermare a due dei più rappresentativi. [57] Per leggere l’articolo si rimanda allo specifico link. Qui, l’autore, nell’articolo parla della sua esperienza di storico della chitarra arpa e collezionista e afferma di avere scoperto da poco Antonio Grauso, liutaio italiano a New York negli anni ’20, e che la scoperta è avvenuta grazie alla segnalazione dello storico della chitarra Lynn Wheelwright. E che dopo questa scoperta ha iniziato a notare la notorietà di Grauso e da lì a poco scoperto restauri di strumenti di Grauso a cura della bottega di Giovanni Bernunzio. Ne fa anche un elogio circa lo stile produttivo e decorativo. Con il video “Antonio Grauso Harp Guitar” sul canale Youtube (Bernunzio Uptown Music) è possibile vedere e ascoltare la chitarra arpa all’opera (link). [58] Naturalmente il libro da cui è tratta l’inserzione pubblicitaria, ovvero Menotti Pellegrino “I Misteri di New York” - “Il Grande Manuale Internazionale degli annunzi”, New York 1903, è disponibile sul portale americano della Library of Congress (link). [59] On line e anche nel forum di mandolincafe (link) ci sono mandolini con la farfalla che rappresenta la firma e design di Antonio Grauso ma come prodotti da Luigi Ricca e con rilievo in metallo con le lettere L R intrecciate nella parte bassa della casa sul davanti. Questo supporta la tesi secondo la quale siano in giro opere di Grauso con la firma di Ricca che si ricorda è arrivato ad avente ben 200 operai alla sua dipendenza nella produzione di strumenti musicali. [60] Del resto, è noto che Antonio Grauso (trentanovenne di Briano di Caserta, sposato di professione falegname) comunque periodicamente era in Italia come dimostra il rientro in America del 23 settembre 1897 con la nave FULDA proveniente da Genova (cfr. castlegarden.org/quick_search_detail.php?p_id=9316210). Registri di immigrazione o Liste dei passeggeri sbarcati nel porto di New York, prima a Castle Garden e poi a Ellis Island, compilati dalle autorità locali tra il 1820 e il 1912. U.S. National Archives & Records Administration conserva i registri compilati nei porti americani nel periodo 1800-1959. La visita a Napoli era legata a un bisogno di famiglia più che altro, infatti, nell’estate del 1897, appena nacque il piccolo Giuseppe, mentre Maria Carmela Carbone restò in America per riprendersi delle fatiche del parto e curare le attività connesse all’esercizio commerciale, che nel frattempo è stato aperto o è in fase di apertura (ma non si ha dato certo rispetto a questa notizia e neanche l’iniziale location) Antonio Grauso con Concetta e Raffaele vanno a Napoli per far visita ai nonni con i nipotini e per stabilire le partnership a Napoli sia per la produzione di strumenti musicali che per la parte editoriale pubblicistica delle opere musicali. Visto il progetto del negozio probabilmente la seconda motivazione era anche più determinante della prima. [61] Per le opere musicali pubblicazioni edite con il padre si segnala “Suffragette” del 1911, “O Sciopero d’ ‘e Marite” edito con le “Edizioni A. Grauso”. Raffale fu compositore dell’“Inno dei Fascisti all’Estero” del 1938 dedicato ai fascisti viventi all’estero. Si aggiunge che “Suffragette” era un spettacolo di burlesque scritto a due mani (forse con il padre) in due atti. Spesso nelle ricerche sono emersi sia Raffaele che Ralph Grauso, io credo che nel primo caso, quindi Raffaele, il riferimento è al figlio di Antonio che sarà naturalizzato in America. Nel secondo, quando si parla di Ralph si dovrebbe intendere il figlio di Domenico nato in America. Va da se che potrebbero anche aver americanizzato il primo Raffaele, però il dubbio mi viene perché in alcuni cataloghi sui diritti d’autore delle composizioni (di cui si vedrà più avanti) sono indicati entrambi e quindi si intuisce che siano due persone distinte. Per l’Inno dei Fascisti all’Estero si rimanda a Catalog of Copyright Entries 1938 Musical Compositions New Series Vol 33 Parte 3 New Series, Volume 33 For the Year 1938 Nos 1-12, United States Government Printing Office, Washington 1939, pag. 367, 1944. [62] Secondo alcune fonti potrebbe essere anche lui il compositore dell’“Inno dei Fascisti all’Estero”. [63] Nei rapporti annuali delle ispezioni di fabbrica di New York Antonio Grauso risulta già presente dal 1899 e negli anni a seguire. [64] Ci troviamo nella prima “Little Italy” quella che occupava lo spazio della parte bassa di Manhattan, che aveva avuto avvio nel 1840 occupando il quartiere di Five Points. Il quartiere Five Points divenne in breve sovrappopolato, il che conseguì malattie e criminalità, comportando il trasferimento dal posto dei residenti di classe media, lasciando sul posto molti poveri, per lo più immigrati. La sua vera invasione avvenne da parte degli italiani nel periodo 1880 – 1920. In questo quarantennio arrivarono in America oltre quattro milioni di italiani, di cui decine di migliaia risiedono nella sola New York City; altri alloggiavano in una zona di Five Points chiamata “Mulberry Bend” che con il 1897 diede vita a Mulberry Bend Park, l’odierna Columbus Park. È in questo contesto territoriale che Antonio Grauso spopola, in questo territorio e in questo momento la Little Italy raggiunse il suo picco di popolazione, ed è stato accertato che quasi 10.000 italoamericani vivevano in un’area di circa due miglia quadrate. Con il tempo tanti iniziarono a trasferirsi in altre località con predominanza italiana come l'“altra” Little Italy nel Bronx; o a Bensonhurst e Bay Ridge a Brooklyn e in Staten Island. Per le fonti e approfondimenti si rimanda all’articolo “When Little Italy Was Big” in https://www.thirteen.org/program-content/when-little-italy-was-big/ . [65] Dalla relazione relativa al civico 190 si legge che nel 1900 vi erano quattro appartamenti e di questi tre erano occupati da italiani e uno da tedeschi e nel 1910 tutti da italiani. [66] Per la relazione relativa al civico 190 il link diretto del documento è http://s-media.nyc.gov/ ÂÂÂ agencies/lpc/lp/2411.pdf, mentre per la relazione relativa al civico 192 il link diretto del documento è http://s-media.nyc.gov/agencies/lpc/lp/2412.pdf. [67] Nel censimento del 1910 Antonio Grauso è residente al 190 di Grand St. ed è capo famiglia, e la sua famiglia risulta composta (dopo il nome vi è l’età e il ruolo): Antonio Grauso 52 Head (Capofamiglia), Carmela Grauso 54 Wife (Moglie), Ralph Grauso 15 Son (Figlio), Joseph Grauso 13 Son (Figlio), Paul Bolognese 28 Son-in-law (Genero), Concetta Bolognese 25 Daughter (Figlia), Maria Bolognese 5 Granddaughter (Nipote femmina (di nonni)), Domenico Bolognese 1 Grandson (Nipote maschio (di nonni)). [68] Di Grauso inizialmente si è parlato come produttore di mandolini e dunque di chitarre arpa, poi si è approfondita la la parte dell’editoria e dunque quella imprenditoriale ma, quella che emerge nel corso di questo studio è anche quella di autore/attore. Nella nota 11 di pagina 880 del libro di Hans Helmut Christmann, “Lingua et traditio Geschichte der Sprachwissenschaft und der neueren Philologen : Festschrift für Hans Helmut Christmann zum 65. Geburtstag” edito da Narr nel 1994, leggo: “Nei primi anni del secolo fiorì a New York con centro al teatro ‘Talia la cosiddetta macchietta coloniale, cioè un genere di rappresentazione comica condotta da un solo attore, di carattere spicciamente napoletano con incrostazioni italiesi, in cui si distinsero gli attori Edoardo Migliacci Fanfariello, Carlo Ferrazzano, Antonio Grauso, con testi pubblicati in genere su fogli volanti”.Considerando la location, l’attività e i protagonisti Antonio Grauso non può che essere il protagonista di questa storia. Anche se, non il riferimento potrebbe essere al figlio Raffaele e quindi vi sia un errore di citazione. L’idea che si possa trattare di Raffaele deriva dal fatto che Raffaele è indicato come autore delle musiche di “La Lingua ìTalian” genere macchietta con terso di Tony Ferrazzano che viene proposta alla pagina 200 del libro di Emilio Franzina, dal titolo “Dall'Arcadia in America attività letteraria ed emigrazione transoceanica in Italia (1850-1940)”, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli del 1996. Circa la produzione di Raffaele, talvolta orchestrata dal cognato Paolo Bolognese, si rimanda alla documentazione d’archivio si rimanda a IC Internet Culturale Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane link. Riferimenti al genere e a questi protagonisti, a queste esibizioni si ritrovano anche nell’articolo di Arthur Livingston “La Merica Sanemagogna” in “Romanic Review April-June 1918: Vol 9 Iss 2”, dell aprile-giugno 1918, edito dalla Columbia University, Dipartimento di francese e romanticismo, pag. 216, 217, 223. Dal testo di questo articolo di Arthur Livingston, si apprende, tra le altre cose, che Farfariello è autore di circa cinquecento macchiette coloniali. La sua enorme produzione è legata ai suoi affari che lo costringe a produrre almeno uno nuovo pezzo ogni settimana. Va da se che naturalmente questa enorme produzione non è pari ai successi sui palcoscenici. I testi erano editi su “fogli volanti” e prodotti dall’amico Antonio Grauso. Nel mentre Ferrazzano diventa collaboratore di Farfariello, e questa cosa gli giova perché lo aiuta nella sua carriera e nell’azione pubblicitaria. Sempre nel testo si legge che anche Grauso partecipa a questi spettacoli, infatti, la carriera di Farfariello insieme a Grauso, e dunque si presume insieme Ferrazzano come autore, diventano un ottimo soggetto per una macchietta. Lo stesso Arthur Livingston riferisce che la sua collezione di macchiette coloniali che contengono elementi italoamericani, editi da Antonio Grauso, in “192 Grand Street, New York”, dunque il nostro che è individuato anche come soggetto delle macchiette messe in scena, sono (nota 13 di pagina 223 dell’articolo): “(1) Guerra Internazionale: Pascale vo' Spara; (2) Lu Bosso de lo Mufo Piccio; (3) Lu cafone nervoso; (4) Lu cafone sciampagnone; (5) La cittadinanza; (6) Maritem 'é nglese; (7) Lu cafone che ragiona; (8) 'O conduttore 'e Il'elevete; (9) 'O guarda purtone a New York; (10) Luca cafone cantante; (11) 'E ffemmene scene; (12) Orré per l'Italia; (13) Lu figlio de lu caffène che ragiona; (14) Lucafone ngannato; (15) 'O dentista a Nuova Iorca; (16) Lu cafone cittadino americano; (17) A carta cittadina; (18) Lu presidente dello clobo F. F.; (19) Gli stornelli del soldato; (20) Luca cafone suicialista; (21) Lu cafone patriota; (22) Geni!; (23) In Cicaco i’ e in Cicaco tu!; (24) 'E ccafuncelle "America; (25) Stornelli toscani; (26) 'E guaie 'e Nicola 'America; (27) Pascale se ne va; (28) 'O cafone che ragiona; (29) La scienza americana; (30) Lu cafone intelligente; (31) Io songo lu cchit bello; (32) 'O surdato vuluntario”. [69] Per approfondimento si rimanda a “CHIST’È NEW YOR” “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York” a cura di Rosangela Briscese, Marl Pezzano e Joseph Sciorra, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 122. [70] Il rapporto tra i Sisca ed Enrico Caruso e tra i Sisca e Antonio Grauso è evidente in una recente pubblicazione di Simona Frasca dal titolo “Italian Birds of Passage: The Diaspora of Neapolitan Musicians in New York” edita dalla “Italian and Italia American Studiens”, in New York nel 2014. Qui, nel capitolo secondo, intitolato “Enrico Caruso: The First Neapolitan Star”, si riferisce anche che Antonio Grauso fa pubblicità anche sul loro giornale “La Follia”. [71] Per la parte editoriale Antonio Grauso aveva tre competitor a Napoli, ovvero Antonio Mongillo, Arturo Matacea ed Ernesto Rossi. [72] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [73] Il portale “Chronicling America – Historic American Newspapers” è stato consultato al link https://chroniclingamerica.loc.gov/ e le copie del giornale di interesse per lo studio di Antonio Grauso che sono riuscito a trovare sono in particolare su: “La Tribuna del Connecticut” Published Every Saturday del 30 giugno 1906 (pag. 2), del 7 luglio 1906 (pag. 2), del 14 luglio 1906 (pag. 2), del 21 luglio 1906 (pag. 2), del 28 luglio 1906 (pag. 2), del 4 agosto 1906 (pag. 2), del 11 agosto 1906 (pag. 3), del 18 agosto 1906 (pag. 4), del 25 agosto 1906 (pag. 3), del 1 settembre 1906 (pag. 5), del 8 settembre 1906 (pag. 5), del 15 settembre 1906 (pag. 5), del 22 settembre 1906 (pag. 5),del 29 settembre 1906 (pag.4), del 6 ottobre 1906 (pag. 3), del 27 ottobre 1906 (pag. 3), del 3 novembre 1906 (pag. 4), del 10 novembre 1906 (pag. 4), del 17 novembre 196 (pag.4), del 24 novembre 1906 (pag. 3), del 1 dicembre 1906 (pag. 3), del 8 dicembre 1906 (pag. 4), del 15 dicembre 1906 (pag. 4), del 22 dicembre 1906 (pag. 4), del 5 gennaio 1907 (pag. 4), del 12 gennaio 1907 (pag. 3), del 26 gennaio 1907 (pag. 5), del 2 febbraio 1907 (pag. 5), del 9 febbraio 1907 (pag. 3), del 16 febbraio 1907 (pag. 4), del 2 marzo 1907 (pag. 3), del 23 febbraio 1907 (pag.5), del 9 marzo 1907 (pag. 4), del 16 marzo 1907 (pag. 3), del 23 marzo 1907 (pag. 3), del 30 marzo 1907 (pag. 5), del 6 aprile 1907 (pag. 4), del 13 aprile 1907 (pag. 3), del 27 aprile 1907 (pag. 3), del 25 maggio 1907 (pag. 3), del 1 giugno 1907 (pag. 4), del 8 giugno 1907 (pag. 3), del 15 giugno 1907 (pag. 3), del 22 giugno 1907 (pag. 4),del 29 giugno 1907 (pag. 3), del 6 luglio 1907 (pag. 4), del 13 luglio 1907 (pag. 3), del 20 luglio 1907 (pag. 3), del 27 luglio 1907 (pag. 4), del 3 agosto 1907 (pag. 4), del 10 agosto 1907 (pag. 3), del 17 agosto 1907 (pag.4), del 7 settembre 1907 (pag. 4), del 14 settembre 1907 (pag. 4), del 21 settembre 1907 (pag. 4),del 28 settembre 1907 (pag. 4), del 5 ottobre 1907 (pag. 3), del 12 ottobre 1907 (pag. 3), del 19 ottobre 1907 (pag. 3), del 2 novembre 1907 (pag. 3). [74] Considerando il via via diffondersi del disco immagino che il negozio sarà fornito anche di questo materiale. [75] Antonio Grauso è lungimirante ed è editore dell’opera “Marcia Reale della Casa Savoia” di G. Gabetti con spartito (è nota l’edizione con spartito per pianoforte) dalla pagina 470 del volume di Bates-Batcheller dal titolo “Glimpses of Italian court life; happy days in Italia adorata” edito in New York nel 1906, e naturalmente disponibile nel catalogo della Library of Congress americano (link). Si fa presente che il data base della Library of Congress americano è ricco di citazioni sul nostro Antonio Grauso (link) [76] “CHIST’È NEW YOR” “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York” a cura di Rosangela Briscese, Marl Pezzano e Joseph Sciorra, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 122. [77] Cfr. Sheri Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, pag. 30. [78] Cfr. Sheri Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, da pag. 90 e 93; Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [79] Giuliana Muscio, “Tra nostalgia e memoria: da Francesco Pennino a Francis Coppola”in Anita Pesce e Marialuisa Stazio, “La canzone napoletana. Tra memoria e innovazione” CNR ISSM 2013, pagg. 222 e 228. [80] Catalogue of title entries of books and other articles, Vol. 23, second quarter, 1900 Washington Government Printing Office del 1900, pag. 477 e 527. A pagina 527 è indicato come compotore musicale. [81] Dell’opera con citazione di Grauso trovo riscontro anche a pagina 294 di “Italy in Early American Cinema Race, Landscape, and the Picturesque” a firma di Giorgio Bertellini edito nel 2010 da Indiana University Press. Altro riferimento è alle pagine 1322 e 1701 del Catalogue of Copyright Entries Pamphlets, leaflets, contributions to newspapers or periodicals, etc.; lectures, sermons, addresses for oral delivery; dramatic compositions; maps; motion pictures. Part 1, group 2 · Volume 17, Numero 2 del 1920 edito dalla U.S. Government Printing Office. [82] Dalla raccolta di schede per l’acquisto dei diritti d’autore dell’United States Copyright Office, nella raccolta 1909-1937 (Periodicals and Renewals Claimant) Copyright Registration Cards. Troviamo richiesta di acquisto di diritti su opere da parte di Francesco pennino il 12 giugno 1933 delle seguenti opere edite da Antonio Grauso; “Concettì” del 9 agosto 1905 n. scheda 02989, “’Femmene d’America” del 25 agosto 1905 n. scheda 02990, “Lassanno Napule” del 3 giugno 1905 n. scheda 02991. [83] Idem pag. 228. [84] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [85] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pagg. 9, 17, 24, 26 e 28. [86] Ecco il link del sito del ristorante Tomiño Taberna Gallega https://www.tominonyc.com/. [87] Dell’edificio ai tempi di Antonio Grauso si ha un contributo orografico non de tutto chiaro del 1920 tratto da The New York Public Library Digital Collections (http://digitalgallery.nypl.org/ nypldigital/id?720082F) Courtesy of the Lionel Pincus and Princess Firyal Map Division, The New York Public Library, Astor, Lenox and Tilden Foundation, The New York Public Library, Astor, Lenox, and Tilden Foundations. Lo stesso contributo fotografico è presente anche nella citata relazione della commissione per la conservazione dei monumenti di Manhattan datata 16 novembre 2010. [88] Il contributo è disponibile on line al link. L’articolo è particolarmente importante perché segna un altro primato di questo fabbricato, che antecedente quello che poi poterà Antonio Grauso ad essere punto di riferimento musicale per gli immigrati italiani appena sbarcati nel Paese. Ebbene, fino a qualche tempo fa si credeva che la tradizione della pizza in America fosse giunta attraverso Gennaro Lombardi come primo fondatore della prima pizzeria americana la cui licenza commerciale è del 1905, a Lower Manhattan. Il giornalista, facendo leva sulle scoperte di Peter Regas, autore di Chicago e storico della pizza, c’è un altro immigrato napoletano che ha il primato di aver portato la pizza negli Stati Uniti, e questo si chiama Filippo Milone che aprì la pizzeria al 192 di Grand Street a New York e poi anche in altre località della zona compresa quella in Spring Street che poi rilevò Gennaro lombardi e che fino a qualche tempo fa si è ritenuta come la prima pizzeria americana. Peter Regas dalle sue indagini ha scoperto che Filippo Milone ha fondato almeno sei pizzerie dal suo arrivo negli Stati Uniti del 1890, che forti della popolarità sono state nel tempo cedute ad altri e diventate note, allorquando anche la pubblicità sui giornali fungeva da veicolo per il business, con i nomi dei pizzaioli subentranti. Anche Filippo Milone aveva avviato la pubblicità come dimostra una inserzione sul giornale del 9 maggio 1903 de “Il Telegrafo” (per la consultazione di questa testata giornalistica si rimanda al portale on line https://www.nypl.org/research/research-catalog/bib/b12638977), uno dei quotidiano in lingua italiana pubblicato a New York City. L’inserzione sulla sinistra porta un tondo con un primo piano di Filippo Milone e sulla parte destra la pubblicità: “ANTICA PIZZERIA PORT’ALBA/ Alla porta Sciuscetta/ FILIPPO MINONE Prop. PIZZERIA NAPOLETANA aperta GIORNO E NOTTE/ 192 GRAND St., NEW YORK/ Il conosciuto Proprietario dell’Antica Pizzeria Port’Alba, Signor FILIPPO MILONE, fa noto al Pubblico che ha aperto al N.o 192 Grand St., un’Elegante PIZZERIA NAPOLETANA/ Essendo l’unico locale Italiano del genere, fa sperare al Signor FILIPPO MILONE il concorso numeroso di Italiani./ Come pure fa noto al pubblico che quanto prima verrà annesso alla pizzeria una Cucina Casareccia per colazione alla Forchetta./ I buongustai vadano a mangiare le squisite PIZZE che fa il simpatico Filippo Milone nella sua Nuova Pizzeria al N.o 192 Grand St.”