MADDALONI (Caserta) - Continua la conoscenza della chiesa del SS Corpo di Cristo, dopo l’articolo introduttivo “Maddaloni, la conoscenza di una chiesa in ricordo della partecipazione di Luigi Vanvitelli” (clicca il link per consultarlo) e il dettaglio sull’Altare già disponibile al link e quello sul campanile già disponibile al link.
Questo articolo, o seconda sezione coma richiamata nel primo contributo, ha lo scopo di offrire una descrizione del bene che tiene conto dell’organizzazione degli arredi a vent’anni ors sono 2003/2005 con confronti con il 1996 ovvero in occasione della priva inventariazione descrittiva. Il testo in elaborazione tiene conto delle novità degli ultimi anni, ma per questo bisognerà attendere che completi le correzioni e il confronto con le fonti documentali.
Ecco la seconda parte descrittiva dello studio.
Il percorso ideale per far conoscere il monumento inizia con i portali marmorei realizzati da Di Lucca, su XE "Di Lucca:Antonio"disegno degli amministratori della chiesa, realizzati nell’arco di dieci mesi a decorrere dal 22 giugno del 1750[1], quindi entro la primavera del 1751, quietati però nel 1750.
Il portale principale ha una doppia cornice, quella interna lateralmente presenta un fregioÂÂ orizzontale, mentre l'altra ha al centro un cartiglio e una conchiglia. Si scorgono due lesene, che addossateÂÂ al corpo marmoreo, sorreggonoÂÂ la trabeazione ed il timpano. Quest'ultimo, ricurvo, è spezzato al centro ove ospita quella che fu l’Impresa della Università di Maddaloni[2].
Questo Stemma Cittadino, è molto lavorato ed è in marmo bianco di Carrara, come lo sono del resto le cornici dei portali stessi, che presentano anche accenni di motivi vegetali. Lo stesso presenta tra le varie curve e cartocci sull'alto una corona ducale[3], con sotto simboli vegetali. All'interno si vedono due leoni coronati e contrapposti ad un pagliaio a forma di piramide che sulla sommità presenta una mezza luna[4]. Lo stemma in oggetto secondo de SivoXE "de Sivo:Giacinto" fu adottato dall'Amministrazione nel 1740, ma facendo una analisi accurata con il contributo delle Dissertazioni di PiscitelliXE "Piscitelli:Francesco", e di alcune documentazioni d’archivio si giunge alla conclusione che fu adottato nel 1704 da Carlo CarafaXE "Carafa:Carlo" su consiglio dell'arciprete Francesco Maria CarforaXE "Carfora:Francesco Maria". Esso, Rimase “Impresa” dell'Università di Maddaloni fino al 18 agosto 1879 allorquando in consiglio comunale, per intervento del consigliere Pasquale Castaldi prima, e il 26 gennaio 1880 per opera del Consiglio Comunale tutto, poi, fu soppresso ripristinando quello del castello e delle torri. Per lo stemma in facciata alla chiesa furono stanziati 225 ducati il 13 agosto del 1742 dall’Amministrazione Comunale di Maddaloni, in virtù del patronato che la stessa aveva sulla chiesa[5]. Quasi con le stesse caratteristiche del principale, anche se di dimensioni relativamente più piccole, si presenta il portale laterale. Questo a differenza del primo ha un timpano ricurvo completo e la scalinata di pietre calcaree con sul davanti otto scalini, mentre quella del portale principale con tre, realizzati da Giuseppe Correale, nel 1754, usando la pietra detta di San Jorio. I portali, come probabilmente anche lo stemma cittadino, sono stati realizzati da Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", e ultimati per la consegna formale agli amministratori della chiesa, unitamente alle altre opere dello stesso napoletano, entro l'anno 1755[6]. Sui corpi marmorei laterali dei portali figurano due particolari lavorati che evidenziano delle rimembranze di quell'arte roccocogiante napoletana che nel marmoraro va scomparendo.
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La facciata principale della chiesa, opera dello stuccatore napoletano Michele SantulloXE "Santullo:Michele"[7], è tripartita con stucchi e pilastri, con capitelli di stile corinzio.
Negli spazi laterali vi sono due nicchie che nella mente degli amministratori della chiesa erano destinate ad ospitare statue, a quanto sembra, mai realizzate.
Nel piano superiore di queste vi sono due cornici vuote inserite in una composizioniÂÂ classicheggiante, mentre al di sopra del portale, al centro tra le dette composizioni, vi è una vetrata.
La facciata, individuate le vicissitudini finanziarie, fa parte delle opere finali ad essere realizzate, come si evince dalla committenza in data 22 giugno del 1750, destinataÂÂ a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" e SantulloXE "Santullo:Michele".
Dopo la realizzazione dei portali lo stuccatore napoletano Santullo si apprestava a realizzare gli stucchi come dal disegno avanzato dagli amministratori della chiesa, ingrandendo, tra l’altro, le nicchie laterali al portale principale, per le statue da mettersi postume per opera degli stessi governatori della chiesa, “il tutto quietato nel dicembre del 1750”[8].
de SivoXE "de Sivo:Giacinto" parlando della volta interna dice che “...tutta è messa a stucchi con colonne scannellate capitelli d'ordine composito. Sul cornicione che va intorno sono grandi vetriere, e poi la volta finta, a cannucce. Si vedono sedenti sul cornicione sei angioloni di stucco, due di fronte, sopra il coro, e due su ciascun altare della crociera; la quale ha quattro grandi archi,che sostengono ampia e alta cupola illuminata da otto finestroni...”. In effetti la volta risulta essere di motivi baccariani[9]. Al di sopra del coro la decorazione presenta tralci fioritiÂÂ con volute più curate nei particolari e molto più voluminose delle restanti presenti nella navata.
Sul fondo di quest’ultima, al centro del timpano spezzato, v'è una nicchia con una statua in stucco di San Giovanni Battista con due puttini ai piedi[10].
Passando alla documentazione d’archivio va citato l’atto notarile del 29 giugno del 1742,ÂÂ rogato da Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea"[11],ÂÂ in cui si evidenzia come il maestro stuccatore di Napoli Michele SantulloXE "Santullo:Michele" abbia già realizzato gli stucchi dei cappelloni laterali, il presbiterio, la cupola e il coro su disegno di Antonio Canevari[12], nell’atto riportato come Antonio Cannavaro[13].ÂÂ
Gli amministratori della chiesa, nella stessa occasione, commissionarono la realizzazione degli stucchi e dei cornicioni della navata della chiesa, dando la scadenza di dieci mesi,ÂÂ da farsi secondo i disegni ed il modello del detto architetto romano[14].
L'atto segue con una serie di note di spesa per le varie canne di stucco da utilizzarsi[15]. “Terminata l’opera di rivestimento decorativo interno e completati i pagamenti al mastro stuccatore Michele SantulloXE "Santullo:Michele" nel marzo del 1743, gli Economi aspetteranno un anno per realizzare 4 sedie in pelle, con inciso in oro lo stemma della città, da mettere a disposizione delle personalità durante le funzioni sacre”[16].
Si chiarisce che sempre SantulloXE "Santullo:Michele" e Di Lucca avranno la cura XE "Di Lucca:Antonio"della sistemazione delle facciate esterne.
Passiamo ora ad un'altra argomentazione: le quattro vetrate artistiche della chiesa.
Sul fondo della navata c'è una che raffigura il Calice con l'Ostia con sotto lo stemma del Vescovo di Caserta mons. Vito Roberti e l'anno 1973, anche se risultano spese per acquisti di vetri e per sistemazione vetrate, già, dal dicembre 1971.ÂÂ
Al di sopra del coro un'altra vetrata rappresenta una colomba con il tema della discesa dello Spirito Santo.
Nel transetto sinistra ve ne è una con il santo protettore San Michele,ÂÂ e nel transetto destroÂÂ v'è una che rappresenta la Madonna[17] che ha nella mani un modello della chiesa di San Giovanni in Laterano.
Proseguendo nella visita ideale della nostra chiesa va detto che lungo le colonne della stessaÂÂ vi sono dei tondi marmorei che sono stati realizzati da Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", servendosi forse delle lavorazioni in rame di Domenico FioreXE "Fiore:Domenico",ÂÂ vista la similitudine della croce, con uva e grano, presente nel paliotto dell'altare maggiore[18].
Questi sono ricchiÂÂ di marmi eleganti come quelli dell'altare da lui realizzata[19].
Di rame indorato sono anche i settecenteschi lampadari e torce presenti nelle singole cappelle della chiesa e lungoÂÂ le pareti della stessa[20].
Di relativo interesse artistico e storico, in quanto di recente realizzazione, sono le stazioni della Via Crucis lungo le pareti della chiesa[21].
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Questo paragrafo offre l’opportunità di cogliere l’importanza storica delle epigrafi.
Come si evincerà nel testo le opere monumentali, i libri, le tradizioni orali e scritte servono a ricostruire la nostra storia, ma quella che a volte ci è più di aiuto è la presenza di epigrafi, basta pensare al grande repertorio che ci ha lasciato Mommsen, il grande storico dell'antichità che penso di riunirle, quelle conosciute al suo tempo, tutte in un testo.
Italo Calvino nel ricordare le antiche città romane riferisce di "scritte presenti dappertutto, dipinte, graffite, incise... ora pubblicitarie, ora politiche, ora funerarie, ora celebrative..." [22], e proprio di quest'ultimo tipo, principalmente, anche se di qualche secolo postume, sono quelle che si riportano. Sulle orme di Teodoro Mommsen siÂÂ cerca di fare lo stesso per le epigrafi della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Passiamo alle stesse.
Per chi viene dall'entrata laterale, nel bel mezzo di una colonna troviamo a sinistra la prima lapideÂÂ che porta lo stemma della famiglia De Rossi, un membro della qualeÂÂ al tempo della sistemazione della lapide era il Vescovo della Diocesi di Caserta.ÂÂ
La scritta ricorda, di una concessione che si fa ai cappellani della chiesa, di un privilegio relativo al permesso di poter vestirsi di un particolare indumento.
Eccone la trascrizione:
D.O.M.
HENRICO DE ROSSI
PATRICIO NEAPOLITANO
EX MARCHIONIBVS CASTRIPETRVSII
CASERTANAE DIOCESEOS EPISCOPO
DIVINI CVLTVS SACRIQVE SPLENDORIS
AMATISSIMO
QVI
ENIXAS SACERTDOTVM HVIVS VENERABILIS ECCLESIAE
SERVITIO ADDICTORUM
PRECES ATQVE VOTA
BENIGNE EXCIPIENS
KALENDIS JVNIIS MDCCCLXXXVII LVBENS ANNVIT
VT IPSI
IN SACRIS PERAGENDIS
INSIGNIORIBVS INDVMENTIS
AD FIMBRIAS PELLE MVSTELAE ERMINEAE
VVLGO ERMELLINO
EXORNATIS
IN POSTERUM VTERENTVM
COLLEGIVM HOC
NOVISSIMO DONATVM PRIVILEGIO
CVM SVIS PRO TEMPORE CVRATORIBVS
IN GRATI ANIMI TESTEM
POSVIT
DIE XV JVLII MDCCCLXXXVII
ÂÂ
Alla destra del portale principale v'è la seguente lapide che ricorda il Vescovo mons. Gennaro Albertino che fu Ordinario della Diocesi di Caserta[23].
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Eccone la trascrizione:
IANVARIVS ALBERTINVS
CASERTANORUM EPISCOPVS
PRO DOMVS DEI DECORE AC CVLTV
VIGILANTISSIMVS
TEMPLVM HOC CVM ARA
SVB ECCLESIAE LATERANENSIS
FIDE AC TVTELA
ERECTVM
EX SACRARVM CEREMONIARVM
PRAESCRIPTO
ATQVE MORE MAIORVM RITV SOLEMNI
CONSECRAVIT DEDICAVITQVE
V .KAL .IVN .MDCCLXV
PRO ANNVA HVIVS DEDICATIONIS
MEMORIA RECOLENDA
DIE DOMINICA
POST OCTAVAM CORPORIS CHRISTI
STATVTA
IPSVM TVNC SANCTE INVISENTIBVS
RATASQVE PERSOLVENTIBVS PRECES
QVADRAGINTA DIERVM INDVLGENTIAM
LVBENS ELARGITVS EST
ÂÂ
Alla sinistra del portale principale c'è iscrizione del 1788 che riguarda il Vescovo di Caserta mons. Domenico Pignatello, con la quale si ricorda l'episodio che vede il Vescovo concedere l'Almuzia ai cappellani della chiesa, ciò esortato dall'amministrazione comunale attraverso il duca.
Ecco la trascrizione:
ÂÂ
DOMINICO PIGNATELLO
PATRICIO NEAPOLITANO
E BELMONTIS PRINCIPIBVS
CLERICORVM REGVLARIVM OLIM GENERALI
CASERTANORVM EPISCOPO
MVINIFICENTIA RELIGIONE VIGILANTIA
VNI SVAE AETATIS PRAECELLENTISSIMO
QVOD
SVIS ADJVANTE OFFICIIS
PHILIPPO CARAFA CERRETI COMITE
MAGDALVNENSIS DVCIS
PRO NEPOTIS SVI
DOMVM REGENTE
SACERDOTES SS.MI CHRISTI CORPORIS TEMPLO
CIVITATIS MAGDALVNENSIS CONSPICVO
SVB PERPETVO IPSORVM DVCVM TVTAMINE
ADSCRIPTOS
NE QVID EJVS DEESSET DECORI
QVIBVS MODO
INSIGNORIBVS VTUNTVR INDVMENTIS
PRO SVO IVRE HONESTARIT ORNARIT
TEMPLI MAGISTER
LAPIDEM TANTI BENEFICII TESTEM
P.C. ANNO MDCCLXXXVIII
ÂÂ
La seconda cappella, a sinistra, della chiesa è di patronato della famiglia Iorio come ci riferisce lo stesso de SivoXE "de Sivo:Giacinto".
A dimostrazione di ciò troviamo all'interno della stessa questa epigrafe:
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D.O.M.
GENTILIUM HOC SACELLUM VETUSTATE SQUALIDUM
THOMAS JOSEPHI FILIUS JORIO
PATRONATUS MUNIA EXERCENS
SUMPTU SUO EXPLOVIT
QUOD VETUS SUAE FAMILIAE JUS
JAM OLIM CUM SEPULTURAE PRIVILEGIO CONJUNCTUM
TEMPORIS LONGIQUITATE NE PEREAT
MARMOREO HOC MONUMENTO
CONSIGNANDUM CURAVIT
ANNO MDCCCL
ÂÂ
Dietro l'altare vanvitelliano, nel presbiterio, c'è l'iscrizione che ricorda l'evento della realizzazione dell'opera monumentale, ricordandone anche i personaggi cardini della vicenda, oltre al duca, il governatore della chiesa e il realizzatore dell'opera.
Eccone la trascrizione:
D.O.M.
CAROLO PACECCO CARAFA
DECIMO MAGDALONI DVCE BENEFICENTISSIMO
VIGILI HVIVS SANCTI TEMPLI PROTECTORE
EVCHARISTICO NVMINI
ARAM MAXIMAM
PRO SACRIS DEOÂÂ HABENDIS PVBLICISQVE PRECIBVS
ALTISSIMO PORRIGENDIS
V.I.D. NICOLAVS PISANTE GVBERNATOR ET OECONOMVS
MAGNIFICE ERIGI CVRAVIT
ALOYSIO VAMMITELLI
S.R.M. FERDINANDI IV.VTRIVSQVE SICILIAE REGIS
ARCHITECTO CLARISSIMO
ANTINIVS DE LVCCA SVMPTIBVS AECCLESIAE
FECIT
ANNO REDEMPTIONIS NOSTRAE MDCCLXIII
ÂÂ
Passiamo opra alle epigrafi non più esistenti.
Nel 1599 il reverendo Giovan Battista de Agostino, del cui patronato era il quadro “ Sposalizio della Vergine" di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[24] e della cappella di sepoltura[25] ÂÂ nella chiesaÂÂ cinquecentesca, fece mettereÂÂ l'epigrafe che segue con lo stemma della sua famiglia:
ÂÂ
D.O.M.
D. JOANNE BATTISTA DE AUGUSTINO
CHRISTIANA PIETATE INCENSUS SACELLUM HOC GLORIOSISSIME VINGINI
DIVI JOSEPHI SPONTE DICATUM
UNA CUM MONUMENTO PRO SE SIUSQUE NEPOTIBUS FACENDUMÂÂ CURAVIT
ANNO SALUTIS 1599 PRIDIE CALENDAS VERO OCTOBRIS
ÂÂ
Nel 1887, a Maddaloni come nel resto d'Italia, si svolgevano commemorazioni funebri in ricordo dei caduti di Dogali nella Campagna d'Africa.
A Maddaloni, il 18 febbraio di quello stesso anno fu inaugurata una epigrafe commemorativa, a spese del Comune di Maddaloni. Durante la manifestazione tenne un discorso il segretario Comunale del tempo Domenico Romano[26], in ricordo, in particolare, del maddalonese Lorenzo Ferraro caduto.
Ecco la epigrafe, a firma di Vincenzo Quintavalle, che fu posta “ sulla porta della Chiesa", ove ora non è più:
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D. O. M.
AI PRODI FIGLI D'ITALIA
CHE
NELLE INOSPITALI CONTRADE AFRICANE
MANTENENDO ALTOÂÂ IL VESSILLO DELLA PATRIA
A DOGALI NOVELLA TERMOPOLI
CADDERO GLORIOSAMENTE PUGNANDO
RENDE FUNEBRI ONORI
V. QUINTAVALLE
ÂÂ
Restando in tema di orazioni di una certa importanza avutesi nella chiesa va citata quella di Giovambattista De Liguoro, giureconsulta e abile oratore maddalonese, che il 5 marzo 1879 ricordò la morte di Carlo III cennando in particolare il titolo di Città che lo stesso ha elargito a Maddaloni[27].
Le due acquasantiere[28] sul fondo della chiesa, poste sui pilastri d’ingresso, anch’esse opera di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio"[29], hanno per caratteristica principale la conchiglia aperta, tipica di VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi".
Altre due acquasantiere di uguali disegni e marmi, anche se di minori dimensioni, si possono trovare nel duomo di Marcianise[30].
Le nostre hanno una vasca a forma di conchiglia fatta di marmoÂÂ di cordiglio che è situata su di una mensola avente forma aspirale, al di sopra, inserito nella parete, v'è un'ante ponente che è dello stesso marmo, sempre a forma di conchiglia.
All'interno di questo v'è un'altra conchiglia inserita più piccola di marmo bianco di Carrara, mentre completa il tutto una miriadi di arricciature.
Dall'atto notarile del 08 settembre del 1792, del notaio Aniello PascarellaXE "Pascarella:Aniello"[31], si evince, la commissione delle stesse, attraverso, una relazione del tavolario Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio", datata 18 febbraio 1782.
Da quest’ultima si legge come il tutto dovrà costare agli amministratori della chiesa 190 ducati[32].
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Cappella dell' “Ecce Homo”
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Iniziamo il nostro percorso interno con la prima cappella sulla sinistra di chi entraÂÂ dal portale principale, denominata dell' “Ecce Homo”, che ha un altare di pietra semplice e ciborio marmoreo[33].
La stessaÂÂ è così ricordata da de SivoXE "de Sivo:Giacinto": "...ha la balaustra di marmo e per le pareti cinque quadretti dei misteri dolorosi..."[34].ÂÂ
Un tempo, in quasi tutte le cappelle, vi erano altari in muratura[35] che, compreso il nostro,ÂÂ furonoÂÂ opera di Antonio Di Lucca[36].
Questi altari, oggi non più esistenti, fino alla loro presenza risalente agli anni '70 del secolo scorso, avevano una balaustra di ferro con il passamano in legno[37].
La cappella, stilisticamente, si differenzia dalle altre per le poche decorazioni in stucco, ma risulta significativo il richiamo all'altare vanvitelliano[38].
A dimostrazione, si noti che il paliotto è concavo come quello dell'altare maggiore.
La diversa dimensione della cappella condiziona la composizione della stessa, in quanto è l'unica che al posto del quadro ha una piccola nicchia sormontata da un timpano. Ciò è dovuto al fatto che di fronte non c'è nessuna cappella come per le altre bensì l'entrata laterale della chiesa.
All'interno della nicchia, sopra l'altarino, v'è un mezzo busto di gesso raffigurante Gesù Sofferente.
Questo, che rappresenta Gesù Re in procinto di morire[39], ha un manto rosso e le braccia conserte mentre lo sguardo invocante perdono per i suoi crocifissori è rivolto al Padre verso l'alto. Il volto sofferente è coronato di spine.
Dagli stucchi delle pareti della cappella, mal tenuti, si evidenziano le forme ovali, ai lati ed al di sopra del Cristo, di tre cornici ospitanti dei dipinti realizzati in “medaglioni” di circa 50 cm, che secondo la schedatura della sopraintendenza dovevano essere sei[40], che furono eseguiti con tecnica ad affresco, come ricordano testimonianze documentali della soprintendenza casertana.
Questi furono definiti opere di ambito solimeniano, raffiguravano episodi della vita di Gesù[41].
Con il 1972, ed i primi restauri interni della chiesa, per permettere il restauro degli stucchi, le tele furono asportate, da quel momento mai più riposizionate al posto di origine,ed a quanto sembra neanche conservate in chiesa.
Passiamo ora alle vicende socio religiose della stessa cappella.
Questa fu benedetta ilÂÂ 30 giugno del 1793 e fu affidata al priore, e rettore della chiesa, D. Salvatore Criciglione[42].
Al momento è dedicata al beneventano medico santo le cui spoglie si conservano nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli: San Giuseppe Moscati[43].
Dal registro parrocchiale, redatto da don Benedetto Bernando[44] dal 1969 al 1978, conservato presso la neo Basilica, si legge che la dedicazione della cappella avvenneÂÂ sabato 12 giugno 1976[45].
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Con questa cappella, conosciuta anche come quella del Purgatorio, iniziano le cappelle di patronato[46].
Questa, seconda cappella a sinistra dell'entrata principale, è di patronato della famiglia Iorio come riferisceÂÂ de Sivo edXE "de Sivo:Giacinto" attesta unaÂÂ stele del 1850 lì presente.
All'interno della cappella c'è un quadro di Giovanni Balducci[47], tempera su tela del XVII secolo che ha un discreto stato di conservazione. Il titolo con il quale si vuole identificare il quadro è La Madonna delle Anime Purganti[48].ÂÂ Complessivamente il dipinto richiama un'altra operaÂÂ dal titolo quasi simile di Beccafumo: S. Michele Arcangelo e le Anime purgantiÂÂ presente a Siena nella chiesa del Carmine[49] che a sua volta risente dell'influenza di Machuca[50].
Uno studio sull'opera di Balducci a Maddaloni è stato realizzato daÂÂ Palma[51]ÂÂ nel qualeÂÂ si afferma che motivi arcaici nell'eleganza delle figure si riscontrano soprattutto nella parte superiore dell'opera, oltre aÂÂ “motivi neoquattrocenteschi mediati dal classicismo sartesco”.ÂÂ
Una caratteristica di Balducci, è il morbido imposto dei colori tra toni acidi e forti dissolvenze nelle zone illuminate. La Vergine, nell’opera, è sostenuta nel vuoto da unaÂÂ schiera di angioletti, i quali posti alle sue spalle a semicerchio intercedono presso la stessa figura materna di Maria per le anime che anelano alla stessa e presenti nella parte bassa del dipinto. “E come se la composizione scenica fosse disposta su due piani:in quello inferiore prevalgono tinte scure che a mano a mano, poi nella zona superiore si rischiarisconoÂÂ e acquistano maggiore luminosità.... La composizione appare,come tutte le opere del nostro artista, magistralmente regolata e scanditaÂÂ nei vari piani"[52].
Per la curiosità di chi legge va detto che la cappella è anche detta “Santuario di Maria Immacolata di Lourdes”[53].
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La cappella dei Visitapoveri, terza sulla sinistra dell'entrata principale, è dettaÂÂ anche cappella della Congregazione del SS. Corpo di Cristo.
Il nome Visitapoveri è dovuto alla presenza anni faÂÂ di un quadroÂÂ con tale titolo[54].
Dalla Platea Magna del 1719[55]ÂÂ si evidenzia del come il 7 settembre del 1616[56]ÂÂ gli amministratori della chiesa hanno reso autonoma la cappella, donandola alla Congrega del SS. Corpo di Cristo, che era tenuta a nominare annualmente gli amministratori, coinvolgendo l’assemblea dei confratelli.
All’atto della stipula, la cappella aveva una rendita di 30 ducati annui, e si stabilì che qualora si fosse deciso di portare fuori dalla chiesa del SS. Corpo di Cristo il titolo della Cappella, gli ornamenti e rendite sarebbero restati alla chiesa, ed ancora che è data la possibilità alla Congregazione di fare una sepoltura per servizio dei confratelli nella stessa[57] , oltre a tenere le offerte che si fanno dai vespri a tutto il giorno della festa della Beata Vergine Maria dei Visitapoveri.
Si convenne che i confratelli non potevano servirsi che dei celebranti della chiesa, e tutte le offerte fatte alla cappella dovevano darsi ai poveri e registrarsi in un apposito registro, e tutto quanto è fatto da gli stessi economi era sottoposto al controllo degli amministratori della chiesa.
Nella stessa occasione gli amministratori della Congrega s’impegnarono a far porre sopra l'altare la cona di S. Maria Visita Poveri, entro e non oltre, la scadenza di un mese dalla redazione dell'atto[58].
Qui finisce la trattazione della stipula del 7 settembre del 1616.
Sebbene l’atto non si prestasse ad interpretazioni il 12 giugno del 1872, presso la Curia furono convocati gli amministratori della chiesa e quelli della Congregazione, sotto la cui protezione è la cappella, per deliberare circa la vicenda che ha visto il 2 febbraio festa della Vergine Visita Poveri l'amministrazione della chiesa raccogliere le offerte fatte alla cappella[59].
Il Vescovo, in virtù dell'atto notarile di de Roberto del 1616, dispose che per l’occasione le offerte fossero date alla congregazione[60].
Questo fatto non fermò gli amministratori della chiesa al punto che già al 22 gennaio del 1875 il Vescovo di Caserta rientra in merito riferendo che la chiesa aveva iniziato a fare un novenario per conto suo per la Vergine dei Visita Poveri o ÂÂ Vergine della Purificazione, per cui decide che di mattina la chiesa faccia il suo novenario e di pomeriggio lo faccia la Congregazione nella cappella[61].
Passando ora alla descrizione artistica della cappella c’è da fare una precisazione: in occasione del 50° anno di sacerdozio di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", il 25 giugno 1994, parroco di S. Aniello in SS. Corpo di Cristo, il Vescovo di Caserta, mons. Raffaele NogaroXE "Nogaro:Raffaele", benedì le riproduzioni delle tele trafugate la notte tra il 14 e 15 luglio del 1991, tra cui figura quella della Madonna dei Visitapoveri.
Nel 1994 la copia del quadro del Salvatore o Cristo Portacroce, di Pompeo Lanfolfo (1592) dalla seconda cappella a destra dell'entrata è stato messo nella terza cappella a sinistra della chiesa[62].
Mentre il quadro dellaÂÂ Madonna della Misericordia o Dei Visitapoveri, di Fabrizio Santafede (XVI sec.) che era essere lì collocato è stato sistemato al posto di quello di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" dal titolo Cristo Portacroce[63].
Per evitare confusione si tratta della riproduzione ora presente.
Il quadro rappresenta il Salvatore, con perizoma bianco, che regge una croce con due angeli che in ginocchio, ai suoi piedi, lo aiutano[64].
In basso, si riproduce una processione funebre che è diretta probabilmente ad una fabbrica che si crede essere la nostra chiesa cinquecentesca, infatti, si nota dinnanzi la chiesa dell'A.G.P.[65].
Nella stessa cappella nel centro, ai piedi del quadro, vi sono tre scarabattole di legno che sorreggono al centro la foto del quadro della Madonna di Pompei[66], alla destra la statua di Sant’Aniello e sulla sinistra quellaÂÂ di Santa Lucia. Ai lati della cappella vi sono due nicchie incastonate nelle pareti; in quella destra c'è la statua di Santa Apollonia e in quella sinistra quella di S. LuigiXE "Briganti:Luigi".
Passiamo ora alla trattazione delle statue: quella di Sant’Aniello è recente ed è in gesso[67], mentre quella di Santa Lucia è di legno policromo ed è del XVII secolo[68]. La collocazione d'origine di questa era nell'antica chiesa di Sant’Aniello[69].
La statua di Sant’Apollonia differisce di poco da quella di Santa Lucia, infatti, la primaÂÂ presentava come simboli del martirio la tenaglia, ora mancante, ed il martello e la veste gialla, per il resto vale il discorso fatto per la statua di Santa Lucia. “Ciò non significa che è del medesimo scultore, perché l'abbigliamento delle due santeÂÂ corrisponde a schemi conformi alla moda del tempo riferiti anche nella scheda di S. Lucia.”
La statua di San LuigiXE "Briganti:Luigi" è di cartapesta e presenta la tunica nera con la cotta bianca ricamata sulle maniche e sul fondo[70]. La statua credo che sia vecchia non più di un secolo e di mano campana.
Dopo aver riferito brevemente delle statue passiamo alla vita sociale della cappella.
La cappella ha di per sé sempre avuto molte donazioni come si attesta nell'Archivio di Stato di Caserta con il notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea"[71]. Rendite della cappella si rilevano dal Catasto seu Bastarduolo, conservato presso la Biblioteca Comunale in Maddaloni, in particolare nel volume dell'anno 1800 vi sono elencate tutti pesi e gli utilizzi. Altre rendite si rilevano dal volumeÂÂ Stato generale delle rendite e pesi della beneficenza di Maddaloni per l'Esercizio del 1815, conservato nello stesso luogo. Una donazione si ha l'11 marzo 1782 ad opera del magnifico Carlo Quintavalle[72]. Una altra donazione la si registra il 4 giugno 1798[73]ÂÂ da parte di BiagioÂÂ Cirino e Bartolomeo dell'Amorosa di ducati cinquecento legati ad un caseggiato ipotecato, con quattordici stanze, sito nella zona detta di Sant’Antonio Abate.
Nella stessa cappella aveva sede il Monte dei Morti della Congregazione del SS. Corpo di Cristo, il cui priore e consegnatario delle libro delle rendite per gli anni 1870 e 1871 fu il don Domenico Izzo[74].
Durante l'episcopato di mons. Enrico De’ Rossi, nella seconda metà del XIX secolo, in molte parrocchie della Diocesi si erano diffuse le Congreghe di Carità,ÂÂ per offrire aiuto ai poveri, a Maddaloni come punto di riferimento nella Congrega di Carità era la nostra cappella dei Visitapoveri[75].
Alla cappella come alla chiesa erano tante le messe devozionali commissionate, come si vedrà in seguito grazie ai tanti registri venuti alla luce nel corso delle ricerche nei vari archivi.
Una descrizione delle modalità con le quali anche nelle nostre zone, per riscontro, venivano le messe richieste la si evince da un articolo del 1866 di Francesco Mastriani. Lo stesso evidenzia il culto mariano e la forma di elemosina che portava, probabilmente anche a Maddaloni, alla commissione della cosiddetta “Messa pezzuta”[76].
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La cappella di patronato Mazzone, a seguire nella passeggiata del lettore, prende il titolo dal nome del dipinto ivi presente dedicato alla Madonna del Carmine.
La stessa un tempo apparteneva alla famiglia de’ Mazzone, o Mazzoni, della quale conserva il riferimento.
Questa cappella presenta al centro una scarabattola su cui v'è la statua in gesso di San Giuseppe con il Bambino di recente manifattura[77].
Il quadro presente è stato anche titolato: Madonna con il Bambino e Santa Caterina. Lo stesso è opera di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[78], realizzato tra il 1588 e il 1609, e presenta condizioni disagiateÂÂ a causaÂÂ del distaccoÂÂ di alcune tavole che lo compongono[79].
Va detto, per la parte finanziaria, che a tergo del Foglio 91 della Platea Magna del 1760 della stessa chiesa vi è un peso di messe (commissione di messe votive) di Silvaggio Mazzone, del cui patronato è la Cappella[80], ove siÂÂ precisa che gli si deve il peso dedottane le speseÂÂ per i suppellettili gli ornamenti che occorrono[81].
Nella prima metà del settecento per mano del notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" alla stessa Cappella vengono fatti altri donativi[82].
In questo paragrafo si tratterà dell’argomentazione che riguarda entrambi gli organi, posti tra la fine della navata e l’ingresso del presbiterio. Gli organi[83], composti da legno e metalli vari, sono stati realizzati in pieno XVIII secolo dal maddalonese Grauso, mentre nel 1754 da Nicola di Luca e Andrea d’Ambrosio saranno indorati con i due balconi[84].ÂÂ Gli organi sono due, quello del lato destro, cioè dal lato dell'altare dell'epistola è finto, quello sinistro è vero ed ha un suono grave ed armonioso.ÂÂ
Una scheda tecnica sulla struttura dello strumento musicale è offerta da Fabio D’Amato, organista della corale diocesana di Caserta, nel suo contribuito sugli organi a canne presenti negli edifici sacri della Diocesi diÂÂ Caserta[85].
