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Feisbuk, quando la tecnologia è al servizio del "sociale" e non dell'individualismo PDF Stampa E-mail
Scritto da Giovanna Giaquinto   
Giovedì 23 Gennaio 2014 17:17

 

Feisbuk

Non è il mezzo ad essere sbagliato ma l'uso che se ne fa. Siamo nel periodo in cui i socialnetwork stanno assorbendo completamente le nostre giornate. Non abbiamo più tempo per nulla perchè dobbiamo essere “connessi”.

“Connessi!?!?” Connessi a cosa? E intanto cosa stiamo perdendo? Stiamo sicuramente perdendo di vista l'essenziale. I rapporti interpersonali, quelli fatti di contatti fisici, si stanno perdendo. Sono sublimati da questo virtualismo esistenziale che ci avviluppa mentre noi, non ce ne accorgiamo. Siamo un tutt'uno cono le tastiere dei pc e degli smartphone.

Però. Sì c'è un però grande quanto una casa. Innanzitutto, non solo i socialnetwork ci stanno estraniando dal quotidiano ma anche whatsapp, viber e quant'altro. Una serie illimitata di messaggini che ci annunciano “quello che sta facendo il nostro vicino. Il nostro collega. Il medico che ci ha in cura. La maestra. Sì. Ci manca poco e le maestre cominceranno a messaggiare con i propri alunni”.

Dicevo che c'è un però. La tecnologia non è sbagliata. I socialnetwork e tutti i mezzi di comunicazione virtuale non sono sbagliati. Tutto dipende da come li usiamo. Proprio ieri, mentre passeggiavo, tra un raggio di sole e una goccia di pioggia, ho incontrato una signora sulla soglia di casa. Mi ha fermato e ha cominciato a parlare. Mi ha parlato di tutto. Dei suoi acciacchi. Del marito. Della figlia. Delle nipoti. La scuola. I 18 anni. Le soddisfazioni. Il figlio. Il fatto che non vuole saperne di sposarsi, nonostante l'età avanzi. “Quello era fidanzato – mi ha raccontato la buona donna, così la devo definire, perchè mi ha aperto gli occhi e lo ha fatto con la spontaneità di una donna di paese – ma lei abitava lontana. Lui si sarebbe dovuto trasferire. E noi saremmo rimasti soli. Però, forse neanche era una grande persona lei. Comunque, parlava già di matrimonio ma mio figlio ci ha pensato bene e l'ha lasciata. Ora, però non ne vuole sapere proprio e se gli dici qualcosa, si arrabbia anche”.

Ecco. Immaginate quante persone anziane sole esistono. Persone che hanno voglia di parlare. Comunicare. Ma con chi? I figli lavorano la maggior parte del tempo. I coniugi o non ci sono e sono impegnati in altro e si trovano soli. La maggior parte di loro neanche sa cos'è la rete. Internet neanche a parlarne. “Feissbuk”? Peggio che andar di notte. Però, immaginatevi noi, "ragazzi di oggi" proiettati nel futuro, quanto siamo diversi. Se saremo soli nelle nostre case, basterà accendere il pc per collegarsi col mondo e riprendere a vivere. Fare vita sociale. Scambiarsi canzoni. Frasi e soprattutto incoraggiamenti. Insomma. Tutto ha un certo sapore. Ogni cosa un valore. Noi, siamo esseri sociali. Il punto è trovare un equilibrio. Avere la possibilità di scambiare idee, non solo virtualmente ma anche uscendo semplicemente per strada.

Mi piace credere che, in un certo senso la tecnologia ci aiuti a vedere quello che c'è “fuori dalla porta di casa” non per lasciarlo fuori e viverlo da dentro ma per avvertire quel profondo desiderio di aprire la porta. Uscire di casa e a braccia spalancate dire al mondo “eccomi ci sono anch'io” - a quel punto basterebbe anche solo una persona di quel mondo che aprisse le braccia e con foga ci riempisse di quell'amore disinteressato che va oltre ogni cosa.

Utopia? Sogno? No. Realtà possibile se noi la trasformiamo fin da ora. Parola di Gg