. Tra le altre cose Peter Regas ritiene che sia improbabile ancora che Gennaro Lombardi sia il precursore della Pizzeria in America in quanto anagraficamente avrebbe avuto 18 anni in occasione della sua prima pizzeria come ritenuto vero fino ad ora. Gestendo, del resto, Milone la pizzeria di Spring Street prima di Lombardi. È del tutto verosimile che l’adolescente Lombardi, una volta sceso dalla barca, iniziò a lavorare lì come dipendente piuttosto che come proprietario. Nulla esclude, a posteriori, una mia riflessione secondo la quale Filippo Milone abbia potuto decidere di cedere la gestione ai suoi stessi pizzaioli nel tempo. Da qui magari si crea il legame con Lombardi ma non gli toglie il primato di aver portato la pizza in America. Del resto, è emerso durante le ricerche, un’altra pubblicità sul medesimo giornale, del 25 marzo 1905, dell'Antica Pizzeria Napoletana in Via Primavera 53 ½, con il titolare Giovanni Santillo, che sembrerebbe essere stata precedentemente di Milone. Secondo sempre Peter Regas la pizza in America Milone probabilmente la ha portata allorquando emigrò a New York nel 1892. Secondo alcune scoperte sembra che Filippo Milone abbia fatto l'impasto della pizza a Napoli e lo abbia poi portato in America dove sulla base della cura del lievito abbia iniziato a fare e vendere le pizze già nei suoi primi anni negli Stati Uniti. Lo studio Peter Regas circa il fatto che fino ad oggi non ci sia fatto riferimento a Milone riferisce che “Gli elenchi [commerciali] di Brooklyn non erano così bravi a raccogliere italiani", nel periodo tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, quando molti italiani stavano entrando negli Stati Uniti. Del resto è emerso che l’attività di Milone è classificata come pasticceria, probabilmente un possibile errore di qualcuno che non conosceva la "pizza torta”. A ciò si aggiunga che non tutti gli immigrati italiani avevano familiarità con la pizza all’arrivo di Milone in America, e del resto la pietanza faceva dei piatti locali della regione Campania principalmente, e di Napoli in particolare dove Milone si era formato a questa nobile arte. La familiarità di questo piatto era comunque giunta in America con i primi immigrati campani che si stabilirono a New York City negli anni 1880 e 1890, e che iniziarono ad aprire generi alimentari e ristoranti che teoricamente avrebbero potuto servire la pizza. A tal riguardo Regas è riuscito a trovare un annuncio per una “pizzeria napoletana” del 1898 e una voce di elenco che suggeriva che esistesse una pizzeria a Manhattan già nel 1895. Forse erano di Milone? Secondo quando detto fin’ora sarà stato così, ma bisogna ancora dimostrarlo con i documenti. La tradizione dice di sì, e quindi confermano Filippo Milone primo pizzaiolo e primo titolare di pizzeria, e non di locale in cui magari si serve anche la pizza, di New York e del Paese. A suffragio di questa tesi si rimanda anche all’articolo di Jason Daley dal titolo “The Father of American Pizza Is Not Who We Thought He Was” del giorno 8 febbraio 2019 edito su Smithsonian Magazine al link https://www.smithsonianmag.com/smart-news/father-american-pizza-not-who-we-thought-it-was-180971454/ . ÂÂ [89] Per riferimenti diretti a quest’opera si rimanda a al portale on line del Discography of American Historical Recordings (https://adp.library.ucsb.edu/index.php/ objects/detail/307439/Sun-45507); “il Bollettino”del Calandra Italian American Institute, Volume 2 • Issue 2 • Summer 2009, pag. 6; Rosangela Briscese - Mark Pezzano – Joseph Sciorra, “Chist’è New York”, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 6; Catalog of Copyright Entries, 1907 Musical Compositions July-Dec New Series Vol 2 Part 3, pag. 837; Goffredo Plastico – Jophes Sciorra, Neapolitan Postcards: The Canzone Napoletana as Transnational Subject. Lanham-Boulder-NewYork-London: Rowman & Littlefield, 2016, pag. 94. Alla pagina 82 dello stesso volume si cita la presenza di opere a catalogo di Antonio Grauso presso il John D. Calandra Italian American Institute del Queens College una delle quali usate anche per la mostra Chist'è New York: The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York del 2009.ÂÂ [90] Essendo ancora in vita Antonio Grauso, Paolo Bolognese è punto di riferimento della “The Emerson Phonograph Co” ed è anche “musical director of the Emerson Co”. Come si legge alla pagina 120 del The Music Trade Review “The Talking machine trade” del 24 maggio 1924. [91] Da indagine storica e iconografica dei portali della rete statunitensi, a supporto di questa tesi, attualmente il negozio di Rossi è al civico 193 e risulta fondato nel 1910 ma questa non è la collocazione originaria (qui il link della insegna). Attualmente il negozio è di Ernesto Rossi, settantunenne, e riguarda articoli italiani come si evince sul sito on line dello store (link). Da un articolo del The New York Times del 12 marzo 2017, nella sezione MB, a pagina 4 dell'edizione di New York con il titolo: “Sustained by Saints and Song, This Little Italy Shopkeeper Hangs On” ovvero “Patrono dei santi e dei canti”, già on line dal 9 marzo 2017 a cura di Corey Kilgannon (link). Qui apprendiamo che “E. Rossi & Company”, ben identificato anche dai due mosaici posti all’ingresso, tra i pochi rimasti dei negozi di questa strada dell’epoca d’oro dello scorso secolo (link), è un negozio di articoli da regalo italiano, in Grand Street vicino a Mulberry Street a Little Italy, che con il passare del secolo è diventato una sorta di museo della cultura pop italo-americana. Questo non solo perché comprende articoli religiosi e forniture per la cucina, come caffettiere italiane e tagliapasta, così da soddisfare il bisogno della famiglia tipica affezionata al bazar ma perché, come riferisce il settantunenne proprietario e omonimo del nonno fondatore è l'ultimo dei vecchi negozi mom-and-pop di Little Italy, che si è davvero ridotto nel corso degli anni, vista la presenza di pochi italiani. Inoltre, cosa che ci interessa particolarmente, riferisce che il nonno, che si chiamava Ernesto Rossi come lui, aprì il negozio nel 1910, al 187 di Grand Street, vendendo spartiti e pubblicando canzoni napoletane. E ancora che nel 1936, il negozio si trasferì all'angolo tra Grand Street e Mulberry Street. In relazione a questo trasferimento, la collezione fotografica “Manhattan 1940s Tax Photos” del NYC Departement of Record & Information Services di New York City Manhattan offre contributi storici fotografici che riprendono il negozio da poco trasferito nel 1940 (link). [92] Mark Rotella, “Amore: The Story of Italian American Song”, Editore Ferrar, Straus and Giroux, 2010, pag. 31, 324. [93] Nel 1923 troviamo nei cataloghi dei diritti d’autore non solo il figlio Raffaele come compositore, così come si ricorda con diverse citazioni in questo studio, ma anche come editore di se stesso. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 18, Part 1 First Half of 1923 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1923, pag. 22 e 37. [94] Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 23, Part 1 First Half of 1928 Nos. 1-6 Washington Government Printing Office del 1928, pag. 56, 106, 437, 493, 1636. ÂÂÂ [95] L’editoria e gli studi sul settore di riferimento e non solo spesso citano Antonio Grauso: Henry Alfred Todd, “Romanic Review”, Volume 9 del 1918 a cura Columbia University. Department of French and Romance Philology, Columbia University. Department of Romance Languages, pag. 223; Annuario musicale italiano del 1923 edizioni dell’A.M.I.; Directory of Music Industries, edito nel 1911 da Charles A. Daniell, Frank D. Abbott, riporta Antonio Grauso a pagina 17 come produttore “G. & M., guitars and mandolina; Sm. Ins., small instruments” ovvero di chitarre mandolini e piccoli strumenti muiscali e a pagina 121 come “MUSIC PUBLISHERS” ovvero editore; New York City Directory, Volume 123, edito a New York nel 1909 lo troviamo citato a pagina 561; White-Orr's Classified Business Directory edita a New York nel 1918 lo troviamo a pagina 360; Catalog of Copyright Entries Musical compositions, Parte 3 del 1913, edito da Library of Congress, Copyright Office, benm otto citazioni tra cui pagina 183, 385 e 602; Anthony Julian Tamburri, James J. Periconi, “Italoamericana The Literature of the Great Migration, 1880-1943”, edito nel 2014 dalla Fordham University Press, pagg. 470 e 471; “American Lutherie The Quarterly Journal of the Guild of American Luthiers · Numeri 17-20 del 1989 pag. 58; Ross Laird, “Brunswick Records, A Discography of Recordings, 1916-1931” Vol. 4: Other Non – U.S. Recordings and Indexes, edito dalla Greenwood Press (Westport, Connecticut – London) nel 2001, riporta l’editore Antonio Grauso (A. Grauso, 192 Grand St., N.Y.C.) in relazione alla produzione del genero Paolo Bolognese e in particolare per l’opera “Lontane memorie” alle pag. 1893, 1894 e 2045. [96] La stessa, oltre a raccontarci Antonio Grauso e l’evoluzione della musica napoletana pertinente il settore dello stesso Grauso e non solo si è presa anche la briga di scansionare le opere e renderle fruibili con i suoi account e con l’account “Mandophile” sul Forum di “Mandolin Cafe Forum”. Purtroppo con il tempo le cartelle condivise non sono più disponibili il che ha comportato una maggiore opera di ricerca tra archivi e media al fine di poter offrire un ventaglio della produzione di Grauso ma resta il merito di questo lavoro senza il quale comunque non sarebbe stato possibile recuperare, anche presso altre fonti, questi materiali. Alla stessa si deve un’opera di recupero e condivisione delle raccolte dei seguenti editori di musiche per mandolini, oltre a Grauso: Arturo Matacea, Antonio Paolilli, Giovanni De Stefano, Gaetano Leone, MV Cardilli, Onofrio Di Bella, O. Pagani, A. Paolilli, Pietro Tesio, Catalano, Gioè, Messina, Canoro, Fachutar tra gli altri musicisti che hanno fondato le proprie case editrici. [97] Nelle raccolte dalla stessa studiosa realizzate è possibile trovare in relazione all’editoria di Antonio Grauso nella categoria delle canzoni napoletane macchiette (titolo/ autore del testo / autore della musica /anno): Fenesta che Lucive / V. Bellini / V. Bellini / 1820; Lassano Napule! / F. Pennino / F. Pennino / 1905; Na Serenata / E. Migliaccio / G. Leotti / 1907; Senza Mamma / F. Pennino / F. Pennino / (già 1917) 1918. Nella catalogazione generale delle opere ritracciate ed indicizzate si riporta il seguendo dettaglio estratto dagli elenchi e sulla base delle opere scansionate e salvate all’oblio, a cui vanno aggiunte le altre presenti nei cataloghi dei diritti d’autore dallo stesso Grauso edite e qui mancanti: Si legga secondo la seguenta indicazione il dettaglio delle opere scansionate Titolo / Compositore / Data: A Santa Cecilia / L. Radaelli / 1906, Addio / del Cav. Gasp / Nd, Al Chiaro di Luna / G. Silvestri / Nd, Amore Indimenticabi / del Cav. Gasp / Nd, Bebé / Giovanni Batt / Nd, Carezze e Baci / Paolo Bologne / 1906, Chant d'amour / I. Leuzzi / 1909, Christopher Columbu / Paolo Bologne / 1909, Claudina / G. Silvestri / Nd, Concettina / S. Persico / 1901, Coney Island / Paolo Bologne / 1906, Elvira / A. Cavalieri / Nd, Elvira / G. Silvestri / Nd, Esposizone Marittim / G. Silvestri / Nd, Far! Far! (Lontan), Lo Vincent Speci / Nd, Fifi / G. Silvestri / Nd, Foresters of America / Paolo Bologne / 1910/1932, Gioconda / G. Silvestri / Nd, Il Golfo Incantato / F. Fiorillo / Nd, Il Mio Ideale / Paolo Bologne / 1906, Il Primo Bacio / G. Silvestri / Nd, Il Sorriso / Saverio Russo / 1910, Il Trionfo d'Italia / Saverio Russo / 1912, Inno di Garibaldi / Alessio Olivie / Nd, Intermezzo Sinfonico / P. Mascagni / 1908, Jubiliant / Luigi Porrazz / 1904, La Brunetta / S. Persico / 1899, La Farfalla / L. Fiorillo / Nd, La Fleur de Paris / Saverio Russo / Nd, La Regina de Fiori / F. della Rosa / Nd, La Scoperta del Polo / Paolo Bologne / 1909, La Solitudine / G. Silvestri / Nd, La Stella del West Vi / P. Bolognese / 1909, La Vezzosa / G. Branzoli / Nd, L'Affabilita / Paolo Bologne / 1906, Lasciali Dir / G. Giacomant / Nd, L'Aurora / (Break of D R. de Socio)/ 1910, Le Nozze d'Argento / D. Ciolfi / Nd, Le Réve d'Amour / Saverio Russo / Nd, Little Boys / Paolo Bologne / 1906, Lo Sport / G. Silvestri / Nd, Lontane Memorie / Paolo Bologne / 1914, Luna Park / A. D'Agostino / 1904, Luna Park waltzes / A. D'Agostino / 1904, Marcia Indiana / Adolfe Sellen / 1913, Marcia Reale alla cas / Giuseppe Gab / Nd, Marcia Reale d'Italia / Giuseppe Gab / Nd, Margaretella / F. della Rosa / Nd, Mazurka Brilliante / G. Branzoli / Nd, Mentre Dormive / de Angeli / Nd / Notte Stellata / Ciro di Bella / 1908, Olga / Felice de Matt / Nd, Primavera / G. Silvestri / Nd, Prosperity / G. Giacomant / Nd, Quadriglia Napoletan / No Name / Nd, Remembrance of Nap / G. La Malfa / Nd, Serenata Napoletana / F. della Rosa / Nd, Sogno d'Amore / Paolo Bologne / 1904, Souvenir / Roberto de So / Nd, Spensieratezza / Paolo Bologne / 1906, Speranza March / G. La Malfa / 1903, Speranze Perdute / A. Morelli / 1909, Studio polka / G. Silvestri / Nd, Svegliati / A. Addeo / Nd, Un Pensiero Notturno / S. Persico / 1907, Vanvitelli's March / Paolo Bologne / 1908 / Nd / A. Cavalieri / Nd. [98] Seguono ora i cataloghi dei diritti d’autore americani dove troviamo Antonio Grauso, inizialmente come compositore ed editore e poi solo come editore, per la loro consultazione è stata usata la banca dati di https://archive.org/: Catalogue of title entries of books and other articles, Vol. 23, second quarter, 1900 Washington Government Printing Office del 1900, pag. 477 e 527. Catalogue of title entries of books and other articles, second quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 1046. Catalogue of title entries of books and other articles, Third quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 669, 801, 810, 965, 987. Catalogue of title entries of books and other articles, Fourth quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 237, VII, 1179. Catalogue of title entries of books and other articles, First quarter, 1906, Whole no 757 – Junary 4, 1906 Washington Government Printing Office del 1906, pag. 45, 230. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 1 July-December, 1906 Nos. 1 July 5, 1906, Washington Government Printing Office del 1906, pag. 141, 201, 439. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 1 July-December, 1906 Nos. 9 August 30, 1906, Washington Government Printing Office del 1906, pag.141, IV. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 2 Nos. 1 --26 part. 1, January -June 1907, Washington Government Printing Office del 1907, pag. 2, 57, 70, 114, 133, 148, 150, 299, 623, 676, 681. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 2 Nos. 27 --52 1907 part. 2, July – December 1907, Washington Government Printing Office del 1907, pag. 826, 837, 872, 878. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 3 Nos. 1 --52 , January - December, 1908 Washington Government Printing Office del 1908, pag. 356, 858, 909, 1263 Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 4 Nos. 1 --52 , January - December, 1909 Washington Government Printing Office del 1909, pag. 204 (Vanvitelli’s march di Paolo Bolognese per mandolino), 287, 865, 910. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 5 Nos. 1-26 Part 1, Junary-June 1910, Washington Government Printing Office del 1910, pag. 357, 583, 601, 633, 639, 676, 731, 834. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 5 Nos. 27-30 July 1910, Washington Government Printing Office del 1910, pag. 907, 911, 917, 979, 995, 1065, 1067, 1075, 1093, 1137, 1164, 1203, 1213, 1246, 1466, 1591, 1765, 1766. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 6 Nos. 1-4 January 1911, Washington Government Printing Office del 1911, pag. 269; 341, 401, 421, 429, 478, 496, 509, 531, 550, 571, 653, 687, 715, 719, 741, 781, 784, 860, 885, 899, 901, 935. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of 1911 User New Series, Volume 6 Nos. 8 Washington Government Printing Office del 1911, pag. 1011, 1315, 1319, 1977, 1978. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 6 Part.1, First Half of 1912, Nos 1-7, Washington Government Printing Office del 1912, pag. 11, 18, 67, 511, 740, 747. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 7 Part.2, First Half of 1912, Nos 8-13, Washington Government Printing Office del 1912, pag. 1123, 1235, 1561, 1594, 1774. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 First Half of 1913 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 1, 89, 183, 385, 451, 510, 599, 601, 602, 611. Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 Part 2 Last Half of 1913 Nos. 1-8 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 912, 939, 1295, 1859. Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 No 8 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 912, 939, 1295, Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions, 1914, New Series, Volume 9, No 1 Washington Government Printing Office del 1914, pag. 814, 830. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 10, Part 1 First Half of 1915 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1915, pag. 26, 30, 32, 186. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 10, Part 2 First Half of 1915 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1915, pag. 1536. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 11, Part 2 Last Half of 1916 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1916, pag. 1205, 1213, 1256, 1463, . Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1917 New Series, Volume 12 No 8 Washington Government Printing Office del 1917, pag. 669, 682, 1513. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1918 New Series, Volume 13, Nos. 8 Washington Government Printing Office del 1918, pag. 1085, 1156, 1304, 1718. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1919 New Series, Volume 14, Nos. 10 Washington Government Printing Office del 1919, pag. 1103, 1220, 1884. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1919 New Series, Volume 14, Nos. 1 Washington Government Printing Office del 1919, pag. 255, 818. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 15, Part 1 First Half of 1920 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1920, pag. 750, 805, 849, 902, 937 ( nel volume vi sono dei riferimenti al figlio Raffaele Grauso alle pagine 750 e 805. Altre opere di Raffaele Grauso sono rintracciabili nei cataloghi dell’anno 1912). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 15, Part 2 Last Half of 1920 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1920, pag. 864, 1043, 1098, 1254, 1274, 1789, 1805, 1816, 2181 (nel volume è presente anche il figlio Raffaele). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 1 First Half of 1921 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1921, pag. 631 e 727. A pagina 631 l’opera “’A mamma è sempre mamma” con parole di Mario Nicolò e musica di Giulio Del Vecchio è arrangiata da Giuseppe Grauso; dunque, anche l’altro figlio (oltre a Raffaele che abbiamo già incontrato più volte) è impegnato nel campo musicale. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 2 First Half of 1921 Nos. 8-13 With Annual Index Washington Government Printing Office del 1921, pag. 1075, 1138, 1139, 2027 (qui troviamo nelle stesse pagine anche Ralph Grauso. Sempre Ralph Grauso è nel “Dramatic Compositions Copyrighted in the United States 1870 to 1916, vol 2 O to Z Washington Government Printing Office del 1918, pag. 585 e 3099). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 18, Part 2 Last Half of 1923 Nos. 8-13 With Annual Index Washington Government Printing Office del 1923, pag.748, 767, 786, 1621. Nelle stesse pagine è richiamato anche Raffale a volte ditto anche come Ralph. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 19, First Half of 1924 Nos. 1-12 Washington Government Printing Office del 1924, pag. 509, 1543 (Presente anche il figlio Raffaele alle pagine 509, 533 e 1543). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 19, Annual Index for 1924 Washington Government Printing Office del 1924, pag. 1543 (qui alla stessa pagina abbiamo un richiamoa Raffaele e a Ralph Grauso. Presume che ogni volt ache troviamo Raffaele si tratta del figlio di Antonio naturalizzato in America e quando troviamo rapph si tratta del figlio di Domenico nato in America, entrambi musicisti come già richiamato). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1925 New Series, Volume 20 Nos 1 and 2, Washington Government Printing Office del 1925, pag. 293, 684, 775, 783, 1498 (nella raccolta abbiamo anche Raffaele e Ralph Grauso) Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions New Series, Volume 21, For Half of 1926 Nos. 1-12 Washington Government Printing Office del 1926, pag. 225, 348, 397, 404, 426, 955, 1454. Nel volume vi è anche Raffaele Grauso. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1927 New Series, Volume 22, No. 1 Washington Government Printing Office del 1927, pag. 426, 568, 949, 1012, 1610 (c’è anche il figlio Raffaele a pag. 426, 459, 907, 1610). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 23, Part 1 First Half of 1928 Nos. 1-6 Washington Government Printing Office del 1928, pag. 56, 106, 437, 493, 1636, (nel volume vi sono dei riferimenti al figlio Raffaele Grauso alle pagine 56 e 1636). Forse da qui nacque lo strumento di base che nel tempo anche nel napoletano si è evoluto, così come evoluzione ha avuto anche la variante sviluppatasi in America sul finire dell’ottocento e che si è integrata magnificamente nel primo trentennio del novecento. Ma degni di nota sono la versione del Mandolino nordico italiano, detto anche brianzolo, oppure quella del Mandolino portoghese, detto anche bandolim. A seguire le altre versioni europee e non solo. Dunque lo strumento di base c’è, il mandolino. La bravura di un falegname e liutaio, ovvero fabbricante o accordatore o riparatore di strumenti musicali portatili a corde, è qualcosa che parte dalla bravura della famiglia, in cui si registra la professione di falegnami negli atti di nascita e matrimonio consultati per questa ricerca. Una professione resa possibile grazie alla ricchezza di alberi e delle diverse tipologie che offre la città di Caserta, nel cui quartiere Briano prende vita Antonio e la sua famiglia, e si diffonde in tutto il territorio circostante. La bravura di questi artigiani, come altri già dai due secoli precedenti ha reso inestimabile e in quantificabile il patrimonio di oggetti e mobili lignei di Terra di Lavoro, vanto di un intero Paese e Arte. Alla professionalità Antonio associa la cultura di cui è portatrice la sua Città, che ospita la Reggia, probabilmente al tempo un vanto più di oggi, e della vicina Napoli dove probabilmente arricchirà le sue conoscenze e competenze nella costruzione di strumenti musicali e della musica. Si badi, approfondirà perché la sua Caserta di eccellenti artigiani che costruiscono strumenti musicali e musicisti ce ne sono. Però, visto che appena arriva in America subito sembra essere accolto nel laboratorio di Luigi Ricca, costruttore di strumenti musicali, quindi un liutaio napoletano che rappresenta una istituzione a New York, e la garanzia è la sua provenienza da Napoli. Da qui, visto che Antonio Grauso da subito è impegnato da Ricca e poi come leggeremo nel corso del racconto già dopo tre anni firma i mandolini, riportandosi come allievo di Ricca, e considerando che da alcuni studiosi di mandolinisti americani si intuisce che il catalogo di 18 pagine dell’ultimo decennio dell’ottocento di Ricca probabilmente esponga le opere di Grauso, va da sé che una tale fiducia e libertà la si possa dare solo a chi è di fiducia. Fiducia che suppongo possa essere suffragata da qualche raccomandazione giunta dalla città di Napoli, dove appunto ipotizzo che si sia specializzato Grauso prima della partenza per “conquistare l’America”. E si badi, Antonio Grauso per più di un ventennio, a suo modo e nel suo campo, “conquista New York” e non solo, quindi mi si consenta l’espressione che ha “conquistato l’America”. Una conquista che lo porta ad essere citato tra le eccellenze nella produzione del mandolino americano, come indicato nella “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”, del Metropolitan Museum of Art di New York del 2011[5]. Sicuramente è depositario di una cultura e tradizione di Terra di Lavoro e di Napoli e di un bagaglio culturale musicale da poter esportare e diffondere. Non potrebbe essere altrimenti perché il suo bacino di persone di riferimento è quello proveniente dall’Italia, in particolare dalla Campania, e quindi da Napoli, e dal resto del mezzogiorno. Almeno questo era il grosso della migrazione e se quindi non era realmente in grado di trasferire e rappresentare la cultura del suo popolo e la tradizione musicale delle sue origini non sarebbe andato avanti nel settore. La sua utenza era un’utenza d’intenditori dopo tutto. Antonio Grauso come gli altri, che grossomodo dal 1880 ai primi decenni del novecento in milioni di persone sono giunte a cercare fortuna, sa quali sono i bisogni e cosa può aiutare questa gente che lasciato tutto si potrebbe a trovare a cercare il nulla. Non tutti dopo tutto riescono a realizzare il loro sogno, lui si, e probabilmente ritenendosi fortunato riesce anche a dare più con passione il proprio contributo, mettendo a frutto le sue doti e quindi realizza e inventa modelli di manolino e chitarre ad arpa[6], diventa negozio non solo di strumenti musicali ma anche di penne e probabilmente, come accadeva in quel periodo, tra uno strumento musicale e un libro di musica (e forze anche di americano per italiani) qualche altro oggetto del Paese d’origine era disponibile. Siamo pur sempre nella little italy. Certo Antonio Grauso scopriremo che va oltre, perché apre una fabbrica di mandolini[7] e poi anche di chitarre arpa e non solo e diventa editore di musicisti napoletani e napoletani trapiantati in America. Diventa imprenditore, anche imprenditore musicale e come tale si fa pubblicità sui libri e sui giornali, e nell’articolo lo dimostro ampiamente con tanti documenti inediti. Ma come imprenditore si adegua, forse per adeguarsi agli altri, o chi lo sa?!, alla logica di cercare di ottimizzare il guadagno, forse proprio per sostenere la difficile onerosa e non sempre retributiva editoriale musicale e promozione degli artisti, come suo genero Paolo Bolognese. Infatti, sarà preso di mira dai sindacati per l’aumento del trattamento economico degli impiegati della sua fabbrica di mandolini e chitarre arpa, assecondando però le richieste riconoscendo un aumento del 20% dello stipendio e concedendo mezz’ora di pausa nelle dieci di lavoro contrattualizzate massimo al giorno[8]. È un uomo, Antonio Grauso, che realizzato il suo sogno richiama il fratello Domenico che avrà anche lui un laboratorio fabbrica, oltre a collaborare con lui come liutaio anche se si considererà come un libero professionista. Non abbiamo informazioni certe di altri arrivi da Caserta o da Napoli che lui aiuterà, ma considerato il suo animo e la ricchezza della sua famiglia che aumenterà esponenzialmente con quella Bolognese, infatti con il genero Paolo troviamo a tavola con Antonio Grauso molti componenti della famiglia di origine del genero Paolo. Da qui sicuramente tanti saranno quelli che arriveranno in America grazie al sogno realizzato da Antonio Grauso. Antonio Grauso è stato un grande anche nella scelta della location del negozio, non solo del quartiere ma proprio dei locali, infatti, va ad occupare i locali appena lasciati dall’Antica Pizzeria Port’Alba di Filippo Milone, ovvero del primo imprenditore ad aprire una pizzeria in America (nel seguito dell’articolo e nelle note che fungono da integrazione e da dimostrazione storico scientifica di questa informazione) e quindi punto di riferimento per la popolazione “made in Italy” e a maggiore ragione “made in Naples”. Le intuizioni di Grauso[9], come nell’articolo si comprenderà, sono continue e sicuramente frutto di una “mentalità” eccezionale tipica del luogo di provenienza. Ora passiamo alla conoscenza più storico scientifica della nostra eccellenza italiana prima ancora che casertana. ÂÂÂÂÂÂ Nascita a Caserta Il nostro Antonio Grauso, della frazione di Briano, come apprendiamo dalla documentazione d’archivio[10], nasce da Raffaele Grauso (figlio di Vitantonio) ventottenne, di professione falegname, e residente nella strada di mezzo a Briano. La mamma di Antonio e moglie di Raffaele[11] è Geltrude Filomena Giaquinto[12] ventitreenne[13]. Il piccolo Antonio, apprendiamo dalla documentazione d’archivio originale della nascita, nasce alle ore 20 nella casa paterna il 12 febbraio 1858 e sarà battezzato nella chiesa parrocchiale di Santo Vincenzo di Briano dal parroco il giorno 14 febbraio 1858. Raffaele e Geltrude Filomena, dopo il matrimonio del 14 aprile 1855 a Puccianiello di Caserta daranno vita alla seguente famiglia con i figli Vincenzo nato nel 1857[14], nasce il 12 febbraio 1858 il nostro Antonio Grauso, nel 1860 nasce il fratello Domenico[15] che morirà in America il 9 dicembre 1920[16], dunque nasce Giustina sempre a Briano il 1862 a Caserta[17], nasce Antimo nel 1864[18], il giorno 8 aprile 1867 nasce Donato, il 10 gennaio 1869 nasce Filomena[19], il 16 giugno 1870 nasce a Briano Maria Cristina[20], il 19 luglio 1874 nasce Donato che muore bambino il 9 dicembre 1878 e il giorno 19 luglio 1875 nasce Vitagliano[21]. Diversi componenti della famiglia Antonio sono falegnami e nobiliteranno alla massima potenza questa espressione artigianale e artistica al di là della mera citazione dei loro documenti di viaggio verso l’America come “Italian for carpenter”. Dalle annotazioni dell’atto di nascita di Antonio Grauso e dall’annotazione n. 5 agli atti del registro dell’ufficiale di stato civile di Puccianiello, in Caserta, emerge il matrimonio in Casagiove avvenuto il diciassette dicembre 1883 e registrata nel registro degli atti di matrimonio di Casagiove del 1883 al numero 33 tra Antonio Grauso e Maria Carmela Carbone. Circa il registro delle nascite del 1858 vi è una annotazione a margine dell’atto di nascita, dove ribadisce che Antonio Grauso sposò Maria Carmela Carbone[22] (nata il 28 maggio 1855 a Casagiove/Casanova di Caserta e morta a New York il 29 febbraio 1920) il giorno 17 dicembre 1883 a Casagiove. Dalla loro unione nasceranno Concetta (Briano di Caserta 8 dicembre 1884-1976)[23] e Raffaele (Briano di Caserta 21 febbraio 1887 - Briano di Caserta 29 dicembre 1888), Raffaele ( Briano di Caserta 20 febbraio 1889 – non si conosce la data di morte), nel mentre dal 1890 Antonio è in America e con il 1892 tutta la famiglia. Intanto nasce un nuovo figlio Raffale o Ralph (11 gennaio 1895 -1950)[24] e Giuseppe (New York 27 febbraio 1897 - ???)[25]. Antonio Grauso morirà a New York il 22 dicembre 1927 ed è sepolto al Calvary Cemetery. Dal certificato di morte n. 28389 degli uffici dello stato civile di Manhattan risulta ancora residente al 190 di Grand Street[26]. ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ Il viaggio in America Le date possibili dell’arrivo dei Grauso, ovvero sua e della moglie e forse del figlio, in America sono diverse anche se quella più accreditata, o comunque la prima, dovrebbe essere quella del 3 novembre 1890[27] (secondo altra fonte si anticiperebbe al 3 agosto 1890[28]) destinazione Belgravia presso Castle Garden[29]. La Naturalizzazione invece avverrà il 25 marzo 1897 come si evince dal registro Petitions for Naturalization From the U.S. District Court for the Southern District of New York, 1897-1944. Non sarà stato l’unico viaggio di Grauso visto che il nostro Antonio Grauso sarà in viaggio anche probabilmente nel 1903, anche se qui ci sono delle controverie. Infatti, troviamo un Antonio Grauso che il 13 marzo 1903 parte da Napoli sulla nave Neckar[30] e giungerà a New York il 27 marzo 1903. Naturalmente, come è noto, la durata del viaggio non era certa in quanto dipendeva da diversi fattori non ultimo i venti e le correnti marittime. Non a caso si racconta anche la difficoltà per i passeggeri di quantificare i viveri che dovevano portare al seguito per il viaggio. Il problema sta nel fatto che questo Anche, qui l’età corrisponde, risulta con la provenienza da Maddaloni e la destinazione presso Domenicoantonio Sarrocco. Se si trattasse del nostro non avrebbe bisogno di avere un punto di appoggio essendo già naturalizzato in America[31]. A metterci ancora più in crisi è la fonte del 1903 che è suffragata da altri riscontri anche se questi creano una interferenza, ovvero quella della provenienza associandolo a Maddaloni[32]. Il riferimento nasce da una citazione che riguarda il genero, anch’esso musicista, ovvero Paolo Bolognese (nato il 7 febbraio 1871[33] ad Altamura di Bari[34] e morì il 18 novembre 1944)[35]. Questi, infatti, il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. I due avranno tre figli: Maria nata l’8 maggio del 1906[36], Domenico (5 ottobre 1907[37]), Domenico (2 febbraio 1909- 1970)[38] che sposerà Filomena Chiarizio[39] (1910-1997) e Carmela (Carmella Erminia) (1912)[40]. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”[41]. Da qui la presenza dei Grauso a Maddaloni, per di più come dicevamo all’inizio dell’articolo, anche in ambito di impegno musicale[42]. Il legame tra Grauso e Bolognese sarà saldo così come si vede dalle citazioni in cui il genero è arrangiatore delle pubblicazioni edite dal suocero[43]. Si scopre nell’articolo un Antonio Grauso poliedrico che lega probabilmente la sua fortuna di editore a figure come quelle di Francesco Pennino e Paolo Bolognese, ma che agli inizi del 1920 edita anche “Marechiare” con versi di Salvatore di Giacomo e musiche di Francesco Paolo Tosti[44]. ÂÂÂÂÂÂ L’arrivo in America Va considerato che Grauso appena mette piede in America, e quindi a New York si dà subito da fare e mette in mostra la sua arte di falegname, come il padre, nella realizzazione di mandolini e altri strumenti musicali, sarà subito identificato come esperto artigiano e liutaio. A questo si aggiunge la sua conoscenza tecnica e talento musicale. Da qui metterà a frutto le sue abilità aprendo, nel giro di qualche anno, un negozio al n.190[45] (inizialmente)[46] e poi al 192[47] (probabilmente allargando il luogo con la fabbrica e cambiando il civico) Grand Street di New York[48] che in un decennio diventa punto di riferimento con il suo gestore per gli artisti e le persone del settore[49]. Della partenza nel 1903 di Antonio Grauso da Maddaloni lo apprendiamo anche da una citazione che riguarda il genero, anch’esso musicista, ovvero Paolo Bolognese. Questi, infatti, il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”[50]. ÂÂÂÂÂÂ Antonio Grauso alle dipendenze di Luigi Ricca Dagli studi finora condotti sembrerebbe che Grauso avesse maturato l’esperienza di esperto artigiano liutaio in Campania, regione di provenienza. La sua abilità gli valse la stima del liutaio napoletano Luigi Ricca che lo volle assumere da subito nella sua bottega a Manhattan. Luigi Ricca non è un produttore di mandolini in America di secondo piano in quanto è stato allievo di Joseph Bohmann, un liutaio di Chicago che è storicamente accertato il primo a produrre un mandolino in America. Da un recente studio, storicamente supportato dalle fonti, Sheri Mignano Crawford dimostra sia che Chicago è stata la patria del primo mandolino di fabbricazione americana sia che il produttore è stato Joseph Bohmann[51]. Con il 1882 probabilmente inizia la produzione. Luigi Ricca già famoso mandolinista, con il tempo fa tesoro dell’esperienza di Joseph Bohmann e successivamente apre una fabbrica come liutaio a Manhattan[52] e si occupa di insegnare e perfezionare l’arte di liutaio alle giovani generazioni di liutai come Antonio Grauso che restò poi in zona con il suo laboratorio e Fachutar e Cesare Valisi che si affermarono a Chicago[53]. In particolare, la storica dei mandolinisti americani Sheri Mignano Crawford, riferisce che Antonio Grauso era un famoso operaio di Luigi Ricca che si rende indipendente come liutaio indipendente con fabbriche sia a Manhattan e di nuovo a Napoli[54]. Purtroppo delle fabbriche di mandolini o negozi a Napoli non ho ancora traccia, mentre è rinomata la sua azione sul mercato editoriale della musica napoletana in particolare per mandolinisti, supportata dai viaggi che lo stesso Grauso faceva tra New York e Napoli. Tornando a Ricca e Grauso va detto che il legame fu forte tra i due, nonostante ricca contasse complessivamente oltre 200 impiegati tra le diverse mansioni, e in pochi mesi si ipotizza che Grauso passo dalla realizzazione alla progettazione di strumenti musicali. Si racconta che in pochi mesi realizzò uno dei più belli mandolini bowl back[55], intanto sappiamo che Luigi Ricca nel 1898 sospese la produzione di mandolini per passare a quella del piano e dunque anche Grauso approfitto di questo per passare nella realizzazione di questo nuovo strumento prendendo una pausa dai mandolini (e probabilmente anche chitarre visto che ancora on line sono in vendita questi tipi di strumenti a firma di Antonio Grauso con notevoli cifre). Intanto va sottolineato come Ricca era sul mercato degli strumentisti con un catalogo che contava 18 pagine di strumenti a tasti dove emergeva, dunque, anche la capacità artistica di Grauso. Probabilmente Grauso lavorando per Ricca aveva già iniziato un suo mercato di riferimento, infatti, lo stesso Grauso, sappiamo grazie a una etichetta del 1895 di un mandolino realizzato da “Antonio Grauso & Co”. Nel dettaglio la dicitura dice: “Special Manufact / of/ Mandlins / A. Grauso & Co. / Disciples of L. Ricca/ 1895 / New York”, avvia la sua produzione. Il fatto di indicare “A. Grauso & Co.” Forse collega la sua collaborazione con il fratello Domenico, ma questo è da dimostrare. Questa svolta durò poco per Grauso in quanto Antonio Grauso deciso di lasciare Luigi Ricca e di aprire un suo laboratorio e negozio, cosa che accadrà gradualmente in quegli stessi anni, dove primeggiava la progettazione e produzione di chitarre, mandolini e chitarre arpa. La produzione di mandolini e chitarre ad arpa, a doppio manico a quattro e sei corde rappresenta una eccellenza di Antonio Grauso e tutt’ora collezionisti e on line e storici della musica lo dimostrano. Basta inserire come parole chiavi nei motori di ricerca “Antonio Grauso” e avere già un