Il complesso dei due organi sorge in una monumentale corniceÂÂ di stile barocco, avente al centro quattro lesene con lo scopo di sorreggere il gruppo di canne sopra le quali, oltre ai coronamenti e alle volute, vi è un timpano spezzato. Sopra la balconata troviamo il simbolo della chiesa sorretto nel vuoto da due angeli che con trombe rappresentati nell’atto di suonare.ÂÂ Tutto questo inserite come anteponente del balcone dorato dalla forma baroccheggiante avente sulla parte facciale un testa di angelo tra miriade di decorazioni.ÂÂ Ondulata è anche la parte sottostante la base del balcone.ÂÂ Molti sono i tralci fioriti e le teste di putti presenti sul palco che sorregge l'organo. E' autore degli organi Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola", cioè colui il quale ha realizzato il restante arredo settecentesco, coro, sagrestia, della stessa chiesa[86].ÂÂ GrausoXE "Grauso:Nicola" è, anche, ricordato nel 1785 per la realizzazione nella Basilica di S. Maria Capua Vetere di un’opera lignea comprendente il coro e balconi d'organo le cui fattezze dovevano rispecchiare quelle delle opere, si intuisceÂÂ come già realizzate, nella chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni[87].
Proseguendo lungo la navata sinistra eccoci arrivati al presbiterio.
Qui sulla destra e sulla sinistra vi sono i due altari realizzati da Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", nel centro v'è il complesso vanvitelliano composto da Altare, pavimento e balaustra.
Di notevole rilievo sono anche gli enormi dipinti[88].
All’estremità sinistra della balaustra vi è una statua del Sacro Cuore di Gesù, mentre a quella destra, quella dellaÂÂ Madonna dell'Ancora della Salvezza o della Speranza.
La statua del Sacro Cuore di Gesù, di gesso, ha altezza d'uomo[89], mentre quella lignea della Madonna dell'Ancora della SalvezzaÂÂ ha un'altezza media ed un ottimoÂÂ stato di conservazione.
La statua Madonna dell'Ancora della Salvezza è opera di Giuseppe Maffia ed è databile 1886. L’artista, come ricorda una iscrizione posta alla base posteriore della statua, che ci consegna anche la dataÂÂ di realizzazione,al tempo operava in Napoli alla via Duomo civico 132[90].
L’artista Mafia rappresenta la Vergine con lo sguardo rivolto al basso vestendo "di un caldo colore di terra di Siena bruciata, è cosparsa di fiori dorati come il mantello; con doratura dei bordi. La Vergine ha il piede sinistro proteso in avanti, la mano sinistra regge l'ancora della Salvezza, la destra il bambino Gesù che è di resina (l'originale fu trafugato da ignoti)”[91].
L’ originale del Bambino, da una incisione non successiva al 1970, e comunque di metà secolo, risulta simile a quello attuale, che non era coronato, ma aveva dei raggi che uscivano da dietro il cranio[92].
Al di sotto della statua è molto interessante il basamento ligneo lavorato a piani e tutto dorato[93].
La statuaÂÂ è stata recentemente interessata da un restauro, che rientra nell’opera di recupero della chiesa avviata da oltre un ventennio dall’attuale rettore della Basilica, a cura del Maestro Gustavo Viscusi, già operante nella chiesa come in diverse chiede della Diocesi di Caserta, iniziato nel maggio del 2006 e terminato il 4 agosto 2006, per volontà del rettore della chiesa mons. Cesare Scarpa, il quale era intenzionato a tal intervento già in occasione del recente anno mariano. L’inaugurazione della statua restaurata è avvenuta nella basilica il 6 agosto 2006 durante una celebrazione eucaristica che ha visto la partecipazione del popolo di Dio di tutta la città[94].
Il presbiterio attuale sorge ove un tempo era l'Ospizio di Case delli Palladini[95]. Infatti, i primi di aprile del 1721 fu abbattuto tale ospizio (gruppo di case) e sopra lo stesso furono fatti il coro e i due cappelloni laterali, di conseguenza, il presbiterio con pertinenze.
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Il transetto sinistro è detto, anche, in cornu evangeli, in questo, come in quello destro, vi è un altare valutato il 28 febbraio del 1782 da Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio"[96] e realizzato dal marmoraro Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".ÂÂ
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" riguardo gli stessi sostiene: “la semplicità della composizione, espressa geometricamente dai marmi scuri, si fonde, con equilibrio, ai particolari modellati delle volute sorreggenti la mensa ed i capo-altari e rappresenta il giusto completamento di uno spazio dove l'altare del VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" costituisceÂÂ l'emergenza principale. La provincialità della committenza raffiora in altre tarde realizzazioni”[97].
I detti altari vengono commissionati a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" il 12ÂÂ ottobre del 1775, e presentano al di sopra dei livelli due crociÂÂ variamente decorateÂÂ e dorate con teste di cherubini[98].
Il paliotto dell'altare che geometricamente forma una croce al centro e presenta volute di marmo bianco, ha una cornice di marmo scuro, mentre il ciborio è in marmo giallo di SienaÂÂ con testa di cherubino.
L'altare del transetto sinistro presenta una porticina di rame indorato per il Tabernacolo, costata 35 ducati[99].
L'altareÂÂ del transetto destro, invece, presenta una lastra di marmo al posto della porticina, come si evince in una relazione sulle opere di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" eseguite nella stessa chiesa al dì 18 febbraio 1782, a firma di SalernoXE "Salerno:Orazio"[100].
Per meglio argomentare la commissione degli altari è opportuno approfondire l'atto notarile del 12 ottobre del 1775, rogato dal notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello".
Alla presenza del notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" sono Nicola Pisanti, Economo e Amministratore della chiesa, e il mastro marmoraro Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" di Napoli, che risiede nelle case di Santa Maria del Popolo nella stessa città di Maddaloni[101].
Si commissionano, quindi, a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" due altari da realizzarsi nelle cappelle laterali del presbiterio, ai lati dell'altare maggiore[102].
Entrambi devono avere capi altareÂÂ a volute e presentare due scalini al di sopra della mensa.ÂÂ La croce di rilievo in mezzo al paliotto deve essere di giallo di Verona. Il primo gradino, della mensa, lo si commissiona di Brogatello di Spagna mentre il secondo, quello grande, deve essere di Breccia di Sicilia e con tavolette di marmo scorniciate sopra[103].
Si riferisceÂÂ che li stessi devono essere consegnati agli amministratori entro la festa del SS. Corpo di Cristo dell'anno 1776[104].
Proseguendo la conoscenza del transetto sinistro apprendiamo che ivi era possibile ammirare un crocifisso fino a pochi anni or sono[105]. Lo stesso, di cartapesta, si presume essere opera diÂÂ scultore campano del XIX secolo[106], al momento, è nella destra del presbiterio, davanti alla balaustra dal marzo-aprile 1995[107].
Dagli inizi di dicembre del 1997 al posto del crocifisso è stato posto il quadro di S. Francesco Saverio che prima era nella sagrestia sinistra.
Lo stesso un tempo era presente nella sagrestia grande come ci testimoniano gli inventari degli ultimi decenni del XVIII secolo[108].
Il quadro[109], olio su tela è opera di Giuseppe Gilamieri e raffigura la morteÂÂ e la gloria dello stesso santo, il qualeÂÂ è raffigurato in alto con talare e cotta biancaÂÂ ricamata solo sul fondoÂÂ eÂÂ con la stola, simbolo del sacerdozio, rossa come il simbolo del martirio[110].
Carmela Palma nel trattare il quadroÂÂ riferisce che l'opera è in cattivo stato di conservazione “a causa delle molteplici ridipinture e dello sporco accumulatosi sulla tela, appartiene al secolo XVIII. Le condizioni precarie del dipinto non consentonoÂÂ una chiara lettura stilistica, ma anche in questa opera, il cui impianto è popolare votivo, prevalgono le forme solimenesche che ci confermano che il Gilamieri, come tanti altri artisti, fa parte della schiera del Solimena”[111].
Sono leggibili sul fondo della stessa opera l'anno di realizzazione il 1751 e l'autore G. Gilamieri[112].
Con Gilamieri troviamo, ancora, un affollamento della scena con in evidenza i personaggi principali con forti chiaroscuri, caratteristiche queste che negli stessi anni, dopo la morte del maestro, in particolare, lasceranno spazio ad interpretazioni come farà nel frattempo il rappresentate della scuola di Solimena in Terra di Lavoro, Domenico Mondo, con alcune opere della chiesa di Sant’Andrea in Capodrise[113].
Ai piedi del quadro, o meglio davanti a quello che era il posto del crocifisso, vi è la statua della Madonna Addolorata[114].
La stessa rivolge lo sguardo non più al muro ove prima era il Crocifisso, ma al presbiterio ove ora è collocato lo stesso.
La Madonna, di manifattura campana del XIX secolo, si presenta con veste nera ed è nell'atto diÂÂ contemplare il figlio crocifisso.
Questa statua un tempo era nella sagrestia sinistra, mentre da qualche anno ha ripreso il suo posto “ d'origine”[115].
Al di sopra dell'altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" è presente un quadro di un seguace maddalonese di Giovan Bernardo Lama di Maddaloni, secondo documentazione archivistica il quadro[116] detto “Madonna con santi francescani” risulta essere “Madonna dell'Arco” ed è di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo", sempre di Maddaloni e genero di Giovan Bernardo Lama[117].ÂÂ
Va riferito per la cronaca che oltre SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ha trattato come osservatore delle opere di fine cinquecento ed inizio seicento della nostra chiesa anche Gaetano Andrisani[118].
LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" lo ritroveremo, anche, nella Platea Magna del 1760[119], allorquando al foglio 10 si legge di una donazione fatta alla chiesa del terreno detto “al Perrone”.
Il nostro dipinto probabilmente è stato realizzato tra il 1597 e il 1598.
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" parlando di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" ci dice che “comunque partendo dal dato di fatto che il pittore è presente a MaddaloniÂÂ con l'opera firmata raffigurante il "Cristo con la Croce", e con altre a lui attribuite quali l'Annunciazione, datata 1592, la Madonna del Carmelo con Santa Caterina D'Alessandria, e la già menzionata Madonna dell'Arco con SantiÂÂ francescani, si potrebbe anche ipotizzare una committenza unica per le cinque "cone" che dovevano ornare le singole cappelle della chiesa antica”[120].
La Madonna è seduta al centro su di un trono ligneo, mentre degli angioletti la coronano. La sua veste è di colore marrone, il manto è blu con la foderaÂÂ dorata. Con la mano sinistra regge il bambino che inÂÂ piedi le guarda il volto che è rivolto verso il basso. Ai piedi del trono, volendo dare un contributo sulla descrizione dell’opera, vi sono santi francescaniÂÂ e cioè S. Francesco d'Assisi, S. Antonio Abate, S. Antonio di Padova, S. Francesco di Paola.
La Madonna e il Bambino, nonché il trono e l'atmosfera circostante, richiamano un dipinto di Agostino Tesauro in San Domenico Maggiore a Napoli, ove la Madonna in trono conÂÂ angioletti dietro ha raffigurato sul davanti il piccolo Giovanni Battista che ha tra le mani un agnello[121].
Un’impostazione simile della Madonna la si riscontra in un’opera denominata La Madonna della Vittoria, del XVI secolo, e presente nella chiesa di Santa Maria di Monteverginella, in Napoli, nella seconda cappella a sinistra. ÂÂ L'espressione della Madonna richiama molto quella della Madonna del Rosario di Giovan Bernardo Lama presso la chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio in Napoli, la cui realizzazione risale al 1591[122].ÂÂ
Quanto riferito confermaÂÂ quanto affermato da SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" e cioè che LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" e Lama hanno collaborato per la realizzazione dell'opera in oggetto e non solo[123].
Nel settecento con l'ampliamento della chiesa la tavola fu ingrandita e vi fu inserito la figura del Padre EternoÂÂ e la cornice laterale di colonne con gli scalini e l'angelo alla base.
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Sempre nel transetto sinistro v' è una scarabattola donata alla chiesa dai fedeli maddalonesi degli Stati Uniti d'America per il loro santo protettore, San Michele Arcangelo.
La chiesa del SS. Corpo di Cristo è sede della statua di S. Michele Arcangelo in occasione della festa della dedicazione nel periodo autunnale.
Le vicende che trattano il santo patrono e la chiesa sono state in parte riportate nello studio San Michele Arcangelo, patrono di Maddaloni, pubblicato dal comitato festeggiamenti in occasione dei festeggiamenti del settembre ‘2001[124].
Per ciò che riguarda i festeggiamenti di settembre il rettore della chiesa è il responsabile per il programma religioso, per quello civile si forma un comitato ad hoc[125].
Con la fine dei festeggiamenti dell’anno 2001, il comitato esecutivo degli stessi si è preoccupato di formare un comitato stabile, che per indirizzi, a quanto pare diocesani, non ha avuto seguito.
In questo senso si sono avuti incontri con il responsabile dei festeggiamenti in città, con il rettore del Santuario che ospita l’effige del santo, La Pro Loco ed approcci con l’Amministrazione Comunale[126].
Tra le edizioni che bisogna ricordare si segnala quella del 2004, presidenza Riccio, che ha visto otto giornate cariche di iniziative[127].
Interessantissima è anche la tradizione del folcloristico “Incendio del Campanile”, tradizione che in Napoli vede la massima esemplificazione nel simile rituale con il campanile della chiesa del Carmine, sita sul lungomare. In effetti, si tratta di una manifestazione pirotecnica con la quale si simula, appunto, l’ “incendio del campanile” della chiesa del SS. Corpo di Cristo[132].
Varie sono le "forme" di devozione al nostro Arcangelo presenti nella chiesa.
Si ricorda la vetrata sita nello stesso transetto sinistro rappresentante appunto l'arcangelo con piume e fascia tricoloreÂÂ con la scritta "QUIS UT DEUS" sull'alto e con lo stemma della città di Maddaloni sul basso. V'è il dono del 1947 della scarabattola fatta dai fedeli maddalonesi residenti negli Stati Uniti[133]. Tale donoÂÂ è in legno ed è del 1910 dello scultore Salvatore Alfieri[134].
All'interno della scarabbottola, che è simile a quella dell'eremo, vi è un quadro con l'effige del nostro santo fatto nel 1949 da Pietro Vallese[135], del quale ci parla un amico, prima ancora che il più noto artista maddalonese degli ultimi secoli, il Maestro Crescenzo Del Vecchio Berlingieri.ÂÂ
Fino a qualche anno fa, quando non era possibile fare l'ormai tradizionale trono all'arcangelo, la scarabattola era sede della statua[136].
Con un carteggio conservato presso l'Archivio Diocesano di Caserta[137] si evidenzia del come fino al 1891 si celebrasse nel mese di settembre nella nostra chiesa l'esposizione e l'adorazione del SS. Sacramento, le cosiddette Quarant'ore[138], ma da quell’anno si dà comunicazione che si svolgano nel mese di agosto per evitare la doppia solennità, con il santo Patrono che solennizza la sua memoria il 29 settembre[139].
Che la chiesa con i suoi cappellani era responsabile dell'organizzazione del novenario e della processione del Santo Patrono lo si evidenzia anche da una letteraÂÂ che il sindaco indirizza al vescovo il 6 ottobre del 1865[140].
Un ruolo importante nella festa lo hanno gli accollatori, e nelle testimonianze fotografiche che seguono si immortala l’omaggio ai caduti fatto nel corso della processione cittadina dell’edizione festiva 2004.
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Altro momento importante è quello dell’animazione musicale nel corso della processione cittadina.
Ed ancora, elemento importante che caratterizza la festa patronale, tanto per la chiesa quanto per la città intera, è quello delle artistiche luminarie.
Si propone “assaggio” di alcune più belle degli ultimi cinquant’anni.
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  Sagrestia Sinistra o “Cappella di Pompei”
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La sagrestia posta alla sinistra del presbiterio, detta anche "Cappella di Pompei", presenta vetrate dipinte, un altare di marmo ed una statua.ÂÂ
La stessa fino ai primi degli anni '70 del nostro secolo era solo un deposito.
Un tempo la stessa aveva un altro vano sulla sinistra come si evidenzia dalla piantina della chiesa 1:1000 realizzata nel 1931 dall'ingegnere di Maddaloni Raffaele Del Monaco[141], da un indagine fatta all'esterno dello stabile è stato possibile prendere atto della grandezza del vano mancante e della sua forma architettonica, visto che restano accenni di una superficie a botte.
E' nella Cappella/Sagrestia il quadro[142] dell' “Intercessione delle anime del Purgatorio alla Maddalena”, che fino a qualche decennio fa era sul fondo della navata destra della chiesa di Sant’ Aniello, sita alle spalle della nostra.
Il dipinto è del XVIII secolo, di mano di un discepolo diÂÂ Luca Giordano, e presenta in alto la Maddalena che attorniata da angeli è seduta suÂÂ nuvole con una veste azzurra e un manto blu; al di sottoÂÂ e al centro vi sono le anime purgatorio che anelano alla stessa,ÂÂ ai latiÂÂ vi sono altre quattro figure[143].
All'interno della stessa sagrestia v'è una statua della Madonna detta dei Visitapoveri, che un tempo era in una cappella sopra l'altare della Congregazione, che è sita a fianco la nostra chiesa[144].
Nella stessa Sagrestia fino a qualche tempo fa v'era, anche, un mezzo busto dell' "Ecce Homo” di gesso del XVII secolo, poi trafugato[145].
La stessa, come è stato anticipato, possiede un altare marmoreo cheÂÂ negli anni settanta era nella prima cappella destra, e solo in quegli anni fu posto in questo luogo.
L'altare si presenta con un paliotto che, essendo tra due volute biancheÂÂ che sono da sostegno per la mensa, presenta una certaÂÂ composizione geometrica di marmi di vario colore che concludono il tutto con un tondo rosso che presenta una croce bianca con raggi[146]. Il tabernacolo è a stile di templi antichi con uno pseudo architrave a volute bianche inserite nel composizione di marmi scure con colonnine dorate che sostengono lo stesso[147]. Alla base l'altare ha uno scalino di marmo bianco di Carrara come superficie, mentre la zoccolatura laterale è blu scuro con nervature bianche.
Sopra l'altare v'è una croce di legno con sull'alto il foglio ove probabilmente un tempo v'era scritto “INRI”[148].
Ai lati di questo si ammirano due vetrate, sulla destra il calice con l'ostia e la moltitudine di raggi con il monogramma del Cristo, tra i tanti colori fantasiosi.
Sulla sinistra la croce con tanti raggi sempre servendosi di una composizione molto soave grazie allo svariato uso di pannelli vitrei di colori chiari.
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Maddaloni, 250 esimo anniversario dell'altare vanvitelliano della Basilica Minore del Corpus Domini
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La passeggiata ideale prosegue con l’analisi del settecentesco pavimento maiolicato presente dietro l'altareÂÂ vanvitelliano.
La tradizione delle maioliche a Maddaloni è secolare, si data infatti, un primo reperto tra l'età del rame e quella del bronzo. Il creare un pavimento così artisticamente idealizzato e realizzatoÂÂ con motivi vegetali fantasticamente fusi tra loro è non a caso per la nostra chiesaÂÂ un modo per tramandareÂÂ una così antica tradizione lungo i secoli.
Tra il XVII e il XVIII secolo a Maddaloni si sviluppa una attività maiolicale la cui famiglia primeggiante è considerata quella dei Massa, ivi presente fino alla prima metà del secolo XIX.ÂÂ
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" e Rienzo in un saggio sulle maioliche a Maddaloni dicono che ha favoritoÂÂ tale tradizione il contesto paesaggistico e le risorse minerarie, "di acqua, di boschi e di banchi di argilla” [149].
E’ interessante il quadro maiolicato presente al lato destro dell'opera vanvitelliana, che evidenzia anche il prototipo di tutto il pavimento. Detto quadro infatti è formato da due tipi di ornato, “formanti quattro ligioleÂÂ con cellule dipendenti”, cheÂÂ riprendono i detti motivi vegetali di colore giallo, verde e azzurro[150].
Per l'osservatore è importante dire che il pavimento si divide in due zone, una che crea il corridoio dietro l'altareÂÂ che ho già descritto, e quella che è antistante al coro ligneo che è formata da mattonelle raffiguranti solo la classica stella ad otto punte[151].
A questo punto l’attenzione è indirizzata allo storico ed artistico grande coro ligneo del XVIII secolo conÂÂ 49 stalli, di cui 31 superiori e 18 inferiori, di legno di noceÂÂ ornato di dorature, che è presente dietro l'opera vanvitelliana.
Il nostro fino a qualche anno fa era in uno statoÂÂ ripugnante, poiché abbattuto agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, era statoÂÂ ammassato ad un lato dell’area ad esso destinata[152].
Al tempo detto, infatti, venneÂÂ smontato perché in parte trafugato.
I pezzi, poi, furono ritrovati e ammassati con gli altri. Da qualche anno poiÂÂ è stato rimesso dal rettore mons. ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", con aiuto economico dei fedeli[153].
Tale ligneo monumentoÂÂ fu commissionato nel 1756ÂÂ ai maddalonesi Gioacchino Mazzarella e Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola"[154] maestri falegnami.
L'operaÂÂ realizzataÂÂ era confrontata nel corso dei lavori ad un modellinoÂÂ sempre in legno realizzato dallo stesso GrausoXE "Grauso:Nicola" arteficeÂÂ del disegno.
Sarnella[155] scrive che le spese collaterali l'opera erano incluse nel prezzo conclusivo che i governatori della chiesaÂÂ dovevaÂÂ dare ai mastri falegnami. “Di grande interesse è la clausola che escludeva la "...Sedia Maggiore apprezzarsi..quie sie expalto...". La parte economica incise sul governatorato del Corpo di Cristo, ma non dovette sembrare eccessiva in quanto gli stessi realizzarono,collaborati dal genero del Mazzarella Giacomo Miniero, anche la sagrestia che tutt'ora rispetta la sua originaria composizione, ad eccezione dell'altare che concludeva lo spazio architettonico longitudinale, sul quale fu posta l'Antica tavola del de Carluciis rappresentante S. Maria degli Angeli. I GrausoXE "Grauso:Nicola", Donato e Nicola,con Mazzarella e Miniero completarono l'arredo ligneo della Chiesa del Corpo di Cristo realizzando quattro confessionari”. A tal riguardo una cartolina della chiesa degli anni’30 del secolo scorso ci offre uno spaccato delle opere.
Aggiunge, inoltre,ÂÂ SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" che “affini come lavorazione e composizione sono gli stalli posti lungo le mura perimetrali delle Chiese adibite a Congreghe, che per la specifica funzione richiedevano sedili per i confratelli”.
Una mensola del coro al momento sorregge il modello ligneo del campanile, ed è sistemata alla destra dello stesso dietro la colonna sinistra.
Sono di Grauso,XE "Grauso:Nicola" anche, le sei porte lignee molto lavorate con motivi geometriciÂÂ presenti nei transetti laterali, dietro l'altare e nella sagrestia destra[156].
Da un atto notarile[157] del 4 febbraio del 1765ÂÂ si prende atto che l’amministratore della chiesa Giacinto de Liguori aveva commissionato a Nicola Grauso XE "Grauso:Nicola"la pulizia quando ne necessitava sia del coro che dell'arredamento ligneo della sagrestia grande per un compenso di ducati annui sei.
Ciò è evidente anche in un documento del notaio Andrea De Roberto del 28 gennaio del 1794[158]ÂÂ ove si evidenzia come l'amministrazione della chiesa dopo che per quarant'anni è stata servita da GrausoXE "Grauso:Nicola" non gli rinnova il contratto per i sei ducati annui. Al che Grauso ilÂÂ 13 dicembre del 1793 scrive al Supremo Tribunale Misto di Napoli, riferendo che sua opera sono le opere lignee della chiesa, coro, sagrestia, organi, confessionali e tutto quanto vi è stato di bisogno, pulpito, oltre a mettere e togliere sull'altare maggiore il baldacchino di legno, depositato quando non serviva in sagrestia. Gli amministratori della chiesa interpellati confermano quanto detto da GrausoXE "Grauso:Nicola", per cui il detto Tribunale il 15 dicembre del 1793 dispone che gli stessi amministratori rinnovino l'appalto per la pulizia delle opere a GrausoXE "Grauso:Nicola", e che lo stesso appalto, sempre per sei ducati annui, abbia inizio con il 1 febbraio del 1794.
Negli anni settanta del secolo scorso il coro, come accennato, è stato abbattuto per motivi a noi non del tutto chiari ma comunque ignoti.ÂÂ
Solo nel 1992 per opera di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", con la collaborazione di qualche fedele il Coro ligneo è stato rimesso in sesto, per circa ottanta milioni di lire. La ricostruzione dello stesso[159] si è avuta tra il febbraio e il luglio del 1992[160].
Al di sopra del coro v'è un quadro composto d'undici parti enorme raffigurante l'Ultima cenaÂÂ e la settimana santa nei suoi momenti liturgici e storici fondamentali[161]. Al di sopra ancora di questo v'è un piccolo quadro diÂÂ forma curvilinea con cornice lignea dorata raffigurante il Salvatore[162].
Il quadro dell'Ultima cena si è creduto fino a qualche anno fa essere di mano d'ignota seguace della scuola di Marco Pino, mentre l’attenta analisi di documenti d’archivio XE "Sarnella:Giovanna"ci ha permesso di individuarne l’autore nella persona di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo".[163]
Di notevole interesse sono le figure centrali del quadro quali il CristoÂÂ con la veste rossa e il manto blu e San Pietro con veste gialla e manto blu, che sembrano dettare la creazione della chiesa nascente dall'Eucaristia che stanno celebrando in quel momento. “Il quadro è un pò ombrato e mal ridotto dal tempo, tuttavia è ben visibile il Cristo nel centro dellaÂÂ tavolaÂÂ con a destra S. Giovanni Gli altri apostoli, dai lineamenti rudi e fortemente pronunciati, propri della gente del popolo,dalle fattezze energiche, stanno ad indicare la forza della chiesa nascente. Gesù soffuso di soave malinconia porta impressa sul volto la dolcezza ineffabile delle vittime volontarie. Le pupille ed il pallore del volto rivelano le sofferenze intime di una croce che egli porta con rassegnazione convinta. Egli ha accettato ormai il suo doloroso destino e non allontana da è il calice amaro di quest'ultima sua cena terrena”[164].
Vi sono poi cornici dorate raffigurantiÂÂ la lavanda dei piedi, l'adorazione nell'orto, la cattura , la flagellazione, la coronazione di spine,ÂÂ la presentazione dalla loggia di Pilato,ÂÂ la salita al Calvario, la crocifissione, la domandaÂÂ di seppellimento e la schiodazione.
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La sagrestia destra, detta anche sagrestia grande, per le sue dimensioni, presentaÂÂ un arredamento, che riveste gran parte delle pareti, ligneo delÂÂ settecento opera di Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola", il cui nomeÂÂ è inciso nel legno con la data di realizzazione: 1761[165].
Gli stucchi sono opera di Michele Santulli[166].
Per ciò che concerne l’opera lignea di notevole interesse sono i capitelliÂÂ ÂÂ con le decorazioni mistilinee dorati, mentre al di sopra della cornice dello stesso arredo vi sono vasi con cespugli fioriti e dorati.
Sul fondo della sagrestia al di sopra della già citata scritta che ricorda GrausoXE "Grauso:Nicola" vi sono tre fusti di stemmiÂÂ coronati e riccamente lavorati e in alcuni particolari dorati.
Quello centrale che spezza il timpano che ha origine sotto i due laterali ha lo stemma della chiesa decorato all'interno, Calice e Ostia con raggiera[167].
Tutto l'arredamentoÂÂ è lavorato a sagome. La parte inferiore dei mobili presenta dei sportelli con dei cassetti molto ampi all'interno, la parte superiore a quella descritta presenta una fila di cassetti e di sportelli numerati,che sono formati da lesene con capitelli corinzi e motivi vegetali.ÂÂ
Questo particolare rivestimento è presente in diversi cori lignei maddalonesi[168].
Al di sopra dello stemma ligneo del SS. Corpo di Cristo, dal lato del Coro, vi è un quadro[169] del XVIII secolo che rappresentaÂÂ il Cristo sulla croce, ai piedi della quale si possono osservare la Madonna con abito blu, S. Giovanni che ha sulle spalleÂÂ un ampio manto arancione, a destra della figura due donne una delle quali ha un manto violaceo[170].
Realizzato da GrausoXE "Grauso:Nicola" vi è nella sagrestia anche un orologio ligneo[171], che si trova sul fondo della sagrestia alla destra del quadro di De Carluciis, ha la base rettangolare, il suo fusto è modellato e sagomato come tutto il resto dell'arredamento ed è sormontato sulla sommità una conchiglia dorata.
Alla destra di quest'ultimo è uno sgabuzzino detto della Congregazione di S. Vincenzo de' Paoli[172], all'interno del quale da qualche anno vi è la statua, mal ridotta, di S. Francesco Saverio, prelevata dalle scale di servizio del campanile[173].
Al di sotto del quadro di de Carluciis, sul fondo del locale, dove ora è l'archivio che custodisce i registri più antichi della chiesa e della Congregazione un tempo v'era un altare di stucco come tutti gli altri abbattutiÂÂ negli anni '70 con due scalini di marmo sul davanti ed anche il paliotto di marmo come riferiscono testimonianze viventi, nonché fotografiche.
Qualcuno pensa che il paliotto di questa altare fosse quello[174] che è attualmente sotto il quadro di Sant’Aniello[175] nel transetto destro.
A tal riguardo, però, l'ultimo sacrestano della chiesa del XX° secolo, Michele Galasso, che da qualche anno riposa in cielo, più volte ha detto che questo paliotto era un tempo dell'altare della Congregazione del SS. Corpo di Cristo.
Tale altare doveva essere nel edificio adiacente alla chiesa laicale[176].
Più volte nel corso di questo paragrafo è statoÂÂ menzionato un quadro[177] dal titolo Madonna degli Angeli di Orazio de Carluciis[178].
Il nostro pittore sappiamo che fu anche maestro di un fanciullo di Marcianise, tale Decio Cossa, come riferisce uno studio sull'artista[179].
Passando alla descrizione dell’opera è da notarsi che ai piedi di Sant’Antonio Abate è la firma Horatius D. Carluccio Pingebat 1610[180].
Il quadro rappresenta in la Madonna che con una veste rossa, cinta dorata e manto blu, con la mano destraÂÂ regge il Bambino che è in piedi sulle sue gambe e con la manoÂÂ sinistra regge il mantello verso il petto.
Il Bambino con pelle molto bianca con la mano sinistra si mantiene alla Madre mentre con la destra benedice i santi sottostanti. Ai lati dei due descritti vi sono una miriade di angeli che suonano e cantano la gloria di Dio[181]. Sul basso oltre al paesaggio che ha per caratteristica principale un pendio riccamente adorno di motivi vegetali, vi sono San Francesco d'Assisi riconoscibile per le stigmate e un santo domenicano. Entrambi i santiÂÂ con aureola che a stento si intravede hanno lo sguardo rivolto verso l'alto[182].
Passando alla descrizione degli stucchiÂÂ va detto che al di sopra del quadro si ripresenta il classico timpano spezzatoÂÂ a conclusione di colonne con al centro una finestra finta o veraÂÂ a forma ellissoidale.
Sotto di questa vi è sempre in stucco, anche se nella sagrestia grande è in più dorato, un cartoccio con innumerevoliÂÂ voluteÂÂ ÂÂ e leggermenteÂÂ modellato in modo ondulato all'interno[183].
La volta è molto ben lavorata con stucchi e richiama motivi tipici di Vaccaro e di Sanfelice[184].
Tra la lavorazione della volta e la sistemazione dei finestroni c'è una certa simmetria che si concludeÂÂ con la cornice pluriforme e con i medaglioni modellati dagli stessi stucchi.
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Il transetto destro, è detto anche “in cornu epistolae”.
Con lo stesso inizia il percorso di rientro che conduce all’ingresso laterale, infatti, da questo punto in poi la descrizione di certi aspetti o oggetti della chiesa come possono essere l'organo o l'acquasantiera saranno sorvolati giacché già fatta precedentemente.
Alla destra della porta di GrausoXE "Grauso:Nicola" attraverso la quale si accede alla sagrestia grande v'è una acquasantiera[185], del XIX secolo, o fonte battesimale, sorretta da un tripode di ferro con la parte superioreÂÂ sferica dove è inserita la settecentesca vasca di autore campano di marmo bianco di Carrara[186].
Sull'altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" v'è una croce, il crocifisso del XVIII secoloÂÂ è in legno dorato e molto lavorata presenta anche delle teste di cherubini[187].
Gli altari di Di Lucca XE "Di Lucca:Antonio" sul davanti presentano tre scalini.