repertorio di suoi strumenti musicali in vendita o proposti per percepire la sua importanza artigianale strumentale e la sua popolarità[56]. A titolo esemplificativo si rimanda all’articolo di Gregg Miner del 13 gennaio 2013 su harpguitars.net in cui si racconta la genialità di questo artigiano del legno e degli strumenti musicali[57]. Anche sulla sede del negozio, inizialmente, sulla base della residenza si pensava fosse al 190 di Grand Street, anche se la pubblicità lo vedeva al 192 di Grand Street, ma lo studio di indagine mi ha riservato un’altra sorpresa … leggendo l’avvincente romando Storico Sociale “I Misteri di New York” di Menotti Pellegrino con annesso “Il Grande Manuale Internazionale degli annunzi”, edito nel 1903 dalla Tipografia Italiana “U. De Luca & Benedetti” con sede al 144 W. Houston Str., N. Y., subito dopo il capitolo I, prima del capitolo II vi è la proposta di inserzioni commerciali. Ebbene, sorpresa delle sorprese mi ritrovo a pagina 30 l’inserzione pubblicitaria del nostro Antonio Grauso che sembra offra anche il servizio di riscatto degli strumenti musicali. La stessa recita “Antonio Grauso / manufacturer of / Italian mandolins & Guitars / Si vendono Svariati Metodi Italiani per Mandolini e Chitarre, Corde e Penne delle migliori fabbriche d’Italia, Canzoni e Musica di Silvestri ed altri autori. In questa fabbrica si trova qualunque articolo che possa servire alla musica. / REPAIRING A SPECIALITY/ 373 Broome Street New York”[58]. La sede della fabbrica, infatti più che negozio si parla di fabbrica, è coerente con la location dove sappiamo che si trasferirà in questo periodo. Questo dato ci aiuta a capire che probabilmente, nonostante il trasferimento della residenza al 190 di Grand Street per un periodo, almeno fino al 1903 il negozio/fabbrica era ancora al 373 Broome Street. Il negozio che ha reso celebre Antonio Grauso sarà al n.192 Grand Street di New York. Per meglio identificare il suo design e firma, sulle opere, Antonio Grauso ideò anche logo ovvero farfalla iridescente (conchiglia di abalone)[59] che è intagliato sul battipenna di osso di tartaruga del mandolino o stampato all’interno della cassa degli altri strumenti a corda. Dalla pubblicità apprendiamo che con il nuovo secolo i suoi mandolini sono venduti a 23 dollari e, nel rispetto dell’origine e probabilmente anche per dimostrare la qualità della produzione l’etichetta porta due luoghi di produzione, ovvero Napoli e New York[60]. Quella della lavorazione degli strumenti musicali sarà stata probabilmente un’abilità di papà Raffaele Grauso, in quanto si scopre che non è solo Antonio ad avere un negozio New York, infatti, vi è anche quello del fratello Domenico (naturalizzato in America il 7 aprile 1899 e morto nel 1920) anche lui come liutaio free-lance, e che si considerava “creatore di strumenti musicali” e si registra una forte collaborazione tra i due fratelli e si ipotizza anche una collaborazione dei rispettivi figli nel laboratorio. A proposito della famiglia di Antonio Grauso, va detto che con Maria Carmela Carbone ebbero 7 bambini di cui solo 3 divennero adulti, ovvero Concetta e Raffaele nati in Italia e poi Giuseppe nato il 27 febbraio 1897 in America. La musica era di famiglia, infatti, Concetta sposò come richiamato il musicista Paolo Bolognese e Raffaele inizio la professione di macchinista per poi passare a pubblicare con il padre Antonio[61]. Anche Giuseppe era musicista, in particolare portò avanti una brillante carriera di batterista jazz e dixieland (particolare modo di suonare lo stile New Orleans jazz) comparendo con diverse etichette discografiche. Anche Raffaele, figlio di Domenico Grauso, divenne caporale di banda durante la Prima guerra mondiale e anche lui seguì la carriera musicale[62]. ÂÂÂÂÂÂ Svolta per la famiglia Grauso in Grand Street Con la famiglia in crescita Antonio Grauso trasferisce la famiglia in Broome Street a Bowery; tuttavia, con la nascita del progetto imprenditoriale nel 1902[63] circa decide di trasferirsi in un caseggiato in Grand Street al 190 dove apre il negozio di musica e una ditta di mandolini abbinata. Il quartiere è vicino alla Little Italy[64]. La scelta dei locali del negozio è studiata in quanto il quartiere va sviluppandosi ospitando artisti, attori ballerini, fotografi, musicisti e scrittori. Nel tempo, nel giro di un paio di anni troviamo la pubblicità del negozio al civico 192 Grand Street probabilmente lasciando il fabbricato del civico 190 all’abitazione e al laboratorio, anche se non è escluso il passaggio (considerando l’ampiezza del fabbricato con più piani) al trasferimento nell’adiacente civico. Ricordiamo che ci troviamo nel quartiere Manhattan che con Staten Island è una delle due isole della città di New York a cui si aggiungono ma ben collegati gli altri tre quartieri ovvero Brooklyn, Queens e il Bronx. Sia il fabbricato al civico 190 che quello al civico 192 sono stati costruiti intorno al 1833 e per entrambi esiste una nota storica a cura della commissione per la conservazione dei monumenti di Manhattan datata 16 novembre 2010[65] a firma di Donald G. Presa. Entrambe le relazioni sono riuscito a trovare e sono disponibili on line sul sito governativo di New York city, e sono arricchite di contributi fotografici[66]. In particolare, nella relazione relativa al civico 192 si legge che con il 1910[67] ma, piani superiori del fabbricato erano abitati da due grandi famiglie italiane, riflettendo l'enorme crescita di Little Italy in quel momento. Probabilmente il riferimento è ai Grauso e Bolognese. La proprietà la dovettero probabilmente conservare fino al 1941 allorquando l’edificio fu venduti Irving Maltman di Brooklyn. Antonio Grauso coglie al volo l’occasione di inserirsi in questo scenario di Manhattan, ovvero in questa isola rettangolare che si può percorrerla in lungo e in largo semplice percorrendo la Street e la Avenue, contraddistinte dai civici che ancora oggi ci consentono di individuare il fabbricato dell’abitazione, laboratorio e negozio. In questo scenario culturale Grauso[68] si rese conto, anche in funzione dell’utenza, che il suo negozio e la sua fabbrica di mandolini sosteneva le attività culturali collegate al teatro italiano, concerti, danze e arti letterarie che erano ospitate in loco. Inoltre, il quartiere era anche la sede dell’irriverente settimanale italiano “La Follia” avente come fondatore Francesco Sisca nel 1893 e gestito con i figli Alessandro e Marziale, il secondo caporedattore. Il giornale ebbe una certa presa sugli italoamericani e non solo dal 1893 al 1968. Tra i due Sisca era noto talentuoso Alessandro Sisca conosciuto anche con lo pseudomino di Riccardo Cordiferro, ed era un poeta e paroliere riverito. Tanto per intenderci, Cordiferro fu l’autore della classica canzone “Cor ‘ngrato”[69] che divenne la più amata di tutta la canzone napoletana dopo che Enrico Caruso la incise[70]. Il complesso abitativo era sicuramente centrato, infatti, ospitava anche la famiglia famosa Maiori noti per essere importanti nel teatro italiano per le opere di Shakespeare, in particolare il grande attore di teatro Antonio Maiori, la moglie Arcamona, e il collega Thespian, e i loro numerosi figli vivevano vicino ai Grauso. In questo periodo, così come l’editoria napoletana giunge in America accade anche il contrario con le “Edizioni Grauso”[71]. A tal fine almeno altri due viaggi farà Antonio Grauso a Napoli lasciando a Maria Carmela la gestione del negozio dove c’è anche la giovane Concetta che accoglie i clienti e prende ordinazioni, oltre a saper mostrare i mandolini, discutere delle loro qualità e vendere spartiti musicali italiani. Il negozio dei Grauso oramai fungeva da outlet di fabbrica di strumenti musicali del quartiere più trafficato di Manhattan. In ogni caso il negozio di Grauso con migliaia di immigranti che arrivavano a Ellis Island era per tutti l’incrocio ideale tra Mulberry St e Grand St. Tra i tanti giunti dall’Italia si portò al negozio di Grauso anche il giovane mandolinista di talento Palo Bolognese che si innamorò della figlia Concetta. Antonio Grauso, non solo per il rapporto familiare, ma soprattutto per il talento di Paolo Bolognese[72] decise di fungere da suo editore e questo connubio portò nel tempo a un ottimo business per Grauso e promozione artistica per Bolognese. In quest’ottica, si coinvolse anche la Arto World Roll per la parte in pianola, che venivano venduti anche nel negozio. Negozio dove Grauso continuò la sua arte di liutaio e di artigiano di strumenti musicali anche se la parte editoriale, e soprattutto il legame con Bolognese, favorì lo sviluppo familiare. Tanto è vero che, sul fondo degli spartiti editi, Antonio Grauso inizio ad intensificare la promozione del negozio sia per la produzione che per la vendita di spartiti e di strumenti musicali. Si consideri che attraverso uno studio dell’archivio digitale americano della “Library Of Congress” attraverso il portale “Chronicling America – Historic American Newspapers” in particolare negli anni 1906 e 1907[73]. Le stesse inserzioni presentano diversi strumenti musicali in disegno e poi ha il seguente titolo: “AMA TE LA MUSICA NUOVA? / ANTONIO GRAUSO / 192 GRAND STREET NEW YORK / Vicino alla popolare Mulberry”. A seguire il testo della pubblicità: “Fabbricante di Chitarre Mandole e Mandolini. Metodi italiani e americani per violini Mandolino e Chitarra. Metodi Italiani per Clarino, Cornetta e Trombone. METODI E TRATTATI D’ARMONIA. Assortimento di Corde, Armoniche, Penne ed accessori musicali[74]. Musica dei migliori autori italiani, Canzonette Napoletane e Musica americana. Si vendono e si danno a leggere libri di ogni qualità. Cartoline illustrate. Metodo per Violino del maestro Ferrara. Spedizione per tutti gli Stati Uniti Co O. D. o contro buone referenze. Visitate il negozio del sign. Antonio Grauso e rimarrete soddisfatti non solo per gli oggetti di prima qualità ma anche per i prezzi modici e di assoluta concorrenza”. ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ Grauso diventa editore E sì, Antonio Grauso fu editore musicale e fece tanto strada con questo business[75]. Editori di New York nel primo ventennio del nuovo secolo con Antonio Grauso sono l’Editore Biagio B. Russo, la Partenope Publishing, l’Editore R. Catalano, Ottavio Pagani, Biagio Quattrociocche, Arturo Matacea, Antonio Paololli, l’Editore A. Falsetti[76], naturalmente Onofrio Di Bella[77], Mauro V. Cardilli, Antonio Mongillo e altri[78]. Con la fine del primo decennio oramai Antonio Grauso è editore affermato. Considerato che il mercato di riferimento poteva essere rappresentato dai nostalgici il catalogo iniziale di Grauso era incentrato sulle generazioni di musicisti più datato nell’ambito dei compositori per mandolini. Negli anni dello sviluppo delle “Edizioni Grauso” si calcolano almeno 92 titoli editi da Antonio Grauso a cui si aggiungevano opere di artisti in immigrati in America e per lo più deceduti come Giuseppe Silvestri, Francesco Della Rosa, Frederico Fiorillo, Giuseppe Bellenghi, Giuseppe Branzoli, Antonio Cavolicri e G. La Malfa. A questo si aggiunsero le iniziali 17 composizioni strumentali di Paolo Bolognese e ancora i numerosi arrangiamenti delle opere di Verdi, Mascagni e altri compositori operistici che divennero titoli sempre di moda. Questa ricca produzione attirò anche l’attenzione di artisti locali che vollero farsi pubblicare tra cui Vincenzo Emilio Speciale, Saverio Russo e Domenico Ciolfi. Fino ad oggi si era creduto che la casa editrice di Antonio Grauso doveva essere nata a inizio secolo ed era noto nel 1905 in relazione ai diritti di un’opera di Francesco Pennino. Questa informazione si desume da una citazione di Giuliana Muscio in “Tra nostalgia e memoria: da Francesco Pennino a Francis Ford Coppola” (il grande regista, sceneggiatore e produttore cinematografico statunitense è figlio di Carmine Coppola e Italia Pennino Coppola quest’ultima figlia di Francesco).Qui, parlando del poeta e musicista Francesco Pennino (talvolta edito con lo pseudonimo “F. Pensiero” e considerato uno dei più amati compositori italiani) si legge: «Nello stesso anno in cui emigra, il 1905, l’editore Antonio Grauso a New York copyrighted E ‘Ffemmene d’America “canzone allegra, parole e musica di Francesco Pennino, cantata per la prima volta dal conosciuto artista Marcello Mele” in cui racconta in napoletani delle bellezze bionde che si incrociano passeggiando per “Broduè”, ovvero Broadway Avenue»[79]. Ebbene, lo studio d’indagine, la ricerca che ho condotto e sto continuando a portare avanti seguendo il metodo storico scientifico, mi ha fornito, come in tanti altri aspetti che via via si riportano in questo studio, di scoprire , non solo che Antonio Grauso è già indicato come editore nell’anno 1900 ma anche che è editore di se stesso in quanto compositore. Questa cosa ci offre, tra le altre cose, la possibilità di aggiungere alle attività di Grauso, nel mondo artistico musicale anche quella di compositore che si affianca a quella di produttore e inventore di strumenti musicali, attore e naturalmente editore. Le opere edite e coperte da diritti nel marzo 1900 sono “Il Trovatore. Coro di zingari e canzone” con arrangiamento di G. La Malfa, per mandolino e “Miserere ed aria” [80]. Inoltre, a una recente ricerca e scansionatura americana delle opere edite da Antonio Grauso è possibile, come poi più nel dettaglio si vedrà nel corso del testo, evidenziare sue pubblicazioni datate 1903 e non si esclude che i “fogli volanti” su cui editava “macchiette coloniali” e dunque altre opere siano anche antecedenti. Sempre dai cataloghi dei diritti d’autore americani si evidenzia una registrazione capillare dal 1905 al 1928 (anno dopo la morte) mentre vi è un vuoto solo per l’annualità 1922 (ho consultato i diversi cataloghi e non risultano opere edite da Grauso). Circa l’assenza delle opere antecedenti il 1905 ma edite dallo stesso si presume che con la “stretta di mano” tali opere siano state edite e affidate a Grauso, probabilmente la stessa “stretta di mano” con cui i diritti editoriali passeranno a Ernesto Rossi e da questo a Onofrio Di Bella. Secondo alcuni studiosi Antonio Grauso deve la sua fortuna come editore, infatti, sempre un ‘opera di Pennino, il tango “Senza mamma!”[81] del 1917, registrata con Copyright Office di Washington, inizierà ad essere nota al punto che l’autore la registrerà anche nel 1920 a Napoli. Si badi che ciò succede solo dopo che Grauso nel 1918 la riedita successivamente come rotolo di pianoforte per i pianoforti venduti nel suo tesso negozio, ed è a questo punto che Pennino vende i diritti ad Antonio Grauso ed è con Grauso che il successo prende piede al punto tale che nel 1931 lo stesso Pennino si ricopra da Grauso (ovvero dal genero Paolo Bolognese essendo morto Grauso) i diritti della sua canzone che nel frattempo sta per essere trasformata in sceneggiata data l’enorme popolarità conquistata in terra Americana[82]. Quanto successo con Pennino, e probabilmente anche con altri, oltre che con Paolo Bolognese, dimostra le capacità imprenditoriali nel settore musicale di Antonio Grauso. E si badi che anche l’idea di trasformare la canzone in sceneggiata fu di Grauso c’e già dal 1929 si preoccupò di investigare e di trasformare in sceneggiata l’opera anche a Napoli. Infatti, riporta Muscio “Negli anni venti la sceneggiata era diventata un formato popolare sui palcoscenici napoletani e Pennino potè entrare in contatto con questa esperienza” proprio per interessamento di Antonio Grauso. La canzone sarà poi sceneggiata con Enzo Lucio Murolo e se ne registrarono 62 rappresentazioni[83]. Altri artisti a cui è legato il nome di Antonio Grauso sono il mandolinista romano Alessandro Morelli (1875-1918) e il prof. Giovanni Del Colle (quest’ultimo in particolare per via del famoso testo “suo famoso “No Beer, No Work”)[84] e a quello di Pietro Tesio (1869-1923). Si consideri che l’arrivo in America di Paolo Bolognese, genero di Antonio Grauso poterà questi a fungere da arrangiatore anche di Morelli nel 1909. Sono presenti ancora in rete parti del catalogo del 1920 di Antonio Grauso con la sua ricca produzione che andrà avanti per un altro decennio, almeno fino a quando, come scopriremo tra breve, il catalogo delle musiche di proprietà di Antonio Grauso passerà negli anni trenta nelle mani di Onofrio Di Bella[85] a seguito della prematura morte di Antonio Grauso il 22 dicembre 1927 e per via probabilmente della crisi economica che investe il Paese. Probabilmente la forza e l’inventiva di Grauso se non fosse sopraggiunta la morte gli avrebbe permesso di superare gli anni della crisi visto che a seguire vi è la rinascita artistica e musicale che investe New York e anche il suo quartiere. In questo caso oggi saremmo stati probabilmente qui a raccontare ancora più ampiamente della storia del negozio e dell’editore Antonio Grauso. Il locale una volta chiuso probabilmente sarà sostituito da un ristorante / pizzeria e, caso della vita, seguendo con le foto storiche sul web l’evoluzione nel tempo del fabbricato “al n.192 Grand Street di New York” è tutt’ora occupata da un ristorante, il “Tomiño Taberna Gallega”[86]. Precedentemente all’apertura del negozio da parte di Antonio Grauso[87] il pian terreno dell’edificio che poi ospita il negozio è occupato dall’Antica Pizzeria Port’Alba di Filippo Milone come apprendiamo dal portale di schede storiche americane History collegato al brand History Channel[88]. In ogni caso con il primo decennio del nuovo secolo Grauso edita e/o diffonde canzonette del “La belle Epoque” stilizzate e scritte per tenori e mandolino, oppure per piano e mandolino, ovvero per gli strumenti che esso stesso commercializza, compreso le opere di Pennino che contribuì a diffondere. Il riferimento è a brani che cantati in napoletano hanno successo nel teatro italiano come “Schiaranno Tuorno”, “E ‘ffemmene d’America” e “Lassanno Napule!”. Nel racconto che fa di Antonio Grauso Sheru Mignano Crawford in “Italian Mandolin Heroes in America”, a cui questa descrizione degli anni d’oro fa riferimento, si evince come Antonio Grauso ebbe l’astuzia di collegare le autentiche tristi ballate napoletane, ovvero le classiche canzoni napoletane, a titoli più accattivanti e ottimisti americani. Antonio Grauso aveva stabili contatti con Napoli e con gli artisti napoletani, infatti, lo stesso soddisfaceva sia il mercato italiano (e forse con destinazione europea) che quello americano, e pubblicava canzoni da entrambe le sponde dell’Oceano Atlantico. Nella sua produzione troviamo “Coney Island” di Paolo Bolognese, “Luna Park” di Agostino D’Agostino e dello stesso autore la marzuka “Luna Park” che furono usate per commemorare l’apertura nel 1903 del parco divertimenti di Coney Island, ovvero una sorta di primordiale Disneyland che prometteva viaggi sulla luna e altro ancora come i moderni parchi divertimento. Naturalmente dovendo accontentare le diverse generazioni e gusti, va detto che questi titoli, erano controbilanciati da altri più classici napoletani come quelli della serenata comica “Na serenata A Mulbere avenuta (P’ a figlia ‘e Mistro Ponto)” con musica di G. Leotti versi e creazione, nonché primo esecutore Eduardo Migliaccio (“Farfariello”) ed edita nel 1907 da Grauso. La stessa rientra anche nella “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York”[89]. L’attività editoriale di Grauso andò sempre più ad incrementarsi nel tempo e a editare anche le opere e gli spartiti della tradizione dei tenori napoletani, gli stessi che un tempo si strimpellavano al balcone nei vicoli di Napoli e che con lui, e con la migrazione dei napoletani replicavano le serenate sui palcoscenici intorno a Mulberry Street. Un arricchimento del catalogo che nel 1927 diventa un problema allorquando muore Grauso e probabilmente non c’è interesse in famiglia a portare avanti l’attività e si penserà di sfruttare questo patrimonio mettendo in vendita il repertorio. Su questa scelta, anche perché si basa su colloqui diretti con la famiglia Bolognese/Grauso viene incontro l’indagine condotta da Sheri Mignano Crawford, al cui testo, come detto, ci si ispira per le linee portanti dell’esperienza di Antonio Grauso nel ventennio in cui ha esercitato come editore e come realizzatore di strumenti musicali. La stessa riferisce che vi sono diverse ipotesi sulle scelte che si vollero perseguire. Una riteneva che vi fosse la volontà del genero Paolo Bolognese[90] di vendere il catalogo di musica al padre del suo amico e collega Ernesto Rossi il quale aveva il suo negozio di musica di fronte a quello di Antonio Grauso[91]. Ci sono diverse riflessioni da fare e al contempo non è del tutto da escludere l’ipotesi, almeno stando alle annotazioni degli studiosi che hanno ripreso la questione. Potrebbe, la stessa, sembrare poco fondata in considerazione che la musica per mandolino di Grauso non rientrava nel business in cui si era specializzato Rossi ovvero la canzone napoletana. Non va comunque scartata l’ipotesi che, essendo nel momento della recessione, Rossi abbia acquista circa nell’arco temporale 1930-1932 i diritti del catalogo di Grauso per poi rivenderli con guadagno personale a Di Bella. Questa tesi trova riscontro nella ricostruzione che ne fa Mark Rotella che pubblica nel 2010 il libro “Amore: The Story of Italian American Song” per l’editore Ferrar, Straus and Giroux in ebook. Qui, riprendendo le vicende dell’opera “Senza Mamma!” di Francesco Pennino (di cui in questo articolo si tratta ampiamente per la questione dei diritti d’autore tra Grauso e lo stesso Pennino), si riporta che nel 1930 Rossi acquista il negozio e gli spartiti, ovvero si presume i diritti d’autore su di essi dagli eredi Grauso, ovvero principalmente dalla figlia Concetta e dal genero Paolo Bolognese[92]. Altra considerazione che viene da fare è che ai fini di un acquisto per gestione personale dei diritti viene ancora meno l’ipotesi dell’acquisto di Rossi in considerazione dell’eventuale interesse a prendere il catalogo per acquisire i diritti di Francesco Pennino, interesse che veniva a cadere, perché nel tempo Pennino aveva fatto scelte editoriali diverse e. infatti, nel 1927 Pennino lo troviamo pubblicare spartiti musicali con il suo nome a Brooklyn. Tra l’altro con la sua edizione Pennino ebbe anche a pubblicare delle opere di Paolo Bolognese, in particolare si ricordano 2 danze strumentali un walzer “Linguaggio amoroso” e una mazurka “Notte D’Aprile”. La tesi più probabile, e che poi trova conferma nelle conseguenze, è che Paolo Bolognese, che da più parti si comprendere essere la persona che ha gestito per la famiglia questa delicata fase, preferisse che copyright del suocero fosse acquisito da un autentico editore di musica e ballo strumentale. Ma gli restava comunque la vendita del negozio e di quanto in esso contenuto. Siamo ancora alla vigilia della depressione americana dopo la morte di Grauso. Dal catalogo delle opere registrate per la tutela dei diritti d’autore emerge che vengono associate all’editore Antonio Grauso opere anche nel 1928 e da questo momento, mentre le prime opere di gennaio (Lingua (La) taliana ; nuovissima macchietta, versi di Tony Ferrazzano, melodia di Raffaele Grauso[93]) riporta l’editore Antonio Grauso da aprile del 1928 (Gente meie ; versi di Raffaele Ciaramella. musica di Giuseppe Manna, of Italy, domiciled at New York) l’editore è Antonio Grauso & son (song), ovvero e figli[94]. ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ ÂÂÂÂÂÂ E alla fine così avvenne, infatti, nel giro di cinque anni dalla morte di Grauso, siamo tra il 1932 e il 1934, i listini delle opere edite e di cui Grauso deteneva i diritti, e anche i suoi cataloghi degli strumenti musicali furono trasferiti al catalogo di musica di Onofrio Di Bella (fatta salva l’eventuale intermediazione o rivendita di Rossi) e ebbero un nuovo titolo ovvero “Italian Dance Albums”, ed erano conosciuti dai musicisti come i “Red dance folios”, grazie alla loro copertina rossa. Va detto che Di Bella conserva la provenienza del diritto d’autore originario citandolo nelle stampe. Apprendiamo che i titoli delle opere erano organizzati in otto album (probabilmente catalogati con la numerazione generale di Di Bella dal numero 101 al numero 109), ogni album formato da 9 a 12 titoli per un totale di 85. Da questo momento i titoli di mandolino appartengono a Di Bella che concepì il loro uso per arrangiamenti per formazioni musicali di piccole bande. Portata avanti la sua eredità editoriale e di strumenti musicali da Di Bella e grazie alla fama che nel frattempo stava maturando sempre più Paolo Bolognese (grazie molto all’opera di Grauso che in vestì tanto sia sull’artista che sul genero) Antonio Grauso vieni via via dimenticato e con lui anche il suo stato leggendario di liutaio e di editore di musica da ballo per mandolino. Le opere strumentali di Grauso tutt’ora conservano tra i collezionisti e on line, per i suoi mandolini e per le sue chitarre arpe, ancora un mercato con importi di tutto rispetto, mentre probabilmente la stessa sorte non è toccata ai suoi spartiti che probabilmente, quelli che sono sopravvissuti al tempo, potrebbero essere inseriti nel migliore delle ipotesi in qualche archivio o peggio ancora in qualche sottotetto o cantina di eredi di appassionati di musica strumentale e napoletana, che hanno pensato bene di non buttare i cimeli del caro estinto. In ogni caso, la popolarità di Bolognese, forse anche per la passionalità della moglie Concetta, che quel negozio e quelle attività editoriali e strumentali le aveva viste crescere, contribuì a conservare la memoria di Antonio Grauso[95] (impegno portato avanti da tutti i figli), e anche la riscoperta di recenti generazioni di musicisti e mandolinisti italiani della gioia di suonare queste mazurche, valzer e polke dello scorso secolo hanno contribuito al recupero della sua memoria. Per la parte la raccolta di opere edite da Antonio Grauso, o comunque riprese dalle sue edizioni, come nel caso dei diritti acquistati da Di Bella, così come più volte ho fatto cenno in questo ricordo, è necessario ringraziare Sheri Mignano Crawford[96]. Con il suo lavoro è stato possibile estrarre una catalogazione delle opere, opere ricercate, scansionate così da salvare dalla loro perdita[97]. Queste opere salvate unitamente a quelle presenti nei cataloghi dei diritti d’autore americani[98] potranno permettermi di elaborare un elenco pressoché fedele dell’intera produzione editoriale trentennale americana di Antonio Grauso. In chiusura mi viene da proporre alle istituzione culturali, musicali e politiche casertane nonché ai rappresentanti dell’imprenditoria, un’azione di recupero della memoria di questo casertano che “ha realizzato il suo sogno” ed è riuscito “a conquistare l’America”. [1] Michele Schioppa, Maddaloni, ricordo della belle époque della banda cittadina con il Maestro Antonio Grauso del 25 ottobre 2016 in L’Eco di Caserta (link). [2] Michele Schioppa, Maddaloni, Alberto Marzaioli “violinista”: il più noto mandolino della Regione nel 1929 del 25maggio 2017 in L’Eco di Caserta (link). [3] Directory of Music Industries, edito nel 1911 da Charles A. Daniell, Frank D. Abbott, riporta Antonio Grauso a pagina 17 come produttore “G. & M., guitars and mandolina; Sm. Ins., small instruments” ovvero di chitarre mandolini e piccoli strumenti musicali e a pagina 121 come “MUSIC PUBLISHERS” ovvero editore. In effetti, secondo la testimonianza dello studioso di musica napoletana Ciro Daniele il nostro Antonio Grauso oltre a essere liutaio, editore è anche compositore. Naturalmente appena avrò documentazione a supporto provvederò a integrarla nello studio. [4] Storicamente la sua produzione napoletana risale all'inizio del 600 nella Casa Vinaccia di Napoli, con noti prodotti dai Vinaccia, famosa famiglia di liutai. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a: Anna Rita Addessi, “Il mandolino di tipo napoletano nel Settecento: storia, formazione, ricerca” in “Il saggiatore musicale” del 23 febbraio 2022 (link); Ettore Mariani, “Differenze tra il mandolino Lonbardo e il Napoletano” (link); Cascini Gabriele, “La Musica Manoscritta per Mandolino nelle Biblioteche Italiane” (link); Simona Frasca, “La canzone napoletana negli anni dell’emigrazione di massa” in Altreitalie, luglio-dicembre 2004, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, pagg. 34-51. [5] Jayson Kerr Dobney, “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”. Metropolitan Museum of Art: New York, 2011, pag. 19 (link). Cfr. Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019, pagg. 5 e 13 (link). [6] Per la sua chitarra a 12 corte è citato nella “Vintage guitars : the instruments, the players, the music” edita dalla String Letter Publishing nel 2001, alla pagina 89, nel testo il richiamo + anche a pagina 160 e 161.. [7] Si approfitta per riferire che la scelta americana probabilmente era legata al fatto che nel Continente in cui ciascuno è in cerca di fortuna non solo si è andato diffondendo il mandolino ma addirittura si va personalizzando, in contemporanea alla nascita dell’imprenditore Antonio Grauso, anch’esso liutaio, nella realizzazione di mandolini personalizzati. Infatti, ci troviamo a conoscere la figura del liutaio Orville Gibson, del Michigan, titolare di una bottega, che è noto per essere il primo in America ad ottenere il brevetto per un Mandolino nel 1898 (in effetti abbiamo altre registrazione di Americani in Italia nel mentre, come nel 1896 con il brevetto n. 41404 di Merrill N. e Jones A. W. di Pittsburg abbiamo il “Perfectionnements aux instruments de musique du genre de la mandoline” e sempre nel 1898 con il brevetto n. 46877 abbiamo Simpson R. B. e Kaye W. E. di Fort Worth-Tarrant ad aver brevettato “Perfezionamenti nei mandolini” come si evince dalla pubblicazione di Lorenzo Lippi dal titolo “I Brevetti di mandolino in Italia tra il 1870 e il 1930: tra reali innovazione e strategie commerciali” Estratto da “Il periodo d’oro del mandolino” a cura di Ugo Orlandi, edizioni CMI/IMC, Brescia 2017, link). La cosa ebbe successo e così già nel 1902, lo stesso Orville Gibson fondò la Gibson Mandolin-Guitar Manufacturing Company, oggi nota come la Gibson Brands Inc..Il nuovo mandolino si discosta da quello classico napoletano per la forma facendolo assomigliare più a un violino e per la casa che richiama quella della chitarra. Cfr. Luigi Catizone, “IL MANDOLINO: LE ORIGINI E LA SUA DIFFUSIONE” del 27 agosto 2020 in “Dante Alighieri Society Promoting Italian language & culture in Canberra”(link); Redazione Musicoff, “Un metodo per MANDOLINO BLUES, dal Mississippi al Mediterraneo” (link); E.A., “A Napoli anche il Mandolino è Doc Lo strumento più popolare del folklore partenopeo vanta una lunga storia di arte liutaia”del 19 luglio 2020 in Turismo.it (link). [8] Antonio Grauso con la sua produzione di mandolini, chitarre non riusciva da solo, giustamente, come dice fin dal 1895 e poi ribadisce con la “Fabbrica” dal 1903 ha bisogno di operai, e come la presenza di operai prevede il riconoscimento dei diritti e se questi non vengono rispettati si scende in sciopero. Ed è questo che hanno fatto nel periodo tra agosto e settembre 1910 gi opererai delle fabbriche di mandolini e chitarre finché cinque produttori, dove il nostro Antonio Grauso con sede in Grand Street è il primo, seguono i fratelli Favila di Prince Street, Raffaele Ciani di Mulberry Street (risulta che abbia collaborato con loro in un primo momento o comunque da indipendente anche Antonio Grauso unitamente ad A Russo, Anonio Cerrito e Joseph Nettuno. Ciò in funzione al legame che questi avevano con Ricca. Non è escluso che questa squadra di professionisti nel tempo si sia alternata da Ricca a Ciani a Schmidt e nel forum moandolincafe si evidenzia come il mondo della costruzione di mandolini e strumenti negli Stati Uniti è cambiato radicalmente tra il 1905 e il 1915 e tra il 1925 e il 1935), Angelo Monello di East 149th Street, e Antonio Favilla di Mulberry street. Il sindacato ha sottoscritto l’accordo con i cinque produttori in via Elisabetta al civico 35. L’aumento è quello del 20 per cento sul salario e massimo 10 ore di lavoro al giorno con mezz’ora per il pranzo. Degli otto negozio e fabbriche di mandolini e chitarre del quartiere solo cinque hanno accolto l’invito, dopo il tentativo bluff dei produttori di minacciare il sindacato per far tornare subito i lavoratori al lavoro e minaccia di far chiudere il sindacato. I cinque costruttori hanno 43 dei 67 lavoratori del settore del quartiere. Il sindacato si augura che anche gli operai che non sono tornati a lavoro lo facciano presto in funzione dei tre produttori del quartiere che si ostinano a non firmare l’accordo che sono Carluccio di West Houston street, Fred Gretsch di Scot Fourth street in Brooklyn e Oscar Schmidt di Ferry street in Jersey. La trattativa la sta portando avanti il presidente del sindacato Raffaele Bavilacqua. Il quale rifiuta e smentisce che il sindacato giri armato e faccia intimidazioni ai negozianti e produttori. La notizia della cronaca e della firma del contratto è riportata dal “Piano, Organ & Musical Instrument Workers, Official Journal, n. 8 del settembre 1910 (vol. 12), a pagina 4. Il Giornale è disponibile nel portale della Library of Congress (link). ÂÂÂÂÂÂ Nel Thirteenth Annual Report of the factory inspectors of the State of New York del 1899, a pagina 267 troviamo l’ispezione numero 4644 dove Antonio Grauso è indicato come fabbrica di “Musical Instruments” e ha 14 operai maschi impegnati in 59 ore settimanali e 1 cambio orario e un adempimento segnalato. L’attività è in crescita perché in occasione della ispezione dell’anno 1900 con l’ispezione n. 5275 risulta avere già 19 operai maschi e tre apprendisti minorenne di diciotto anni maschi, sempre 59 ore di lavoro settimanali e tre cambi orari e tre adempimenti (Fourteent Annual Report of the factory inspectors of the State of New York del 1900, a pagina 308). ÂÂÂÂÂÂ [9] Probabilmente Antonio Grauso, da imprenditore, partecipò all’invenzione anche del marchio Galiano come produttore di chitarra e mandolino su cui si aggira un alone di mistero. Infatti, è probabile che sia nata una sorta di cooperativa di costruttori di New York tra Antonio Grauso e Raphael Ciani (zio di John D’angelico), Antonio Cerrito, Giuseppe (Joseph) Nettuno e distribuito dalla società Oscar Schmidt. Dalle annotazioni e dai commenti vari emerge che etichette A. Galiano, riportano il nome di Ciani, altre non lo riportano. In effetti sembra esistano anche essenzialmente etichette con la sigla AG (da qualcuno confusa con Antonio Grauso). La citazione di Galiano rimanda all’essere stati allievi di Ricca ed eredi dell’arte dei Vinaccia. Da qui l’ipotesi della cooperativa, dietro l’identità di A. Galiano, con la produzione dei quattro liutai. Naturalmente, l’argomento è da approfondire ma ci sono diversi riscontri in tal senso. [10] Registro delle nascite dell’anno 1858, ufficio periferico di Stato Civile a Puccianiello di Caserta, segnatura n. 1/d.146, conservato presso l’Archivio di Stato di Caserta e disponibile on line (Portale Antenati (beniculturali.it)), alla pagina 22 [11] Raffaele Grauso nasce il 1829 da Domenicantonio Grauso mentre non è noto il nome della mamma. Raffaele sposa Filomena Giaquinto a Caserta il 14 aprile 1855 e dalla stessa avrà dieci figli in 18 anni, come riferisce Brin Brophy nella sua ricostruzione geologica sulla famiglia a cui si rimanda (link). [12] Della mamma di Antonio Grauso abbiamo maggiori informazioni. Sappiamo che nasce a Caserta, ovvero a Briano dove resterà anche poi, nel 1835 da Domenico avente 36 anni e da Anna Scialla avente 31 anni alla sua nascita. Abbiamo accennato al matrimonio con Raffaele e alla prole. Sappiamo anche che è morta il 19 maggio 1905 a Caserta, alla veneranda età di 70 anni. Questo potrebbe anche giustificare il viaggio di inizio 1906 di Antonio, magari tornato in Italia per commemorate la madre morta. Sappiamo qualcosa in più anche del nonno di Antonio Grauso da parte di madre, ovvero di Domenico Giaquinto, figlio di Salvatore e Marianna Martino è nato nel 1799, bella stessa città dove sposa Anna Scialla il 30 dicembre 1824, e i due avranno cinque figli in 19 anni. Anche della nonna materna, grazie a Brin Brophy, sappiamo qualcosa, ovvero che nasce da Francesco e Angela Rosa Paparella a Sala di Caserta nel 1804 a Sala e che è morta il 27 dicembre 1879 a Caserta, all’età di 75 anni. [13] Nel libro di Sheri Mignano Crawford dal titolo “Italian mandolin Heroes in America” edito da Zighi Baci Publishing Boyes Hot Spings, Ca nel 2018, a pagina 94, nel paragrafo Antonio Grauso A Grand Luthier in manhattan’s Little Italy si cita la mamma “Gertrude “Tillie” Giaquinta” e si rimanda tale informazione a: “Death Certificate for Domenico Grauso contains marginalia written by his son Ralph Grauso. 