La cona dell’altare è il famoso Sposalizio della Vergine, di Pompeo Landolfo, presente già nella chiesa XE "Landolfo:Pompeo"cinquecentesca e nel settecento ampliato con l'aggiunta delle colonne laterali e con le scale antistanti sulle quali è seduto un angioletto con manto blu[188].
Da uno studio di SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" sul quadro, la cui realizzazione dovrebbe essere antecedente il 1597,ÂÂ si evidenzia cheÂÂ questo con relativa cappella cinquecentesca prima e dopo con l'attuale era di proprietà del Reverendo Giovan Battista de Agostino, il quale fu sepolto nella stessa cappella cinquecentesca, dove nel 1599 lo stesso aveva posto una lapide con lo stemma della famiglia.
A dichiarare per la prima volta che il nostro dipinto è di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" è stato G. Previtali.
Nel riprendere le caratteristiche di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" all'interno del nostro dipinto SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" così lo descrive: “...vorremmo rilevare in essa alcuni motivi ricorrenti nelle opere landolfiane. In primo luogo osserviamo che la composizione triangolare, con il punto di vista prospettico centrale convergente nella nicchia di fondo, è piuttosto greve di personaggi che esulano dalla limpida e scandita composizione di altre opere del LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"; tuttavia l'ambientazione all'interno del vano con aperture laterali verso l'esterno ci riconduce al nostro pittore. Oltre ciò sono chiari altri particolari, come l'atteggiamento, il tratto e l'espressione del viso della Vergine avvolta in vesti fortemente disegnate, alla maniera di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo", con il piede proteso verso l'esterno...Ai lati delle tre figure centrali vi sono molti personaggi che per il loro atteggiamenti e tratti somatici sembrano usciti dal pennello di G .B. Lama; in particolare alcuni volti femminili di profilo con il naso allungato, l'immagine del giovane cavaliere con barba dietro il S. Giuseppe, la testa del nobile signore con "gorgiera" dietro la Vergine. In verità la composizione, così affollata più del Lama che del LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" che predilige composizioni equilibrate con altri elementi oltre alla figura umana e quindi tendenti all'essenzialità del "tema" da svolgere”[189]. Così si chiude la trattazione dell’opera.
Queste deduzioni si rifanno alla scena che vede S. Giuseppe sulla sinistraÂÂ con vesteÂÂ marrone chiara e manto rosso, la Vergine sulla destraÂÂ veste rossa e manto blu.
I due si stanno sposando avendo le mani dell'uno sull'altra.
Al centro v'è il gran sacerdote che con camice bianco, mitra e piviale, benedice la loro unione. L'espressione del sacerdote è molto simile a quella del sommo sacerdote ritratta per la circoncisione del Cristo opera di Lama[190].
Sempre nel transetto destro al di sopra del paliotto, di cui prima abbiamo parlato c'è il quadro[191] di Sant’Aniello che faceva da pala d'altare maggiore nella sua chiesa, quando era ancora funzionante ed accessibile.
Tale quadro, tempera su tavola, è di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[192] e si collocaÂÂ per fattezzeÂÂ nella seconda metà del XVI secolo.
Al centro del quadro è evidente la figura di Sant’AnielloÂÂ cheÂÂ ha il messale nella mano sinistra mentre nella destra il pastorale con bandiera. Alla sua destraÂÂ è San Donato con il piviale giallo sul quale sono riscontrabili motivi vegetali rossi, ed ancora San Pietro con la veste azzurra e manto giallo (riconoscibile anche per le caratteristiche chiavi).
Sul piano rialzato, con veste rossa e manto blu, la Madonna che seduta sulle nuvole regge sulle gambe il Bambino.
Gli sguardi dei due ai lati del santo titolare sono rivolti verso l'alto, il titolare guarda di fronte come fa la Madonna, mentre il bambinoÂÂ il volto della Madonna.
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La cappella di patronato della famiglia Lombardi[cxciii]ÂÂ presenta al centro un confessionale di legno di recente costruzione.
Sulla sinistra,ÂÂ a circaÂÂ un metro e mezzo di altezza vi è piccola cappella incastonata con una statua di San Vincenzo de’ Paoli[cxciv] con un fanciullo[cxcv].
Sulla parete centrale vi è il quadro “La deposizione dalla Croce”, che ricorda la deposizione del Salvatore dalla croce, che in parte riprende la Deposizione di Lama conservata presso la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli in Napoli[cxcvi].
Il quadro che è tempera su tavola è di fine XVI secolo ed è opera di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[cxcvii].
Un forte richiamo alla scuola del Lama si haÂÂ riguardo allaÂÂ composizione delle figure con le relative vesti che si fondono armonicamente nello sfondo paesaggistico che richiama quello che è per noi prototipo dello stesso Lama.
La scena riprende il Cristo che è deposto dalla croce con l’intervento di quattro uomini[cxcviii].
Secondo Sarnella XE "Sarnella:Giovanna" l'opera è da considerarsi del periodo in cui il pittore era maturo, vista la forte durezza del disegno e la coloristica schematicità[cxcix].
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All'interno della cappella vi sono due statue di gesso: Santa Rita e Sant’Antonio. Quella di Santa Rita presenta la santa con il crocifisso tra le mani con la vesteÂÂ nera eÂÂ il sottogola con la fodera del copricapo bianco. Quella di Sant’Antonio conÂÂ veste marrone ha tra le braccia il bambino con veste biancaÂÂ ed il giglio fiorito. Entrambe le statue sono donate dai fedeli devoti.ÂÂ Nella cappella recentemente è stato invertito il quadro.ÂÂ Si ricorderà che in questa cappella vi doveva essere il quadro del Salvatore, ma avendolo spostato nella Cappella dei Visitapoveri, quello che lì si trovava è stato qui situato. Quindi in questa cappella troviamo il quadro della Madonna delle Grazie o dei Visitapoveri. Il dipinto originale era olio su tavolaÂÂ e prevalentemente diÂÂ impostazione arcaica, tenendo presente soprattuttoÂÂ l'impostazione della Madonna in tronoÂÂ con il Bambino in braccio. Di richiamo alla scuola del Santafede è la realizzazioneÂÂ anatomica dei corpi, nella quale acquista molta importanza la luce ÂÂ che partendo dal volto della Madonna illumina tutta la scena[cc]. Sull'alto al centro del quadro è la Madonna che haÂÂ nella mano destra un bastone con otto punte mentre nella sinistraÂÂ delle monete, vestendoÂÂ viola con il manto blu; haÂÂ sulle gambe ove è seduto in trionfo il Bambino. Quest’ultimo veste verde e con il manto arancione.
La Madonna che è attorniata da anime celesti siede in trono.
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La cappella ha il patronato della famiglia Corvo o Corbo e cioè possibile evidenziarlo dallo stemma ivi presente[cci].
Da quanto ho avuto modo di verificare negli atti notarili e nei libri riguardanti la chiese ed i suoi possedimenti per ciò che riguarda i secoli scorsi, ad ora non mi risulta che vi sia un cappella dei Corbo di conseguenza probabilmente le donazioni sono fatte a questa cappella dei Corvo e non dei Corbo: l'aspetto del nome sarà cambiato per influenze dialettali.
Come si anticipava, in essa vi è uno stemma, che risulta essere stato realizzato su pietra calcarea ed è del XVI secolo[ccii].
All'interno della cappella v'è un quadro di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" che rappresentaÂÂ l'Annunciazione[cciii], riprendendo leÂÂ maniereÂÂ delicate ed armoniose del suocero, Giovan Bernardo Lama[cciv].
Il patronato di questa Cappella è esplicito in un atto notarile del 10 agosto 1787, rogato dal notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" ove è presente all'atto Giovanni Corvo, figlio del dottor Giuseppe.
Corvo ricorda che è di patronato della detta famiglia la nostra cappella con l'Annunciazione[ccv].
L'altare ivi sito negli anni '70 di questo secolo fu posto nella cappella detta di Pompei o sagrestia sinistra, e secondo la Visita Pastorale del 1930 questo nel decennio precedente fu interdetto dal Vescovo Moriondo.
In questa cappella, che al sul basso un confessionale sempre di legno ma più semplice della cappella precedente ed anche più "antico", vi è anche la statua di Padre Pio[ccvi].
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Per quanto riguarda l’ingresso laterale, oltre al tamburato ligneo che artisticamente non ha alcun cenno v'è al di sopra dello stessoÂÂ un piccolo quadroÂÂ della Trinità[ccvii].
Questo è stato realizzato nel XVI secolo, tempera su tavola, da un seguace di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo". Qui si vede la figura del Padre Eterno cheÂÂ è sulla sinistraÂÂ ed è seduto indossando una veste verde con un manto rosso. Al centro c'è il globo terrestre che è di colore verde. Sulla destra c'è la figura del Cristo con veste azzurraÂÂ e il manto marrone, sul centro, invece, c'è la classica colomba bianca che rappresenta lo Spirito Santo. La collocazione del quadro, nonché la simbologia rappresentata sono molto legate. Infatti, la Trinità stessa guarda i fedeli che accedono all'edificio sacro, prima, accogliendoli nel perdono, e poi congedandoli con l'effusione del loro Santo Spirito, all'uscita dopo.ÂÂ
Con questo paragrafo ha termine la trattazione della struttura religiosa per ciò che riguarda la descrizione interna.
In effetti, si è voluto solo ed esclusivamente accompagnare il visitatore che attraverso la parte grafica e la descrizione avrà notato come quello presentato non è che un gioiello di Terra di Lavoro.
A seguire si trova l’argomentazione relativa alla struttura artistica ed architettonica della Congrega del Santissimo Corpo di Cristo, ed ancora accenni a restauri e furti subiti.
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La nascita della Congregazione del SS. Corpo di Cristo in Italia è ricordata in Torino nell’anno 1529, con una fabbrica eretta. Altro monumento religioso lo troviamo nel 1536 realizzato a Roma. Da qui si può evincere che potrebbero essere collocata a Maddaloni la Congrega tra il 1536 ed il 1546, data della nascita della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Va chiarito, però, che Francesco Piscitelli, arciprete della parrocchia di San Benedetto, storico di Maddaloni, riferisce di Tenneriello per la costruzione della chiesa all’anno 1542, da qui quest’ultima data, che non potrà essere valida per la costruzione della chiesa potrebbe essere, nel migliore dei casi la data di nascita della congrega nella chiesa di San Benedetto, oppure la data in cui l’amministratore che donò il terreno per la nuova chiesa prese la reggenza dello stesso sodalizio[ccix].
Passiamo ora alle vicende costruttive delle sede settecentesca della Congregazione.
La sede della Congregazione corrisponde alla fabbrica posta alla destra del campanile della chiesa del SS. Corpo di Cristo. Essa fu istituita per la prima volta nella chiesa di San Benedetto ad opera del Sacerdote Enrico d'AbenanteXE "d'Abenante:Enrico"[ccx], passò poi alla chiesa della Maddalena, in quella di Sant’Aniello e infine a quella di San Martino[ccxi].
Laudando nella sua storia dei Vescovi di Caserta ricorda del come oltre a quella di Maddaloni sorsero congregazione con lo stesso titolo in gran parte della Diocesi, ne è testimone lo stesso sacerdote ricordando la situazione agli anni 30 del secolo scorso riferisce che tracce di queste congregazioni si ritrovano principalmente a Maddaloni, nella Cattedrale di Caserta, in Puccianiello, Pozzovetere, Recale, Briano e Mezzano[ccxii].
La Congregazione nella chiesa di San Martino vi rimase fino al 1546 quando fu donato il terreno per l'edificazione da TennerielloXE "Tennerello:Ranaldo",ÂÂ si ebbe la chiesa ad hoc della stessa Congregazione: la chiesa del SS. Corpo di Cristo, poi Basilica del Corpus Domini.
Lungo i secoli i doni alla congrega restavano anche nelle chiese di locazione al tempo del legato stesso, come accade per il caso di don Nicola Pisanti, Economo della chiesa del SS. Corpo di Cristo, che il 31 gennaio del 1773[ccxiii], donava ai suoi eredi un legato intitolato alla Cappella Congregazione che lui aveva in eredità dalla famiglia di Vico, sita nella Parrochial fabbrica di San Benedetto; a questa cappella il notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" il 30 aprile del 1731 e l'8 giugno del 1732 registra altri lasciti[ccxiv].
de SivoXE "de Sivo:Giacinto"[ccxv] nel parlarci della detta Congregazione ci riferisce che è stata costruita sullo scorcio del secolo XVIII, e che “ l'anno 1859 a cura del priore D. Gennaro Mazzetti fu fatto il mattonato, e l'organo su palco a destra della porta”.
Riferisce inoltre che nel 1865 aveva un Monte dei Morti di ducati 870[ccxvi].
Lo stesso riferisce che alla fine dell’ottocento era servita da un "Padre Spirituale"ÂÂ vestito con un sacco.
La stessa Congregazione, che si ricorda avere per patronato due cappelle nella chiesa , di cui una detta dei Visitapoveri, nelle processioni, al dire del de SivoXE "de Sivo:Giacinto", occupava il quinto posto, mentre in quella del suo nome, era in testa a tutte le altre.
Passiamo ora ad analizzare la vicenda che vede la ricostruzione della sua sede.
Dall'atto del 28 febbraio del 1781[ccxvii] si evidenzia che l’architetto Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio" per costruire il campanile fa abbattere la sede della Congregazione del SS. Corpo di Cristo, con al cui interno un Monte o Banco detto della Pietà, progettandone un'altra dignitosa sede da farsi alla destra del campanile.
La detta costruzione deve essere stata iniziata intorno al 1790, ed essendo esternamenteÂÂ ed internamente di semplice fattezze SalernoXE "Salerno:Orazio" non da cenni di descrizione limitandosi a farne il disegno, oggi introvabile.
Con l'atto notarile del 14 maggio 1790[ccxviii]ÂÂ si evince che il Supremo Tribunale Misto con la sentenza del 17 ottobre del 1789 ha dato parere favorevole al che si costruisca la nuova sede della Congregazione come si evince dall'appalto del 28 febbraio del 1781 del campanile e della fabbrica della Congregazione.
Con il 1790 i muratori maddalonesi AulicinoXE "Aulicino:muratori" e Sivo, essendo in stato avanzato i lavori del campanile, hanno iniziato la costruzione della Congregazione.
Si è preventivato per la stessa 1400 ducati , la cui metà spetta alla chiesa del SS. Corpo di Cristo, in virtù del fatto che per il suo campanile è stata abbattuta la vecchia fabbrica della Congregazione.
Una prima rata, di ducati 233, grana 33 e cavalli 4, la detta chiesa, con l'Economo D. Pasquale Roberti, ebbe a darla agli amministratori della Congregazione Giuseppe del Bene e Aniello Farina, il 13 maggio 1791[ccxix] . Una seconda rata lo stesso De Roberto la ebbe a dare a Del Bene a a Farina il 12 gennaio del 1793 per atto rogato dal notaio Andrea de Roberto[ccxx], sempre di ducati 233.33.1\3[ccxxi].
Con l'atto del 12 febbraio del 1798[ccxxii]ÂÂ si appalta a Gaetano Venezia, il tetto, il pavimento, gli stucchi secondo il disegno degli Ingegneri D. Checco Policino e D. Domenico Bruselli, mentre per la costruzione della sagrestia della sede della Congregazione si deve attendere l'indicazione dei Periti della Congregazione.
All'atto è allegato una nota delle opere da farsi a firma di Venezia[ccxxiii].
Venezia si impegna conÂÂ i delegati della Congregazione a consegnare agli stessi l'opera di stucchi interni, del tetto e del pavimento entro l'ottobre dello stesso anno.
Nei due anni successivi si deve essere fatto lo stucco esterno[ccxxiv].
All'atto è allegataÂÂ anche una nota del pagamento che ebbe ad avere lo stesso Venezia firmata e datata al 21 ottobre del 1800, per ducati 400 complessivamente quanto a lui spettanti[ccxxv].
Sopra l'altare un tempo vi era una cappella con la statua della Madonna Visitapoveri, a cui era dedicato l’altare ivi sito, che attualmente si conserva nella sagrestia piccola della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Lungo le pareti della costruzione vi sono quattro dipinti di forma ovale sulle pareti laterali l'ingresso, a destra il Buon Pastore e il Salvatore, a sinistra San Michele Arcangelo che veste di rosso e la deposizione dalla Croce con la Madonna che accoglie nelle braccia il figlio, ove sul cui sfondo è il monte S. Michele di Maddaloni con l'omonima chiesa.
E' opportuno riferire dell'influenza ferdinandea e di un particolare che con il tempo è stato variato e recuperato. Infatti, presso l'Archivio di Stato di Caserta[ccxxvi] vi sono due attestati di approvazione della Congrega, che qui verrà chiama del Santissimo Sacramento, e del Monte della Cappella della Vergine Visita Poveri alla stessa Collegata.
Uno è in data 23 agosto 1779 e l'altro 23 dicembre 1787, in effetti la seconda attestazione riprende la prima al completo e poi, a causa di un ricorso fatto dalla Congregazione che voleva riavere il titolo del SS. Corpo di Cristo per via di certi privilegi ma, anche questa volta, il Re rinnovò quanto già disposto nel 1779.
Lo statuto di assenso porta in se una sorta di regolamento di sei articoli che disciplinano l'organizzazione interna della stessa.
Di rilievo a seguito di una lettura del regolamento è l'obbligo che gli iscritti debbono aderire anche al Monte della Vergine dei Visitapoveri, e che per essere considerati fratelli debbono fare prima un anno di noviziato.
Seguono obblighi di partecipare a tutte le funzioni domenicali e festive e quello di non darsi al gioco o al lusso, etc..
La Congregazione molto probabilmente nel 1864, con il suo Monte e l'effettiva funzione della sua Cappella della Vergine Visitapoveri della chiesa, fu coinvolta nell'opera di recupero delle fasce disagiate promossa dal prefetto di Caserta C. Mayr[ccxxvii], a seguito delle indicazioni dallo stesso formulate nel 1861, al fine di istituire in ogni circondario una struttura atta ad ospitare i poveri e gli anziani, in ogni caso le fasce disagiate e per questa sua opera coinvolge i Sindaci, i Presidenti delle Congreghe di Carità e gli Amministratori delle Opere Pie di tutta la Provincia[ccxxviii].
Presso l'Archivio di Stato di Caserta si evidenzia che tra il mese di aprile e giugno dello stesso 1864 vi furono una serie di iniziative da parte di vari circondari interessati - Caserta, Piedimonte, Alife, Nola - attraverso i sottoprefetti di zona.
Con il 7 giugno il Consiglio Provinciale in pubblica adunanza prende l'impegno di realizzare uno o più opere per l'intera provincia, il prefetto in data 23 giugno comunica con la circolare n. 91 questo evento a tutti i destinatari della delibera di cui in nota precedente.
Nell'anno 1939 mons. Moriondo, Vescovo di Caserta, si adoperò affinché le Congrega ritornassero allo scopo per il quale furono fondate[ccxxix].
Molte saranno le rendite nel tempo derivanti da donazioni che ebbe ad avere la Congregazione[ccxxx].
Lo stato di appartenenza dell'edificio è della Diocesi, anche se è stato occupato per un trentennio, dal Gruppo Archeologico Calatino, dagli anni ’80 del secolo scorso intitolato a "Francesco Imposimato"[ccxxxi].
La disponibilità ei locali affidata al sodalizio culturale maddalonese la si deve collocare con gli inizi degli anni settanta del secolo scorso ed ad opera del parroco di Sant’Aniello, e rettore della chiesaÂÂ del SS. Corpo di Cristo, don Benedetto Bernardo[ccxxxii].
La vicenda circa la legittima proprietà ed uso della struttura con gli anni a seguire l’ingresso nella chiesa di mons. Cesare Scarpa è passata in tribunale, e di pochi anni fa sono ancora i riscontri.
La stessa struttura, che fino a qualche mese fa ospitava, nonostante l’instabilità strutturale, parte dell’archivio e della biblioteca del sodalizio calatino ed anche la mostra dell’artigianato locale,ÂÂ non poche volte è stata messa a disposizione di altri sodalizi locali, in particolare della Pro Loco[ccxxxiii] di Maddaloni, come ricordano testimonianze fotografiche in occasione della consueta sagra del carciofo paesano[ccxxxiv].
In relazione al G.A.C. e nello specifico alla mostra permanente dell'artigianato locale e della civiltà contadina a Maddaloni, ÂÂ lo stesso ha avviato da tempo una campagna per l’individuazione di locali idonei dove porre in mostra, permanente per l’appunto, i tanti reperti messi a disposizione dai cittadini maddalonesi[ccxxxv].
Lo stesso Gruppo Archeologico Calatino, che attualmente è appoggiato presso locali del palazzo Galantuomo, sempre in piazza Umberto I° a Maddaloni, da anni si occupa della denuncia di abbandoni architettonici[ccxxxvi], e tra questi figura la chiesa di Sant’Aniello, parrocchia titolare della nostra Basilica.
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La chiesa del SS. Corpo di Cristo dal XVI secolo, quindi dalla fondazione a tutt’oggi ha subito una serie di interventi di ristrutturazioni e di ampliamenti.
Le vicende che vanno dal XVI al XVIII secolo sono state grosso modo trattate, o comunque il testo ha rimandato a note con eventuali documenti ed approfondimenti, a seguire si cerca di conoscere quelle che vanno dal XIX al XXI secolo.
Con il secolo XIX secolo de Sivo scriveXE "de Sivo:Giacinto" “..ma l'edilizio ha mestieri di pronti restauri, massime a certi crepacci negli archi,dove sofferse sin dal terremoto di S. Anna...”
Gli stessi restauri sono comprovati dagli atti Comunali: nel giugno del 1876 il Consiglio Comunale si riunisce[ccxxxvii]ÂÂ per deliberare la concessione di lire 1500 alla chiesa per rifare il pavimento che allora, di mattoni, era in parte consumato ed in parte distrutto.
L'argomentazione della riparazione del pavimento torna in consiglio comunale il 27 settembre del 1889[ccxxxviii], quando si riferisce che lire 3000 stanziate per la detta riparazione non bastano, poiché ne occorrono altre lire 717.40 per sanare la spesa complessiva. Si chiede, inoltre, che lo sia rifatto ad iniziare dalla crociera.
Il 27 novembre del 1861[ccxxxix] il Consiglio Comunale si riunisce per discutere della spesa per la riparazione dei quadri della chiesa del SS. Corpo di Cristo, cioè quella della cona dell'altare maggiore e gli altri due nella crociera: i restauri saranno a cura del pittore Giannini Pasquale per ducati 180[ccxl].
Il primo maggio del 1862[ccxli] vengono dati all'architetto Giuseppe Rossi ducati 52 o lire 220.99 per avere cura i restauri della nostra chiesa e il completamento della strada Formale[ccxlii].
Nel 1879 si ebbero delle riparazioni al tetto, per la cui opera la Congregazione deliberò di lasciare agli amministratori della chiesa i vantaggi fiscali di quell'anno della congregazione e della Cappella dei Visitapoveri[ccxliii], mentre il consigliere comunale Iorio Francesco, durante la seduta del 20 aprile del 1887[ccxliv],ÂÂ propone di rifare la facciata della chiesa, mentre il consigliere Antonio de SivoXE "de Sivo:Giacinto", rinnovando la proposta dell'Iorio,ÂÂ invita a rifare, anche, la facciata della chiesa dell'Annunziata che possiede dipinti pregiati inccassonati[ccxlv].
L'argomento ritorna in consiglio comunale il 14 settembre di quello stesso anno[ccxlvi] (ove vengono stanziati 2450 lire per il lavoro e lire 50 all'ingegnere de SivoXE "de Sivo:Giacinto" per il preventivo) ed il 23 ottobre del 1888[ccxlvii],ÂÂ dove si riferisce che i lavori sono stati fatti dell'impresario Giovanni Venezia[ccxlviii] e che per la somma di lire 122.08 ha diretto i lavori l'ingegnere cav. Destino Carmelo, per lire 3052.03 più lire 208.50 per lavori suppletivi sulla stessa facciata.
Nel 1907 non si ha un restauro, ma un lavoro che sarà di indubbia importanza : l'installazione dell'energia elettrica[ccxlix]. Il contratto di istallazione sarà firmato il 12 settembre del 1907 ed avrà una validità di cinque anni esatti. Istallerà l'impianto l'impresa di Giovanni Balducci, firmatari per la chiesa sono gli amministratori: Cav. Francesco Rocco, Avv. Filippo Iorio e notaio Gennaro Castaldo[ccl].
Nel 1914, durante il consiglio comunale del 20 aprile[ccli], in seguito ad un sopralluogo dell'ingegnere del Genio Civile si provvede alla riparazione della cupola della chiesa[cclii].
Il 10 settembre del 1931[ccliii] l'ingegnere Raffaele Del Monaco fa una relazione perizia sullo stato della chiesa riferendo anche delle opere di cui ha bisogno.
La relazione è accompagnata da una piantina della chiesa 1:1000 che presenta un vano annesso all'attuale sagrestia sinistra.
Solo ad un anno di distanza la curia incaricherà l'ingegnere LuigiXE "Briganti:Luigi" Santonastaso a fare un opera di restauro alla chiesa.
I Lavori non dovettero essere eseguiti nel migliore dei modi perché su incaricoÂÂ nuovamente l'ingegnere del Monaco Raffaele di Maddaloni presenta in dataÂÂ 26 febbraio del 1933 un preventivo al Vescovo sul costo dei lavori di recupero del tetto e della sagrestia destra per un ammontare di lire 930. In effetti il lavoro costà lire 1120 come riferirà lo stesso Del Monaco al Vescovo con missiva il 10 maggio 1933.
Se all'interno i lavori potevano considerarsi fatti all'esterno lo stato era precario.
Infatti, il 18 maggio 1933 il Podestà di Maddaloni, con il prot. n. 5974, scrive al Vescovo,ÂÂ riferendo che in virtù di chiari interpreti dell'indirizzo fascista si è deciso di restaurare tutte le abitazioniÂÂ che si affacciano su piazza Umberto I° e Corso I° Ottobre.
In Particolare la piazza Umberto I° dovrà essere considerata come un oasi verde con cinque aiuole, due filoni di alberi e un grande marciapiede.
Il Podestà riferisce dell'enorme stato di disagio in cui versa l'esterno della chiesa e del campanile[ccliv], da qui l’esigenza di un recupero.
Più volte negli anni successivi si giunse ad imposizioni simili, anche nell’immediato secondo dopo guerra,ÂÂ seppur per argomentazioni differenti alla base[cclv].
A seguito della detta comunicazione del Podestà il Vescovo fu invitato ad apportare un’opera di rifacimento delle facciate, laterale e principale, e allo stesso tempo di intervenire con un opera di recupero per lo stato di degrado e di sporcizia in cui versa soprattutto il basamento del campanile[cclvi], infatti la curia condividendo l'intervento risponde al Podestà in data 26 maggio 1933.
Il podestà Sorvillo Amedeo invierà il 12 agosto 1933 al Vescovo una lettera in cui riferiva che da sopralluogo fatto i lavori preventivati dall'ingegnere comunale Domenico Vigliotta ammonteranno ad una spesa di lire 1800 – 2000, mentre il 13 ottobre 1933 si andrà a pagare lire 2826 all'impresa di Clemente Lombardi perÂÂ i lavori eseguiti.
Il Podestà concorrerà alla spesa con lire 1000 relative al restauro della facciata, e non al recupero del campanile, come si evidenzia dalla comunicazione di Sorvillo al Vescovo del 19 agosto 1933.
Nel 1938[cclvii] a soli cinque anni di distanza si è avuto il ripristino della Croce sulla Cupola della chiesa, per mezzo dell'intervento sia del Commissario Prefettizio del Comune Salvatore Renga oltre che del responsabile Onorario Ispettore dei Monumenti e degli Scavi, can. Giuseppe Ventriglia.
Lo stesso Ventriglia il 10 settembre 1938 chiese al Vescovo lire 500 come contributo per il detto ripristino, mentreÂÂ l'Ordinario il 14 settembre rispondendo andrà a consegnare ben 3300 lire, cioè 500 lire richieste, 1800 contributo personale del Vescovo e lire 1000 offerte raccolte dal prof. Domenico Letizia.
Sussidi anche per elargizioni varie oltre che per annua somma per il mantenimento della chiesa, nella fattispecie diretti da Destino, autore del progetto del Ossario Garibaldino ai piedi dell’acquedotto carolino disegnato da Luigi VanvitelliÂÂ a Valle di Maddaloni, ed eseguiti da Venezia, sul finire del secolo diciannovesimo si evidenziano anche nei registri della Giunta Comunale[cclviii].
A seguito del secondo conflitto bellico mondiale, la nostra chiesa avrà due opere di restauro una a cura dell'impresa di Vinciguerra Antonio nella seconda metà del 1945, ed un'altra a cura dell'impresa di Calvanese Salvatore nel corso dell'anno 1957[cclix].
Da una testimonianza di Tommaso Rescigno, collaboratore da decenni della chiesa, sappiamo che con i mesi di maggio giugno del 1969, e quindi con l’arrivo di don Benedetto Bernardo, l’impresa Luigi Di Chiara si occuperà di rifare il tetto della chiesa.
Per ciò che riguarda l’ultimo trentennio ci viene in soccorso nella ricostruzione storica nuovamente la cronaca parrocchiale, almeno per una parte, di don Benedetto Bernardo.
Dalla cronaca Parrocchiale di don Bernardo troviamo, leggendo il bilancio delle offerte della festa di Santa Lucia e Sant’Aniello del 1971, una spesa di 100.000 lire per vetri pagata a Gaetano Vecchione[cclx], una di 150.000 lire Domenico Santangelo per i finestroni[cclxi], una di 100.000 alla ditta Alois per arredi, e 180.000 lire da destinarsi a spese di restauro.
Nella stessa cronaca si legge che agliÂÂ del 1972 il soprintendente ai monumenti della Campania casertano M. Zampino comunica alla curia di Caserta ed al rettore della chiesa l’avvio a breve dei lavori di restauro dell’edificio. Lo stesso soprintendente rende noto che il Ministero della Pubblica Istruzione ha deciso di procedere al restauro della fabbrica a spese dello Stato ai sensi del primo comma dell’articolo tre della legge 1552 del 21 dicembre 1961. La detta comunicazione ministeriale porta alla base una nota di don Bernardo dove si evince che i restauri sono iniziati nella data 14 febbraio 1972, anche se seguendo nella lettura della cronaca parrocchiale troveremo l’inizio dei lavori alla data 21 febbraio dello stesso anno[cclxii].
L'anno 1974 segna un momento fondamentale per i restauri della nostra chiesa.
Fino al febbraio di quell'anno furono eseguitiÂÂ pochi accorgimenti alla chiesa.
Infatti, fu sostituito il pavimenti in argilla nella sagrestia destra[cclxiii], mentre quello attuale risale agli anni '80 ed è stato realizzato ad opera di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare".
Altri interventiÂÂ furono indirizzati al rinnovo della chiesaÂÂ nel rispetto del Concilio Vaticano II, o per meglio dire volevano essere in tal rispetto ma non tutti condividono questa tesi[cclxiv].
ÂÂ A tale scopo furono rimossi 7 altarini di tufo e marmi sempliciÂÂ nelle cappelle laterali della chiesa con la motivazione che non avevanoÂÂ alcun valore artistico, oltre che funzione ecclesiale.
L'unico prototipo, almeno degli altari in tufo, è quello, oggi esistente, dell' Hecce Homo[cclxv].
Nel pieno dei restauri l’altare di marmo che era nella prima cappella a destra, quella dedicata alla "Annunciazione" fu posto nella sagrestia sinistra, all'epoca solo deposito, oggi detta di Pompei[cclxvi].ÂÂ
Inoltre fu fatta la zoccolatura perimetrale in marmo di tipo di Lidau di Francia, negli anni '70[cclxvii], infatti, la Soprintendenza permetteva che nelle chiese, a differenza d'oggi la zoccolatura detta[cclxviii].
I lavori di cui sopra furono eseguitiÂÂ per il febbraio 1974, mentre quelli che seguirono erano da eseguirsi, secondo l'allora parroco della chiesa don Benedetto Bernardo, con urgenza[cclxix].
Era da sistemarsi il coro perché in cattivo stato, tenendo presente anche il fatto che parte dello stesso era stato sembrerebbe trafugato e poi ritrovato, anche se testimonianze di vita vissuta suggeriscono che un tentativo di intervento legale si ebbe modo di recuperare almeno parte di quello che poteva rivelarsi uno scandalo ed un danno artistico ai danni della chiesa del SS. Corpo di Cristo[cclxx].
In quell’anno necessitava che si facessero dei lavori di ripristino della volta della chiesa e della sagrestia grande formate da intonaco stucchi e sottostante telaio a canne[cclxxi].
Nel registro di cronaca parrocchiale troviamo una nota dalla quale si evince che nel corso del 1974 i lavori di restauro iniziati il 7 gennaio saranno completati al 4 agosto dello stesso anno tra difficoltà ed incomprensioni[cclxxii].