9 December 1920”. Sicuramente la trascrizione dei documenti dall’italiano all’americano avrà influito sulla deformazione del nome. Per questa citazione si veda la nota 1 del relativo paragrafo nel libro di Sheri Mignano Crawford a pagina 205. [14] Sappiamo che sposerà a Puccianiello il 9 marzo 1882 Concetta Martino e risulta carpentiere/falegname. Da Vincenzo e Concetta nascerà Geltrude il 15 ottobre 1884 a Briano di Caserta che morità a soli due anni il 1 maggio 1887. La sua famiglia sarà allietata da una nuova figlia di Nome anna il 12 agosto 1888 sempre a Briano e di un figlio Raffaele il 15 gennaio 1891 sempre a Briano che morirà il 17 luglio 1891. [15] Domenico all’età di venticinque anni sposa Angela Maria Funcellino (nata nel 1861 da Michelangelo e Antonia Di Lella del quartiere di Sala di Caserta) il 5 ottobre 1885 a Caserta. Dalla loro unione nasceranno Raffaele a Sala il giorno 11 ottobre 1886 che morirà il 10 luglio 1888, Geltrude il giorno 8 luglio 1888 a Sala dove morirà il 16 agosto 1889, e Anna il 12 dicembre 1889. Domenico si trasferirà in America e qui lavorerà come competitor e collaboratore del fratello nella costruzione di strumenti musicali e avrà l’allargamento della famiglia; infatti, con la moglie darà la vita a un nuovo Raffaele Grauso nato il 22 luglio 1896 come evidenzia il certificato di nascita n. 34521 del 19 agosto 1896 è disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). Di questo Raffaele si parlerà più avanti in relazione allo zio Antonio e al cugino Raffaele. Sempre questo Raffaele figlio di Domenico si sposerà con Maria Pallama il 25 ottobre 1916 a Manhattan come si evidenzia dal certificato di matrimonio n. 1907 del 12 gennaio 1917 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). Ancora Domenico e Maria Funcellino avranno una figlia di nome Carmela che il 25 marzo 1922 all’età di 21 anni sposa Anthony Vaccaro come si evince dal certificato di matrimonio n. 1254 del 5 aprile 1922 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [16] Si rimanda per i dettagli al certificato di morte n. 31788 del 12 dicembre 1920 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New (link). [17] Giustina ha sposa Vincenzo Ianniello il 2 dicembre 1888 a Puccianiello di Caserta e i due avranno quattro: il 31 marzo 1890 a Briano Rosina Ianniello, il 5 gennaio 1892 a Briano Pasquale Ianniello, il 13 novembre 1893 nasce e muore Michele Ianniello, nasce dunque la figlia Rosa il 29 marzo 1895. Il marito Vincenzo Ianniello nasce da Pasquale e Rosa Cantiello nel 1864 sempre in Briano. [18] Antimo, anche lui di professione falegname, sposa Maria Annunziata del Gaudio a Puccianiello il 9 dicembre1886 e della loro unione nasceranno Geltrude il 6 agosto 1889 e Donato il 1 gennaio 1892. [19] Filomena ha sposato Francesco Batelli il 26 febbraio 1891 a Puccianiello di Caserta poi muore a Briano il 25 maggio 1904. [20] Quest’altra sorella di Antonio Grauso sposa Carmine Villano il 24 marzo 1897 a Caserta. [21] Vitagliano sposa Orlanda Solaro il 18 settembre 1901 a San Leucio di Caserta e dalla loro unione è nato un figlio. [22] Nasce da Giuseppe Carbone e Anna Santillo in Carbone, come si evince dal certificato di morte n. 9305 della Contena di New York 1 marzo 1920 e residente al 192 di Grand Street. [23] Concetta sposa l’8 ottobre 1905 (come si evince dal certificato di matrimonio n. 21619 del 10 ottobre 1905 disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York link) il musicista Paolo Bolognese e con lui il 31 ottobre 1911 salpa da Napoli alla volta di New York con la nove San Guglielmo. Bolognese musicista trentenne viaggia con tutta la famiglia ovvero “la moglie Concetta Grauso e i figli Maria, 6 anni, e Domenico di 3”. Gli stessi sono diretti “al n.192 Grand Street di New York” al fine di raggiungere “il suocero Antonio Grauso, partito nel 1903 dal suo paese: Maddaloni”. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo (Operatori C.R.S.E.C. BA/7), “Saluti dalla Merica- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), Edito dalla Regione Publia, Gradica&Stampa, Altamura (Ba), giugno 2009, pagg. 59, 60 e 88. [24] Esiste il certificato di nascita di New York di Raffello Grauso nato il giorno 11 gennaio 1895 da Antonio Grauso residente in loco al 356 di Broome St. di professione mandolinista e da Carmela Grauso Carbone con il timbro della contea di New York al 23 febbraio 1895 e la registrazione agli uffici del giorno 8 marzo 1895. [25] Giuseppe sarà coinvolto musicalmete infatti lo troviamo come arrangiatore nel 1921. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 1 First Half of 1921 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1921, pag. 631. Qui nell’opera “’A mamma è sempre mamma” con parole di Mario Nicolò e musica di Giulio Del Vecchio è arrangiata da Giuseppe Grauso, dunque anche l’altro figlio (oltre a Raffaele che abbiamo già incontrato più volte) è impegnato nel campo musicale. [26] La collezione fotografica “Manhattan 1940s Tax Photos” del NYC Departement of Record & Information Services di New York City Manhattan offre contributi storici che riprendono il nostro luogo nel corso del secolo scorso. Nel period 1939-1940 scopriamo che c’è un negozio di specchi e sulle tre insegne troviamo “Glass”, “A, Maltaman” e “Mirroas” (link della foto del civico 194 del 1940). Ad esempio, dei fotogrammi relativi al civico 190 del 1940 identificano bene l’abitazione e ci fanno capire come in quegli anni, diversamente da quanto è stato possibile riscontrare attraverso altri contributi storico fotografici, il 192 non è destinato a un ristorante o pizzeria ma altra attività. Per i contributi fotografici (che avendo una panoramica ampia riguardano anche i civici adiacenti) per i civici 188-190 dell’anno 1940 (link), il 190 per l’anno 1940 (link) e per il 192 per l’anno (link). [27] Il dato emerge dal passaporto rilasciato ad Antonio Grauso il 12 maggio 1900 n. 23907. Il dato emerge dalla banca dati ancestry realizzata in collaborazione con la National Archives and Records Administration, registro dei passaporti richiesti agli Stati Uniti d’America 1900-1902 pagina 820 (link). [28] Questa possibile data la escluderei in quanto questo Antonio Grauso risulta essere nato il 26 luglio 1864. In una delle schede di arrivi (dalla banca dati di familysearch.org (Index to Naturalization Petitions filed in Federal, state and local court in New York, 1792-1906)) esso risulta di professione carpentiere, naturalizzato in America il giorno 11 luglio 1900, residente in New York al 193 di Mott St.e il suo riferimento e datore di lavoro è Domenico Grauso residente al 191 di Mott St. e di professione “instrument mkr” ovvero “instrumentet muzikore” costruttore di strumenti, probabilmente musicali. Questo Antonio Grauso risulta in ingresso in America a New York il 3 agosto 1890. Dal censimento del 29 aprile 1910, di questo stesso Antonio Grauso abbiamo la composizione del nucleo familiare e residente al 155 di Madison a New York. Ecco la composizione del nucleo famigliare: Nancy Grauso moglie di 46 anni, Tilly Grauso figlia di 19 anni, Rafel Grauso figlio di 22 anni Italy (quindi nato nel 1887/1888 ovvero coetaneo di Raffaele Grauso figlio di Antonio Grauso protagonista di questa storia) Robert Grauso figlio 18 anni. Tutti questi nati in Italia, ora seguono i figli nati a New Jersey, e quindi Mary Grauso di 13 anni, Tony Grauso di 11 anni, Dominick Grauso di 9 anni e Maggie Grauso di 7 anni. [29] Cfr. Sheri Mignano Crawford dal titolo “Italian mandolin Heroes in America”, pag. 94 e 205. [30] “Il piroscafo Neckar, il secondo del Norddeutscher Lloyd con questo nome, fu costruito nel 1899 dai cantieri J. C. Tecklenborg di Geestemünde (scafo N° 172). […] Il 12 maggio 1902 fece il primo viaggio Napoli - New York. […]Il 27 maggio 1910 fece l'ultimo viaggio di ventidue consecutivi tra Napoli e New York”. Fonte Agenzia Bozzo “ARCHIVIO NAVI A VAPORE” link ÂÂÂÂÂÂ Scheda 166B. Per ulteriori approfondimento portale “Il nonno d'America” voce “Navi : L-M-N”, link . [31] Il tutto si evidenzia dalla lista n. 76 della “List or manifest alien immigrants for the commissioner of immigration) ovvero l’elenco degli equipaggi e dei passeggeri giunti a Castle Garden e Ellis Island. In quest’ultima località probabilmente sarà stato messo in quarantena Grauso prima di entrare nel continente. [32] Nei registri non risulta come già naturalizzato eppure negli elenchi elettorali del 1903 già è a Manhattan, come si evince dalla Transcript of the Enrollment Books - Borough of Manhattan di New York (N.Y.). Board of Elections · 1903 conservato presso la Biblioteca Pubblica di New York. [33] Dal certificato di morte di Paolo Bolognese si evidenza come data di nascita il 7 febbraio 1881 ma da come verificato da altre fonti sembra più verosimile la data del 1871 citate a fronte di quella del 1881. Il certificato di morte n. 8845 del 21/11/1944 è disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [34] Fonte Familysearch (link per albero genealogico di riferimento). Paolo è figlio di Domenico Bolognese e Maria Nasca. Secondo questa stessa fonte Maria Bolognese nasce nel 1905 e Domenico nel 1908. [35] Per la storia di Paolo Bolognese si rimanda a Sheru Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, pag. 95 e seguenti e 125 e seguenti. [36] Inizialmente pensavo che probabilmente per andare a trovare la figlia in Italia dove avrebbe potuto partorire la prima nipote Antonio Grauso avesse fatto un viaggio, come altre volte accadeva anche per questione di affari, e rientrava in America con la nave SS Bulgaria proveniente da Napoli dove erano partiti il 29 aprile 1906 e giunti il 17 maggio 1906 in America. Infatti, coincide l’età, il nome la provenienza, il fatto che non è immigrato l’unica nota stonata (che ritornerebbe quando viaggia, da come si è riscontrato, è che risulta proveniente da Maddaloni. Queste informazioni sono rilevabili dalla lista 242 del registro “List or Manifest of alien passengers for the U.S. Immigration officer at port of arrival. In ogni caso dal certificato di nascita di Maria Bolognese, del 17 maggio 1906 si evidenza che la prima nipote di Antonio nasce in America. Il certificato è il n. 23899 emesso in New York il 17 maggio 1906 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (Link). [37] Questo componente della famiglia lo troviamo nato il 5 ottobre 1907 come emerge dal certificato di nascita n. 53037 del 18 ottobre 1907 e disponibile e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). I genitori sono Paolo Bolognese e Concetta Grauso. Probabilmente morirà nel giro di poco tempo visto la presenza di un fratello nato poi con lo stesso nome. [38] All’anagrafe è Domenico Antonio Bolognese come si evidenzia dal certificato di nascita del 12 febbraio 1909 n. 8160 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New York (link). [39] Il matrimonio è del 7 febbraio 1932 come si evince dal certificato n. 588 del 10 febbraio 1932 e disponibile nella banca dati del portale Historical Vital Records dello Stato di New (link). [40] Dall’albero genealogico di Familysearch (link) troviamo anche Concetta Bolognese nata nel 1912 che però non è più riscontrata in nessun altro documento e quindi si presume morta. Non sappiamo se gemella o nata solo nello stesso anno della sorella. [41] Cfr. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo, “Saluti dalla America- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), pagg. 59, 60 e 88. Bolognese e la moglie Concetta Grauso sono presenti nell’elenco degli emigrati di Altamura a dimostrazione che provenivano da tale località. [42] Nello studio su Grauso Antonio sono emersi casi di anonimia come quello di un tale Grauso Antonio che per anagrafica potrebbe essere quello che ha viaggiato nel 1903 e da qui il riferimento del biografo che ha trattato bolognese potrebbe essere caduto in errore. Del resto, a volte alcune ricerche possono portare a imbattersi nella persona sbagliata, ma la costanza nella verifica delle fonti consente anche di correggersi e puntare sull’indagine della persona giusta. Questo omonimo Antonio Grauso nasce a Maddaloni il 6 agosto 1863 da Giacomo (figlio di Domenico) di anni trenta di professione scalpellino e da Filomena Iovana ventiseienne alle ore ventitre e che è stato battezzato nella chiesa di Santa Margherita il 7 agosto 1863 (Registro Nascite Comune di Maddaloni anno 1863 n. d’ordine 422.). Il nostro Maestro Antonio Grauso, con annotazione di professione scalpellino, il 4 dicembre 1890 si sposerà con rito civile davanti all’assessore Federico Farina (delegato del sindaco) con Margherita d’Alessandro ventisettenne maddalonese figlia di Giovanni e di Luigia Cioffi (Registro Ufficio Stato Civile, Atti di Matrimonio, Parte I, Comune di Maddaloni anno 1890 n. d’ordine 155.). [43] Il legame tra Grauso e Bolognese sarà saldo così come si vede dalle citazioni in cui il genero è arrangiatore delle pubblicazioni edite dal suocero. [44] Per la documentazione d’archivio si rimanda a IC Internet Culturale Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane link. [45] Una versione della mappa della città grosso modo di quel periodo, e precisamente del 1885, con la specifica di questo civico 190, è disponibile on line al link. [46] Dal censimento del 1 giugno 1905 Antonio Grauso e la moglie Carmela e i figli Concetta, Raffaello e Jopseph abitano al 190 di Grand Street e nello stesso civico abita anche la famiglia di Antonio Maiori, atore di cui si riferirà più avanti. Dal censimento della popolazione residente del 18 aprile 1910, al Grand Street al civico 190 risultano residenti Grauso Antonio, Grauso Carmela (la moglie porta il cognome del marito), Ralph (Raffaele) e Joseph (Giuseppe) e ancora Bolognese Paul (Paolo) e la consorte Concetta con i figli Maria e Domenico. Ciò è evidente al foglio 201 del registro “Thirteent census of the United States: 1910 – Population” per New Yor a cura del Departement of commerce and labor bureau of the census. È interessante vedere come Antonio Grauso risulta per l’occupazione proprietario di un negozio di musica e Paolo Bolognese musicista di genere teatrale. Solo come musicista sarà poi presente nel censimento del 1° giugno del 1915 in cui lo troviamo in altra residenza con la moglie e figli. Infatti, da altra documentazione di archivio di quel periodo di New York emergerebbe che entro la fine del 1910 la famiglia Bolognese Grauso era residente a Ward 14 di Manhattan New York. Nel censimento del 17 aprile 1930 di New York, alla pagina 2019, troviamo che Paolo Bolognese è naturalizzato nel 1903 ed è Direttore di Banda Musicale come professione. Dai documenti vari di residenza e censimento (consultabili attraverso la piattaforma di genealogia Ancestry e Familysearch, emerge che Concetta Grauso era arrivata in America, prima dell’arrivo con coniuge e figli del 1903, già nel 1887 all’età di due anni e poi nel 1892. [47] Una versione della mappa della città grosso modo di quel periodo, e precisamente del 1885, con la specifica di questo civico 192, è disponibile on line al link. [48] Per l’evoluzione del negozio e delle sue attività si rimanda al dettaglio di Sheru Mignano Crawford in “Italian Mandolin Heroes in America”, in particolare nelle pagine 30, 92, 94 e seguenti, 146, e 194. Ed ancora in quarta di copertina si legge: « What an amazing time to be alive as a mandolin player! Now, thanks to Sheri’s book, musicians can experience what it must have felt like to stroll along the streets of little Italy in the early 1900s. We can pop into Antonio Grauso’s factory to audition a guitar or a Neapolitan mandolin. No longer do we need to imagine what it must have been like to take a lesson from a virtuoso such as Maestro Stellario Cambria. For the first time, we glimpse the incomparable knowledge of Italian musicians who introduced mandolin composition, performance, and instrument building to America. Mike Guggino, Mandolinist, Grammy Award-winning bluegrass band, Steep Canyon Rangers ».Dove spicca il passaggio qui tradotto: « Possiamo fare un salto nella fabbrica di Antonio Grauso per fare un provino a chitarra o un mandolino napoletano». [49] Per dovere di cronaca va detto che una concreta conoscenza dell’esperienza di Antonio Grauso in America la si deve allo studio di Sheri Mignano Crawford in particolare con il libro “Italian mandolin Heroes in America” (a cui si rimanda nel testo quando mancano ulteriori esplicite citazioni documentali) e grazie anche agli spunti derivanti da questa pubblicazione, integrati dalle ricerche d’archivio, bibliografiche e giornalistiche il presente contributo si pone come possibile sintesi sulla figura del professionista musicale Antonio Grauso. Certamente lo studio prosegue perché non lo si può ritenere del tutto esaustivo. [50] Cfr. Vita Palmiotta – Giuseppe Pupillo, “Saluti dalla America- emigrazione italiana e altamurana verso gli Stati Uniti (1892 – 1924), pagg. 59, 60 e 88. [51] Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019 (link). L’autrice e maggiora esperta di mandolinisti americani riferisce che il primo liutaio americano a costruire un mandolino in stile napoletano o di qualsiasi tipo mandolino per quella materia è Joseph Bohmann, che nasce a Neumarkt, Boemia nel 1848. Lo stesso viaggiò in America subito dopo la guerra civile e divenne noto come famoso liutaio di Chicago con forti legami con il violino comunità e la tradizione classica viennese. Si consideri che, nel 1876, la famiglia di Bohmann passò da ebanisteria alla costruzione di strumenti musicali e questa cosa favorì Joseph Bohmann. A Natale del 1880 Joseph Bohmann annuncia l’apertura ufficiale della sua fabbrica di strumenti musicali al 119 North Clark Street. Non costruisce ancora mandolini ma li ripara. [52] Nel circondario newyorkese con l’inizio del 900 ci sono famosi liutai oltre a Luigi Ricca e Antonio Grauso, spesso nella ricerca sono emersi Angelo Mannello, Raphael (raffaele) Ciani (zio di John D'Angelico), Nicola Turturro e altri. [53] Altri allievi famosi di Ricca e colleghi di Grauso sono C. Biggio A. Russo. [54] Sheri Mignano Crawford, “The First American-Made Mandolin: A Ripley’s Believe It or Not!”, Zighi Baci Publishing @ 2019, pag. 13 (link). [55] Cfr. Jayson Kerr Dobney, “Guitar Heroes: Legendary Craftsmen from Italy to New York”. Metropolitan Museum of Art: New York, 2011, pag. 19. [56] Come richiamato nel testo si suggeriscono dei link di portali con queste parole chiavi: bing.com link e google.it link volendoci fermare a due dei più rappresentativi. [57] Per leggere l’articolo si rimanda allo specifico link. Qui, l’autore, nell’articolo parla della sua esperienza di storico della chitarra arpa e collezionista e afferma di avere scoperto da poco Antonio Grauso, liutaio italiano a New York negli anni ’20, e che la scoperta è avvenuta grazie alla segnalazione dello storico della chitarra Lynn Wheelwright. E che dopo questa scoperta ha iniziato a notare la notorietà di Grauso e da lì a poco scoperto restauri di strumenti di Grauso a cura della bottega di Giovanni Bernunzio. Ne fa anche un elogio circa lo stile produttivo e decorativo. Con il video “Antonio Grauso Harp Guitar” sul canale Youtube (Bernunzio Uptown Music) è possibile vedere e ascoltare la chitarra arpa all’opera (link). [58] Naturalmente il libro da cui è tratta l’inserzione pubblicitaria, ovvero Menotti Pellegrino “I Misteri di New York” - “Il Grande Manuale Internazionale degli annunzi”, New York 1903, è disponibile sul portale americano della Library of Congress (link). [59] On line e anche nel forum di mandolincafe (link) ci sono mandolini con la farfalla che rappresenta la firma e design di Antonio Grauso ma come prodotti da Luigi Ricca e con rilievo in metallo con le lettere L R intrecciate nella parte bassa della casa sul davanti. Questo supporta la tesi secondo la quale siano in giro opere di Grauso con la firma di Ricca che si ricorda è arrivato ad avente ben 200 operai alla sua dipendenza nella produzione di strumenti musicali. [60] Del resto, è noto che Antonio Grauso (trentanovenne di Briano di Caserta, sposato di professione falegname) comunque periodicamente era in Italia come dimostra il rientro in America del 23 settembre 1897 con la nave FULDA proveniente da Genova (cfr. castlegarden.org/quick_search_detail.php?p_id=9316210). Registri di immigrazione o Liste dei passeggeri sbarcati nel porto di New York, prima a Castle Garden e poi a Ellis Island, compilati dalle autorità locali tra il 1820 e il 1912. U.S. National Archives & Records Administration conserva i registri compilati nei porti americani nel periodo 1800-1959. La visita a Napoli era legata a un bisogno di famiglia più che altro, infatti, nell’estate del 1897, appena nacque il piccolo Giuseppe, mentre Maria Carmela Carbone restò in America per riprendersi delle fatiche del parto e curare le attività connesse all’esercizio commerciale, che nel frattempo è stato aperto o è in fase di apertura (ma non si ha dato certo rispetto a questa notizia e neanche l’iniziale location) Antonio Grauso con Concetta e Raffaele vanno a Napoli per far visita ai nonni con