Altro restauro lo ritroviamo negli anni 1980-'90 allorquando si fece il restauro della facciata principale e della volta interna[cclxxiii].
Vi è da dire che agli inizi del 1998 sono stati effettuati per conto della Sovrintendenza casertana lavori di recupero dellaÂÂ pareteÂÂ con vetrata adiacente del Coro, oltre al restauro degli stucchi tanto interni quanto esterni.
Negli ultimi anni si è provveduto, con una progettazione avviata sotto la sindacatura del senatore Gaestano Pasacrella, attualmente sottosegretario alla Pubblica Istruzione, del Governo Nazionale, assistito dall’assessore ai Lavori Pubblici Michele Vinciguerra, ed attuata dalla sindacatura di sindaco Francesco Lombardi, assistito dall’assessore ai Lavori pubblici Angelo Schiavone[cclxxiv], alla riorganizzazione dell’arredo urbano[cclxxv] che ha visto direttamente coinvolta la stessa Basilica, che ha ricevuto dalla stessa amministrazione comunale un intervento di pulitura in occasione dell’elevazione a Basilica Pontificia Minore, con un atto di Giunta[cclxxvi].
Sempre in occasione dell’elevazione della chiesa a Basilica altri interventi di restauro verranno fatti alla base del campanile ed agli stucchi esterni dell’edificio.
Infatti, unitamente ai lavori dell’arredo urbano di questo stesso periodo si è fatta anche un’opera di recupero e sistemazione degli scalini delle due entrate.
Attualmente il rettore della Basilica, mons. Cesare Scarpa, sta portando avanti un’opera di sensibilizzazione per il recupero del tetto della chiesa in quanto presenta delle perdite[cclxxvii].
A cura di Michele Schioppa #cronistoricomaddalonese
[1] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21. G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni dalla fine del cinquecento a tutto il settecento, in Rivista Storica del Sannio 3° serie, anno VII, Benevento 2000, (in seguito G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa … a tutto il settecento), pag. 75-76.
[2] Qui vi è un prototipo che caratteristica gran parte degli edifici sacri campani che a seguito del terremoto del XVII secolo hanno visto il '700 come periodo propizio per il restauro o il rifacimento. Per confronto vedi: Duomo di Caiazzo, chiesa di S. Maria delle Grazie in Melito - più roccocògiante - di Napoli, chiesa di S. Antonio in Mercato San Severino ed altre.
[3]ÂÂ Corona simile, con motivi vegetali, si troverà in stucco a fine navata all'interno della chiesa.
[4] Questo stemma si rifà all’interpretazione del nome della città. Infatti, la sola immagine laterale del Leone ci porta a pensare “ Matalone = Metà - Leone", mentre la mezza luna “ Matalune = Metà - Lune".
[5] M. Schioppa Lo Stemma., pag. 27.
[6] ASC, notaio Aniello PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atto 7 marzo 1770. Nello stesso atto non figura la commissione dello stemma, perché lo stesso doveva essere a spese dell'Università e non della chiesa - ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1742, atto del 13 agosto.
[7] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[8] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[9] La sede della Congregazione del SS. Corpo di Cristo è sta completamente decorata a stucco per opera di Gaetano Venezia.
[10] Sul davanti dell'ingresso centrale, messa in modo prospettico da sembrare a fronte ad entrambi gli ingressi è una colonna con la statua, dimensioni umane, del Salvatore, con manto rosso e poggiante i piedi su un globo celeste. L'opera in gesso riprende, con braccia allargate, la composizione e simbologia classica del Salvatore.
La stessa è stata posta in loco, in occasione della individuazione della nostra chiesa, per mezzo del decreto diocesano n. 117/99, a firma del Vescovo mons. Raffaele NogaroXE "Nogaro:Raffaele" e del cancelliere don Pietro De Felice, quale sede giubilare della Diocesi di Caserta per ottenere le indulgenze nell'anno giubilare 2000. Le chiese giubilari in Italia sono state 1.040. In Diocesi di Caserta in particolare sono state: Cattedrale di Caserta città, Duomo di Caserta Vecchia, Santuario Santa Maria delle Grazie in Vaccheria di Caserta, Santuario San Michele Arcangelo e Santa Maria del Monte in Maddaloni, e la chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni.
[11] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol anno 1742.
[12] Antonio Canevari, di professione architetto nasce a Roma nel 1681 e muore aÂÂ Napoli nel 1750. E’ considerato uno dei più noti esponenti dell'architettura tardobarocca romana. Tra le sue opere si ricordano: Convento e chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, facciata delle SS. Stimmate, completamento di S. Eustachio, giardino dell'Arcadia, a Roma. L’architetto ebbe modo di lavorare anche in Portogallo oltre che a Napoli.
[13] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa … a tutto il settecento pagg. 75-76. Giovanna Sarnella in relazione all’autore dei disegni degli stucchi parla di Antonio Canevari, mentre gli atti del GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" (ASC notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" 1 marzo 1741 e 29 giugno 1742), in relazione all’argomento citato, lo riportano come Antonio Cannavaro, in effetti si tratta di Canevari. Per uno studio più completo sul Canevari e la sua attività si segnala anche AA.VV LuigiXE "Briganti:Luigi" VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" e la sua cerchia, ed. Electa, Napoli 2000, pag. 91.
[14] Dello stesso SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" così scrive: “La presenza del Canevari a Maddaloni, nella chiesa dei Cappuccini, voluta dalla famiglia Carafa, ci fa supporre la volontà del duca Marzio Carafa di appoggiare l’operato degli Economi della Chiesa dell’Università, nel volere una nuova e magnifica Chiesa, indirizzando l’architetto romano alla progettazione di quanto doveva ancora farsi. Che il Canevari abbia avuto un impegno ancora più ampio di quello che appare dalla documentazione di archivio è possibile visto che era a Napoli impegnato sia per la costruzione del palazzo reale di Capodimonte che della reggia di Portici. Egli potrebbe aver progettato l’intervento settecentesco del SS. Corpo di Cristo forse prima del 1735, anno in cui viene chiesto alla Sagra Congregazione dei Riti di Roma il permesso di alienare alcune proprietà della Chiesa, per portare a termine l’annosa vicenda costruttiva”. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21. Si tenga conto, come si è evinto da uno studio d’indagine su testi di storiografia napoletana del XVIII secolo, che Antonio Canevari, vedi la Reggia di Portici, era attivo presso i Borbone che a loro volta avevano relazioni salde con i Carafa, da qui l’influenza di artisti di fama che iÂÂ Carafa chiamavano per dare lustro alla chiesa di cui godevano il padronato.
[15] SantulloXE "Santullo:Michele" sarà pagato con dieci ducati settimanali e solo ad opera finita gli verrà riconosciuto “ il complimento”.ÂÂ Si consideri che se l'opera non è a perfezione dei disegni e modelli, gli amministratori potranno rivalersi chiamando altri stuccatori, e SantulloXE "Santullo:Michele" sarà costretto a pagare eventuali danni oltre a non potersi rivolgersi a nessun Tribunale. Il primo appalto SantulloXE "Santullo:Michele" lo ha con la commissione in data 1 marzo del 1741, registrata per mano del notaio Giannettasio, la cui copia è conservata presso l’ASCXE "Giannettasio:Andrea".
[16] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende...pag.21.
[17] Mons. Vitaliano Rossetti, in occasione dell’anno mariano 1954, pubblico un opuscolo dal titolo “Itinerari mariani per la diocesi di Caserta”, venduto al costo di lire 200 e stampato nello stabilimenti tipografico casertano di Ernesto Farina. Nel terzo itinerario si fa un excursus della presenza mariana a Maddaloni, ed in particolare della nostra chiesa, alla pagina 21, con le parole che seguono “Passeremo poi al maestoso tempio dedicato al Corpo di Cristo il cui alto campanile di bianco travertino (opera di L. Vanvitelli) con guglia a punta di pigna, sempre allietata da larghi giri di colombi in volo, richiama l’attenzione dei visitatori, ed in questo bellissimo tempio ammireremo dei veri capolavori di arte mariana sia scultorea che pittorica, rimanendo in muta contemplazione davanti alla tela dello Sposalizio della Vergine e alle statue policromate della Madonna del Soccorso (che distribuisce pane ai poverelli) e della Madonna dell’Arco (cosi detta per un arco di argento che ha in mano, simbolo della pace, di cui Ella è celeste regina).ÂÂ ÂÂ ”.
[18] Infatti, da una relazione a firma dell'ingegnere Perrelli datata in Napoli ilÂÂ 7 dicembre del 1769, allegata all'atto del 7 marzo 1770 del notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", che più avanti analizzerò, si evidenzia del come si paghi a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" “ per li tondiÂÂ e Croci indorate ne pilatri”. Le croci di rame in oggetto sono caratteristiche delle scuole campane del tempo ereditate dal imponente Rinascimento campano.
[19] Due tondi sui due pilastri che aprono il transetto a specchio della stessa altare, con le relative torce sono stati trafugatiÂÂ tempo fa. Il rettore mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare" anni a dietro pensò di fare riprodurre le torce, senza i relativi tondi, forse perché costoso, tale progetto non fu mai attuato.
[20] Gli stessi forse sono stati realizzati da FioreXE "Fiore:Domenico", tale deduzione deriva dalla presa d'atto che gli economi della chiesa per ogni categoria avevano un solo referente professionista, es.ÂÂ per le opere in legno GrausoXE "Grauso:Nicola".
[21] Queste in ogni modo sono molto importantiÂÂ in quanto ricordano il lungo Calvario del Cristo in una chiesa che è intitolataÂÂ proprio al sacrificio.
[22] I. Calvino ÂÂ Collezione di Sabbia, Mondadori, 1994, pag. 103.
[23] Con la presente lapide il Vescovo detto concedeva ben 40 giorni di indulgenza a coloro i qualiÂÂ pregavanoÂÂ ivi o visitavano la chiesa la domenica dopo l'ottava del SS. Corpo di Cristo (Corpus Domini), l'epigrafe è datataÂÂ all'anno 1765.
[24] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ÂÂ Il quadro cit., pag. 235.
[25] NelÂÂ testamento di Giovanni Cerreto del 29 maggio del 1793ÂÂ per mano del notaio A. De Roberto - ASC - , vol anno 1793, si evidenzia del come lo stesso lasci quale erede dei suoi averi la chiesa in cambio di una cappella per la sua sepoltura.
[26] V.Quintavalle - D. Romano . Per i Funerali celebrati dal Municipio di Maddaloni addì 18 febbraio 1887 nella Chiesa del SS. Corpo di Cristo in onore dei caduti in Africa, Maddaloni 1887 - BMC-. P. Vuolo Maddaloni nella Storia di terra di Lavoro, Maddaloni 1990 ( In seguito P. Vuolo Maddaloni 1990), pag. 202, 231; Maddaloni nella storia di terra di Lavoro dall'Unità al Fascismo, Maddaloni 1995 ( In seguito P. Vuolo Maddaloni..al Fascismo), pagg. 20, 55. A. Broccoli ÂÂ Catalogo della Biblioteca Topografica del Museo Campano, Capua 1898 - 1902, vol I, pagg. 650.
[27] G. De Liguoro Orazione in Morte dell'Augustissimo Carlo III di Borbone Re Cattolico delle Spagne e delle Indie, Napoli 1879- BMC.
[28] Dimensioni 112 per 86 per 60 cm.
[29] Come si vedrà di seguito i vari richiami a caratteristiche vanvitelliane hanno quale interprete Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" cosa questa che ci porta a pensare all'influenza che il nostro marmoraro ha avuto dagli insegnamenti del regio ingegnere, e specifico sarebbe opportuno uno studio su Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".
[30] A parer mio sia quelle di Maddaloni che quelle diÂÂ Marcianise richiamanoÂÂ realizzazioni richiamanti poi la scuolaÂÂ vanvitelliana. In effetti anche a Melito di Napoli, nella chiesa di S. Maria delle Grazie, vi sono acquasantiere simili - AA.VV. Campania, Napoli 1998 -’99, vol.III, pag. 62 - , a sostegno della tesi che forse tutte quelle citate nel presente paragrafo non sono altro che una caratteristica di una scuola artisticaÂÂ napoletana alla quale appartiene Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".
[31] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol. anno 1792.
[32] Si legge, poi, che il marmo da utilizzarsi e il bardiglio, e poi come si andrà a vedere la conchiglia incastonata nella parte anteponente anche il marmo bianco di Carrara.
[33] Delle cui fattezze doveva essere anche l'altareÂÂ della Congregazione del Corpo di Cristo, almeno secondo alcune testimonianze verbali.
[34] G. de SivoXE "de Sivo:Giacinto" Storia. pag.260.
[35] Circa l’attività di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", anche in relazione alle composizioni in stucco, per coloro vogliono integrare l’argomento si segnala: V. Rizzo Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, Napoli 2001, edizioni AltraSampa, pagg. 205,207,267,269,271.
[36] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol. anno 1770, atto delÂÂ 7 marzo. Gli stessi sono stati valutati al fine di remunerarne l’autore dal Regio Ingegnere Giuseppe Astarita. La presenza della verifica di Astarita degli altari, e si ipotizza, poi, anche degli stucchi, non è casuale. Astarita è considerato uno dei maggiori discepoli del pensiero di Vaccaro. Per uno più attento studio sull’operato di Astarita V. Rizzo Op. cit., pagg. 127-128,132,174,177,212.
[37] Tanto gli altari a pietra che a marmi semplici erano realizzati a seconda del prestigio della famiglia.
[38] Ricordiamo che il loro autore, Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", sarà il materiale realizzatore dell’altare vanvitelliano e comunque si ipotizza un discepolo del regio architetto. Lo stesso sarà interprete anche della linea stilistica di Domenico Antonio Vaccaro. V. Rizzo Op. cit., pagg. 205,207267,269,271.
[39] La dimensione della statua è 60 per 35 cm.
[40] Vedi catalogazione on line: http://www.regionecampania.org/beniCulturali/ beneCulturale.asp?IDBene=3487&IDComune=6037.
[41] Allorquando, agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso fu fatta la schedatura, il redattore ebbe modo di notare come il pessimo stato di conservazione non permette una corretta lettura dell’opera.
[42] ASCCCM, Magistrale del 1760, foglio 541r. Nello stesso foglio si fa cenno ad un calice d'argento con piede d'orato che viene imprestato.
[43] Dal 1976 a tutto il 1997 vi era sull’altare in muratura un quadro di alcun valore artistico, per il suo essere fatta di metalli umili e molto semplice nello stile, con fotografia del medio santo, mentre dai primi del 1998 una tela del Santo su tempera, firmata da M. L. Lima, in una cornice aurea decorata con motivi vegetali.
[44] La scelta di dedicare una cappella al Beato, poi Santo, Giuseppe Moscati, non è casuale, infatti don Benedetto Bernardo ha fatto suo il metodo di vita del medico. Don Benedetto Bernardo, nato a Caserta il 6 dicembre 1921, impegnato da giovane nell’Azione Cattolica, e poi nei movimenti cattolici universitari, si laureò in Medicina il 31 marzo del 1949 e nell’esplicare la sua missione di medico chirurgo fu il braccio forte dell’azione cattolica diocesana. Da qui la sequela allo stile di San Giuseppe Moscati, e la sua ordinazione sacerdotale del 23 agosto del 1958.
[45] In tale occasione la santa messa fu celebrata dall’assistente ecclesiastico dell’Associazione Medici Cattolici Italiani di Caserta (AMCI), tenente cappellano Padre Benedetto Curaro.
Per l’occasione, alla presenza di tutta la comunità dei fedeli, fu presente mons. Vito Roberti, Arcivescovo e Vescovo di Caserta. Nella stessa occasione, nella cappella appena dedicata, alla presenza dei sopraccitati, il prof. Salvatore Ricciardi, presidente AMCI di Caserta, tenne un discorso molto apprezzato e veramente sentito e documentato sulla figura dell’allora neo Beato Giuseppe Moscati. Testimonianze di vita vissuta, fotografiche e cronache del tempo, ricordano che la celebrazione eucaristica si ebbe a celebrare sull’altare vanvitelliana, mentre il quadro da benedire era posto nel presbiterio su di una base, nei pressi dello scalino posto alla base dell’organo settecentesco del lato sinistro. A fine celebrazione eucaristica e benedizione, processionalmente il quadro fu trasportato nella neo cappella dedicata.
[46] Cioè cappelle che in virtù di un accordo con determinate famiglie di quelle stesse mantengono il titolo che gli dà il diritto, nella maggior parte delle volte, anche alla sepoltura del titolare. Inoltre, a quest’ultimo o ai suoi eredi tocca l'organizzazione celebrazione eucaristiche nonché gli addobbi.
[47] Giovanni Balducci, di professione pittore nasce a Firenze nel 1560, e muore a Napoli dopo il 1631, era legato per le attività nel napoletano in particolare alla famiglia Carafa. Opere dello stesso sono presso il Duomo di Napoli. Il fiorentino è conosciuto anche come il Cosci. Nelle sue opere tardomanieriste si avverte l'influsso della severità controriformistica, mentre tra le sue opere vanno ricordate: Ultima cena (Firenze, S. Maria del Fiore); affreschi per S. Prassede e altre chiese (Roma); Martirio di S. Pietro di Verona (1600, Napoli, S. Maria della Sanità). In Maddaloni in particolare il cassettone della volta della chiesa dell’Annunziata.
[48] La Madonna è seduta sulle nuvole attorniata da una schiera di angeli e regge il bambinoÂÂ sulle gambeÂÂ vestendo di viola con un manto blu. Sul fondo del quadro si possono osservare le Anime Purganti cheÂÂ accompagnate anche da angeliÂÂ vestiti di rosso anelano allaÂÂ Madonna ed al Bambino.
[49] Informo il lettore che Balducci trovandosi a Napoli perÂÂ dei lavoriÂÂ venne chiamato a Maddaloni per abbellire la volta a cassettoni della chiesa dell'Annunziata, in questo modo si spiega anche il perché di unaÂÂ opera nella nostra chiesa.
[50]ÂÂ P. Giusti - P. Leone de CastrisÂÂ Pittura del Cinquecento a Napoli, - Le Presenze artistiche nel Viceregno: la fase delle Logge, Machuca e Polidoro -ÂÂ Electa, Napoli 1988, pagg. 36 - 54.
[51] C.C. Palma Giovanni Balducci a Maddaloni-Studi preliminari in “Maddaloni Archeologia, arte e storia”, Maddaloni 1989, pagg. 127-140. Il nostro dipinto non in modo vago riprende un altro elaborato, del quale solo la bozza è stata realizzata, di Polidoro da Caravaggio, dal titolo “Studio per la Madonna delle Grazie per la Pescheria”, conservato presso l'Albertina di Vienna, che a sua volta è iconograficamente simile alla “Madonna del Suffragio” di Machuca (P. Giusti - P. Leone de Castris ÂÂ Op.cit., pagg 36 – 54).
[52] L’opera in questione, inoltre,ÂÂ trova nella realizzazione un complesso simile nella sua totalità con la tela La Madonna con le anime purganti di Paolo De Majo, conservata presso la chiesa di Sant’Andrea in Capodrise “Capodrise: guida storico artistica”, a cura di G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna", Capodrise 1997, pagg. 59-60.
[53] Per la curiosità di chi legge c'è da dire che da questa cappellaÂÂ l'ultima domenica del febbraio 1995 è stata esportata la statua di Sant’Antonio, che è stata situata, in primo momento, nella prima cappella a destra, e poi con la statua di S. Rita, nella seconda dello stesso lato, ed al suo posto è stata messa una statua della Madonna di Lourdes e la cappella è stataÂÂ detta del “Santuario” o “Santuario di Maria Immacolata di Lourdes”, ciò per ricordare la Missione dei padri O.M.I. di Maddaloni avutasi in questo periodo, nei mesi di mesi di marzo e di aprile 1995. La cappella da qualche anno presenta ai lati dell’effige della Vergine di Lourdes due figure angeliche di gesso un tempo presenti sull’altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" nel transetto sinistro (Delle stesse si è riscontrata la presenza anche in altre fabbriche religiose dello stesso periodo, da qui l’ipotesi di produzione in serie). La cappella, come la terza sullo stesso lato, è stata arricchita di un impianto elettrico.
[54] Una stampa del secolo scorso riproduce una statua con lo stesso titolo che si venerava nella chiesa, andata persa, probabilmente trafugata, in un passato probabilmente non recente.
[57] La congregazione è libera di commissionare uno steccato di legno di noce da porre fuori la cappella e lo sgabello per il celebrante.
[58] ASC, notaio Persio de Roberto, Fondo di Maddaloni, n. corda 1313 - 1331 ( In seguito notaio P. de Roberto) , anno 1616, pag. 126-127.
[59] Per la stessa occasione la Congregazione si era preoccupata di addobbare la cappella mettendo la statua della stessa Vergine con degli addobbi. Da una analisi della documentazione se ne deduce che trattasi della statua precedentemente citata di omonimo titiolo.
[60] ADC, serie VII, busta 26, fascicolo 145\3.
[61] ADC, serie VII, busta 26, fascicolo 145\3.
[62] In quella occasione furono riprodotte anche le cone della Cappella Iorio e Mazzone, che avevano subito la stessa sorte, furono riprodotte e benedette.
[63] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 25.
[64] La figura posta a sinistraÂÂ ha una veste gialla e regge anche un calice dove raccoglie il sangue di Gesù che sgorga dalla mano, l'altra con veste azzurra nella sua opera è aiutata anche dall'alto da un altro angioletto che è sul lato destro. Sulla sinistra è presente un angioletto in azione di pregare il Salvatore.
[65] IÂÂ personaggi incappucciati che sono parte integrale della processione devono intendersi come i confratelli della Congrega del SS. Corpo di Cristo, forse nelle idee di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" quel cadavere doveva essere quello di TennerielloXE "Tennerello:Ranaldo".
[66] La devozione della Madonna di Pompei nella chiesa è molto viva. Si ricordano due venute, nel febbraio (dal 4 all' 11) del 1996 e nel febbraio (dal 15 al 22) del 1998 - , del quadro originale della Madonna, in occasione del XII° Sinodo della Diocesi di Caserta, tra le acclamazione dei fedeli. In particolare la seconda venuta ha rivestito una certa importanza visto che è stata incentrata sull'ordinazione di due Vocati della chiesa, il Domenicano Fra Marco Bruno, poi rientrato nel clero secolare della Diocesi di Caserta con il nome don Vicernzo Bruno, ed il sacerdote diocesano don Edoardo Santo. Solo un triennio prima un'altra, don Nicola Lombardi, il primo ordinato della chiesa dopo oltre 20 anni. Le tre vocazioni sono il frutto di un impegno pastorale di mons. Cesare Scarpa. Dietro il quadro ricordando la Settimana di Missione Maria dal 4 all’11 febbraio 1996 vi sono riportate cinque firme, di protagonisti della Missione, che ricordano l’evento. Tra le altre vanno segnalate quella di Padre Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Prelato di Pompei, e quella di don Adolfo l’Arco, Salesiano.
[67] Il Santo si presenta le braccia allargate con una bandiera crociata nella mano sinistra. La veste del Santo è bianca con sopravveste grigia scura.
[68] Statue Lignee in Maddaloni, Maddaloni 1989, pag. 48, schedatura a cura M.R.Rienzo ( In seguito Statue... schede Rienzo).
[69] La statua si presenta con un piattino con degli occhi nella mano destraÂÂ e con la sinistra che regge una palma simbolo del suo martirio. Oltre la veste azzurra cosparsa di fiori presenta una tunica di colore verde cosparsa di fiori doratiÂÂ e il mantello rosso mentre ha protesa la gamba sinistra sul davanti. Le scarpe con fondo bianco riprendono gli stessi motivi floreali. “Fanno da cornice al perfetto ovale del viso lunghiÂÂ capelli annodati alla nucaÂÂ secondo la moda del tempo”.
[70] Il volto infantile del Santo richiama alla memoria la sua vita sacrificata e donata al Signore. La statua haÂÂ il braccio destro con crocifisso alzato e rivolto verso il viso del santo. La mano sinistra protesa sul davanti sembra accogliere le preghiere dei fedeli che si rivolgono a lui.
[71] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1726 atto del 29 agosto; vol. anno 1727 atto del 5 luglio ; vol. anno 1728 atto del 10 ottobre; vol. anno 1731 atto del 18 dicembre; vol. anno 1732 atto del 17 ottobre.
[72] ASC, notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol anno 1782.
[73] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol anno 1798.
[74] ASC, Opere Pie, fascio 321,fascicolo 1 eÂÂ 4.
[75] F. Angelino L'azione Pastorale del Vescovo De' Rossi attraverso le Visite Pastorali e il Sinodo del 1844 in “Caserta e la sua Diocesi”, Napoli 1995, vol. II, pag. 73.
[76] Francesco Mastriani “La Messa Votiva” ( Vol. II pagg. 65 - 70) in F. Bourcard “Usi e Costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti”, Napoli 1857 (vol. I) 1866 (vol.II).
[77] Il Santo coronato di aureolaÂÂ vesteÂÂ di verde con il mantello marrone chiaro. Nella mano sinistra regge il bambino vestito di bianco con aureola e nella mano destra ha il bastone-giglio.
[78] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 26.
[79] La Madonna è seduta su di un trono ricoperto da una stoffa marrone e presenta veste rossa con manto blu. Il tutto è su di una pedana con due scalini. La Madonna ha in grembo il bambino che tende le braccia sulla destra dove è Santa Caterina. Questa vestita di arancione con manto marrone ha nella manoÂÂ sinistra la palma del martirio e la destra è tesa al Bambino. Alla gamba sinistraÂÂ che è tesa sul davanti ha appoggiato un mezza ruota altro simbolo del martirio della nostra santa.
[80] Tutto ciò si evince da un atto del notaio Persico de Roberto del 30 gennaio del 1622.
[81] Ci si riferisce alla cappella dello stesso titolo della chiesa cinquecentesca.
[82] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1722 atto del 9 aprile; vol. anno 1726 atto del 29 agosto.
[83] Dimensioni 800 per 450 cm.
[84] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[85] F. D’Amato Gli Organi a Canne nella Diocesi di Caserta in Chiesa in Cammino Bollettino Ufficiale degli Atti del Vescovo e della Curia di Caserta, Anno II, Numero 10 Novembre Dicembre 2005,Caserta 2005, pagg. 128-131.Il contributo storico costituisce la tesi di conseguimento del “Corso di Perfezionamento Liturgico Musicale”, organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio Liturgico Nazionale, relatore prof. don Antonio Parisi. Nel contributo oltre alla definizione delle caratteristiche dell’organo, alla luce del tipo di modello, se ne deduce anche la funzione dell’organista che tra il ‘700 e l’’800 aveva lo scopo di intrattenere i fedeli con le sue melodie, non potendosi questi permettersi teatro o che di simile. Si unisce la funzione educativo religiosa a quella ludico folkloristica.
[86] ASC, notaio A. De Roberto, anno 1794, atto del 28 gennaio 1794. G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" I cori lignei di Maddaloni in Maddaloni Archeologia, arte e storia ( In seguito I cori), Maddaloni 1989. pag.196. Dal Catasto Onciario del 1754 (BCASCM, foglio 614) Grauso risulta abitare in quello stesso anno, e forse anche in futuro in una casa di cinque membra nel luogo detto SanÂÂ Filippo dalla parte del notaio Nicola Iorio.
[87]ÂÂ Casiello-Di Stefano "Santa Maria Capua Vetere - Architettura e Ambiente Urbano", Napoli 1980, pag. 79. Un’opera simile nella quasi complesso si trova nella chiesa di Santa Maria del Carmine in Napoli, in particolare, anche se la fattezza richiama un costume diffuso nello stesso periodo e riscontrabile sopratutto nell’edilizia religiosa partenopea. Un organo con balcone simile al nostro, inoltre, è possibile ammirarlo nella Basilica della Assunta in Santa Maria aVico, che la tradizione ricorda essere stato realizzato nella seconda metà del settecento da un rinomato Maestro Falegname.
[88] Dietro l'altare vanvitelliano v'è una composizione che riguarda l'ultima settimana del “Salvatore”, sulla destra v'è lo “ Sposalizio della Vergine” mentre sulla Sinistra “ La Madonna dell'Arco “.ÂÂ I particolari si vedranno nel corso dell'analisi.
[89] Raffigura il Cristo con la manoÂÂ destra sul cuore che sgorga dallo stomaco mentre la sinistra è protesa sul davanti (entrambe le mani presentano le piaghe). La veste è bianca mentre il manto è rosso. Il volto con capelli e barba lunga rappresentano il Cristo sofferente che è risposto a salvarci dopo tutto il nostro peccato. Il capo è coronato da un aureola che si illumina tramite energia elettrica. La statua è su di una base verde , con un finto terreno grigio. La statua è stataÂÂ recentemente interessata da un restauro a cura di Gustavo Viscusi.
[90] Circa la genesi della opera lignea abbiamo due catalogazione della soprintendenza per i beni artistici casertano, anni ’70 ed ’80 del secolo scorso, e la scheda della dott.ssa Rienzo (Statue... schede Rienzo), gli autori della scheda della soprintendenza riportano data di realizzazione 1786 ed autore Giuseppe Massia, mentre le scheda della dott.ssa Rienzo riferisce che ne è autore un ignoto scultore napoletano ed è stata realizzata all’inizio del secolo XIX. Alla Madonna della Speranza è dedicata anche una messa ed un triduo come s legge dai libri di messe e canti conservati nell’archivio storico della stessa Basilica.
[91]ÂÂ Statue... schede Rienzo, pag. 68. La Madonna nella vita presenta una cinta dorata.
[92] La statuina aveva nella mano destra un cuore e la sinistraÂÂ era aperta nell'accoglienza di coloro che si rivolgevano in preghiera.ÂÂ Quello attuale ha difficoltà nel sedere nelle braccia della Madonna, mentre quello originale, dall'incisione, mostra piena padronanza del suo trono umano.
[93] Tutte e dueÂÂ le scarabbottole sostenenti le statue sia quella del Sacro Cuore di Gesù che quella della Madonna sono di legno semplice e di nessuno interesse artistico, commissionate dalla chiesa a fedeli devoti, falegnami del posto.
[94] L’opera di restauro h consentire di riportare in luce anche la scritta che ci consente di risalire all’autore della statua: “Giuseppe Maffia / Strada del Duomo, 132 / fece 1886”, ed in occasione del restauro leggiamo anche un'altra scritta, posta alla base posteriore della statua: “Restaurata da Gustavo Viscusi / per incarico del parroco / mons. Cesare Scarpa / maggio agosto 2006”.
[95] ASCCCM Platea MagnaÂÂ del 1719, foglio 274.
[96] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", pacco 2106-07, attoÂÂ del 08 settembre 1782.
[97] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ÂÂ Gli Altari Marmorei di Maddaloni inÂÂ Maddaloni - Il Centro Storico - Analisi e Metodologie, Maddaloni 1981 ( In seguito Gli Altari), pagg.109-131. Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" per le volute sostituenti i putti si rifà a VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi".
[98] I crocifissi di queste sono stati trafugati anni fa.
[99] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atto del 8 settembre 1782.
[100] Nella stessa relazione si evince che sono stati realizzati da Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio"ÂÂ i due altari nei cappelloni ai lati del presbiterio, come altro nella stessa chiesa.
[101] Si riporta del consenso di Giuseppe Mazzacara, conte di Cerreto è vicario del nostro duca di Maddaloni.
[102] In particolare mentre gli altari maddalonesi possiedono un paliotto con croce quelli nella chiesa di Santo Spirito in Napoli, simili ai nostri e dello stesso autore, presentano un sarcofago al posto del simbolo cristiano. Si nota il richiamo all’altare vanvitelliano della cappella palatina di Caserta.
[103] Segue la descrizione dei capoaltari, giungendo anche alle misure. Infatti, i due altari debbono essere lunghi palmi diciannove.
[104] Il testo volge al termine riferendo del pagamento di settecento ducati per i due altari e le modalità di pagamento degli stessi ducati.
[105] Al di sotto di questo fino agli anni settanta v'era un altare di marmo con una grande croce al centro ed una balaustra di ferro, queste le uniche notizie per il momento a nostra disposizione.
[106] Il Cristo sofferenteÂÂ mostraÂÂ piagheÂÂ profonde e il capo reclinato verso destra. La vita è cinta con un perizoma giallo, al di sopra del capo si legge “INRI” e sono molto evidenti i chiodi appuntiti. Dimensioni 210 per 180cm.
[107] E' presente un impianto di illuminazione elettrica. Al posto del grande crocifisso ve ne è stato situato fino al dicembre 1997 uno più piccolo utilizzato per la via crucis dei venerdì di quaresima. Sullo spostamento del crocifisso credo che la disposizioneÂÂ sia stata arbitraria. In quanto ferree norme liturgiche impongono che il crocifissoÂÂ abbia sempre lo sguardoÂÂ rivolto alla mensa del sacrificio: come in effetti era. Ora, però, la sua anomala posizione sembra contrastare la anzidetta regola liturgica, infatti, il crocifisso mentre ai fedeli volge lo sguardo alla mensa, messo di lato , volge quasi le spalle, tanto che per poco il volto, opportunamente inclinato della statua, pone lo sguardo alla mensa. Originariamente, all’interno della balaustra, alla stessa altezza dell’attuale crocifisso ve ne era un altro in legno ed argento (250 per 122 cm) , opera attribuita a Biagio Giordano. La croce in questo caso è lignea con motivi decorativi in argento, cherubini tra le volute alle estremità dei bracci, in alto il monogramma di Cristo, in basso un teschio con ossa, al centro quattro raggi, quanti sono gli angoli derivati dall’incontro delle aste della croce. Sul retro di quest’ultimi si legge G.B.C.. Lo stesso è ora collocato nella sagrestia grande. In occasione della quaresima a termine delle celebrazioni eucaristiche è consuetudine che il sacerdote celebrante, o il rettore della Basilica faccia baciare la reliquia in possesso della chiesa ai fedeli. Di solito ciò avviene anche dopo la via crucis. La reliquia, che come si apprende dalla visita pastorale degli anni cinquanta del secolo scorso era nella chiesa di Sant’Aniello, è una piccola “scheggia” della Croce di Gesù Cristo, che è gelosamente conservata dal rettore della Basilica nel corso di tutto l’anno.
[108] ASC notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atti del 28 gennaio 1760 , 4 giugno 1765, 4 novembre 1791 e quello del notaio A. De Roberto, atto del 28 agosto 1795.
[109] Dimensioni 210 per 152 cm.
[110] Il santo è attorniato da un esercito di angeli uno dei quali alla sua sinistra è coperto in parte da una manto blu, mentre altri angioletti più piccoli ai sui piediÂÂ sorreggono un mazzo di fiori di giglio. Sul fondo il santo si vede sdraiato a terra scalzo con una mano sul petto l'altra sul il corpo. Due sono le figure maschili presenti ai suoi lati la prima con copricapo bianco e barbaÂÂ ha uno orecchino e il manto blu sulla spalla destra. L'altra si presenta con una veste bianca ed un manto rosso, entrambe le figure guardano il santo semi-morto.
[111] CC. Palma , Op. cit. , pag. 165.
[112] Da una catalogazione a cura della soprintendenza casertana per i Beni A.A.A.S., pubblicata a cura del Centro Turismo Culturale per la Regione Campania, pubblicata all’indirizzo internetÂÂ www.regionecampania.net (oggi www.regionecampania.org) l’opera risulta datata al 1754. La detta catalogazione, la cui redazione è sicuramente antecedente la metà degli anni ’80 dello scorso secolo, offre spunti di riflessione e ricerca per molti beni mobili ed artistici attualmente non più in chiesa. Tra le altre cose si citano le statue di San Pietro e San Paolo, di proprietà del duomo di Caserta città, ed un tempo (sicuramente nei primi decenni e poi negli anni ’70-80 del secolo scorso) presenti nella nostra chiesa lateralmente al portale principale (http://www.regionecampania.org/beniCulturali/ beneCulturale.asp?IDBene=3486&IDComune=6037). Attualmente le dette statue(altre tre metri), la cui imponente dimensione non le lascia passare inosservate, sono nella chiesa madre casertana.
[113] D. Campanile “Domenico Mondo Un solimenesco in Terra di Lavoro”, Napoli 1997, pagg. 9-12.ÂÂ Per il riferimento al Mondo va sottolineato quanto scrive Landolfi, M. Landolfi Op. cit. Pag. 129, “a contatto con l’ormai vecchio Solimena, Mondo, come del resto buona parte dei suoi contemporanei che operavano nella cerchia del grande maestro, ebbe la possibilità di seguire i suoi sviluppi artistici che culminarono nel recupero della grande tradizione pittorica napoletana e con la riscoperta di Mattia Preti e in particolare di Luca Giordano. Per cui, fin dalle prime tele, Mondo mostra una chiara adesione allo stile dell’anziano maestro. Ne sono una dimostrazione i dipinti realizzati per la Chiesa di Sant’Andrea di Capodrise dove, come sostiene Daniela Campanile, intenso è il chiaroscuro, che conferisce alle composizioni, affollate e tutte giocate sui primi piani, una grande drammaticità”.
[114] Di simili fattezze lo sono quella della chiesa di San Francesco d'Assisi e di S. Maria de Commendatis sempre in Maddaloni. Il culto dell’Addolorata a Maddaloni è legato nel presente più che nel passato remoto alla processione che si tiene in Maddaloni il Venerdì Santo pomeriggio, vedasi M. Schioppa Maddaloni: La Processione del Cristo Morto.
[115] La stessa ha la mano destraÂÂ conÂÂ fazzoletto protesa sul davanti la sinistra sul petto dove v'è un cuore di metallo per la classica “grazia ricevuta”. Ha un pugnale che trafigge il petto ed il vestito nero presentaÂÂ dei gigli ricamati in oro.
[116] Dimensione 650 per 470 cm, la stessa del quadro dello Sposalizio della Vergine, posto nel transetto destro.
[117] " Tra i pittori regnicoli della seconda metà del XVI secolo Giovan Bernardo Lama fu a Napoli quello che ebbe maggior fama, e le numerose citazioni e gli elogi che i letterati meridionali gli dedicarono finchè fu in vita rendonoÂÂ il suo caso abbastanza straordinario in un ambiente sempre piuttosto avaro di notizie sulle arti figurative. Poeti, filosofi, dilettanti di pittura lo ricordano come figura di primo piano: pittore, intagliatoreÂÂ in rame, miniatore, scultore in creta e in stucco, ma soprattutto grande ritrattista «come nè fanno fede la maggior parte de' signori e signore di questa città che di sua mano e non di altri han voluto ritrarsi», ri vale di Marco Pino in nome di un «colorir delicato» opposto alÂÂ «chiaro scuro con certa forza ancor cheÂÂ alle volte ruvida come di messer Marco»" A. ZEZZA Giovan Bernardo Lama: Ipotesi per un percorso in Bollettino D'Arte a cura del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, n. 70, Roma 1991, pagg.1. In effetti Lama, non solo in Campania, ma in buona parte del centro sud Italia aveva creato un pò dovunque botteghe che seguivano i suoi insegnamenti. Una di queste, se vera risultasse la tesi secondo la quale LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" è suo genero, molto probabilmente era a Maddaloni, alla luce anche della consegna delle Chiavi a San Pietro, di sua mano,ÂÂ nella chiesa omonima a Maddaloni.
[118] G. AndrisaniÂÂ Il Seicento Napoletano, Gaeta 1986.
[120]ÂÂ Inoltre , “queste dovevano essere in numero di otto, cioè tante quante oggi sono le tavole cinuqecentesche,presenti nella chiesa e tra queste ricordiamo la Madonna con le anime purganti del Balducci, la Madonna Visita Poveri di ignoto seguace di Santafede,e la deposizione di ignoto campano, con l'aggiunta di quella della scuola di Marco Pino, raffigurante l'Ultima Cena ,al di sopra dell'altare maggiore. Che queste opere siano sempre appartenute alla chiesa del Corpo di Cristo ne fanno fede le notizie tratteÂÂ dagli inventari delle suppellettili della chiesaÂÂ che venivano redatti nel passaggioÂÂ delle consegne tra un sacrestano maggiore uscente ed il successivo”. G.SarnellaXE "Sarnella:Giovanna"ÂÂ Il quadro cit.,pag. 236.
[121] P.Giusti - P. Leone de CastrisÂÂ ÂÂ Pittura del Cinquecento a Napoli - Agostino Tesauro - Electa 1988, pagg 187 - 208.
[122] A. Zezza Op. cit., pag. 17.
[123] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" Il quadro cit. , pag. 237.
[124] M. Schioppa San Michele Arcangelo, patrono di Maddaloni, Maddaloni 2001, pagg. 33-34,45 (in seguito M. Schioppa San Michele Arcangelo). Dal 2000 a tutt’oggi presiede il comitato il sig. Giuseppe Riccio, e chi scrive ricopre il ruolo di segretario, per mandato di mons. Cesare Scarpa.
[125] Riporto qui di seguito due messaggi stampati quale introduzione dei festeggiamenti autunnali degli anni 1936 - 1937- -. “ Festeggiamenti in onore di S. Michele Arcangelo - nei giorni 3, 4 e 5 Ottobre 1936 - XIV - Concittadini,ÂÂ La data più bella, più dolce, più cara al nostro cuore, si avvicina. Questa data, che noi mai dimentichiamo, perchè sempre viva nell'anima nostra, è pur sempre da noi aspettata, desiderata voluta; essa ci consente la gioia di poter offrire ogni anno un tenue contributo di gratitudine e di affetto all'Arcangelo S. Michele, nostro ardente amore, nostra eterna passione, e c'incoraggia, tenendoLo più vicino, ed a chiuderGli, colle preghiere, e con la piena dedizione, tutte quelle grazie che mai ci ha negate. CONCITTADINI;In questo primo anno dell'Italia Imperiale, divenuta tale per il valore delle armi e non per intrighi di Gabinetti, salutiamo S. Michele, Principe della Vittoria, e preghiamoLo perchè voglia sempre benedire e difendere le nostre armi. La festa di quest'anno dovrà essere una grandiosa e solenne manifestazione di Fede in Dio e di Amore per la Patria”. Nello stesso anno ebbe ad ufficiare le prediche “ il chiarissimo e dotto Oratore Padre Paolino dell'Assunta, Provinciale dei Carmelitani Scalzi”.Segue il testo estratto dalla locandina dell'anno 1937, anno in cui ebbe ad ufficiare le prediche “ il chiarissimo e dotto Oratore Arciprete Francesco Dott. Simeone, Parroco di Mignano”:
“ Festeggiamenti in onore di S. Michele Arcangelo - nei giorni 2, 3 e 4 ottobre 1937 - XV - Concittadini,ÂÂ Il Mondo è senza pace ed i popoli buoni desiderano, anelano, vogliono la pace. La parola dolce, soave, ispirata del Santo Padre e gli sforzi titanici e continui di Uomini chiaroveggenti, divinatori, consci della grande e grave responsabilità storica, da tempo, sono resi sterili dalla malvagia brutalità dei senza Dio, distruttori di Chiese, profanatori di Monasteri, sovvertitori di ogni ordine sociale, i quali, capitanati da Satana, credono di poter sostituire il disordine all'Ordine, l'oscurantismo alla Luce, Satana a Dio. La vittoria senza dubbio sarà degli uomini di buona volontà, porta inferi non praevalebunt, ma è necessario, per ottenerla, presto, di unire alle armi vittoriose la Preghiera. A chi ordinò il Signore di scacciare i ribelli dal Paradiso ? Al nostro caro Protettore, all'Arcangelo S. Michele.ÂÂ Concittadini, noi che ci prepariamo a festeggiarLo, come ogni anno, con dovuta e grandiosa solennità, preghiamoLo con tutto il cuore, con tutta l'anima, affinchè ottenga presto dal Signore, Dio delle Vittorie, l'ordine di scacciare dal mondo, come fece dal Paradiso, Satana ed i suoi amici. Tu, oh Arcangelo S. Michele, nostro eterno amore, nostra divina passione ascolti le nostre preghiere. Sancte Michael Archangele, defende nos in praelio: contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium”. Nell'anno 1999, il primo cittadino, dott. Gaetano PascarellaXE "Pascarella:Aniello", espressione dei Democratici di Sinistra ha delegato per detti festeggiamento la locale Pro Loco, presieduta dal plurisindaco dott. Salvatore Cardillo, per un periodo di tre anni, rinnovabili. La stessa Pro Loco a seguito del mandato è tenuta alla costituzione nel suo seno di un comitato a tal proposito finalizzato. Nell'anno 2000, per problemi legati allo status dimissionario del Consiglio di Amministrazione della Pro Loco di Maddaloni, situazione stante dal gennaio dello stesso anno, la stessa Pro Loco ha rinviato l'organizzazione dei festeggiamenti all'amministrazione comunale con una missiva trasmessa ad inizio dell'estate. Vedasi per integrazione M. Schioppa San Michele Arcangelo. Da oltre un decennio le artistiche luminarie relative agli stessi festeggiamenti sono curate dalla Ditta Luminart di Giuseppe Iacelli & C.ÂÂ di Casagiove.
[126] Tentativi del genere, se ne sono registrati anche in un passato non tanto recente. In effetti, forse, una non del tutto comune volontà non ha permesso neanche questa volta la nascita, ad horas, di un comitato stabile. In compenso le persone, i volontari, che collaborano per i festeggiamenti autunnali sono sempre gli stessi e non si demoralizzano davanti alle difficoltà certamente non piccole nell’organizzazione di una festa patronale corredata da tante difficoltà organizzative.
[127] Al di là del ricchissimo programma, nel corso della processione domenicale con l’effige gli accollatori, guidati da Michele Maligno, ha posto una corona di alloro, all’altezza di piazza della Vittoria, sul monumento dei Caduti.
[128] F. PiscitelliXE "Piscitelli:Francesco"ÂÂ Op. cit., pag.143. Quando non vi era ancora la chiesa del SS. Corpo di CristoÂÂ tali festeggiamenti si svolgevano sul monte, o se si voleva renderli più degni nella chiesa di S. Benedetto Abate in Maddaloni, nel cui territorio parrocchiale è l'eremo del monte.
[129] Presso l'Archivio Diocesano di Caserta (ADC, serie 3, busta 26, fascicolo 189\1) vi si riferisce di un episodio che vede l'amministrazione comunale, subentrata alla Congrega di Carità quale detentrice dell'eremo sul monte, chiedere all'Ordinario Diocesano il 26 ottobre del 1928 il permesso di portare in processione l'effige dell'Arcangelo dal monte alla chiesa del SS. Corpo di Cristo, in quanto l' eremo ha urgenza causati da un fulmine che non ha danneggiato la statua. Per la stessa processione il Podestà invita il Vescovo a partecipare. Il giorno seguente si ha l'autorizzazione da parte dell'ordinario, e qualche mese dopo, il 3 aprile del 1929 , per l'esattezza, il Vicario Generale mons. Donato FreseXE "Frese:Donato", comunica al Canonico Giuseppe Santonastaso, parroco di S. Benedetto di organizzare i festeggiamenti per la ricorrenza dell'apparizione dell'Arcangelo in Città, nella chiesa del SS. Corpo di Cristo, in quanto i lavori all'eremo non sono ancora ultimati. Con questo particolare finisce la trattazione di questo episodio.
[130] Nello studio M. Schioppa Maddaloni: La Processione del Cristo Morto ÂÂ riporto erroneamente Salvatore Silvestri anziché Salvatore Silvestro. Il Maestro Salvatore Silvestro, figlio d’arte, negli ultimi anni sta effettuando il passaggio di consegna al figlio, Vincenzo, trombettista, diventato direttore della Banda della città di Maddalopni. Il Maestro Vincenzo Silvestro il 26 agosto 2006 si è unito in matrimonio, nella Basilica del Corpus Domini in presenza di don Vincenzo Bruno, a Teresa Santonastaso, sorella dei musicisti maddalonesi Giovanni e Maria Santonastaso.
[131] La Banda Musicale del Villaggio dei Ragazzi don Salvatore d’Angelo di Maddaloni, è considerata un fiore all’occhiello della Comunità cittadina, che ha consentito alla Città di Maddaloni di non essere da meno rispetto alle altre realtà casertane e campane per la mancanza di una Banda municipale. La sua nascita, avvenuta agli inizi degli anni cinquanta dello scorso secolo per volontà di don Salvatore d’Angelo, per sopperire alla Banda Cittadina locale molto nota e dimessa per via del secondo conflitto bellico mondiale in particolare, è da inquadrarsi nei principi chiave della Fondazione voluta dal sacerdote maddalonese.
Come si ricorderà la Banda del Villaggio, nata nel dicembre del 1955 per opera di don Salvatore d’Angelo, la cui nascita segue la istituzione nella Fondazione della Scuola di Musica, anno 1951, è da sempre stata considerata una linfa vitale per la crescita culturale dei ragazzi accolti dalla Fondazione maddalonese. Alla direzione della stessa si sono succeduti, come ricordano testimonianze viventi, i maestri: Francesco Marchesiello, Antonio Pastorino, Giuseppe Renga, Stefano d’Angelo –per un periodo Domenico Cappa e Giuseppe Benincasa- , Salvatore Silvestro ed infine Domenico Fiorinelli, dall’anno 2003. In particolare per ciò che riguarda Stefano d’Angelo, Maresciallo Maggiore della Marina Militare Italiana, nonché vice direttore della Banda della Marina Militare Italiana, ha retto la direzione della Banda dagli inizi degli anni ’70 a tutto il 1985 allorquando dopo un non breve calvario per malattia inguaribile è passato a nuova vita. Nel corso della gestione di quest’ultimo suoi vice erano i maestri Salvatore Silvestro e Pasquale Lasco, a cui si aggiunge poi Domenico Fiorinelli. Quest’ultimi due allievi del maestro d’Angelo. Va segnalato come per volontà di don Salvatore con il 1982 nasce la figura del coordinatore della banda, incarico affidato al figlio del maestro Stefano, Antonio d’Angelo che ha retto il ruolo fino al 1991. Da allora tale figura è stata ripristinata solo con l’anno 2000 ed affidata ad Aldo del Prete, per iniziativa dei Legionari di Cristo, che hanno voluto continuare l’opera della crescita della Banda del Villaggio. Un aspetto da evidenziare è la passione con la quale anche più di sessanta allievi in contemporanea nel corso degli anni hanno consentito l’esistenza della Banda con vera ed indescrivibile passione, passione poi esercitata anche all’internodi conservatori dove si sono portati per approfondire l’arte musicale a cui la Banda li aveva avvicinati. All’interno della struttura della Fondazione maddalonese va ricordato esistono locali destinati alla banda affinché i propri componenti possano incontrarsi e provare i brani, oltre a fare condivisione delle proprie esperienze umane. Don Salvatore d’Angelo è stato sempre particolarmente legato alla sua Banda della quale amava ricordare la allo Zecchino d’Oro che sancì il profondo legame di stima ed amicizia tra il sacerdote e la compianta Mariele Ventre storica direttrice del coro dell’Antoniano. Come del resto fu evidente il legame con la banda allorquando pochi mesi prima del passaggio a nuova vita chiamò a raccolta tutti gli amici della fondazione, personalmente ed attraverso missive, al fine di consentire l’acquisto di divise e strumenti musicali nuovi per la Banda Musicale del Villaggio dei Ragazzi. Ed ancora va ricordato il concerto bandistico che ha inaugurato l’anno scolastico 2002-2003; i musicisti hanno eseguito brani classici tratti da Verdi, Mascagni e Puccini e una coinvolgente rapsodia di canzoni napoletane. Attualmente, come accennato, la direzione è affidata al prof. Domenico Fiorinelli, che è coadiuvato dal maestro Pasquale Lasco, il quale si preoccupa di assicurare la presenza dei giovani orchestrali a tutte le manifestazioni che hanno fatto la storia della stessa banda, prima fra tutte la festa patronale in onore di San Michele Arcangelo. Con la fine dell’anno 2004 presso la fondazione del sacerdote maddalonese vi è stato il Gran Concerto di Fine Anno a Maddaloni, il giorno 28 dicembre 2004, eseguito dalla Banda Musicale della Fondazione Villaggio dei Ragazzi “don Salvatore d’Angelo”.Il sodalizio musicale maddalonese nel corso del 2004, si legge nell’invito che riporta ogni impegno nel dettaglio, si è esibito in oltre 35 appuntamenti pubblici, e con il gran concerto di fine anno, tenutosi alle ore 17.30 nel salone Chollet della Fondazione don Salvatore d’Angelo, completà gli impegni per l’anno di riferimento. Il Gran concerto che è stato diretto dal Maestro Domenico Fiorinelli, e nel corso dell’evento è stato omaggiato con un opera di vetro di Murano a Pasquale Lasco, per il profuso impegno. Il concerto in tre tempi, nel corso dei quali sono stati introdotti nuovi componenti della Banda e presentati quelli che ne entreranno a far parte con il 2005, e nel primo sano stati eseguiti: L’Inno d’Italia, la Marcia La Fedelissima, Sister Act, e Brani Natalizi; nel secondo tempo EveryBody Needs Somebody, Libertango, La Vita è Bella e Film Festival; il terzo tempo è caratterizzato dai pezzi Y.m.c.a, Rosamunde, I Feel Good, Canzoniere napoletano. I ragazzi che costituiscono la banda sono 32 suddivisi in 14 gruppi strumentali. Il concerto è considerato quale evento di fine anno senza nulla togliere agli eventi musicali organizzati dalle comunità ecclesiastiche locali. L’appuntamento si è rinnovato anche con il fine anno 2005.
[132] Fino all’anno 1999 circa si è lasciato all’arbitrio del fuochista, per lo più nell’ultimo quindicennio Luigi della Valle di Casolla di Caserta, la portata e la tipologia di fuochi da distribuire tra il campanile ed il marciapiede posto innanzi ad esso e piazza de Sivo, per la performance pirotecnica. Con l’anno 2000, e quindi con la presidenza di Giuseppe Riccio, lo stesso fuochista è stato inviato ad attenersi alla predisposizione di scheletri di legno su cui mettere i fuochi che dovranno essere solo biancali e comunque di piccolissima intensità per la quale fatta la scenografia di colori a cascata e giochi di luce non comportino danni alla struttura.
[133] Si legge su di una etichetta, inoltre: Impianto e luce interna a divozione del Signor Felice Rossi Newarck N. I. 1947.
[134] La scarabattola ha la forma di un parallelepipedo con lo zoccolo sporgente. Gli stalliÂÂ che sorreggono la copertura sono molto lavorati. La faccia presenta al centro della copertura sul davanti un putto, mentre emergono motivo vegetali e volute su tutta la copertura. Alla base sempre sul davanti figurano i simboli dell'Arcangelo Michele.
[135] Quest’ultimo, non maddalonese di nascita, nasce all’inizio dell’ultimo ventennio del XIX secolo e muore in Maddaloni alla fine degli anni ’50 del secolo che è volto al termine. Pietro Vallese è detto ‘ornatore’, infatti, lui come altri suoi contemporanei si adoperava in pitture ornamentali, principalmente di carattere religiosi, come ad esempio le ‘nicchie’ o ‘edicole’ votive che si è soliti ammirare incastonate nei palazzi del centro storico cittadino ma non solo. Ringrazio l’amico e fonte di cultura cittadina nonché artista di fama europea Maestro Crescenzo Del Vecchio Berlingieri per avere con una sua testimonianza consentito dare contributi su Pietro Vallese, come su altri cittadini maddalonesi, che varrebbe la pena ricordare più spesso oltre che celebrare.
[136] E vari ancora sono i quadri presenti nella chiesa che riproducono il nostro Arcangelo, il più bello dei qualiÂÂ e quello sito nella sagrestia grande donato alla chiesa da oltre un decennio da un attivo collaboratore della stessa, sig.Tommaso Rescigno.
[137] ADC, serie VII, busta 26, fascicolo 145\3.
[138] Con i Vescovi di Caserta mons. Mandina e mons. Rozzolino sia ha nella nostra forania maddalonese un recupero dell'insegnamento della dottrina cattolica. In particolare con il secondo questa è vista nell'ottica della promozione della Pieta Eucaristica, favorendo le cosiddette Quarantore e la Via Crucis settimenali, per la prima volta, e facendo in modo che queste progredissero. Ad oggi esistono ancora in certi luoghi. L. Orabona Vescovi Pre e Postunitari e la Società Politica in “Caserta e la sua Diocesi” , vol II, pag 11-14.
[139] Con il 1892 il presidente della Congrega di Carità il 17 luglio scrive al Vescovo per definire sempre lo spostamento dell'Adorazione del SS. Sacramento, al che il VescovoÂÂ il 27 luglio comunica al rettore della nostra chiesa che faccia l'adorazione del SS. Sacramento ad agosto, e nella chiesa di S. Martino a settembre.
[140] ADC serie 3, busta 26, fascicolo 189.
[141] ADC, serie 3, busta 26, fascicolo 189\8.
[142] Dimensioni 210 per 173 cm.
[143] La prima di queste sulla sinistra con veste rossa è il committente dell'opera, la seconda probabilmente un giovane sacerdote. La prima sulla sinistra non è individuabile, la seconda è una figura femminile con una bianca e copricapo blu. All'interno dell'elaborato si riscontrano oltre alle tendenze giordanesche anche alcune neoclassiche solimeniane.
[144] Questa presentaÂÂ una veste rossa con motivi floreali cuciti in oro ed è di legno e di paglia. La cinta è dorata mentre le braccia sono allargate in segno di accoglienza dei fedeli. Il suo sguardo con il volto e le mani bianchissime è rivolto verso il basso. Presenta le guance rosse. La statua è databile intorno al secolo scorso.
[145] Lo stesso è stato interessato da una catalogazione dei primi degli anni '80 ad opera della Sovrintendenza, copia della cui schedatura è stata consultataÂÂ presso l'ADC, altra copia è presso l'ufficio specifico della locale Sovrintendenza. L’opera rappresenta il Cristo con pelle scura e grosse mani conserte legate da un cordone mentre il corpo è ricoperto da un manto rosso che serve a nascondere le piaghe che a stento si vedevano. Lo sguardo del Cristo è rivolto verso il basso.
[146] L'altare ha due scalini al di sopra della mensa e delle ghirlande intrecciate tra loro e facenti conche, nei singoli pannelli di base ed in alcuni degli scalini al di sopra della mensa. Due rosoni, sempre di marmo bianco come le ghirlande sono nei due quadri che concludono lo scalino maggiore.
[147] Il tabernacolo presenta una porticina d'argento di mano campana. Questa è lavorata a sbalzo e presenta sulla superficie il simbolo della chiesa, il Calice con l'Ostia, con il monogramma del Cristo. Tutto questo è inserito in un paesaggio di nuvoleÂÂ intrecciate da un triangolo e con delle teste di cherubini.
[148] Questa croce, fatta da falegname locale, di puro e semplice stile ispirato a devozione, è inserita in un mosaico di colori gialli-rossastri con cornice blu e, al di sopra della sua forma (che rispetta poco i cardini geometrici della croce) presenta la scritta, sempre in mosaico, di colore blu, “INRI”.ÂÂ
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[149] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" M.R.ÂÂ Rienzo La maiolicaÂÂ ÂÂ a Maddaloni ÂÂ in Maddaloni Archeologia,arte e storia, Maddaloni 1989, pag. 211.
[150] Uno dei canoni principali per la tradizione maddalonese, è la stella ad otto punteÂÂ che si alterna tra il colore neroÂÂ e quello bianco.
[151] G. Donatone Maiolica Campana del XVIII secolo inÂÂ Napoli Nobilissima Vol III, fascicolo IV, Novembre Dicembre 1963, Napoli, pagg. 141 - 147. “ Certo il tempo, l'incuria e l'ignoranza hanno determinato la perdita di molte di queste felici manifestazioni dell'antico artigianato, così congeniali all'ambiente campano. Ne avanzano, peraltro, non pochi esempi. Ed è interessante registrare l'attuale ripresa di questo tipo di decorazioni per l'abbellimentoÂÂ delle moderne abitazioni ed il rifiorire di industrie della ceramica, i cui indirizzi produttivi si ispirano proprio ai modelli, semplici e raffinati insieme, delle antiche fabbriche settecentesche “. G. Donatone ÂÂ Notizie sull'attività Ceramica a Maddaloni in “ Caserta e la sua Diocesi”,ÂÂ Napoli 1995, vol. III. Della raccolta di Atti “ Caserta e la sua Diocesi” si tenga conto per approfondimenti la consultazione del volume secondo alle pagg. 22, 39-40, 55-56, 73, 232-235, 242-244,ÂÂ mentre al volume tre pag. 233.
[152] Ricordi degli anni in cui lo stato dell’artistico coro era quello appena citato mi sono vivi per gli anni passati nella chiesa dopo il 1988 come servizio di ministante.
[153] E'ÂÂ donoÂÂ di mons. ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare" anche la mensa-altareÂÂ ligneaÂÂ ante-balaustra donato nell'anno mariano 1987-88. Quella originaria, anch’essa di legno con lastra sovrastante e parallelepipedo alla base aveva in facciata un calco raffigurante l’ultima cena, che al momento della sostituzione della mensa ante balaustra è stato donato alla Basilica di Santa Maria Assunta in Santa Maria a Vico, dallo stesso mons. Scarpa, dove attualmente è, indorato, in facciata alla mensa di marmo dell’altare privilegiato della stessa Basilica.
[154] Atto notarile del 29 marzo 1756, ASC notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello" XE "Grauso:Nicola".
[156] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" concludendo l'argomento sul coro, sottolinea l'importanza della lavorazione del legno a Maddaloni: “La lavorazione del legno a Maddaloni - dice - nel secolo XVIII è certamente basata su una più antica tradizioneÂÂ artigiana alimentata,nel corso dei secoli,dalla abbondanteÂÂ produzione di legname proveniente dal periodico taglio dei boschi che circondavano l'antica città. Ancora oggi sono non poche le presenze di questa nobile attività, ormai del tutto svilita nella sua espressione di inventiva e di virtuosismo tecnico...”. G. Sarnella I cori
[157] ASC notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atto del 4 febbraio del 1765.
[158] ASC, pacchi 1738 - 1740, vol. anno 1794.
[159] Impostato anche sulla base delle foto pubblicate in allegato al detto studio sui cori di SarnellaXE "Sarnella:Giovanna".
[160] Nel febbraio una ditta romana ebbe ad iniziare l'opera, ma considerando l’interesse della stessa ditta a truffare la chiesa subito poco dopo l’inizio si bloccarono i lavori. E proprio nell'atto di bloccarsi vi è anche un intervento della Sovrintendenza per i Beni AA. di Caserta, per appurare quanto stava accadendo. Infatti, la chiesa procedeva al recupero e restauro senza il permesso e la consultazione di questa. mons. ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare" al ché ebbe a fare una richiesta per il restauro ricevendo una risposta della Sovrintendenza, con la quale si lasciava l'autorizzazione per continuare l'opera: il tutto in pochi giorni. Risolto anche quest'altro problema il detto mons. ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare" incarica due falegnami di Maddaloni, di cui uno è Angelo Vigliotti, ed uno della zona di S. Prisco, a continuare l'opera e così fu. Nell’agosto 2006 il Maestro restauratore Gustavo Viscusi ha fatto un opera di restauro ed in doratura del monumento ligneo.
[161] Testimonianze fotografiche di fine anni’60 dello scorso secolo hanno immortalato un impianto di illuminazione lungo la cornice, così come accadeva spesso per il passato per illuminare quadri di notevole dimensione.
[162] Il Cristo con veste rossa haÂÂ nella mano sinistraÂÂ un'asta con bandiera triangolare con la croce al centro. Detto quadro è inserito nell'ambiente delle decorazioni in stucco ed è nel ben mezzo del timpano spezzato.
[163] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pagg. 24-25.
[164] ÂÂ Mattino 1975 . Un impianto scenico simili a questo quadro è riscontrabile con l’opera “La Vergine del Rosario con i quindici Misteri” di ignoto autore e trafugato la notte tra il 24 e il 25 novembre 1990 dalla chiesa di San Giovanni Evangelista di Vico Equense, sita in località Bonea.
[165] L'atto di appalto è stato stipulato nell'agosto del 1760, ASC notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" atto del 5 agosto 1760. Dimensioni 400 per 10000 per 65 cm.
[166] Michele Santulli ha curato anche gli altri della fabbrica.
[167] Sotto questo v’è un altro piccolo scudo, le cui dimensioni non lo fanno saltare all’attenzione del visitatore. In questo è riprodotto lo stemma civico dei leoni e della meta di paglia con mezza luna. Lo stesso stemma lo si è visto già nel paragrafo relativo ai portali, in quanto aveva lo scopo di identificare il patronato civico sulla struttura religiosa. M. Schioppa Lo Stemma. pagg. 25-30.
[168] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ,ÂÂ I cori cit..
[169] Dimensioni 80 per 50 cm.
[170] Si intravede alla sinistra della scena rappresentataÂÂ cavalli e cavalieri, che scappano per l'inaspettato evento atmosferico cheÂÂ sta travolgendo il posto dal quale ne sono risparmiati i personaggi della scenaÂÂ ÂÂ primaÂÂ rappresentata. L'autore ignoto, sulla scorta dello studio-esperienza di più di una bottega periferica, evidenzia aver adoperato in parte le caratteristiche della scuola di Francesco Peresi, ed ancora, per ciò che riguarda la presenza dei cavalli e dei cavalieri, probabilmente, si rifà alla scuola giordanesca. L'impostazione del quadro, in ogni caso, riprende quella della Crocifissione in S. Giorgio in Napoli dello stesso Francesco Peresi. Il quadro proviene dalla chiesa di Sant’Aniello, ed ivi era posto sopra l’organo.