i nipotini e per stabilire le partnership a Napoli sia per la produzione di strumenti musicali che per la parte editoriale pubblicistica delle opere musicali. Visto il progetto del negozio probabilmente la seconda motivazione era anche più determinante della prima. [61] Per le opere musicali pubblicazioni edite con il padre si segnala “Suffragette” del 1911, “O Sciopero d’ ‘e Marite” edito con le “Edizioni A. Grauso”. Raffale fu compositore dell’“Inno dei Fascisti all’Estero” del 1938 dedicato ai fascisti viventi all’estero. Si aggiunge che “Suffragette” era un spettacolo di burlesque scritto a due mani (forse con il padre) in due atti. Spesso nelle ricerche sono emesri sia Raffaele che Ralph Grauso, io credo che nel primo caso, quindi Raffaele, il riferimento è al figlio di Antonio che sarà naturalizzato in America. Nel secondo, qaundo si parla di Ralph si dovrebbe intendere il figlio di Domenico nato in America. Va da se che potrebbero anche aver americanizzato il primo Raffaele, però il dubbio mi viene perché in alcuni cataloghi sui diritti d’autore delle composizioni (di cui si vedrà più avanti) sono indicati entrambi e quindi si intuisce che siano due persone distinte. Per l’Inno dei Fascisti all’Estero si rimanda a Catalog of Copyright Entries 1938 Musical Compositions New Series Vol 33 Parte 3 New Series, Volume 33 For the Year 1938 Nos 1-12, United States Government Printing Office, Washington 1939, pag. 367, 1944. [62] Secondo alcune fonti potrebbe essere anche lui il compositore dell’“Inno dei Fascisti all’Estero”. [63] Nei rapporti annuali delle ispezioni di fabbrica di New York Antonio Grauso risulta già presente dal 1899 e negli anni a seguire, [64] Ci troviamo nella prima “Little Italy” quella che occupava lo spazio della parte bassa di Manhattan, che aveva avuto avvio nel 1840 occupando il quartiere di Five Points. Il quartiere Five Points divenne in breve sovrappopolato, il che conseguì malattie e criminalità, comportando il trasferimento dal posto dei residenti di classe media, lasciando sul posto molti poveri, per lo più immigrati. La sua vera invasione avvenne da parte degli italiani nel periodo 1880 – 1920. In questo quarantennio arrivarono in America oltre quattro milioni di italiani, di cui decine di migliaia risiedono nella sola New York City; altri alloggiavano in una zona di Five Points chiamata “Mulberry Bend” che con il 1897 diede vita a Mulberry Bend Park, l’odierna Columbus Park. È in questo contesto territoriale che Antonio Grauso spopola, in questo territorio e in questo momento la Little Italy raggiunse il suo picco di popolazione, ed è stato accertato che quasi 10.000 italoamericani vivevano in un’area di circa due miglia quadrate. Con il tempo tanti iniziarono a trasferirsi in altre località con predominanza italiana come l'“altra” Little Italy nel Bronx; o a Bensonhurst e Bay Ridge a Brooklyn e in Staten Island. Per le fonti e approfondimenti si rimanda all’articolo “When Little Italy Was Big” in https://www.thirteen.org/program-content/when-little-italy-was-big/ . [65] Dalla relazione relativa al civico 190 si legge che nel 1900 vi erano quattro appartamenti e di questi tre erano occupati da italiani e uno da tedeschi e nel 1910 tutti da italiani. [66] Per la relazione relativa al civico 190 il link diretto del documento è http://s-media.nyc.gov/agencies/lpc/lp/2411.pdf, mentre per la relazione relativa al civico 192 il link diretto del documento è http://s-media.nyc.gov/agencies/lpc/lp/2412.pdf. [67] Nel censimento del 1910 Antonio Grauso è residente al 190 di Grand St. ed è capo famiglia, e la sua famiglia risulta composta (dopo il nome vi è l’età e il ruolo): Antonio Grauso 52 Head (Capofamiglia), Carmela Grauso 54 Wife (Moglie), Ralph Grauso 15 Son (Figlio), Joseph Grauso 13 Son (Figlio), Paul Bolognese 28 Son-in-law (Genero), Concetta Bolognese 25 Daughter (Figlia), Maria Bolognese 5 Granddaughter (Nipote femmina (di nonni)), Domenico Bolognese 1 Grandson (Nipote maschio (di nonni)). [68] Di Grauso inizialmente si è parlato come produttore di mandolini e dunque di chitarre arpa, poi si è approfondita la la parte dell’editoria e dunque quella imprenditoriale ma, quella che emerge nel corso di questo studio è anche quella di autore/attore. Nella nota 11 di pagina 880 del libro di Hans Helmut Christmann, “Lingua et traditio Geschichte der Sprachwissenschaft und der neueren Philologen : Festschrift für Hans Helmut Christmann zum 65. Geburtstag” edito da Narr nel 1994, leggo: “Nei primi anni del secolo fiorì a New York con centro al teatro ‘Talia la cosiddetta macchietta coloniale, cioè un genere di rappresentazione comica condotta da un solo attore, di carattere spicciamente napoletano con incrostazioni italiesi, in cui si distinsero gli attori Edoardo Migliacci Fanfariello, Carlo Ferrazzano, Antonio Grauso, con testi pubblicati in genere su fogli volanti”.Considerando la location, l’attività e i protagonisti Antonio Grauso non può che essere il protagonista di questa storia. Anche se, non il riferimento potrebbe essere al figlio Raffaele e quindi vi sia un errore di citazione. L’idea che si possa trattare di Raffaele deriva dal fatto che Raffaele è indicato come autore delle musiche di “La Lingua ìTalian” genere macchietta con terso di Tony Ferrazzano che viene proposta alla pagina 200 del libro di Emilio Franzina, dal titolo “Dall'Arcadia in America attività letteraria ed emigrazione transoceanica in Italia (1850-1940)”, Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli del 1996. Circa la produzione di Raffaele, talvolta orchestrata dal cognato Paolo Bolognese, si rimanda alla documentazione d’archivio si rimanda a IC Internet Culturale Cataloghi e Collezioni Digitali delle Biblioteche Italiane link. Riferimenti al genere e a questi protagonisti, a queste esibizioni si ritrovano anche nell’articolo di Arthur Livingston “La Merica Sanemagogna” in “Romanic Review April-June 1918: Vol 9 Iss 2”, dell aprile-giugno 1918, edito dalla Columbia University, Dipartimento di francese e romanticismo, pag. 216, 217, 223. Dal testo di questo articolo di Arthur Livingston, si apprende, tra le altre cose, che Farfariello è autore di circa cinquecento macchiette coloniali. La sua enorme produzione è legata ai suoi affari che lo costringe a produrre almeno uno nuovo pezzo ogni settimana. Va da se che naturalmente questa enorme produzione non è pari ai successi sui palcoscenici. I testi erano editi su “fogli volanti” e prodotti dall’amico Antonio Grauso. Nel mentre Ferrazzano diventa collaboratore di Farfariello, e questa cosa gli giova perché lo aiuta nella sua carriera e nell’azione pubblicitaria. Sempre nel testo si legge che anche Grauso partecipa a questi spettacoli, infatti, la carriera di Farfariello insieme a Grauso, e dunque si presume insieme Ferrazzano come autore, diventano un ottimo soggetto per una macchietta. Lo stesso Arthur Livingston riferisce che la sua collezione di macchiette coloniali che contengono elementi italoamericani, editi da Antonio Grauso, in “192 Grand Street, New York”, dunque il nostro che è individuato anche come soggetto delle macchiette messe in scena, sono (nota 13 di pagina 223 dell’articolo): “(1) Guerra Internazionale: Pascale vo' Spara; (2) Lu Bosso de lo Mufo Piccio; (3) Lu cafone nervoso; (4) Lu cafone sciampagnone; (5) La cittadinanza; (6) Maritem 'é nglese; (7) Lu cafone che ragiona; (8) 'O conduttore 'e Il'elevete; (9) 'O guarda purtone a New York; (10) Luca cafone cantante; (11) 'E ffemmene scene; (12) Orré per l'Italia; (13) Lu figlio de lu caffène che ragiona; (14) Lucafone ngannato; (15) 'O dentista a Nuova Iorca; (16) Lu cafone cittadino americano; (17) A carta cittadina; (18) Lu presidente dello clobo F. F.; (19) Gli stornelli del soldato; (20) Luca cafone suicialista; (21) Lu cafone patriota; (22) Geni!; (23) In Cicaco i’ e in Cicaco tu!; (24) 'E ccafuncelle "America; (25) Stornelli toscani; (26) 'E guaie 'e Nicola 'America; (27) Pascale se ne va; (28) 'O cafone che ragiona; (29) La scienza americana; (30) Lu cafone intelligente; (31) Io songo lu cchit bello; (32) 'O surdato vuluntario”. ÂÂÂÂÂÂ [69] Per approfondimento si rimanda a “CHIST’È NEW YOR” “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York” a cura di Rosangela Briscese, Marl Pezzano e Joseph Sciorra, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 122. [70] Il rapporto tra i Sisca ed Enrico Caruso e tra i Sisca e Antonio Grauso è evidente in una recente pubblicazione di Simona Frasca dal titolo “Italian Birds of Passage: The Diaspora of Neapolitan Musicians in New York” edita dalla “Italian and Italia American Studiens”, in New York nel 2014. Qui, nel capitolo secondo, intitolato “Enrico Caruso: The First Neapolitan Star”, si riferisce anche che Antonio Grauso fa pubblicità anche sul loro giornale “La Follia”. [71] Per la parte editoriale Antonio Grauso aveva tre competitor a Napoli, ovvero Antonio Mongillo, Arturo Matacea ed Ernesto Rossi. [72] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [73] Il portale “Chronicling America – Historic American Newspapers” è stato consultato al link https://chroniclingamerica.loc.gov/ e le copie del giornale di interesse per lo studio di Antonio Grauso che sono riuscito a trovare sono in particolare su: “La Tribuna del Connecticut” Published Every Saturday del 30 giugno 1906 (pag. 2), del 7 luglio 1906 (pag. 2), del 14 luglio 1906 (pag. 2), del 21 luglio 1906 (pag. 2), del 28 luglio 1906 (pag. 2), del 4 agosto 1906 (pag. 2), del 11 agosto 1906 (pag. 3), del 18 agosto 1906 (pag. 4), del 25 agosto 1906 (pag. 3), del 1 settembre 1906 (pag. 5), del 8 settembre 1906 (pag. 5), del 15 settembre 1906 (pag. 5), del 22 settembre 1906 (pag. 5),del 29 settembre 1906 (pag.4), del 6 ottobre 1906 (pag. 3), del 27 ottobre 1906 (pag. 3), del 3 novembre 1906 (pag. 4), del 10 novembre 1906 (pag. 4), del 17 novembre 196 (pag.4), del 24 novembre 1906 (pag. 3), del 1 dicembre 1906 (pag. 3), del 8 dicembre 1906 (pag. 4), del 15 dicembre 1906 (pag. 4), del 22 dicembre 1906 (pag. 4), del 5 gennaio 1907 (pag. 4), del 12 gennaio 1907 (pag. 3), del 26 gennaio 1907 (pag. 5), del 2 febbraio 1907 (pag. 5), del 9 febbraio 1907 (pag. 3), del 16 febbraio 1907 (pag. 4), del 2 marzo 1907 (pag. 3), del 23 febbraio 1907 (pag.5), del 9 marzo 1907 (pag. 4), del 16 marzo 1907 (pag. 3), del 23 marzo 1907 (pag. 3), del 30 marzo 1907 (pag. 5), del 6 aprile 1907 (pag. 4), del 13 aprile 1907 (pag. 3), del 27 aprile 1907 (pag. 3), del 25 maggio 1907 (pag. 3), del 1 giugno 1907 (pag. 4), del 8 giugno 1907 (pag. 3), del 15 giugno 1907 (pag. 3), del 22 giugno 1907 (pag. 4),del 29 giugno 1907 (pag. 3), del 6 luglio 1907 (pag. 4), del 13 luglio 1907 (pag. 3), del 20 luglio 1907 (pag. 3), del 27 luglio 1907 (pag. 4), del 3 agosto 1907 (pag. 4), del 10 agosto 1907 (pag. 3), del 17 agosto 1907 (pag.4), del 7 settembre 1907 (pag. 4), del 14 settembre 1907 (pag. 4), del 21 settembre 1907 (pag. 4),del 28 settembre 1907 (pag. 4), del 5 ottobre 1907 (pag. 3), del 12 ottobre 1907 (pag. 3), del 19 ottobre 1907 (pag. 3), del 2 novembre 1907 (pag. 3). [74] Considerando il via via diffondersi del disco immagino che il negozio sarà fornito anche di questo materiale. [75] Antonio Grauso è lungimirante ed è editore dell’opera “Marcia Reale della Casa Savoia” di G. Gabetti con spartito (è nota l’edizione con spartito per pianoforte) dalla pagina 470 del volume di Bates-Batcheller dal titolo “Glimpses of Italian court life; happy days in Italia adorata” edito in New York nel 1906, e naturalmente disponibile nel catalogo della Library of Congress americano (link). Si fa presente che il data base della Library of Congress americano è ricco di citazioni sul nostro Antonio Grauso (link) [76] “CHIST’È NEW YOR” “The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York” a cura di Rosangela Briscese, Marl Pezzano e Joseph Sciorra, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 122. [77] Cfr. Sheru Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, pag. 30. [78] Cfr. Sheru Mignano Crawford, “Italian Mandolin Heroes in America”, da pag. 90 e 93; Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [79] Giuliana Muscio, “Tra nostalgia e memoria: da Francesco Pennino a Francis Coppola”in Anita Pesce e Marialuisa Stazio, “La canzone napoletana. Tra memoria e innovazione” CNR ISSM 2013, pagg. 222 e 228. [80] Catalogue of title entries of books and other articles, Vol. 23, second quarter, 1900 Washington Government Printing Office del 1900, pag. 477 e 527. A pagina 527 è indicato come compotore musicale. [81] Dell’opera con citazione di Grauso trovo riscontro anche a pagina 294 di “Italy in Early American Cinema Race, Landscape, and the Picturesque” a firma di Giorgio Bertellini edito nel 2010 da Indiana University Press. Altro riferimento è alle pagine 1322 e 1701 del Catalogue of Copyright Entries Pamphlets, leaflets, contributions to newspapers or periodicals, etc.; lectures, sermons, addresses for oral delivery; dramatic compositions; maps; motion pictures. Part 1, group 2 · Volume 17, Numero 2 del 1920 edito dalla U.S. Government Printing Office. [82] Dalla raccolta di schede per l’acquisto dei diritti d’autore dell’United States Copyright Office, nella raccolta 1909-1937 (Periodicals and Renewals Claimant) Copyright Registration Cards. Troviamo richiesta di acquisto di diritti su opere da parte di Francesco pennino il 12 giugno 1933 delle seguenti opere edite da Antonio Grauso; “Concettì” del 9 agosto 1905 n. scheda 02989, “’Femmene d’America” del 25 agosto 1905 n. scheda 02990, “Lassanno Napule” del 3 giugno 1905 n. scheda 02991. [83] Idem pag. 228. [84] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pag. 26. [85] Sheri Mignano Crawford, ““Speranze Perdute” A Monograph of Lost Hope”, Zighi Baci Publishing, Giugno 2020, pagg. 9, 17, 24, 26 e 28. [86] Ecco il link del sito del ristorante Tomiño Taberna Gallega https://www.tominonyc.com/. [87] Dell’edificio ai tempi di Antonio Grauso si ha un contributo orografico non de tutto chiaro del 1920 tratto da The New York Public Library Digital Collections (http://digitalgallery.nypl.org/nypldigital/id?720082F) Courtesy of the Lionel Pincus and Princess Firyal Map Division, The New York Public Library, Astor, Lenox and Tilden Foundation, The New York Public Library, Astor, Lenox, and Tilden Foundations. Lo stesso contributo fotografico è presente anche nella citata relazione della commissione per la conservazione dei monumenti di Manhattan datata 16 novembre 2010. [88] Il contributo è disponibile on line al link https://www.history.com/news/pizza-origins-discovery-new-york-filippo-milone-lombardis L’articolo è particolarmente importante perché segna un altro primato di questo fabbricato, che antecedente quello che poi poterà Antonio Grauso ad essere punto di riferimento musicale per gli immigrati italiani appena sbarcati nel Paese. Ebbene, fino a qualche tempo fa si credeva che la tradizione della pizza in Ameraica fosse giunta attraverso Gennaro Lombardi come primo fondatore della prima pizzeria Americana la cui licenza commerciale è del 1905, a Lower Manhattan. Il giornalista, facendo leva sulle scoperte di Peter Regas, autore di Chicago e storico della pizza, c’è un altro immigrato napoletano che ha il primato di aver portato la pizza negli Stati Uniti, e questo si chiama Filippo Milone che aprì la pizzeria al 192 di Grand Street a New York e poi anche in altre località della zona compresa quella in Spring Street che poi rilevò Gennaro lombardi e che fino a qualche tempo fa si è ritenuta come la prima pizzeria americana. Peter Regas dalle sue indagini ha scoperto che Filippo Milone ha fondato almeno sei pizzerie dal suo arrivo negli Stati Uniti del 1890, che forti della popolarità sono state nel tempo cedute ad altri e diventate note, allorquando anche la pubblicità sui giornali fungeva da veicolo per il business, con i nomi dei pizzaioli subentranti. Anche Filippo Milone aveva avviato la pubblicità come dimostra una inserzione sul giornale del 9 maggio 1903 de “Il Telegrafo” (per la consultazione di questa testata giornalistica si rimanda al portale on line https://www.nypl.org/research/research-catalog/bib/b12638977), uno dei quotidiano in lingua italiana pubblicato a New York City. L’inserzione sulla sinistra porta un tondo con un primo piano di Filippo Milone e sulla parte destra la pubblicità: “ANTICA PIZZERIA PORT’ALBA/ Alla porta Sciuscetta/ FILIPPO MINONE Prop. PIZZERIA NAPOLETANA aperta GIORNO E NOTTE/ 192 GRAND St., NEW YORK/ Il conosciuto Proprietario dell’Antica Pizzeria Port’Alba, Signor FILIPPO MILONE, fa noto al Pubblico che ha aperto al N.o 192 Grand St., un’Elegante PIZZERIA NAPOLETANA/ Essendo l’unico locale Italiano del genere, fa sperare al Signor FILIPPO MILONE il concorso numeroso di Italiani./ Come pure fa noto al pubblico che quanto prima verrà annesso alla pizzeria una Cucina Casareccia per colazione alla Forchetta./ I buongustai vadano a mangiare le squisite PIZZE che fa il simpatico Filippo Milone nella sua Nuova Pizzeria al N.o 192 Grand St.”