[171] Le cui dimensioni sono 400 per 53 cm.
[172] La “Società di San Vincenzo de’ Paoli”, nata in Francia, a Parigi nel 1833 per opera di Federico Ozanam, al fine di mettersi al servizio dei poveri, è nella chiesa da diversi decenni. L’organizzazione umanitaria è costituita in gruppi chiamati “Conferenze” la cui regola è quella della Spiritualità di San Vincenzo de’ Paoli. Nella nostra chiesa la “Conferenza” nasce nel 1969, e tutt’ora esiste, con una ritualità di incontri mensili. Pralando con uno dei confratelli, in merito alla “Conferenza” ci riferisce: Nei nostri incontri mensili preghiamo insieme, riflettiamo sul nostro cammino di fede, confrontiamo le nostre idee, condividiamo le nostre esperienze per crescere insieme, discutiamo sulle attività necessarie a coordinare il nostro servizio ed infine contribuiamo secondo le proprie possibilità al fabbisogno dei fratelli più poveri, con una “questua segreta” al termine della riunione.
[173] La statua è di legno e rappresenta il nostro santo con tale e cotta. Il santo raffigurato con barba e capelli castani presenta lo sguardo, dagli occhi scuri, rivolti in avanti, mentre la mano sinistra assume l'atteggiamento di benedire, con un braccio che è staticamente instabile. La parte da busto in giù ha la trave interna sostenente.
[174] Inizio XVIII secolo per composizione artistica dei marmi.
[175] Portato dalla chiesa dove era egli stesso il titolare.
[176] Fine XVIII- ora anche se pericolante ancora sede del Gruppo Archeologico Calatino " F. Imposimato". Tale paliotto in ogni caso fu trovato circaÂÂ 40 anni circa or sono nelle scale del campanile da dove fu preso e sistemato al posto di una lastra di marmo. Per quanto riguarda l'ideazione del disegno che presenta il paliotto credo che non si tratti ne di mano di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" ne tantomeno di VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" anche perchè le caratteristiche decorativeÂÂ non sono rispecchiabili negli altari dei due citati.
[177] Dimensioni 300 per 200 cm.
[178] Pittore maddalonese del XVI secolo. Sappiamo per certo che nel 1610 sarà da poco ristabilito in Maddaloni sia per la stipula di un atto del 5 luglio relativo all’affitto di sue terre in località “Santa Fede”, che il 2 ottobre per via di accordi presi con gli amministratori della chiesa per messa da dirsi in memoria della moglie Angelica.
[179] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" Horazio de Carluzio PictorÂÂ -ÂÂ Documenti dal 1580 al 1628- in “ Archivio Storico di Terra di Lavoro” a cura della Storia Patria, vol. IX, anni 1984-85, Caserta 1988, pagg. 161-173. In relazione allo studio sul nostro pittore sono fonte inesauribile gli atti dei notai maddalonesi Porzio e Vincenzo de Roberto. Ed in particolare il primo di questi in un rogito del 3 febbraio del 1611 nel riferire di una cona commissionata al pittore per la congrega di Santa Caterina, riporta: “… et in meczo alla cornice farlo d’argento sgraffiato come appare la cona di giovanni battista chierica esistente dentro l’ecclesia del santissimo corpo di xristo de matalone…”. L’opera in questione non la si è riscontrata negli inventari ne tantomeno nella chiesa. Al momento è in corso a cura dello scrivente un’opera di ricerca al fine di individuare la sua collocazione temporale nella chiesa, e o comunque l’associazione con altro quadro già noto. A proposito del nostro quadro riporto la nota che si fa nel detto studio di Sarnella su de Carlucciis: “ A questo ritorno alla città di origine - anno 1610 - , fa riscontro la realizzazione di quattro opere pittoriche. la prima di esse è la cona della Madonna degli angeli con i Santi Francescani e Antonio Abate che ancora oggi ammiriamo nella sua collocazione settecentesca nella sagrestia del Corpo di Cristo, priva però di due elementi decorativi originari: la cimasa e la predella. Di tale opera è anche da notareÂÂ il taglio curvilineo superiore (certamente eseguito in occasione della sistemazione barocca) che in modo anomalo mozza alcune figure di angioletti.La posizione dei vari personaggi ripete una iconografia cinquecentesca propria della committenza religiosa e provinciale: la Madonna al centro, avvolta in un manto blù oltremare, seduta sopra un nuvola, attorniata da angeli musicanti ricoperti di stoffe drappeggiate, in colori vivaci ma intonati tra loro, quali il giallo ocra, il rosa carico ed il verde bosco. I due Santi genuflessi, ai lati in basso, determinano una visione piramidale con al vertice la Madonna, mentre al centro un paesaggio fantastico sembra voglia farci riflettere sulla irrealtà del soggetto”.
[180] Anche Gaetano Andrisani parlando delle opere seicentesche di Maddaloni viene a trattare il quadro di de Carlucciis, oltre a quelli di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo", Pino, Balducci, Santafede, Mattia Preti ed altri ancora. G. Andrisani Op. cit., pagg. 28-34
[181] Tra i tanti due sull'alto sembrano voler uscire dal quadro, in effetti è dovuto come ricorda Sarnella ad un ritaglio dell’opera.
[182] L’opera risulta essere stata restaurata nel 1982 ad opera di F. Chantal Castellet, come evidenzia la schedatura di inizio anni ’80 del secolo scorso della soprintendenza casertana ai beni culturali.
[183] Probabilmente un tempo all'interno di questo vi doveva essere scritto o il nome della cappella,o a chi apparteneva o il nome del quadro che ivi si trovava.
[184] G. Alisio VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" e i suoi epigoni in AA.VV. LuigiXE "Briganti:Luigi" VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" e la sua cerchia, ed. Electa, Napoli 2000, pag. 162. ‘Nei primi quindici anni della monarchia borbonica si svilupparono, nella capitale, due correnti architettoniche ben distinte: da una parte l’edilizia ufficiale, il cui linguaggio era d’importazione, e dall’altra l’architettura locale, che continuava il tradizionale orientamento influenzato da Domenico Antonio Vaccaro e Ferdinando Sanfelice; la loro vastissima attività originò, infatti, una corrente di gusto che coinvolse a lungo tutte le coeve espressioni artistiche ed artigianali in una poetica connaturata allo spirito del popolo napoletano. I due grandi artisti furono tuttavia pressoché ignoranti dalla committenza reale che preferì poco noti ingegneri militari’.
[186] Alcune volute fatteÂÂ sul supporto ferreo sono intonanti con quelle presenti in chiesa.
[187] Un tempo, vi erano due angioletti di gesso del secolo scorsoÂÂ sorreggenti lampade a forma di mazzo di fioriÂÂ germogliato, oggi nella cappella Iorio della stessa chiesa. Questi due sono alti poco più di un metro, con veste bianca e manto azzurro uno e l'altro con veste bianca e manto rosa con federa che sporge azzurra, hanno entrambi le ali dorate.
[188] Nel transetto sinistro dove abbiamo visto l'altro ampliamento della cona d’altare l'angioletto ha il manto rosso. In ogni caso entrambi ampliamenti sembrano essere stati fatti dallo stesso artista.
[189] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ÂÂ ÂÂ Il quadro cit., pagg. 236-237ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ .
[190]ÂÂ A. Zezza, Op. cit., pag. 7, Circoncisione, Collegiata di San Luca, Praiano -Sa-.
[191]ÂÂ Dimensione 290 per 204 cm.
[192] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 24.
[cxciii] Probabilmente lo stemma di Famiglia è quello su palazzo ScaleraÂÂ in via Brecciame. G. A. C. Negli Stemmi e nei Mascheroni, Maddaloni 1991, pag. 18 (in seguito G.A.C. Stemmi).
[cxciv] Nella Sagrestia grande, cioè quella destra, della chiesa una stanza è dedicate alla congregazione, detta “società” dedicata a San Vincenzo de Paoli, tutt’ora esistente. La stessa un tempo doveva avere sede anche presso la chiesa dell’Annunziata di Maddaloni, come si riscontra presso l’ADC I.07.11.01 nella voce “Enti Diversi”.
[cxcv] Il Santo veste di nero mentre il fanciullo ha una camicia azzurra. La nicchietta dove è detta statua è rivestita da un foglio da parete, questoÂÂ fiorito di mazzetti di tre rose rosse. Sulla parte alta della stessa vi è una piccola lampada elettrica.
[cxcvi] A. Zezza, Op. cit., pag. 4.
[cxcvii] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 27
[cxcviii] Queste figure maschili che sono state citate si vedono in azioneÂÂ sostenuti da due scale, che sono appoggiate alla croce. A sinistra si vede un uomo con la veste rossa mentre in alto Nicodemo con veste damascata che con tanta cura cala il corpo che con timore chiese al milite romano. Sul mezzo della scala destra v'è un uomo che con la veste gialla regge i piedi del Cristo. Ai piedi della croceÂÂ vi è la Madonna con tre donneÂÂ e un Santo francescano con barba. La Madonna con veste rossa con manto blu è nell'atto di svenire, quando è sorrettaÂÂ dietro da una donna con veste grigia e da un'altra sul davantiÂÂ con vesteÂÂ rossa che leÂÂ sorregge il capo tendente a rianimarsi. La terza figura femminile che è più distaccata ha la veste azzurraÂÂ e il manto arancione, ed ha le mani giunte.
[cxcix] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 27
[cc] La scena presenta sul basso dei poveri di cui desta viva ammirazione quello nella figura centrale che con veste nera e bende bianche ha tra le braccia un bambino biondo. Altre figure conÂÂ stracci bianchi indossati e bambini sono alla destra di questo. Sulla sinistra con manto rosso e con il dito che indica la MadonnaÂÂ è un uomo con barbaÂÂ che sembra guardare al di là del quadro verso chi ammira l'opera. Restando sul basso un'ultima figura caratteristicaÂÂ è sulla destraÂÂ quella della donna vestita di bianco cheÂÂ ha tra le maniÂÂ la mano del bambino in braccio alla Madonna.
[cci] Sulla Platea Magna del 1760 - BCASCM - si evidenzia al foglio 105 una donazione di ducati 50 fatta da Giovan Giacomo Corbo per la cappella di sua patronato nella chiesa del SS. Corpo di Cristo. Altro stemma, leggermente dissimile dei Corbo era è quello di Piazza Santacroce G. A. C. Stemmi., pag. 12.
[ccii] Lo stemma è quadratoÂÂ ed ha dei cartigliÂÂ con una corona di gigli che racchiudeÂÂ sull'alto tre stelle mentre sul basso un Corvo da cui prende il nome la citazione etimologica. Ai quattro angoli oveÂÂ sono i carteggi vi sonoÂÂ quattro gigli fioriti.
[cciii] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 23.
[cciv] La scena si ambienta in un interno dove al centro v'è un tavolo con tovaglia verde con antistante un vaso di fiori, al di sopra del quale v'è un libro aperto. A destra di questo v'è poi la Madonna cheÂÂ è seduta ed indossa una veste marrone con il manto blu. Sulla sinistra invece c'è un angelo cheÂÂ vesteÂÂ arancione con sottoveste azzurra ed ha nelle mani fiori bianchi ed azzurri. Al di sopra dellaÂÂ scena rappresentata è il Padre Eterno cheÂÂ coronato da angeli con la presenza dello Spirito Santo veste giallo.
[ccv] Qui si riferisce che nella stessa cappella possono ufficiare solo i sacerdoti della famiglia Corvo, o del parente più prossimo sacerdote. Nella stessa cappella si debbono celebrare trenta messe annue in nome de: Padre fondatore, Madre, Sorelle, Nipoti e tutta la famiglia Corvo. Il documento riferisce della nomina di cappellano della Cappella aÂÂ don Francesco Corvo.
[ccvi] La stessa altezza d'uomo, presenta il santo nella sua iconografia classica nell'atto di benedire, con saio marrone e cingolo chiaro. La collocazione di quest'operaÂÂ è da individuarsiÂÂ tra il 1999 e l'anno 2000.
[ccviii] In occasione della prima edizione della serie Arte ed Artisti organizzata dall’associazione Onlus Culturale Musicale Aniello Barchetta, e patrocinata dalla Pro Loco di Maddaloni, avente oggetto Musica nelle Congreche, il 23 settembre 2001 ho tenuto una relazione sulla nascita sviluppo della congregazione con cenni sulla sua architettura, arte e via sociale. La relazione si tenne nella chiesa adiacente, oggi Basilica, nel corso di un concerto di musica diretto dal Maestro Antonio Barchetta.
[ccix] Circa il passaggio della Congrega dalla chiesa di San Benedetto, alla Maddalena, a Sant’Aniello ed infine a San Martino, va considerato che si tratta di tutte strutture di influenza benedettina, ed anche la struttura architettonica esterna delle chiese ancora esistenti si richiama ad uno stile simile.
[ccx] F. PiscitelliXE "Piscitelli:Francesco" Op.cit. pag. 76 - 78. P. Vuolo Maddaloni 1990., pag.150.
[ccxi] Favorì molto il culto Eucaristico a pochi anni dalla istituzione, in tutta la diocesi, mons. BellomoXE "Bellomo:Agapito" Vescovo di Caserta.
[ccxii] T. Laudano Storia dei vescovi, pag. 236. Nino Leone, nella sua La Vita quotidiana a Napoli ai tempi di Masaniello, ed. BUR, Milano 1998, pagg. 248-249, relativamente alle processioni i culti ed i rituali chiama in ballo la processione della nostra congregazione, evidenziandone l’importanza e dandoci uno spaccato della vita a Napoli, e probabilmente, di conseguenza anche nel Regno, nel seicento.
[ccxiii] ASC ÂÂ notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atto delÂÂ 31\01\1773 testamento di Nicola Pisanti. Lo stesso ripreso tra gli uomini illustri delle " Dissertazioni " di PiscitelliXE "Piscitelli:Francesco", risulta aver avuto scambi epistolari con S. Alfonso.
[ccxiv] ASC, notaioÂÂ GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" , vol. anno 1731, vol. anno 1732.
[ccxv] de SivoXE "de Sivo:Giacinto" Storia. pag. 297.
[ccxvi] Altre rendite dello stesso Monte dei Morti come della Congregazione si possono rilevare dal catasto "seu Bastarduolo"( BCASCM)[ccxvi], dall' anno 1783 al 1800.
[ccxvii] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello".
[ccxviii] ASCÂÂ notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello".
[ccxix] ASC notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello"ÂÂ vol anno 1791.
[ccxx] ASC, pacchi 1738- 40, vol. anno 1793.
[ccxxi] Si fa nell'atto riferimento a quello stipulato da PascarellaXE "Pascarella:Aniello" il 14 maggio del 1790, e a quello stipulato dal notaio Domenico Jaliperto per la stessa fabbrica. Dal Magistrale del 1760 della stessa chiesa conservato presso l'Archivio Storico della chiesa, si evince dal fogli. 543 una nota riferente della parte spettante alla chiesa per la costruzioneÂÂ della nuova fabbrica con la stipulazione dell'atto di PascarellaXE "Pascarella:Aniello" del maggio del 1790. Si riferisce inoltre del tre rate in cui furono pagati gli amministratori per la dissoluzione della spesa totale di detta costruzione.ÂÂ I versamenti si ebbero il 13 maggio 1792, il 12 gennaio del 1793 e il 27 aprile del 1794. Il primo atto per mano del notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" è dato dopo fattesi le fondamenta, mentre gli altri due rogati da Andrea De Roberto sono dati a costruzione iniziata e finita, nella muratura s'intende.
[ccxxii] ASCÂÂ notaio A. De Roberto, vol anno 1798.
[ccxxiii] Questo è aiutato da Aniello Cortese nelle opere di cui sopra, per ducati 40 annui, visto che nelle casse della Congregazione non c'erano più di centodieci ducati.
[ccxxiv] Gli stucchi della facciata della Congregazione del Soccorso, sita in piazza Umberto I° alla sinistra della chiesa dell’Ave Gratia Plena, e quindi in facciata alla nostra fabbrica, sono molto simili a quelli della Congrega del SS. Corpo di Cristo. Quelli della Congrega di Santa Maria del Soccorso sono stati realizzati tra il 1855 ed 1861 da Giovanni Venezia, probabilmente parente del nostro stuccatore. Gli stucchi della Congrega di Santa Maria del Soccorso di tipo barocchegianti sono stati realizzati su disegno dell’Arch. Giuseppe Rossi.
[ccxxv] La vicendaÂÂ economica la si riprende per mano dello stesso notaio il 10 settembre dello stesso anno, come si confronta all' ASC.
[ccxxvi] ASC, OO.PP,fascio 1218, fascicolo 481.
[ccxxvii] ASC, Prefettura Gabinetto, busta 166, fascicolo 1705.
[ccxxviii] Circolare del Prefetto n. 47, al protocollo generale n. 3645, avente ad oggetto “ Fondazione di ricoveri di Medinicità e di Lavoro”, Caserta 11 aprile 1864. Destinatari “ Ai Sig. Sindaci, Presidenti delle Congreghe di Carità e Amministratori di Opere Pie”.
[ccxxix] Su questo argomento il prof. Iserina nel trattare della Arciconfraternita di San Giovanni Battista in Caserta, dedica un intero capitolo - O. Isernia L'Arciconfraternità di S. Giovanni Battista di Caserta in Quaderni\4 a cura dell'Associazione Biblioteca del Seminario Civitas Casertana, Caserta 1997, pagg. 65-69. Interessante è la documentazione, da approfondire, presente presso ADC I.07.10.45 nell’ambito delle confraternite vi è un fascicolo riguardante la nostra tra gli anni 1938-1942.
[ccxxx] ASC notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello", la redazione è divisa in volumi per ogni singolo anno : atto del 18 settembre del 1749 ad opera di Crescenzo Apperti per una casa con quattro vani dalla parte della Pescara nel luogo detto "La Vinella degli Altomari"; atto del 19 giugno del 1759 ad opera di Aniello Verdicchio. Notaio A. De Roberto, la redazioneÂÂ è divisa con volumi trattanti agni singolo anno : atto del 17 febbraio del 1787 vi è una donazione al Monte dei Morti della Congregazione per opera di Brigida Quintavalle che dona cento ducati ed un Ospizio di Case nel luogo detto " S. Antonio Abate, seu Li Pignatari", dalla parte dell'Oliveto; il 15 maggio del 1788 vi è una donazione di Lorenzo Bisceglia di Bartolomeo per un moggio e un terzo di terreno nel luogo detto " il trivio dello Monaco"; il 6 giugno del 1789ÂÂ vi è una donazione di Tommaso ed Angeloantonio Vigliotta fu Silvestro per moggia 19 nel luogo detto " Le Cese " ed una casa con cortile nel luogo detto " S.Margherita";ÂÂ Il 15 settembre del 1791 vi è un'altra donazione da parte di Giovanni Giannettasio, a testamento post mortem aperto, di moggia 4 nella zona detta "Carmignano" , nei pressi dei beni del Duca di Maddaloni; atto del novembre del 1795 ove Francesco Masciaro del Casale di Cervino dona una proprietà di moggia venti circa nel luogo detto " Ponte de Tavani", nei pressi dei beni del Monastero di S. Francesco, via pubblica , del duca di Maddaloni ed altri; un'altra donazione si ha il 22 febbraio del 1797 da parte di Angelo Picozzi e Caterina Savastano per casa e cortile nel luogo detto " La Preziosa " ed ancora una donazione l'abbiamo il 26 giugno del 1797 ad opera di Angeloantonio del bene ed Angela di Vico per casa giardino e frutteto nel luogo detto " da sopra S. Croce, seu Li Troiani", nei pressi della proprietà di Vincenzo Madonna. Notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea": vol. anno 1722 atto del 6 febbraio, del 30 giugnoÂÂ e del 6 dicembre;ÂÂ vol.ÂÂ anno 1723 atto del 21 febbraio; vol. anno 1727 atto del 1 ottobre; vol anno 1731 atto del 5 settembre. Tra le costruzioni congregali presenti nel cimitero di Maddaloni troviamo anche una dedicata alla nostra congrega del SS. Corpo di Cristo. Va detto che nei decenni a noi più vicini le congreche, e comunque quelle che sono rimaste, per lo più erano animate proprio dalla degna sepoltura piuttosto che da fede e regolamentazione di vita. Attualmente sto conducendo uno studio che analizza “le memorie” del cimitero maddalonese che non poche volte s’intersecano con la vita delle congreche. Ciò, fatto salvo, naturalmente, l’impegno degli ultimi anni che ha visto il rifiorire della Congregazione di Maria del Soccorso e di Maria di Montedecoro. Per ulteriori approfondimenti vedasi M. Schioppa Aniello Barchetta - Vita ed Opere, Maddaloni dicembre 2005. Un azione forte per il recupero delle sedi di quelle che un tempo sono state le Congreche maddalonese è in atto dalla Curia diocesana attraverso il suo referente don Franco Greco, che per Maddaloni ha un aiuto di tutto riguardo da un volontario/collaboratore d’eccezione: il Maestro Antonio Barchetta.
[ccxxxi] Illustre maddalonese nato ivi nel 1939. Il nostro è stato socio fondatore e principale animatore dello stesso Gruppo Archeologico Calatino. Attraverso le sue tavole, in Sud Africa dove ha lavorato per un periodo ha seguito gli studi artistici, si può ricostruire momenti a caratteristiche fondamentali per la nostra storia maddalonese. L'11 ottobre del 1983 per una vendetta trasversale, il fratello Ferdinando magistratoÂÂ al tempo si occupava dei cosiddetti processi di “fuoco”, è ucciso in un agguato. Lo stesso era anche un sindacalista molto impegnato.
[ccxxxii] Tutto ciò è evidente dalla cronaca parrocchiale redatta da don Benedetto Bernardo, in cui troviamo un articolo apparso sull’edizione casertana de “Il Mattino” del 19 marzo 1975. Sono raccolti nel registro cronaca gli inviti degli eventi organizzati dal G.A.C. in collaborazione con la chiesa, tra cui si segnala la settimana di attività che va dal 29 settembre al 3 ottobre 1977. In questo periodo e precisamente dal 7 ottobre di quello stesso anno nei locali della Congregazione sono esposti testi antichi come la Platea Magna del 1760, e forse anche il Libro delle Piante del 1717. Probabilmente è di questo periodo il passaggio dei testi antichi dalla neo Basilica al Gruppo Archeologico e da questo al Museo/Biblioteca Comunale. Per la sua disponibilità don Benedetto Bernardo, nel mettere a disposizione del Gruppo Calatino i locali della Congregazione ed all’occorrenzaÂÂ la chiesa del SS. Corpo di Cristo, sarà nominato Socio Onorario, e ne fa fede una comunicazione emessa firmata dal diretto del Gruppo Archeologico, prof. Annunziato Saracco,ÂÂ del 23 settembre 1977.
[ccxxxiii] Le genesi della Pro Loco di Maddaloni inizia l’8 aprile del 1976 con un atto del notaio Barletta. Il sodalizio si propone di promuovere le attività di valorizzazione della memoria del territorio e dello sviluppo del turismo. Il primo Consiglio di Amministrazione vide quale presidente G. Giglio, V.M. De Lucia vice, A. Bernardo tesoriere e membri M. Patrelli, U. di Lorenzo e R. Antonio. Dalla sua fondazione ad oggi l'associazione culturale maddalonese ha favorito la pubblicazione di vari opuscoletti collegati alla devozione per il santo patronoÂÂ e vere e proprie guide turistiche del territorio in occasione di eventi straordinari. Per altre produzioni didattiche e grafiche, in senso lato, è stata sempre molto sentita la collaborazione del Villaggio dei Ragazzi don Salvatore d’Angelo, il cui fondatore e direttore ne è stato socio onorario. La Pro Loco di Maddaloni ad oggi si è distinta in modo specifico per l’organizzazione di due momenti particolari dell'anno, oltre a quello legato alla festa del Santo Patrono e al Natale, cioè la Sagra del Carciofo Paesano e il Maggio maddalonese. La prima ha avuto la sua prima edizione nel lontano 1977 anche se oggi giunta alla 14 edizione ha avuto degli anni di sospensione. L'altra, all'interno del cui programma rientra la prima è il Maggio maddalonese, che ha visto la sua prima edizione nel 1984. Il 1985 fu invece caratterizzato dalla prima fiera campionaria della Città di Maddaloni, con la stessa, la Pro Loco, si prefisse l'obiettivo di promuovere un incontroÂÂ delle Pro loco delle zone interne della Regione Campania, al fine di rilanciare il terziarioÂÂ avanzato ( turismo, beni culturali, artigianato) per incrementare il turismo allora ancora privo di atti promozionali e di valorizzazione delle componenti locali ( arti, cultura, prodotti tipici locali ed artigianato). Con l’inizio del 2001 si è insediato il CdA, all’insegna delle giovani leve, presieduto da Giuseppe De Lucia, di cui fu consigliere chi scrive (già segretario nel mandato con alla presidenza il dott. Salvatore Cardillo a partire dal 1999). Con il 2003 abbiamo il nuovo CdA presieduto dal dott. Salvatore Cardillo, sue vice Giovanni Matteo Centore,ÂÂ ÂÂ Gaetano Giglio e Francesco Varra. Altri componenti del Cda sono Raffaele Santonastaso ed Antimo della Ventura.. Con questa presidenza per la prima volta si è proceduto a modificare lo statuto del sodalizio dalla fondazione. Altro presidente di inizio anni ’90 del secolo scorso da ricordare è Luca Tramontano, per aver portato la Pro Loco alla trasmissione televisiva Rai della rete Uno: Uno Mattina. Gli ultimi due CdA tra le attività iniziate si sono impegnati nella campagna adesione di giovani leve, nell’istituzione di una assemblea del mondo associazionistico locale, nel recupero del bando del palio di San Michele e nel procacciare attraverso l’ente comune nuovi locali per il sodalizio, al fine di aprire come poi è avvenuto la sezione femminile. Ed ancora la Pro Loco ha partecipato con uno stand alla prima fiera dei Comuni realizzata in San Nicola La Strada nel corso delÂÂ 2001, oltre ad organizzare appuntamenti sportivi di carattere nazionale ed internazionale.
[ccxxxiv] Tra le manifestazioni della nostra comunità primeggia quella dedicata ad un prodotto tipico locale molto noto: la sagra del carciofo.ÂÂ Il culto a questo prodotto è direttamente ricollegabile alla devozione patronale. Infatti, lo storico Piscitelli, nel parlare dei festeggiamenti annuali di maggio, ci riferisce che per questa festa i fedeli, dopo la santa messa, si mettevano sul “nudo suolo” e consumavano la colazione, con i “fiaschetti di vino”. Era prevalente l’arrostitura dei carciofi paesani. L’8 maggio, in effetti, è considerato anche il giorno del ringraziamento per cui la cittadinanza si preoccupa di rendere omaggio al santo Patrono con i propri prodotti e questo lo fa con la cera, i carciofi eÂÂ degli omaggi floreali. Così il nostro prodotto è al centro dell’attenzione con la sua sagra organizzata dalla locale Pro Loco, con attività sportive e folkloristiche collaterali.ÂÂ Per maggiori approfondimenti sul carciofo paesano vedasi il testo di Giovanna Ferrante Sorrentino Gastronomia in Terra di Lavoro, edizione Ferraro, Napoli 2003, pagg. 88-89.
[ccxxxv] Diversi cittadini nel loro piccolo conservano piccole collezione di strumenti agricoli locali, tra questi si segnala Luigi d’Abenante, attivo collaboratore della neo Basilica del Corpus Domini. Probabilmente non è un caso che un Arenante collabori così fortemente con una chiesa nata da una congregazione che ha visto il parroco d’Abenante ollabori cons'on è un caso che un Abenante omini.ÂÂ locali, tra questi si segnal Luigi Abenante,________________________________artefice.
[ccxxxvi] Ecco nel particolare le emergenze di primo piano proposte: il sito archeologico di Calatia, il complesso architettonico del castello, la Caserma Militare dell'Annunziata, gli stabili stupendi in squallido abbandono, la tela piccola del Funaro al Convitto Nazionale , il convitto Giordano Bruno, il mulino ducale dei Carafa, la chiesa di S. Aniello, l'ex Liceo Ginnasio Giordano Bruno, la chiesa di S. Antonio Abate, la chiesa di S. Caterina dé ÂÂ Marrocchi, il Quartiere dei Formali, la congrega di S. Maria del Soccorso (che a seguito della rinascita della confraternita è in fase di recupero strutturale. Il tecnico che sta seguendo la vicenda è l’ing. Nicola Corbo) e la chiesa di Santa Maria del Carmine.
[ccxxxvii] BCASCM, RegistroÂÂ delle Deliberazione del Consiglio Comunale dal 19 dicembre del 1875 al 2 luglio del 1876. Delibera inviata alla Prefettura il 30 giugno del 1876 e ricevuta vistata il 25 luglio 1876 con il protocollo 15291.
[ccxxxviii] BCASCM, Registro delle deliberazioni del consiglio Comunale del 1889.
[ccxxxix] BCASCMÂÂ Registro delle Deliberazioni del Consiglio Comunale dal 26 settembre 1861 al 5 gennaio 1868, foglio 13 a tergo. Sempre Giannini è ricordato da Vuolo. P. Vuolo Maddaloni 1990, pag. 198; e Maddaloni..al Fascismo, pag. 16.
[ccxl] Nella stessa discussione si evidenzia che sono stati già spesi, e come si vedrà saranno spesi altrettanta, migliaia di ducati per le riparazioni della chiesa.
[ccxli] BCASCM. ibidem., foglio 21 a tergo e 22. Oggetto delle deliberazione: “Avviso per compenso chiesto dall'Architetto Rossi per i restauri alla Chiesa del SS. Corpo di Cristo “.
[ccxlii] P. Vuolo Maddaloni..al Fascismo, pag. 51, ricorda … nello stesso 1869 furono assicurate “contro i danni del fulmine le chiese municipali del Corpus Domini, dell’Annunziata e dei Cappuccini”.
[ccxliii] ASC, Opere Pie, fascio 487,ÂÂ fascicolo 45.
[ccxliv] BCASCMÂÂ Registro delle Deliberazioni del Consiglio Comunale del 1887, foglio 183, delibera n. 67. Cita l’evento: P. Vuolo Maddaloni..al Fascismo, pag. 52.
[ccxlv] Si riferisce ai cassettoni del Balducci.
[ccxlvii] BCASCMÂÂ Registro delle Deliberazioni del Consiglio Comunale del 1888.
[ccxlviii] Probabilmente lo stesso autore dei lavori della facciata della Congregazione del Soccorso, di cui si è già parlato.
[ccxlix] ADC, serie 3, busta 26, fascicolo 189\8.
[ccl]ÂÂ Presso la detta fonte, ADC, sono conservate le ricevute di pagamento per tutto l'anno 1932.
[ccli] ÂÂ BCASCM Registro delle Deliberazioni dal 28 novembre del 1912 al 26 ottobre del 1914.
[cclii] Altri lavori di restauro della facciataÂÂ secondaria saranno fatti nel 1933; alla croce della cupola nel 1938, negli anni '50 il tetto.
[ccliii] ADC, serie 3, busta 26, fascicolo 189\8.
[ccliv]ÂÂ ADC, serie III, busta 26, fascicolo 189\8. COMUNE DI MADDALONI \ Prot.n.5974 \ Maddaloni 18 maggio 1933 - Anno XI \ Oggetto: Restauri alla facciata esterna secondaria della Chiesa del SS. Corpo di Cristo ed al campanile. \ A Sue Eccellenza il Vescovo \ Caserta \ Questa Podestaria, dopo aver ottenuto, mediante sua ordinanza, che tutti i proprietari di stabili abbiano restaurato ed attinte convenientemente le facciate delle case prospicenti piazze e vie interne dell'abitato, ha in animo di rendere il centro della città (che è costituito dalla Piazza Umberto I° e dal Corso I° Ottobre) assai più decoroso, attraente e degno di una città di circa 25000 abitanti, con la creazione di grandi oasi di verde che rompano l'uniformità dei vasti marciapiedi e di filari d'alberi che ne adorino ed allegiadriscano le linee esterne. Così fin dal mese di aprile u.s. questa Podestaria ha iniziato il suo programma di abbellimento della città col creare nella Piazza Umberto I° cinque grandi aiuole di verde prato adorneÂÂ di piante, fiori e di un filare di oleandri, col proponimento di adornare nel prossimo ottobre tutta la stessa Piazza di oleandro e di far sorgere un giardinetto di piante e di fiori sul largo marciapiede sul quale si porspettano la piccola facciata con ingresso secondario della Chiesa del SS. Corpo di Cristo e l'annesso campanile. Tali lavori di decoro e di abbellimento della città hanno ottenuto l'unanime consenso della cittadinanza; ma, al tempo stesso, purtroppo, hanno acuito le critiche e le malignazioni che già da tempo circolano e si diffondono negli ambienti più noti della città in meritoÂÂ alla cessione da parte del Comune a codesta Eminentissima Diocesi della Chiesa del SS. Corpo di Cristo. Ma quello che più conta ed è da prendersi in considerazione è che questi lavori di abbellimento della Piazza Umberto I° hanno reso più generale ed evidente il malcontento popolare per lo stato deficentissimo di conservazione e di manutenzione in cui trovasi l'aspetto esterno della Chiesa e del campanile, causas l'abbandono completo in cui il magnifico manumento è lasciato, e più ancora per l'ingiustizia palese che di continuo essa rappresenta per essere detta Chiesa oggi l'unico fabbricato che nei riguardi della ordinanza podestarile è rimasto privo di ogni più piccolo lavoro di restauro e di pulizia. Comprendo perfettamente che i lavori occorrenti per rimettere in oprdine perfetto tutto l'esterno della Chiesa e del campanile non sono indifferenti e che la spesa relativa è assai sensibile; ma io mi prometto, con molta deferenza,ÂÂ di fare osservare alla E.V. che si potrebbe mettere un argine alle maligne critiche e calmare il malcontento popolare dando mano, al più presto possibile, ad una serie di parziali lavori che non presentano alcuna difficoltà di esecuzione e che importano nel complesso una spesa, proporzionalmente, piuttosto modesta. L'E.V. potrebbe quindi, per ora, ordinare il restauro dell'intonaco e l'attintatura della piccola facciata secondaria della Chiesa che prospetta la Piazza Umberto I°, il restauro del portale d'ingresso e la pulizia del campanile (senza attintatura s'intende) facendo togliere tutte le erbe e le piante che ne deturpano le linee e ne oltraggiano l'essenza e tutte le iscrizioni e le rotture che ne deturpano la base. Così quando col prossimo ottobre tutta la Piazza sarà adorna di giardini, di aiuole fiorite e di alberi, la Chiesa non si presenterà più, per chi viene dal Corso, come un vecchio e diruto fabbricato abbandonato da Dio e dagli uomini, ma come una vera e degna casa di Dio che con le magistrali linee architettoniche, restaurata e linda, farà da mirabile sfondo alla bella piazza fiorita e riscuoterà il plauso dell'intera cittadinanza, che nel suo religioso misticismo, non sà capacitarsi come la più grande e bella Chiesa di Maddaloni debba essere la più abbandonata. Nè mi sembra sia il caso di dare retta a qualche eccessivo zelatore il quale ha già creduto opportuno di formulare il giudizio che, dovendosi provvedere al restauro della Chiesa, si rende necessario che il lavoro sia iniziato e condotto a termine in una volta sola, poichè le due facciate essendo prospicenti su due diverse piazze, con visuali differenti, risultano indipendenti l'una dall'altra e che di conseguenza i lavori di restauro e di attintatura che dovranno eseguirsi su tutte le parti esterne della facciata secondaria non hanno alcuna attinenza con quelle che si dovranno eseguire sulla facciata principale, anche se in seguito dovesse presentarsi assai difficile raggiungere la stessa tonalità di colore delle due facciate. L'importante sarà forse di trovare un buon Ingegnere che abbia tempoÂÂ e volontà di dirigere e sorvegliare i lavori, in modo che col minimo di spesa si possa ottenere una esecuzione perfetta e degna di una Casa di Dio; ma in questo caso, se la E. V. lo crederà opportuno e conveniente, io sarò ben lieto di coadiuarla nella bisogna, pregando l'Ingegnere del comune di compilare il preventivo di spesa di tutti i lavori occorrenti e, qualora poi questo fosse accettato dalla E.V., di assumere la direzione e sorveglianza dell'esecuzione col minimo di compenso. Tanto ho creduto opportuno e doverosoÂÂ di esporre alla E. V. con l'intima persuasione di fare opera di bene sia nei riguardi di codesta Eminentissima Diocesi come in quelli di questa cittadinanza, ed allo scopo unico di troncare una volta per sempre ogni motivo di critica, di malignazione e di malcontento e per ridare ai sacerdoti del Capitolo della Chiesa del SS. Corpo di Cristo, che la maggioranza della popolazione ritiene responsabile del doloroso abbandono in cui è tenuta la Chiesa, quel prestigio morale a cui hanno diritto e che meritano. Ed ho piena fiducia che l'E.V.,ÂÂ bene apprezzando gli intimi sentimenti che mi hannoÂÂ spinto ad esporre qanto sopra, vorrà benignarsi di prendere in benevola considerazioneÂÂ le mie proposte e concedermi il suo alto ed ambito contributo nell'opera che questa Podestaria ha iniziato per il maggior decoro di questa Città. Con la più distinta e devota osservanza.\ Il Podestà Amedeo Sorvillo.
[cclv] M. Schioppa – A. Tennerielo Il Sindacalista di Razza – Angelo d’Aiello Maddaloni 2001, pag. 58.
[cclvi] Il Vuolo, nel ricostruire la vita maddalonese dall'unità al periodo fascista incluso, Maddaloni ..al Fascismo, ivi 1995, pag. 159, con gli atti deliberativi e podestarili maddalonesi ricorda vagamente di questo restauroÂÂ riferendo non l'anno preciso ma il decennio.
[cclvii] ADC, serie 3, busta 26, fascicolo 189\8 - tutta la documentazione riguardante questo oggetto è ivi conservata.
[cclviii] BCASCM Delibere di GiuntaÂÂ del:ÂÂ 20 marzo del 1873, 24 marzo del 1879, 15 marzo del 1880, 20 marzo del 1881, 3 dicembre del 1885, 9 febbraio del 1886, 17 gennaio del 1887, 16 febbraio del 1888, 12 aprile del 1888, 9 gennaio del 1889, 14 agosto del 1889, 10 dicembre del 1891, 5 maggio del 1895 e 13 settembre del 1897.
[cclix] ASC, Opere Edilizie - Registro Comune di Maddaloni e Marcianise anni 1940-'50, foglio 35.
[cclx] Le spese relative a Vecchio e Santangelo dovrebbero riguardare le neo vetrate colorate poste in chiesa.
[cclxi] Il collaboratore della chiesa Tommaso Rescigno ricorda che prima ancora delle attuale vetrate artistiche i finestroni erano costituiti da grandi riquadri trasparenti, e prima ancora di questi, cioè fino agli anni cinquanta del secolo scorso, i detti riquadri sempre trasparenti erano molto piccoli.
[cclxii] Dalla stessa nota si evince che il primo lotto di lavoro avrà termine al luglio dello stesso anno. Si riporta che si provvede al restauro della cupola con copertura di piombo, e che tutta l’opera è stata favorita dal concittadino on. Elio Rosati, al tempo sottosegretario al Ministero della Pubblica Istruzione.
[cclxiii] Lo stesso era avvallato in vari punti e presentava molte mattonelle rotte. Tanto che alcune nel tempo erano state sostituite da altre di diverso tipo e colore, creando una poco felice composizione.ÂÂ Pertanto venne sostituito da una poco gradevole composizioneÂÂ in gres maiolicato di colore arancione, che mal si adattaÂÂ all'arredo decorativo settecentesco.
[cclxiv] Il Concilio mirava all'aggiornamento sia delle strutture ecclesiastiche che della mentalità religiosa, tutto nel rispetto della tradizione, anche architettonica artistica, nel senso che gli altari esistenti, dovendo concentrare tutta l'attenzione sull'Eucaristia e quindi sull'altare maggiore, che conteneva la stessa, da qui non dovevano essere depauperati ne tanto meno eliminati.
A sostegno di questa tesi di errata interpretazione delle detto disposizioni conciliari è anche l'Arch. Giovanna Sarnella, che ringrazio per questo parereÂÂ e per tutti i consigli offerti per lo studio delle memorie patrieXE "Sarnella:Giovanna".
[cclxv] Da una lettura della visita pastore del 1947 si possono riscontrate tutti gli altari della chiesa, sia gli esistenti che gli abbattuti.
[cclxvi] Sono state poi messe delle piastre di marmo dove sono stati asportati i marmi, queste sono dello stesso tipo e colore di quelli già esistenti nella chiesa.
[cclxvii] Per la cronaca va detto che solo dagli inizi di questo decennio nella chiesa avremo i banchi, prima si usavano solo le sedie.
[cclxviii] La scelta del marmo fu condizionata dall'ambiente circostante.
[cclxix] Il nostro sacerdote è nominato parroco di Sant'Aniello e rettore della nostra chiesa dal Vescovo mons. Vito Roberti il 23 marzo del 1969.
[cclxx] Secondo indiscrezioni, per le quali non si hanno altre prove che le testimonianze verbali, sembrerebbe che addirittura si sia cercato di mettere in vendita due dei quattro confessionali lignei, il pulpito con scala e coro anch’esso ligneo. Si riferisce che anche l’autorità religiosa fosse a conoscenza dell’operazione ma una denuncia blocco il tutto, anche se parte delle opere già risultavano mancanti. In effetti, si racconta, che i pezzi, già portati fuori dalla chiesa, solo in parte, cioè solo gran parte dei pannelli del corso, si recuperarono nella città di Bari. Per il resto non ci fu niente da fare.
[cclxxi] A causa della pioggia l'acqua filtravaÂÂ nella chiesa a causa di seri danni che riportava il tetto, quindi anche il ripristino del tetto. Al contempo si dovette procedere al recupero degli altari di Di Lucca XE "Di Lucca:Antonio" perché in pessimeÂÂ condizioni e con marmi staccati. Si ebbe modo di provvedere a risistemare la cappella ora detta di "Pompei" che era adibita a ripostiglio e vi venne messo all'interno l'altare marmoreo di cui sopra.
[cclxxii] In occasione della Santa Pasqua del 1974 don Bernardo fece stampare e circolare un messaggio ai fedeli, del seguente tenore: I Lavori di restauro iniziati da tempo, verranno ripresi a ritmo più intenso dopo la Santa Pasqua, sperando di completare per la solennità del Santo protettore S. Michele Arcangelo….- ed ancora – E’ in fase di avanzata costruzione anche la cappella del Santissimo Sacramento per la celebrazione quotidiana della Santa Messa (n.d.r. Cappella detta di Pompei).
[cclxxiii]ÂÂ Con i contributi della legge del 1981. L. Giorgi ÂÂ Edilizia Religiosa a Caserta dal dopo guerra ad oggi, in “ Caserta e la sua Diocesi”, Napoli 1995, pag. 227, vol.III.
[cclxxiv] Il primo sindaco ed i due Assessori del Partito dei Democratici di Sinistra, ed il secondo sindaco del partito della Margherita, ex Popolari. Lombardi eletto al consiglio regionale, con sindacatura in corso, ha passato il testimone al suo vice, dello stesso partito, avv. Antonio Cerreto.
[cclxxv] Volendo offrire un ulteriore contributo alla memoria, in relazione ai citati lavori di rinnovo dell’arredo urbano, si riportano informazioni ricevute dall’ex giardiniere del Comune di Maddaloni Michele Iaculo.
Lo stesso chiarisce che da inizio secolo si ricordano, nell’organizzazione del verde pubblico dell’ex piazza Grande quattro giardinieri comunali. Il primo fu Domenico Santacroce, maddalonese e rientrato dal Brasile con gli anni 30-40 si dedico al giardinaggio comunale. A seguire Francesco Cassaro;ÂÂ ed ancora Stefano Tagliaferro, di professione idraulico, che con la fine degli anni 60 si dedico principalmente alla sistemazione del cimitero ed alla restante parte del verde comune, ma solo per qualche anno. A seguire abbiamo Michele Iaculo, nostro intervistato, e nipote da parte di madre di Domenico Santacroce, che si è occupato del verde comunale fino a qualche anno fa. Lo stesso, intervistato in merito alla volontà dell’amministrazioneÂÂ Lombardi di tagliare i Pini di Piazza Umberto I° riferisce che questi furono piantati nel 1948 da Francesco Cassaro, e nel mentre che si seccavano o comunque necessitava sostituirli sono stati sostituiti. Di quelli del 1948 ne sono rimasti 13 al dire di Michele Iaculo fino ai primi del 2004, allorquando per il rinnovo della piazza sono stati abbattuti salvandone un solo esemplare. Lo stesso Iaculo con il 1971 ha iniziato il rimboschimento sotto la legislatura del sindaco Salvatore Cardillo, della stessa area, che ha portato allo status esistente con gli anni 2003/2004. Fino al 1984 vi erano nella detta piazza Umberto I° delle piante di Oleandri che messe negli anni trenta erano presenti anche nell’attuale piazza Matteotti. L’ultima di queste venuta meno, faceva parte di una coppia posta alla destra ed alla sinistra dell’entrata della Congrega di Santa Maria del Soccorso. Sempre negli anni ottanta erano ancora esistenti due aiuole, una di fronte la Congrega di Santa Maria del Soccorso , al lato della strada rispetto all’enorme lampione del marciapiede, e l’altra sul lato sinistro dell’entrata della Congrega del SS. Corpo di Cristo. Queste furono soppresse nel corso della legislatura comunale dell’avv. Vincenzo Iadecicco. L’aiuola nei pressi della chiesa del SS. Corpo di Cristo aveva una palma. Per completezza di notizie storiche si riferisce che il corso cittadino, corso I° Ottobre, non è stato mai alberato come si conviene fino al 2002-2003, quando lo è stato per opera di Antonio Marrone (mentre i lavori di rinnovo urbano sono stati eseguiti della società Europa 2000). Nell’ambito della stessa ristrutturazione urbanistica Piazza Ferrara è stata sistemata a verde per opera di Fulvio Vigliotti, che ha curato anche il verde dello spiazzo realizzato in via Roma davanti l’ist. Settembrini, i cui lavori di sistemazione sono degli anni 2001/2002. Piazza Ferrara, che ha una fontana dai primi anni degli anni’30 del secolo ventesimo come attesterebbe una iscrizione postane alla base, in particolare, riferisce Iaculo, tra il 1925 ed il 1929 era caratterizzata da un marciapiede a triangolo con base laddove ora è il “caffè fontana” e punta dal lato dello stabile dov’era fino a qualche anno fa il Centro per L’impiego di Maddaloni, già Collocamento.ÂÂ Nei tre angoli vi erano tre palme. Dello stesso periodo le palme nell’area del Monumento ai Caduti in piazza della Vittoria, sempre sul corso cittadino. In relazione al detto Monumento ai Caduti va chiarito che l’opera di cura del verde, nell’ambito della recente organizzazione della piazza è stata curata dal signor Felice Russo. Nel corso degli interventi di arredo urbano la sezione della Sinistra Giovanile e della Sinistra Ecologista di Maddaloni si sono opposte al taglio delle piante di Piazza Matteotti e Piazza Umberto I°, avendo anche un riscontro, dai segretari politici della Margherita e dei Democratici di Sinistra, maggioranza di governo cittadino, anche se l’azione non ha raggiunto l’obiettivo posto.
[cclxxvi] Ha continuato l’opera di arredo urbano la giunta guidata dal sindaco Michele Farina, che è subentrata a quella di Franco Lombardi, entrambi del partito della Margherita. L’elezione del Sindaco Farina resterà negli annali in quanto segna un consenso della coalizione a sostegno, al primo turno elettorale, di oltre il 70% dei consensi. E’ vicesindaco Carlo d’Angelo, del partito dei Democratici di Sinistra.
[cclxxvii] Ha accolto l’invito di mons. Cesare Scarpa ad intervenire nella ricerca di fondi ed in opera di restauro il Comitato dei festeggiamenti patronali in onore di San Michele Arcangelo, presieduto dal sig. Giuseppe Riccio, in coadiuvazione dei f.lli Ardolino, di cui Pasquale vice presidente.
Il percorso ideale per far conoscere il monumento inizia con i portali marmorei realizzati da Di Lucca, su XE "Di Lucca:Antonio"disegno degli amministratori della chiesa, realizzati nell’arco di dieci mesi a decorrere dal 22 giugno del 1750[1], quindi entro la primavera del 1751, quietati però nel 1750.
Il portale principale ha una doppia cornice, quella interna lateralmente presenta un fregioÂÂ orizzontale, mentre l'altra ha al centro un cartiglio e una conchiglia. Si scorgono due lesene, che addossateÂÂ al corpo marmoreo, sorreggonoÂÂ la trabeazione ed il timpano. Quest'ultimo, ricurvo, è spezzato al centro ove ospita quella che fu l’Impresa della Università di Maddaloni[2].
Questo Stemma Cittadino, è molto lavorato ed è in marmo bianco di Carrara, come lo sono del resto le cornici dei portali stessi, che presentano anche accenni di motivi vegetali. Lo stesso presenta tra le varie curve e cartocci sull'alto una corona ducale[3], con sotto simboli vegetali. All'interno si vedono due leoni coronati e contrapposti ad un pagliaio a forma di piramide che sulla sommità presenta una mezza luna[4]. Lo stemma in oggetto secondo de SivoXE "de Sivo:Giacinto" fu adottato dall'Amministrazione nel 1740, ma facendo una analisi accurata con il contributo delle Dissertazioni di PiscitelliXE "Piscitelli:Francesco", e di alcune documentazioni d’archivio si giunge alla conclusione che fu adottato nel 1704 da Carlo CarafaXE "Carafa:Carlo" su consiglio dell'arciprete Francesco Maria CarforaXE "Carfora:Francesco Maria". Esso, Rimase “Impresa” dell'Università di Maddaloni fino al 18 agosto 1879 allorquando in consiglio comunale, per intervento del consigliere Pasquale Castaldi prima, e il 26 gennaio 1880 per opera del Consiglio Comunale tutto, poi, fu soppresso ripristinando quello del castello e delle torri. Per lo stemma in facciata alla chiesa furono stanziati 225 ducati il 13 agosto del 1742 dall’Amministrazione Comunale di Maddaloni, in virtù del patronato che la stessa aveva sulla chiesa[5]. Quasi con le stesse caratteristiche del principale, anche se di dimensioni relativamente più piccole, si presenta il portale laterale. Questo a differenza del primo ha un timpano ricurvo completo e la scalinata di pietre calcaree con sul davanti otto scalini, mentre quella del portale principale con tre, realizzati da Giuseppe Correale, nel 1754, usando la pietra detta di San Jorio. I portali, come probabilmente anche lo stemma cittadino, sono stati realizzati da Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", e ultimati per la consegna formale agli amministratori della chiesa, unitamente alle altre opere dello stesso napoletano, entro l'anno 1755[6]. Sui corpi marmorei laterali dei portali figurano due particolari lavorati che evidenziano delle rimembranze di quell'arte roccocogiante napoletana che nel marmoraro va scomparendo.ÂÂ
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La facciata principale della chiesa, opera dello stuccatore napoletano Michele SantulloXE "Santullo:Michele"[7], è tripartita con stucchi e pilastri, con capitelli di stile corinzio.
Negli spazi laterali vi sono due nicchie che nella mente degli amministratori della chiesa erano destinate ad ospitare statue, a quanto sembra, mai realizzate.
Nel piano superiore di queste vi sono due cornici vuote inserite in una composizioniÂÂ classicheggiante, mentre al di sopra del portale, al centro tra le dette composizioni, vi è una vetrata.
La facciata, individuate le vicissitudini finanziarie, fa parte delle opere finali ad essere realizzate, come si evince dalla committenza in data 22 giugno del 1750, destinataÂÂ a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" e SantulloXE "Santullo:Michele".
Dopo la realizzazione dei portali lo stuccatore napoletano Santullo si apprestava a realizzare gli stucchi come dal disegno avanzato dagli amministratori della chiesa, ingrandendo, tra l’altro, le nicchie laterali al portale principale, per le statue da mettersi postume per opera degli stessi governatori della chiesa, “il tutto quietato nel dicembre del 1750”[8].
de SivoXE "de Sivo:Giacinto" parlando della volta interna dice che “...tutta è messa a stucchi con colonne scannellate capitelli d'ordine composito. Sul cornicione che va intorno sono grandi vetriere, e poi la volta finta, a cannucce. Si vedono sedenti sul cornicione sei angioloni di stucco, due di fronte, sopra il coro, e due su ciascun altare della crociera; la quale ha quattro grandi archi,che sostengono ampia e alta cupola illuminata da otto finestroni...”. In effetti la volta risulta essere di motivi baccariani[9]. Al di sopra del coro la decorazione presenta tralci fioritiÂÂ con volute più curate nei particolari e molto più voluminose delle restanti presenti nella navata.
Sul fondo di quest’ultima, al centro del timpano spezzato, v'è una nicchia con una statua in stucco di San Giovanni Battista con due puttini ai piedi[10].
Passando alla documentazione d’archivio va citato l’atto notarile del 29 giugno del 1742,ÂÂ rogato da Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea"[11],ÂÂ in cui si evidenzia come il maestro stuccatore di Napoli Michele SantulloXE "Santullo:Michele" abbia già realizzato gli stucchi dei cappelloni laterali, il presbiterio, la cupola e il coro su disegno di Antonio Canevari[12], nell’atto riportato come Antonio Cannavaro[13].ÂÂ
Gli amministratori della chiesa, nella stessa occasione, commissionarono la realizzazione degli stucchi e dei cornicioni della navata della chiesa, dando la scadenza di dieci mesi,ÂÂ da farsi secondo i disegni ed il modello del detto architetto romano[14].
L'atto segue con una serie di note di spesa per le varie canne di stucco da utilizzarsi[15]. “Terminata l’opera di rivestimento decorativo interno e completati i pagamenti al mastro stuccatore Michele SantulloXE "Santullo:Michele" nel marzo del 1743, gli Economi aspetteranno un anno per realizzare 4 sedie in pelle, con inciso in oro lo stemma della città, da mettere a disposizione delle personalità durante le funzioni sacre”[16].
Si chiarisce che sempre SantulloXE "Santullo:Michele" e Di Lucca avranno la cura XE "Di Lucca:Antonio"della sistemazione delle facciate esterne.
Passiamo ora ad un'altra argomentazione: le quattro vetrate artistiche della chiesa.
Sul fondo della navata c'è una che raffigura il Calice con l'Ostia con sotto lo stemma del Vescovo di Caserta mons. Vito Roberti e l'anno 1973, anche se risultano spese per acquisti di vetri e per sistemazione vetrate, già, dal dicembre 1971.ÂÂ
Al di sopra del coro un'altra vetrata rappresenta una colomba con il tema della discesa dello Spirito Santo.
Nel transetto sinistra ve ne è una con il santo protettore San Michele,ÂÂ e nel transetto destroÂÂ v'è una che rappresenta la Madonna[17] che ha nella mani un modello della chiesa di San Giovanni in Laterano.
Proseguendo nella visita ideale della nostra chiesa va detto che lungo le colonne della stessaÂÂ vi sono dei tondi marmorei che sono stati realizzati da Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", servendosi forse delle lavorazioni in rame di Domenico FioreXE "Fiore:Domenico",ÂÂ vista la similitudine della croce, con uva e grano, presente nel paliotto dell'altare maggiore[18].
Questi sono ricchiÂÂ di marmi eleganti come quelli dell'altare da lui realizzata[19].
Di rame indorato sono anche i settecenteschi lampadari e torce presenti nelle singole cappelle della chiesa e lungoÂÂ le pareti della stessa[20].
Di relativo interesse artistico e storico, in quanto di recente realizzazione, sono le stazioni della Via Crucis lungo le pareti della chiesa[21].
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Questo paragrafo offre l’opportunità di cogliere l’importanza storica delle epigrafi.
Come si evincerà nel testo le opere monumentali, i libri, le tradizioni orali e scritte servono a ricostruire la nostra storia, ma quella che a volte ci è più di aiuto è la presenza di epigrafi, basta pensare al grande repertorio che ci ha lasciato Mommsen, il grande storico dell'antichità che penso di riunirle, quelle conosciute al suo tempo, tutte in un testo.
Italo Calvino nel ricordare le antiche città romane riferisce di "scritte presenti dappertutto, dipinte, graffite, incise... ora pubblicitarie, ora politiche, ora funerarie, ora celebrative..." [22], e proprio di quest'ultimo tipo, principalmente, anche se di qualche secolo postume, sono quelle che si riportano. Sulle orme di Teodoro Mommsen siÂÂ cerca di fare lo stesso per le epigrafi della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Passiamo alle stesse.
Per chi viene dall'entrata laterale, nel bel mezzo di una colonna troviamo a sinistra la prima lapideÂÂ che porta lo stemma della famiglia De Rossi, un membro della qualeÂÂ al tempo della sistemazione della lapide era il Vescovo della Diocesi di Caserta.ÂÂ
La scritta ricorda, di una concessione che si fa ai cappellani della chiesa, di un privilegio relativo al permesso di poter vestirsi di un particolare indumento.
Eccone la trascrizione:
D.O.M.
HENRICO DE ROSSI
PATRICIO NEAPOLITANO
EX MARCHIONIBVS CASTRIPETRVSII
CASERTANAE DIOCESEOS EPISCOPO
DIVINI CVLTVS SACRIQVE SPLENDORIS
AMATISSIMO
QVI
ENIXAS SACERTDOTVM HVIVS VENERABILIS ECCLESIAE
SERVITIO ADDICTORUM
PRECES ATQVE VOTA
BENIGNE EXCIPIENS
KALENDIS JVNIIS MDCCCLXXXVII LVBENS ANNVIT
VT IPSI
IN SACRIS PERAGENDIS
INSIGNIORIBVS INDVMENTIS
AD FIMBRIAS PELLE MVSTELAE ERMINEAE
VVLGO ERMELLINO
EXORNATIS
IN POSTERUM VTERENTVM
COLLEGIVM HOC
NOVISSIMO DONATVM PRIVILEGIO
CVM SVIS PRO TEMPORE CVRATORIBVS
IN GRATI ANIMI TESTEM
POSVIT
DIE XV JVLII MDCCCLXXXVII
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Alla destra del portale principale v'è la seguente lapide che ricorda il Vescovo mons. Gennaro Albertino che fu Ordinario della Diocesi di Caserta[23].
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Eccone la trascrizione:
IANVARIVS ALBERTINVS
CASERTANORUM EPISCOPVS
PRO DOMVS DEI DECORE AC CVLTV
VIGILANTISSIMVS
TEMPLVM HOC CVM ARA
SVB ECCLESIAE LATERANENSIS
FIDE AC TVTELA
ERECTVM
EX SACRARVM CEREMONIARVM
PRAESCRIPTO
ATQVE MORE MAIORVM RITV SOLEMNI
CONSECRAVIT DEDICAVITQVE
V .KAL .IVN .MDCCLXV
PRO ANNVA HVIVS DEDICATIONIS
MEMORIA RECOLENDA
DIE DOMINICA
POST OCTAVAM CORPORIS CHRISTI
STATVTA
IPSVM TVNC SANCTE INVISENTIBVS
RATASQVE PERSOLVENTIBVS PRECES
QVADRAGINTA DIERVM INDVLGENTIAM
LVBENS ELARGITVS EST
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Alla sinistra del portale principale c'è iscrizione del 1788 che riguarda il Vescovo di Caserta mons. Domenico Pignatello, con la quale si ricorda l'episodio che vede il Vescovo concedere l'Almuzia ai cappellani della chiesa, ciò esortato dall'amministrazione comunale attraverso il duca.
Ecco la trascrizione:
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DOMINICO PIGNATELLO
PATRICIO NEAPOLITANO
E BELMONTIS PRINCIPIBVS
CLERICORVM REGVLARIVM OLIM GENERALI
CASERTANORVM EPISCOPO
MVINIFICENTIA RELIGIONE VIGILANTIA
VNI SVAE AETATIS PRAECELLENTISSIMO
QVOD
SVIS ADJVANTE OFFICIIS
PHILIPPO CARAFA CERRETI COMITE
MAGDALVNENSIS DVCIS
PRO NEPOTIS SVI
DOMVM REGENTE
SACERDOTES SS.MI CHRISTI CORPORIS TEMPLO
CIVITATIS MAGDALVNENSIS CONSPICVO
SVB PERPETVO IPSORVM DVCVM TVTAMINE
ADSCRIPTOS
NE QVID EJVS DEESSET DECORI
QVIBVS MODO
INSIGNORIBVS VTUNTVR INDVMENTIS
PRO SVO IVRE HONESTARIT ORNARIT
TEMPLI MAGISTER
LAPIDEM TANTI BENEFICII TESTEM
P.C. ANNO MDCCLXXXVIII
ÂÂ
La seconda cappella, a sinistra, della chiesa è di patronato della famiglia Iorio come ci riferisce lo stesso de SivoXE "de Sivo:Giacinto".
A dimostrazione di ciò troviamo all'interno della stessa questa epigrafe:
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D.O.M.
GENTILIUM HOC SACELLUM VETUSTATE SQUALIDUM
THOMAS JOSEPHI FILIUS JORIO
PATRONATUS MUNIA EXERCENS
SUMPTU SUO EXPLOVIT
QUOD VETUS SUAE FAMILIAE JUS
JAM OLIM CUM SEPULTURAE PRIVILEGIO CONJUNCTUM
TEMPORIS LONGIQUITATE NE PEREAT
MARMOREO HOC MONUMENTO
CONSIGNANDUM CURAVIT
ANNO MDCCCL
ÂÂ
Dietro l'altare vanvitelliano, nel presbiterio, c'è l'iscrizione che ricorda l'evento della realizzazione dell'opera monumentale, ricordandone anche i personaggi cardini della vicenda, oltre al duca, il governatore della chiesa e il realizzatore dell'opera.
Eccone la trascrizione:
D.O.M.
CAROLO PACECCO CARAFA
DECIMO MAGDALONI DVCE BENEFICENTISSIMO
VIGILI HVIVS SANCTI TEMPLI PROTECTORE
EVCHARISTICO NVMINI
ARAM MAXIMAM
PRO SACRIS DEOÂÂ HABENDIS PVBLICISQVE PRECIBVS
ALTISSIMO PORRIGENDIS
V.I.D. NICOLAVS PISANTE GVBERNATOR ET OECONOMVS
MAGNIFICE ERIGI CVRAVIT
ALOYSIO VAMMITELLI
S.R.M. FERDINANDI IV.VTRIVSQVE SICILIAE REGIS
ARCHITECTO CLARISSIMO
ANTINIVS DE LVCCA SVMPTIBVS AECCLESIAE
FECIT
ANNO REDEMPTIONIS NOSTRAE MDCCLXIII
ÂÂ
Passiamo opra alle epigrafi non più esistenti.
Nel 1599 il reverendo Giovan Battista de Agostino, del cui patronato era il quadro “ Sposalizio della Vergine" di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[24] e della cappella di sepoltura[25] ÂÂ nella chiesaÂÂ cinquecentesca, fece mettereÂÂ l'epigrafe che segue con lo stemma della sua famiglia:
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D.O.M.
D. JOANNE BATTISTA DE AUGUSTINO
CHRISTIANA PIETATE INCENSUS SACELLUM HOC GLORIOSISSIME VINGINI
DIVI JOSEPHI SPONTE DICATUM
UNA CUM MONUMENTO PRO SE SIUSQUE NEPOTIBUS FACENDUMÂÂ CURAVIT
ANNO SALUTIS 1599 PRIDIE CALENDAS VERO OCTOBRIS
ÂÂ
Nel 1887, a Maddaloni come nel resto d'Italia, si svolgevano commemorazioni funebri in ricordo dei caduti di Dogali nella Campagna d'Africa.
A Maddaloni, il 18 febbraio di quello stesso anno fu inaugurata una epigrafe commemorativa, a spese del Comune di Maddaloni. Durante la manifestazione tenne un discorso il segretario Comunale del tempo Domenico Romano[26], in ricordo, in particolare, del maddalonese Lorenzo Ferraro caduto.
Ecco la epigrafe, a firma di Vincenzo Quintavalle, che fu posta “ sulla porta della Chiesa", ove ora non è più:
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D. O. M.
AI PRODI FIGLI D'ITALIA
CHE
NELLE INOSPITALI CONTRADE AFRICANE
MANTENENDO ALTOÂÂ IL VESSILLO DELLA PATRIA
A DOGALI NOVELLA TERMOPOLI
CADDERO GLORIOSAMENTE PUGNANDO
RENDE FUNEBRI ONORI
V. QUINTAVALLE
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Restando in tema di orazioni di una certa importanza avutesi nella chiesa va citata quella di Giovambattista De Liguoro, giureconsulta e abile oratore maddalonese, che il 5 marzo 1879 ricordò la morte di Carlo III cennando in particolare il titolo di Città che lo stesso ha elargito a Maddaloni[27].
Le due acquasantiere[28] sul fondo della chiesa, poste sui pilastri d’ingresso, anch’esse opera di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio"[29], hanno per caratteristica principale la conchiglia aperta, tipica di VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi".
Altre due acquasantiere di uguali disegni e marmi, anche se di minori dimensioni, si possono trovare nel duomo di Marcianise[30].
Le nostre hanno una vasca a forma di conchiglia fatta di marmoÂÂ di cordiglio che è situata su di una mensola avente forma aspirale, al di sopra, inserito nella parete, v'è un'ante ponente che è dello stesso marmo, sempre a forma di conchiglia.
All'interno di questo v'è un'altra conchiglia inserita più piccola di marmo bianco di Carrara, mentre completa il tutto una miriadi di arricciature.