. Tra le altre cose Peter Regas ritiene che è improbabile ancora che Gennaro Lombardi sia il precursore della Pizzeria in America in quanto anagraficamente avrebbe avuto 18 anni in occasione della sua prima pizzeria come ritenuto vero fino ad ora. Gestendo, del resto, Milone la pizzeria di Spring Street prima di Lombardi. È del tutto verosimile che l’adolescente Lombardi, una volta sceso dalla barca, iniziò a lavorare lì come dipendente piuttosto che come proprietario. Nulla esclude, a posteriori, una mia riflessione secondo la quale Filippo Milone abbia potuto decidere di cedere la gestione ai suoi stessi pizzaioli nel tempo. Da qui magari si crea il legame con Lombardi ma non gli toglie il primato di aver portato la pizza in America. Del resto è emerso durante le ricerche, un’altra pubblicità sul medesimo giornale, del 25 marzo 1905, dell'Antica Pizzeria Napoletana in Via Primavera 53 ½, con il titolare Giovanni Santillo, che sembrerebbe essere stata precedentemente di Milone. Secondo sempre Peter Regas la pizza in America Milone probabilmente la ha portata allorquando emigrò a New York nel 1892. Secondo alcune scoperte sembra che Filippo Milone abbia fatto l'impasto della pizza a Napoli e lo abbia poi portato in America dove sulla base della cura del lievito abbia iniziato a fare e vendere le pizze già nei suoi primi anni negli Stati Uniti. Lo studio Peter Regas circa il fatto che fino ad oggi non ci sia fatto riferimento a Milone riferisce che “Gli elenchi [commerciali] di Brooklyn non erano così bravi a raccogliere italiani", nel periodo tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, quando molti italiani stavano entrando negli Stati Uniti. Del resto è emerso che l’attività di Milone è classificata come pasticceria, probabilmente un possibile errore di qualcuno che non conosceva la "pizza torta”. A ciò si aggiunga che non tutti gli immigrati italiani avevano familiarità con la pizza all’arrivo di Milone in America, e del resto la pietanza faceva dei piatti locali della regione Campania principalmente, e di Napoli in particolare dove Milone si era formato a questa nobile arte. La familiarità di questo piatto era comunque giunta in America con i primi immigrati campani che si stabilirono a New York City negli anni 1880 e 1890, e che iniziarono ad aprire generi alimentari e ristoranti che teoricamente avrebbero potuto servire la pizza. A tal riguardo Regas è riuscito a trovare un annuncio per una “pizzeria napoletana” del 1898 e una voce di elenco che suggeriva che esistesse una pizzeria a Manhattan già nel 1895. Forse erano di Milone? Secondo quando detto fin’ora sarà stato così, ma bisogna ancora dimostrarlo con i documenti. La tradizione dice di sì, e quindi confermano Filippo Milone primo pizzaiolo e primo titolare di pizzeria, e non di locale in cui magari si serve anche la pizza, di New York e del Paese. A suffragio di questa tesi si rimanda anche all’articolo di Jason Daley dal titolo “The Father of American Pizza Is Not Who We Thought He Was” del giorno 8 febbraio 2019 edito su Smithsonian Magazine al link https://www.smithsonianmag.com/smart-news/father-american-pizza-not-who-we-thought-it-was-180971454/ . [89] Per riferimenti diretti a quest’opera si rimanda a al portale on line del Discography of American Historical Recordings (https://adp.library.ucsb.edu/index.php/objects/detail/307439/Sun-45507); “il Bollettino”del Calandra Italian American Institute, Volume 2 • Issue 2 • Summer 2009, pag. 6; Rosangela Briscese - Mark Pezzano – Joseph Sciorra, “Chist’è New York”, Catalogue for an exhibition at the John D. Calandra Italian American Institute March 19 – June 26, 2009, pag. 6; Catalog of Copyright Entries, 1907 Musical Compositions July-Dec New Series Vol 2 Part 3, pag. 837; Goffredo Plastico – Jophes Sciorra, Neapolitan Postcards: The Canzone Napoletana as Transnational Subject. Lanham-Boulder-NewYork-London: Rowman & Littlefield, 2016, pag. 94. Alla pagina 82 dello stesso volume si cita la presenza di opere a catalogo di Antonio Grauso presso il John D. Calandra Italian American Institute del Queens College una delle quali usate anche per la mostra Chist'è New York: The Mark Pezzano Collection of Neapolitan Sheet Music from New York del 2009. [90] Essendo ancora in vita Antonio Grauso, Paolo Bolognese è punto di riferimento della “The Emerson Phonograph Co” ed è anche “musical director of the Emerson Co”. Come si legge alla pagina 120 del The Music Trade Review “The Talking machine trade” del 24 maggio 1924. [91] Da indagine storica e iconografica dei portali della rete statunitensi, a supporto di questa tesi, attualmente il negozio di Rossi è al civico 193 e risulta fondato nel 1910 ma questa non è la collocazione originaria (qui il link della insegna). Attualmente il negozio è di Ernesto Rossi, settantunenne, e riguarda articoli italiani come si evince sul sito on line dello store (link). Da un articolo del The New York Times del 12 marzo 2017, nella sezione MB, a pagina 4 dell'edizione di New York con il titolo: “Sustained by Saints and Song, This Little Italy Shopkeeper Hangs On” ovvero “Patrono dei santi e dei canti”, già on line dal 9 marzo 2017 a cura di Corey Kilgannon (link). Qui apprendiamo che “E. Rossi & Company”, ben identificato anche dai due mosaici posti all’ingresso, tra i pochi rimasti dei negozi di questa strada dell’epoca d’oro dello scorso secolo (link), è un negozio di articoli da regalo italiano, in Grand Street vicino a Mulberry Street a Little Italy, che con il passare del secolo è diventato una sorta di museo della cultura pop italo-americana. Questo non solo perché comprende articoli religiosi e forniture per la cucina, come caffettiere italiane e tagliapasta, così da soddisfare il bisogno della famiglia tipica affezionata al bazar ma perché, come riferisce il settantunenne proprietario e omonimo del nonno fondatore è l'ultimo dei vecchi negozi mom-and-pop di Little Italy, che si è davvero ridotto nel corso degli anni, vista la presenza di pochi italiani. Inoltre, cosa che ci interessa particolarmente, riferisce che il nonno, che si chiamava Ernesto Rossi come lui, aprì il negozio nel 1910, al 187 di Grand Street, vendendo spartiti e pubblicando canzoni napoletane. E ancora che nel 1936, il negozio si trasferì all'angolo tra Grand Street e Mulberry Street. In relazione a questo trasferimento, la collezione fotografica “Manhattan 1940s Tax Photos” del NYC Departement of Record & Information Services di New York City Manhattan offre contributi storici fotografici che riprendono il negozio da poco trasferito nel 1940 (link). [92] Mark Rotella, “Amore: The Story of Italian American Song”, Editore Ferrar, Straus and Giroux, 2010, pag. 31, 324. [93] Nel 1923 troviamo nei cataloghi dei diritti d’autore non solo il figlio Raffaele come compositore, così come si ricorda con diverse citazioni in questo studio, ma anche come editore di se stesso. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 18, Part 1 First Half of 1923 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1923, pag. 22 e 37. [94] Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 23, Part 1 First Half of 1928 Nos. 1-6 Washington Government Printing Office del 1928, pag. 56, 106, 437, 493, 1636. ÂÂÂÂÂÂ [95] L’editoria e gli studi sul settore di riferimento e non solo spesso citano Antonio Grauso: Henry Alfred Todd, “Romanic Review”, Volume 9 del 1918 a cura Columbia University. Department of French and Romance Philology, Columbia University. Department of Romance Languages, pag. 223; Annuario musicale italiano del 1923 edizioni dell’A.M.I.; Directory of Music Industries, edito nel 1911 da Charles A. Daniell, Frank D. Abbott, riporta Antonio Grauso a pagina 17 come produttore “G. & M., guitars and mandolina; Sm. Ins., small instruments” ovvero di chitarre mandolini e piccoli strumenti muiscali e a pagina 121 come “MUSIC PUBLISHERS” ovvero editore; New York City Directory, Volume 123, edito a New York nel 1909 lo troviamo citato a pagina 561; White-Orr's Classified Business Directory edita a New York nel 1918 lo troviamo a pagina 360; Catalog of Copyright Entries Musical compositions, Parte 3 del 1913, edito da Library of Congress, Copyright Office, benm otto citazioni tra cui pagina 183, 385 e 602; Anthony Julian Tamburri, James J. Periconi, “Italoamericana The Literature of the Great Migration, 1880-1943”, edito nel 2014 dalla Fordham University Press, pagg. 470 e 471; “American Lutherie The Quarterly Journal of the Guild of American Luthiers · Numeri 17-20 del 1989 pag. 58; Ross Laird, “Brunswick Records, A Discography of Recordings, 1916-1931” Vol. 4: Other Non – U.S. Recordings and Indexes, edito dalla Greenwood Press (Westport, Connecticut – London) nel 2001, riporta l’editore Antonio Grauso (A. Grauso, 192 Grand St., N.Y.C.) in relazione alla produzione del genero Paolo Bolognese e in particolare per l’opera “Lontane memorie” alle pag. 1893, 1894 e 2045. [96] La stessa, oltre a raccontarci Antonio Grauso e l’evoluzione della musica napoletana pertinente il settore dello stesso Grauso e non solo si è presa anche la briga di scansionare le opere e renderle fruibili con i suoi account e con l’account “Mandophile” sul Forum di “Mandolin Cafe Forum”. Purtroppo con il tempo le cartelle condivise non sono più disponibili il che ha comportato una maggiore opera di ricerca tra archivi e media al fine di poter offrire un ventaglio della produzione di Grauso ma resta il merito di questo lavoro senza il quale comunque non sarebbe stato possibile recuperare, anche presso altre fonti, questi materiali. Alla stessa si deve un’opera di recupero e condivisione delle raccolte dei seguenti editori di musiche per mandolini, oltre a Grauso: Arturo Matacea, Antonio Paolilli, Giovanni De Stefano, Gaetano Leone, MV Cardilli, Onofrio Di Bella, O. Pagani, A. Paolilli, Pietro Tesio, Catalano, Gioè, Messina, Canoro, Fachutar tra gli altri musicisti che hanno fondato le proprie case editrici. [97] Nelle raccolte dalla stessa studiosa realizzate è possibile trovare in relazione all’editoria di Antonio Grauso nella categoria delle canzone napoletane macchiette (titolo/ autore del testo / autore della musica /anno): Fenesta che Lucive / V. Bellini / V. Bellini / 1820; Lassano Napule! / F. Pennino / F. Pennino / 1905; Na Serenata / E. Migliaccio / G. Leotti / 1907; Senza Mamma / F. Pennino / F. Pennino / (già 1917) 1918. Nella catalogazione generale delle opere ritracciate ed indicizzate si riporta il seguendo dettaglio estratto dagli elenchi e sulla base delle opere scansionate e salvate all’oblio, a cui vanno aggiunte le altre presenti nei cataloghi dei diritti d’autore dallo stesso Grauso edite e qui mancanti: Si legga secondo la seguenta indicazione il dettaglio delle opere scansionate Titolo / Compositore / Data: A Santa Cecilia / L. Radaelli / 1906, Addio / del Cav. Gasp / Nd, Al Chiaro di Luna / G. Silvestri / Nd, Amore Indimenticabi / del Cav. Gasp / Nd, Bebé / Giovanni Batt / Nd, Carezze e Baci / Paolo Bologne / 1906, Chant d'amour / I. Leuzzi / 1909, Christopher Columbu / Paolo Bologne / 1909, Claudina / G. Silvestri / Nd, Concettina / S. Persico / 1901, Coney Island / Paolo Bologne / 1906, Elvira / A. Cavalieri / Nd, Elvira / G. Silvestri / Nd, Esposizone Marittim / G. Silvestri / Nd, Far! Far! (Lontan), Lo Vincent Speci / Nd, Fifi / G. Silvestri / Nd, Foresters of America / Paolo Bologne / 1910/1932, Gioconda / G. Silvestri / Nd, Il Golfo Incantato / F. Fiorillo / Nd, Il Mio Ideale / Paolo Bologne / 1906, Il Primo Bacio / G. Silvestri / Nd, Il Sorriso / Saverio Russo / 1910, Il Trionfo d'Italia / Saverio Russo / 1912, Inno di Garibaldi / Alessio Olivie / Nd, Intermezzo Sinfonico / P. Mascagni / 1908, Jubiliant / Luigi Porrazz / 1904, La Brunetta / S. Persico / 1899, La Farfalla / L. Fiorillo / Nd, La Fleur de Paris / Saverio Russo / Nd, La Regina de Fiori / F. della Rosa / Nd, La Scoperta del Polo / Paolo Bologne / 1909, La Solitudine / G. Silvestri / Nd, La Stella del West Vi / P. Bolognese / 1909, La Vezzosa / G. Branzoli / Nd, L'Affabilita / Paolo Bologne / 1906, Lasciali Dir / G. Giacomant / Nd, L'Aurora / (Break of D R. de Socio)/ 1910, Le Nozze d'Argento / D. Ciolfi / Nd, Le Réve d'Amour / Saverio Russo / Nd, Little Boys / Paolo Bologne / 1906, Lo Sport / G. Silvestri / Nd, Lontane Memorie / Paolo Bologne / 1914, Luna Park / A. D'Agostino / 1904, Luna Park waltzes / A. D'Agostino / 1904, Marcia Indiana / Adolfe Sellen / 1913, Marcia Reale alla cas / Giuseppe Gab / Nd, Marcia Reale d'Italia / Giuseppe Gab / Nd, Margaretella / F. della Rosa / Nd, Mazurka Brilliante / G. Branzoli / Nd, Mentre Dormive / de Angeli / Nd / Notte Stellata / Ciro di Bella / 1908, Olga / Felice de Matt / Nd, Primavera / G. Silvestri / Nd, Prosperity / G. Giacomant / Nd, Quadriglia Napoletan / No Name / Nd, Remembrance of Nap / G. La Malfa / Nd, Serenata Napoletana / F. della Rosa / Nd, Sogno d'Amore / Paolo Bologne / 1904, Souvenir / Roberto de So / Nd, Spensieratezza / Paolo Bologne / 1906, Speranza March / G. La Malfa / 1903, Speranze Perdute / A. Morelli / 1909, Studio polka / G. Silvestri / Nd, Svegliati / A. Addeo / Nd, Un Pensiero Notturno / S. Persico / 1907, Vanvitelli's March / Paolo Bologne / 1908 / Nd / A. Cavalieri / Nd. [98] Seguono ora i cataloghi dei diritti d’autore americani dove troviamo Antonio Grauso, inizialmente come compositore ed editore e poi solo come editore, per la loro consultazione è stata usata la banca dati di https://archive.org/: Catalogue of title entries of books and other articles, Vol. 23, second quarter, 1900 Washington Government Printing Office del 1900, pag. 477 e 527. Catalogue of title entries of books and other articles, second quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 1046. Catalogue of title entries of books and other articles, Third quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 669, 801, 810, 965, 987. Catalogue of title entries of books and other articles, Fourth quarter, 1905 Washington Government Printing Office del 1905, pag. 237, VII, 1179. Catalogue of title entries of books and other articles, First quarter, 1906, Whole no 757 – Junary 4, 1906 Washington Government Printing Office del 1906, pag. 45, 230. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 1 July-December, 1906 Nos. 1 July 5, 1906, Washington Government Printing Office del 1906, pag. 141, 201, 439. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 1 July-December, 1906 Nos. 9 August 30, 1906, Washington Government Printing Office del 1906, pag.141, IV. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 2 Nos. 1 --26 part. 1, January -June 1907, Washington Government Printing Office del 1907, pag. 2, 57, 70, 114, 133, 148, 150, 299, 623, 676, 681. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 2 Nos. 27 --52 1907 part. 2, July – December 1907, Washington Government Printing Office del 1907, pag. 826, 837, 872, 878. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 3 Nos. 1 --52 , January - December, 1908 Washington Government Printing Office del 1908, pag. 356, 858, 909, 1263 Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions Volume Index New Series, Volume 4 Nos. 1 --52 , January - December, 1909 Washington Government Printing Office del 1909, pag. 204 (Vanvitelli’s march di Paolo Bolognese per mandolino), 287, 865, 910. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 5 Nos. 1-26 Part 1, Junary-June 1910, Washington Government Printing Office del 1910, pag. 357, 583, 601, 633, 639, 676, 731, 834. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 5 Nos. 27-30 July 1910, Washington Government Printing Office del 1910, pag. 907, 911, 917, 979, 995, 1065, 1067, 1075, 1093, 1137, 1164, 1203, 1213, 1246, 1466, 1591, 1765, 1766. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 6 Nos. 1-4 January 1911, Washington Government Printing Office del 1911, pag. 269; 341, 401, 421, 429, 478, 496, 509, 531, 550, 571, 653, 687, 715, 719, 741, 781, 784, 860, 885, 899, 901, 935. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of 1911 User New Series, Volume 6 Nos. 8 Washington Government Printing Office del 1911, pag. 1011, 1315, 1319, 1977, 1978. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 6 Part.1, First Half of 1912, Nos 1-7, Washington Government Printing Office del 1912, pag. 11, 18, 67, 511, 740, 747. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 7 Part.2, First Half of 1912, Nos 8-13, Washington Government Printing Office del 1912, pag. 1123, 1235, 1561, 1594, 1774. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 First Half of 1913 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 1, 89, 183, 385, 451, 510, 599, 601, 602, 611. Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 Part 2 Last Half of 1913 Nos. 1-8 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 912, 939, 1295, 1859. Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions List Of Copyright Renewals List Of Notices Of User New Series, Volume 8 No 8 Washington Government Printing Office del 1913, pag. 912, 939, 1295, Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions, 1914, New Series, Volume 9, No 1 Washington Government Printing Office del 1914, pag. 814, 830. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 10, Part 1 First Half of 1915 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1915, pag. 26, 30, 32, 186. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 10, Part 2 First Half of 1915 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1915, pag. 1536. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 11, Part 2 Last Half of 1916 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1916, pag. 1205, 1213, 1256, 1463, . Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1917 New Series, Volume 12 No 8 Washington Government Printing Office del 1917, pag. 669, 682, 1513. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1918 New Series, Volume 13, Nos. 8 Washington Government Printing Office del 1918, pag. 1085, 1156, 1304, 1718. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1919 New Series, Volume 14, Nos. 10 Washington Government Printing Office del 1919, pag. 1103, 1220, 1884. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1919 New Series, Volume 14, Nos. 1 Washington Government Printing Office del 1919, pag. 255, 818. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 15, Part 1 First Half of 1920 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1920, pag. 750, 805, 849, 902, 937 ( nel volume vi sono dei riferimenti al figlio Raffaele Grauso alle pagine 750 e 805. Altre opera di Raffaele Grauso sono rintracciabili nei cataloghi dell’anno 1912). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 15, Part 2 Last Half of 1920 Nos. 8-13 Washington Government Printing Office del 1920, pag. 864, 1043, 1098, 1254, 1274, 1789, 1805, 1816, 2181 (nel volume è presente anche il figlio Raffaele). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 1 First Half of 1921 Nos. 1-7 Washington Government Printing Office del 1921, pag. 631 e 727. A pagina 631 l’opera “’A mamma è sempre mamma” con parole di Mario Nicolò e musica di Giulio Del Vecchio è arrangiata da Giuseppe Grauso, dunque anche l’altro figlio (oltre a Raffaele che abbiamo già incontrato più volte) è impegnato nel campo musicale. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 16, Part 2 First Half of 1921 Nos. 8-13 With Annual Index Washington Government Printing Office del 1921, pag. 1075, 1138, 1139, 2027 (qui troviamo nelle stesse pagine anche Ralph Grauso. Sempre Ralph Grauso è nel “Dramatic Compositions Copyrighted in the United States 1870 to 1916, vol 2 O to Z Washington Government Printing Office del 1918, pag. 585 e 3099). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 18, Part 2 Last Half of 1923 Nos. 8-13 With Annual Index Washington Government Printing Office del 1923, pag.748, 767, 786, 1621. Nelle stesse pagine è richiamato anche Raffale a volte ditto anche come Ralph. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 19, First Half of 1924 Nos. 1-12 Washington Government Printing Office del 1924, pag. 509, 1543 (Presente anche il figlio Raffaele alle pagine 509, 533 e 1543). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 19, Annual Index for 1924 Washington Government Printing Office del 1924, pag. 1543 (qui alla stessa pagina abbiamo un richiamoa Raffaele e a Ralph Grauso. Presume che ogni volt ache troviamo Raffaele si tratta del figlio di Antonio naturalizzato in America e quando troviamo rapph si tratta del figlio di Domenico nato in America, entrambi musicisti come già richiamato). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1925 New Series, Volume 20 Nos 1 and 2, Washington Government Printing Office del 1925, pag. 293, 684, 775, 783, 1498 (nella raccolta abbiamo anche Raffaele e Ralph Grauso) Catalogue Of Copyright Entries part 3 Musical Compositions New Series, Volume 21, For Half of 1926 Nos. 1-12 Washington Government Printing Office del 1926, pag. 225, 348, 397, 404, 426, 955, 1454. Nel volume vi è anche Raffaele Grauso. Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions 1927 New Series, Volume 22, No. 1 Washington Government Printing Office del 1927, pag. 426, 568, 949, 1012, 1610 (c’è anche il figlio Raffaele a pag. 426, 459, 907, 1610). Catalogue Of Copyright Entries part 3 s Musical Compositions New Series, Volume 23, Part 1 First Half of 1928 Nos. 1-6 Washington Government Printing Office del 1928, pag. 56, 106, 437, 493, 1636, ( nel volume vi sono dei riferimenti al figlio Raffaele Grauso alle pagine 56 e 1636). |