Dall'atto notarile del 08 settembre del 1792, del notaio Aniello PascarellaXE "Pascarella:Aniello"[31], si evince, la commissione delle stesse, attraverso, una relazione del tavolario Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio", datata 18 febbraio 1782.
Da quest’ultima si legge come il tutto dovrà costare agli amministratori della chiesa 190 ducati[32].
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Iniziamo il nostro percorso interno con la prima cappella sulla sinistra di chi entraÂÂ dal portale principale, denominata dell' “Ecce Homo”, che ha un altare di pietra semplice e ciborio marmoreo[33].
La stessaÂÂ è così ricordata da de SivoXE "de Sivo:Giacinto": "...ha la balaustra di marmo e per le pareti cinque quadretti dei misteri dolorosi..."[34].ÂÂ
Un tempo, in quasi tutte le cappelle, vi erano altari in muratura[35] che, compreso il nostro,ÂÂ furonoÂÂ opera di Antonio Di Lucca[36].
Questi altari, oggi non più esistenti, fino alla loro presenza risalente agli anni '70 del secolo scorso, avevano una balaustra di ferro con il passamano in legno[37].
La cappella, stilisticamente, si differenzia dalle altre per le poche decorazioni in stucco, ma risulta significativo il richiamo all'altare vanvitelliano[38].
A dimostrazione, si noti che il paliotto è concavo come quello dell'altare maggiore.
La diversa dimensione della cappella condiziona la composizione della stessa, in quanto è l'unica che al posto del quadro ha una piccola nicchia sormontata da un timpano. Ciò è dovuto al fatto che di fronte non c'è nessuna cappella come per le altre bensì l'entrata laterale della chiesa.
All'interno della nicchia, sopra l'altarino, v'è un mezzo busto di gesso raffigurante Gesù Sofferente.
Questo, che rappresenta Gesù Re in procinto di morire[39], ha un manto rosso e le braccia conserte mentre lo sguardo invocante perdono per i suoi crocifissori è rivolto al Padre verso l'alto. Il volto sofferente è coronato di spine.
Dagli stucchi delle pareti della cappella, mal tenuti, si evidenziano le forme ovali, ai lati ed al di sopra del Cristo, di tre cornici ospitanti dei dipinti realizzati in “medaglioni” di circa 50 cm, che secondo la schedatura della sopraintendenza dovevano essere sei[40], che furono eseguiti con tecnica ad affresco, come ricordano testimonianze documentali della soprintendenza casertana.
Questi furono definiti opere di ambito solimeniano, raffiguravano episodi della vita di Gesù[41].
Con il 1972, ed i primi restauri interni della chiesa, per permettere il restauro degli stucchi, le tele furono asportate, da quel momento mai più riposizionate al posto di origine,ed a quanto sembra neanche conservate in chiesa.
Passiamo ora alle vicende socio religiose della stessa cappella.
Questa fu benedetta ilÂÂ 30 giugno del 1793 e fu affidata al priore, e rettore della chiesa, D. Salvatore Criciglione[42].
Al momento è dedicata al beneventano medico santo le cui spoglie si conservano nella chiesa del Gesù Nuovo di Napoli: San Giuseppe Moscati[43].
Dal registro parrocchiale, redatto da don Benedetto Bernando[44] dal 1969 al 1978, conservato presso la neo Basilica, si legge che la dedicazione della cappella avvenneÂÂ sabato 12 giugno 1976[45].
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Con questa cappella, conosciuta anche come quella del Purgatorio, iniziano le cappelle di patronato[46].
Questa, seconda cappella a sinistra dell'entrata principale, è di patronato della famiglia Iorio come riferisceÂÂ de Sivo edXE "de Sivo:Giacinto" attesta unaÂÂ stele del 1850 lì presente.
All'interno della cappella c'è un quadro di Giovanni Balducci[47], tempera su tela del XVII secolo che ha un discreto stato di conservazione. Il titolo con il quale si vuole identificare il quadro è La Madonna delle Anime Purganti[48].ÂÂ Complessivamente il dipinto richiama un'altra operaÂÂ dal titolo quasi simile di Beccafumo: S. Michele Arcangelo e le Anime purgantiÂÂ presente a Siena nella chiesa del Carmine[49] che a sua volta risente dell'influenza di Machuca[50].
Uno studio sull'opera di Balducci a Maddaloni è stato realizzato daÂÂ Palma[51]ÂÂ nel qualeÂÂ si afferma che motivi arcaici nell'eleganza delle figure si riscontrano soprattutto nella parte superiore dell'opera, oltre aÂÂ “motivi neoquattrocenteschi mediati dal classicismo sartesco”.ÂÂ
Una caratteristica di Balducci, è il morbido imposto dei colori tra toni acidi e forti dissolvenze nelle zone illuminate. La Vergine, nell’opera, è sostenuta nel vuoto da unaÂÂ schiera di angioletti, i quali posti alle sue spalle a semicerchio intercedono presso la stessa figura materna di Maria per le anime che anelano alla stessa e presenti nella parte bassa del dipinto. “E come se la composizione scenica fosse disposta su due piani:in quello inferiore prevalgono tinte scure che a mano a mano, poi nella zona superiore si rischiarisconoÂÂ e acquistano maggiore luminosità.... La composizione appare,come tutte le opere del nostro artista, magistralmente regolata e scanditaÂÂ nei vari piani"[52].
Per la curiosità di chi legge va detto che la cappella è anche detta “Santuario di Maria Immacolata di Lourdes”[53].
ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ Cappella Visitapoveri
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La cappella dei Visitapoveri, terza sulla sinistra dell'entrata principale, è dettaÂÂ anche cappella della Congregazione del SS. Corpo di Cristo.
Il nome Visitapoveri è dovuto alla presenza anni faÂÂ di un quadroÂÂ con tale titolo[54].
Dalla Platea Magna del 1719[55]ÂÂ si evidenzia del come il 7 settembre del 1616[56]ÂÂ gli amministratori della chiesa hanno reso autonoma la cappella, donandola alla Congrega del SS. Corpo di Cristo, che era tenuta a nominare annualmente gli amministratori, coinvolgendo l’assemblea dei confratelli.
All’atto della stipula, la cappella aveva una rendita di 30 ducati annui, e si stabilì che qualora si fosse deciso di portare fuori dalla chiesa del SS. Corpo di Cristo il titolo della Cappella, gli ornamenti e rendite sarebbero restati alla chiesa, ed ancora che è data la possibilità alla Congregazione di fare una sepoltura per servizio dei confratelli nella stessa[57] , oltre a tenere le offerte che si fanno dai vespri a tutto il giorno della festa della Beata Vergine Maria dei Visitapoveri.
Si convenne che i confratelli non potevano servirsi che dei celebranti della chiesa, e tutte le offerte fatte alla cappella dovevano darsi ai poveri e registrarsi in un apposito registro, e tutto quanto è fatto da gli stessi economi era sottoposto al controllo degli amministratori della chiesa.
Nella stessa occasione gli amministratori della Congrega s’impegnarono a far porre sopra l'altare la cona di S. Maria Visita Poveri, entro e non oltre, la scadenza di un mese dalla redazione dell'atto[58].
Qui finisce la trattazione della stipula del 7 settembre del 1616.
Sebbene l’atto non si prestasse ad interpretazioni il 12 giugno del 1872, presso la Curia furono convocati gli amministratori della chiesa e quelli della Congregazione, sotto la cui protezione è la cappella, per deliberare circa la vicenda che ha visto il 2 febbraio festa della Vergine Visita Poveri l'amministrazione della chiesa raccogliere le offerte fatte alla cappella[59].
Il Vescovo, in virtù dell'atto notarile di de Roberto del 1616, dispose che per l’occasione le offerte fossero date alla congregazione[60].
Questo fatto non fermò gli amministratori della chiesa al punto che già al 22 gennaio del 1875 il Vescovo di Caserta rientra in merito riferendo che la chiesa aveva iniziato a fare un novenario per conto suo per la Vergine dei Visita Poveri o ÂÂ Vergine della Purificazione, per cui decide che di mattina la chiesa faccia il suo novenario e di pomeriggio lo faccia la Congregazione nella cappella[61].
Passando ora alla descrizione artistica della cappella c’è da fare una precisazione: in occasione del 50° anno di sacerdozio di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", il 25 giugno 1994, parroco di S. Aniello in SS. Corpo di Cristo, il Vescovo di Caserta, mons. Raffaele NogaroXE "Nogaro:Raffaele", benedì le riproduzioni delle tele trafugate la notte tra il 14 e 15 luglio del 1991, tra cui figura quella della Madonna dei Visitapoveri.
Nel 1994 la copia del quadro del Salvatore o Cristo Portacroce, di Pompeo Lanfolfo (1592) dalla seconda cappella a destra dell'entrata è stato messo nella terza cappella a sinistra della chiesa[62].
Mentre il quadro dellaÂÂ Madonna della Misericordia o Dei Visitapoveri, di Fabrizio Santafede (XVI sec.) che era essere lì collocato è stato sistemato al posto di quello di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" dal titolo Cristo Portacroce[63].
Per evitare confusione si tratta della riproduzione ora presente.
Il quadro rappresenta il Salvatore, con perizoma bianco, che regge una croce con due angeli che in ginocchio, ai suoi piedi, lo aiutano[64].
In basso, si riproduce una processione funebre che è diretta probabilmente ad una fabbrica che si crede essere la nostra chiesa cinquecentesca, infatti, si nota dinnanzi la chiesa dell'A.G.P.[65].
Nella stessa cappella nel centro, ai piedi del quadro, vi sono tre scarabattole di legno che sorreggono al centro la foto del quadro della Madonna di Pompei[66], alla destra la statua di Sant’Aniello e sulla sinistra quellaÂÂ di Santa Lucia. Ai lati della cappella vi sono due nicchie incastonate nelle pareti; in quella destra c'è la statua di Santa Apollonia e in quella sinistra quella di S. LuigiXE "Briganti:Luigi".
Passiamo ora alla trattazione delle statue: quella di Sant’Aniello è recente ed è in gesso[67], mentre quella di Santa Lucia è di legno policromo ed è del XVII secolo[68]. La collocazione d'origine di questa era nell'antica chiesa di Sant’Aniello[69].
La statua di Sant’Apollonia differisce di poco da quella di Santa Lucia, infatti, la primaÂÂ presentava come simboli del martirio la tenaglia, ora mancante, ed il martello e la veste gialla, per il resto vale il discorso fatto per la statua di Santa Lucia. “Ciò non significa che è del medesimo scultore, perché l'abbigliamento delle due santeÂÂ corrisponde a schemi conformi alla moda del tempo riferiti anche nella scheda di S. Lucia.”
La statua di San LuigiXE "Briganti:Luigi" è di cartapesta e presenta la tunica nera con la cotta bianca ricamata sulle maniche e sul fondo[70]. La statua credo che sia vecchia non più di un secolo e di mano campana.
Dopo aver riferito brevemente delle statue passiamo alla vita sociale della cappella.
La cappella ha di per sé sempre avuto molte donazioni come si attesta nell'Archivio di Stato di Caserta con il notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea"[71]. Rendite della cappella si rilevano dal Catasto seu Bastarduolo, conservato presso la Biblioteca Comunale in Maddaloni, in particolare nel volume dell'anno 1800 vi sono elencate tutti pesi e gli utilizzi. Altre rendite si rilevano dal volumeÂÂ Stato generale delle rendite e pesi della beneficenza di Maddaloni per l'Esercizio del 1815, conservato nello stesso luogo. Una donazione si ha l'11 marzo 1782 ad opera del magnifico Carlo Quintavalle[72]. Una altra donazione la si registra il 4 giugno 1798[73]ÂÂ da parte di BiagioÂÂ Cirino e Bartolomeo dell'Amorosa di ducati cinquecento legati ad un caseggiato ipotecato, con quattordici stanze, sito nella zona detta di Sant’Antonio Abate.
Nella stessa cappella aveva sede il Monte dei Morti della Congregazione del SS. Corpo di Cristo, il cui priore e consegnatario delle libro delle rendite per gli anni 1870 e 1871 fu il don Domenico Izzo[74].
Durante l'episcopato di mons. Enrico De’ Rossi, nella seconda metà del XIX secolo, in molte parrocchie della Diocesi si erano diffuse le Congreghe di Carità,ÂÂ per offrire aiuto ai poveri, a Maddaloni come punto di riferimento nella Congrega di Carità era la nostra cappella dei Visitapoveri[75].
Alla cappella come alla chiesa erano tante le messe devozionali commissionate, come si vedrà in seguito grazie ai tanti registri venuti alla luce nel corso delle ricerche nei vari archivi.
Una descrizione delle modalità con le quali anche nelle nostre zone, per riscontro, venivano le messe richieste la si evince da un articolo del 1866 di Francesco Mastriani. Lo stesso evidenzia il culto mariano e la forma di elemosina che portava, probabilmente anche a Maddaloni, alla commissione della cosiddetta “Messa pezzuta”[76].
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La cappella di patronato Mazzone, a seguire nella passeggiata del lettore, prende il titolo dal nome del dipinto ivi presente dedicato alla Madonna del Carmine.
La stessa un tempo apparteneva alla famiglia de’ Mazzone, o Mazzoni, della quale conserva il riferimento.
Questa cappella presenta al centro una scarabattola su cui v'è la statua in gesso di San Giuseppe con il Bambino di recente manifattura[77].
Il quadro presente è stato anche titolato: Madonna con il Bambino e Santa Caterina. Lo stesso è opera di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[78], realizzato tra il 1588 e il 1609, e presenta condizioni disagiateÂÂ a causaÂÂ del distaccoÂÂ di alcune tavole che lo compongono[79].
Va detto, per la parte finanziaria, che a tergo del Foglio 91 della Platea Magna del 1760 della stessa chiesa vi è un peso di messe (commissione di messe votive) di Silvaggio Mazzone, del cui patronato è la Cappella[80], ove siÂÂ precisa che gli si deve il peso dedottane le speseÂÂ per i suppellettili gli ornamenti che occorrono[81].
Nella prima metà del settecento per mano del notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" alla stessa Cappella vengono fatti altri donativi[82].
In questo paragrafo si tratterà dell’argomentazione che riguarda entrambi gli organi, posti tra la fine della navata e l’ingresso del presbiterio. Gli organi[83], composti da legno e metalli vari, sono stati realizzati in pieno XVIII secolo dal maddalonese Grauso, mentre nel 1754 da Nicola di Luca e Andrea d’Ambrosio saranno indorati con i due balconi[84].ÂÂ Gli organi sono due, quello del lato destro, cioè dal lato dell'altare dell'epistola è finto, quello sinistro è vero ed ha un suono grave ed armonioso.ÂÂ
Una scheda tecnica sulla struttura dello strumento musicale è offerta da Fabio D’Amato, organista della corale diocesana di Caserta, nel suo contribuito sugli organi a canne presenti negli edifici sacri della Diocesi diÂÂ Caserta[85].
Il complesso dei due organi sorge in una monumentale corniceÂÂ di stile barocco, avente al centro quattro lesene con lo scopo di sorreggere il gruppo di canne sopra le quali, oltre ai coronamenti e alle volute, vi è un timpano spezzato. Sopra la balconata troviamo il simbolo della chiesa sorretto nel vuoto da due angeli che con trombe rappresentati nell’atto di suonare.ÂÂ Tutto questo inserite come anteponente del balcone dorato dalla forma baroccheggiante avente sulla parte facciale un testa di angelo tra miriade di decorazioni.ÂÂ Ondulata è anche la parte sottostante la base del balcone.ÂÂ Molti sono i tralci fioriti e le teste di putti presenti sul palco che sorregge l'organo. E' autore degli organi Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola", cioè colui il quale ha realizzato il restante arredo settecentesco, coro, sagrestia, della stessa chiesa[86].ÂÂ GrausoXE "Grauso:Nicola" è, anche, ricordato nel 1785 per la realizzazione nella Basilica di S. Maria Capua Vetere di un’opera lignea comprendente il coro e balconi d'organo le cui fattezze dovevano rispecchiare quelle delle opere, si intuisceÂÂ come già realizzate, nella chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni[87].
Proseguendo lungo la navata sinistra eccoci arrivati al presbiterio.
Qui sulla destra e sulla sinistra vi sono i due altari realizzati da Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", nel centro v'è il complesso vanvitelliano composto da Altare, pavimento e balaustra.
Di notevole rilievo sono anche gli enormi dipinti[88].
All’estremità sinistra della balaustra vi è una statua del Sacro Cuore di Gesù, mentre a quella destra, quella dellaÂÂ Madonna dell'Ancora della Salvezza o della Speranza.
La statua del Sacro Cuore di Gesù, di gesso, ha altezza d'uomo[89], mentre quella lignea della Madonna dell'Ancora della SalvezzaÂÂ ha un'altezza media ed un ottimoÂÂ stato di conservazione.
La statua Madonna dell'Ancora della Salvezza è opera di Giuseppe Maffia ed è databile 1886. L’artista, come ricorda una iscrizione posta alla base posteriore della statua, che ci consegna anche la dataÂÂ di realizzazione,al tempo operava in Napoli alla via Duomo civico 132[90].
L’artista Mafia rappresenta la Vergine con lo sguardo rivolto al basso vestendo "di un caldo colore di terra di Siena bruciata, è cosparsa di fiori dorati come il mantello; con doratura dei bordi. La Vergine ha il piede sinistro proteso in avanti, la mano sinistra regge l'ancora della Salvezza, la destra il bambino Gesù che è di resina (l'originale fu trafugato da ignoti)”[91].
L’ originale del Bambino, da una incisione non successiva al 1970, e comunque di metà secolo, risulta simile a quello attuale, che non era coronato, ma aveva dei raggi che uscivano da dietro il cranio[92].
Al di sotto della statua è molto interessante il basamento ligneo lavorato a piani e tutto dorato[93].
La statuaÂÂ è stata recentemente interessata da un restauro, che rientra nell’opera di recupero della chiesa avviata da oltre un ventennio dall’attuale rettore della Basilica, a cura del Maestro Gustavo Viscusi, già operante nella chiesa come in diverse chiede della Diocesi di Caserta, iniziato nel maggio del 2006 e terminato il 4 agosto 2006, per volontà del rettore della chiesa mons. Cesare Scarpa, il quale era intenzionato a tal intervento già in occasione del recente anno mariano. L’inaugurazione della statua restaurata è avvenuta nella basilica il 6 agosto 2006 durante una celebrazione eucaristica che ha visto la partecipazione del popolo di Dio di tutta la città[94].
Il presbiterio attuale sorge ove un tempo era l'Ospizio di Case delli Palladini[95]. Infatti, i primi di aprile del 1721 fu abbattuto tale ospizio (gruppo di case) e sopra lo stesso furono fatti il coro e i due cappelloni laterali, di conseguenza, il presbiterio con pertinenze.
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Il transetto sinistro è detto, anche, in cornu evangeli, in questo, come in quello destro, vi è un altare valutato il 28 febbraio del 1782 da Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio"[96] e realizzato dal marmoraro Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".ÂÂ
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" riguardo gli stessi sostiene: “la semplicità della composizione, espressa geometricamente dai marmi scuri, si fonde, con equilibrio, ai particolari modellati delle volute sorreggenti la mensa ed i capo-altari e rappresenta il giusto completamento di uno spazio dove l'altare del VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" costituisceÂÂ l'emergenza principale. La provincialità della committenza raffiora in altre tarde realizzazioni”[97].
I detti altari vengono commissionati a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" il 12ÂÂ ottobre del 1775, e presentano al di sopra dei livelli due crociÂÂ variamente decorateÂÂ e dorate con teste di cherubini[98].
Il paliotto dell'altare che geometricamente forma una croce al centro e presenta volute di marmo bianco, ha una cornice di marmo scuro, mentre il ciborio è in marmo giallo di SienaÂÂ con testa di cherubino.
L'altare del transetto sinistro presenta una porticina di rame indorato per il Tabernacolo, costata 35 ducati[99].
L'altareÂÂ del transetto destro, invece, presenta una lastra di marmo al posto della porticina, come si evince in una relazione sulle opere di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" eseguite nella stessa chiesa al dì 18 febbraio 1782, a firma di SalernoXE "Salerno:Orazio"[100].
Per meglio argomentare la commissione degli altari è opportuno approfondire l'atto notarile del 12 ottobre del 1775, rogato dal notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello".
Alla presenza del notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" sono Nicola Pisanti, Economo e Amministratore della chiesa, e il mastro marmoraro Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" di Napoli, che risiede nelle case di Santa Maria del Popolo nella stessa città di Maddaloni[101].
Si commissionano, quindi, a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" due altari da realizzarsi nelle cappelle laterali del presbiterio, ai lati dell'altare maggiore[102].
Entrambi devono avere capi altareÂÂ a volute e presentare due scalini al di sopra della mensa.ÂÂ La croce di rilievo in mezzo al paliotto deve essere di giallo di Verona. Il primo gradino, della mensa, lo si commissiona di Brogatello di Spagna mentre il secondo, quello grande, deve essere di Breccia di Sicilia e con tavolette di marmo scorniciate sopra[103].
Si riferisceÂÂ che li stessi devono essere consegnati agli amministratori entro la festa del SS. Corpo di Cristo dell'anno 1776[104].
Proseguendo la conoscenza del transetto sinistro apprendiamo che ivi era possibile ammirare un crocifisso fino a pochi anni or sono[105]. Lo stesso, di cartapesta, si presume essere opera diÂÂ scultore campano del XIX secolo[106], al momento, è nella destra del presbiterio, davanti alla balaustra dal marzo-aprile 1995[107].
Dagli inizi di dicembre del 1997 al posto del crocifisso è stato posto il quadro di S. Francesco Saverio che prima era nella sagrestia sinistra.
Lo stesso un tempo era presente nella sagrestia grande come ci testimoniano gli inventari degli ultimi decenni del XVIII secolo[108].
Il quadro[109], olio su tela è opera di Giuseppe Gilamieri e raffigura la morteÂÂ e la gloria dello stesso santo, il qualeÂÂ è raffigurato in alto con talare e cotta biancaÂÂ ricamata solo sul fondoÂÂ eÂÂ con la stola, simbolo del sacerdozio, rossa come il simbolo del martirio[110].
Carmela Palma nel trattare il quadroÂÂ riferisce che l'opera è in cattivo stato di conservazione “a causa delle molteplici ridipinture e dello sporco accumulatosi sulla tela, appartiene al secolo XVIII. Le condizioni precarie del dipinto non consentonoÂÂ una chiara lettura stilistica, ma anche in questa opera, il cui impianto è popolare votivo, prevalgono le forme solimenesche che ci confermano che il Gilamieri, come tanti altri artisti, fa parte della schiera del Solimena”[111].
Sono leggibili sul fondo della stessa opera l'anno di realizzazione il 1751 e l'autore G. Gilamieri[112].
Con Gilamieri troviamo, ancora, un affollamento della scena con in evidenza i personaggi principali con forti chiaroscuri, caratteristiche queste che negli stessi anni, dopo la morte del maestro, in particolare, lasceranno spazio ad interpretazioni come farà nel frattempo il rappresentate della scuola di Solimena in Terra di Lavoro, Domenico Mondo, con alcune opere della chiesa di Sant’Andrea in Capodrise[113].
Ai piedi del quadro, o meglio davanti a quello che era il posto del crocifisso, vi è la statua della Madonna Addolorata[114].
La stessa rivolge lo sguardo non più al muro ove prima era il Crocifisso, ma al presbiterio ove ora è collocato lo stesso.
La Madonna, di manifattura campana del XIX secolo, si presenta con veste nera ed è nell'atto diÂÂ contemplare il figlio crocifisso.
Questa statua un tempo era nella sagrestia sinistra, mentre da qualche anno ha ripreso il suo posto “ d'origine”[115].
Al di sopra dell'altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" è presente un quadro di un seguace maddalonese di Giovan Bernardo Lama di Maddaloni, secondo documentazione archivistica il quadro[116] detto “Madonna con santi francescani” risulta essere “Madonna dell'Arco” ed è di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo", sempre di Maddaloni e genero di Giovan Bernardo Lama[117].ÂÂ
Va riferito per la cronaca che oltre SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ha trattato come osservatore delle opere di fine cinquecento ed inizio seicento della nostra chiesa anche Gaetano Andrisani[118].
LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" lo ritroveremo, anche, nella Platea Magna del 1760[119], allorquando al foglio 10 si legge di una donazione fatta alla chiesa del terreno detto “al Perrone”.
Il nostro dipinto probabilmente è stato realizzato tra il 1597 e il 1598.
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" parlando di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" ci dice che “comunque partendo dal dato di fatto che il pittore è presente a MaddaloniÂÂ con l'opera firmata raffigurante il "Cristo con la Croce", e con altre a lui attribuite quali l'Annunciazione, datata 1592, la Madonna del Carmelo con Santa Caterina D'Alessandria, e la già menzionata Madonna dell'Arco con SantiÂÂ francescani, si potrebbe anche ipotizzare una committenza unica per le cinque "cone" che dovevano ornare le singole cappelle della chiesa antica”[120].
La Madonna è seduta al centro su di un trono ligneo, mentre degli angioletti la coronano. La sua veste è di colore marrone, il manto è blu con la foderaÂÂ dorata. Con la mano sinistra regge il bambino che inÂÂ piedi le guarda il volto che è rivolto verso il basso. Ai piedi del trono, volendo dare un contributo sulla descrizione dell’opera, vi sono santi francescaniÂÂ e cioè S. Francesco d'Assisi, S. Antonio Abate, S. Antonio di Padova, S. Francesco di Paola.
La Madonna e il Bambino, nonché il trono e l'atmosfera circostante, richiamano un dipinto di Agostino Tesauro in San Domenico Maggiore a Napoli, ove la Madonna in trono conÂÂ angioletti dietro ha raffigurato sul davanti il piccolo Giovanni Battista che ha tra le mani un agnello[121].
Un’impostazione simile della Madonna la si riscontra in un’opera denominata La Madonna della Vittoria, del XVI secolo, e presente nella chiesa di Santa Maria di Monteverginella, in Napoli, nella seconda cappella a sinistra.ÂÂ L'espressione della Madonna richiama molto quella della Madonna del Rosario di Giovan Bernardo Lama presso la chiesa di Santa Maria del Buon Consiglio in Napoli, la cui realizzazione risale al 1591[122].ÂÂ
Quanto riferito confermaÂÂ quanto affermato da SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" e cioè che LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" e Lama hanno collaborato per la realizzazione dell'opera in oggetto e non solo[123].
Nel settecento con l'ampliamento della chiesa la tavola fu ingrandita e vi fu inserito la figura del Padre EternoÂÂ e la cornice laterale di colonne con gli scalini e l'angelo alla base.
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Sempre nel transetto sinistro v' è una scarabattola donata alla chiesa dai fedeli maddalonesi degli Stati Uniti d'America per il loro santo protettore, San Michele Arcangelo.
La chiesa del SS. Corpo di Cristo è sede della statua di S. Michele Arcangelo in occasione della festa della dedicazione nel periodo autunnale.
Le vicende che trattano il santo patrono e la chiesa sono state in parte riportate nello studio San Michele Arcangelo, patrono di Maddaloni, pubblicato dal comitato festeggiamenti in occasione dei festeggiamenti del settembre ‘2001[124].
Per ciò che riguarda i festeggiamenti di settembre il rettore della chiesa è il responsabile per il programma religioso, per quello civile si forma un comitato ad hoc[125].
Con la fine dei festeggiamenti dell’anno 2001, il comitato esecutivo degli stessi si è preoccupato di formare un comitato stabile, che per indirizzi, a quanto pare diocesani, non ha avuto seguito.
In questo senso si sono avuti incontri con il responsabile dei festeggiamenti in città, con il rettore del Santuario che ospita l’effige del santo, La Pro Loco ed approcci con l’Amministrazione Comunale[126].
Tra le edizioni che bisogna ricordare si segnala quella del 2004, presidenza Riccio, che ha visto otto giornate cariche di iniziative[127].
Interessantissima è anche la tradizione del folcloristico “Incendio del Campanile”, tradizione che in Napoli vede la massima esemplificazione nel simile rituale con il campanile della chiesa del Carmine, sita sul lungomare. In effetti, si tratta di una manifestazione pirotecnica con la quale si simula, appunto, l’ “incendio del campanile” della chiesa del SS. Corpo di Cristo[132].
Varie sono le "forme" di devozione al nostro Arcangelo presenti nella chiesa.
Si ricorda la vetrata sita nello stesso transetto sinistro rappresentante appunto l'arcangelo con piume e fascia tricoloreÂÂ con la scritta "QUIS UT DEUS" sull'alto e con lo stemma della città di Maddaloni sul basso. V'è il dono del 1947 della scarabattola fatta dai fedeli maddalonesi residenti negli Stati Uniti[133]. Tale donoÂÂ è in legno ed è del 1910 dello scultore Salvatore Alfieri[134].
All'interno della scarabbottola, che è simile a quella dell'eremo, vi è un quadro con l'effige del nostro santo fatto nel 1949 da Pietro Vallese[135], del quale ci parla un amico, prima ancora che il più noto artista maddalonese degli ultimi secoli, il Maestro Crescenzo Del Vecchio Berlingieri.ÂÂ
Fino a qualche anno fa, quando non era possibile fare l'ormai tradizionale trono all'arcangelo, la scarabattola era sede della statua[136].
Con un carteggio conservato presso l'Archivio Diocesano di Caserta[137] si evidenzia del come fino al 1891 si celebrasse nel mese di settembre nella nostra chiesa l'esposizione e l'adorazione del SS. Sacramento, le cosiddette Quarant'ore[138], ma da quell’anno si dà comunicazione che si svolgano nel mese di agosto per evitare la doppia solennità, con il santo Patrono che solennizza la sua memoria il 29 settembre[139].
Che la chiesa con i suoi cappellani era responsabile dell'organizzazione del novenario e della processione del Santo Patrono lo si evidenzia anche da una letteraÂÂ che il sindaco indirizza al vescovo il 6 ottobre del 1865[140].
Un ruolo importante nella festa lo hanno gli accollatori, e nelle testimonianze fotografiche che seguono si immortala l’omaggio ai caduti fatto nel corso della processione cittadina dell’edizione festiva 2004.
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Altro momento importante è quello dell’animazione musicale nel corso della processione cittadina.
Ed ancora, elemento importante che caratterizza la festa patronale, tanto per la chiesa quanto per la città intera, è quello delle artistiche luminarie.
Si propone “assaggio” di alcune più belle degli ultimi cinquant’anni.
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La sagrestia posta alla sinistra del presbiterio, detta anche "Cappella di Pompei", presenta vetrate dipinte, un altare di marmo ed una statua.ÂÂ
La stessa fino ai primi degli anni '70 del nostro secolo era solo un deposito.
Un tempo la stessa aveva un altro vano sulla sinistra come si evidenzia dalla piantina della chiesa 1:1000 realizzata nel 1931 dall'ingegnere di Maddaloni Raffaele Del Monaco[141], da un indagine fatta all'esterno dello stabile è stato possibile prendere atto della grandezza del vano mancante e della sua forma architettonica, visto che restano accenni di una superficie a botte.
E' nella Cappella/Sagrestia il quadro[142] dell' “Intercessione delle anime del Purgatorio alla Maddalena”, che fino a qualche decennio fa era sul fondo della navata destra della chiesa di Sant’ Aniello, sita alle spalle della nostra.
Il dipinto è del XVIII secolo, di mano di un discepolo diÂÂ Luca Giordano, e presenta in alto la Maddalena che attorniata da angeli è seduta suÂÂ nuvole con una veste azzurra e un manto blu; al di sottoÂÂ e al centro vi sono le anime purgatorio che anelano alla stessa,ÂÂ ai latiÂÂ vi sono altre quattro figure[143].
All'interno della stessa sagrestia v'è una statua della Madonna detta dei Visitapoveri, che un tempo era in una cappella sopra l'altare della Congregazione, che è sita a fianco la nostra chiesa[144].
Nella stessa Sagrestia fino a qualche tempo fa v'era, anche, un mezzo busto dell' "Ecce Homo” di gesso del XVII secolo, poi trafugato[145].
La stessa, come è stato anticipato, possiede un altare marmoreo cheÂÂ negli anni settanta era nella prima cappella destra, e solo in quegli anni fu posto in questo luogo.
L'altare si presenta con un paliotto che, essendo tra due volute biancheÂÂ che sono da sostegno per la mensa, presenta una certaÂÂ composizione geometrica di marmi di vario colore che concludono il tutto con un tondo rosso che presenta una croce bianca con raggi[146]. Il tabernacolo è a stile di templi antichi con uno pseudo architrave a volute bianche inserite nel composizione di marmi scure con colonnine dorate che sostengono lo stesso[147]. Alla base l'altare ha uno scalino di marmo bianco di Carrara come superficie, mentre la zoccolatura laterale è blu scuro con nervature bianche.
Sopra l'altare v'è una croce di legno con sull'alto il foglio ove probabilmente un tempo v'era scritto “INRI”[148].
Ai lati di questo si ammirano due vetrate, sulla destra il calice con l'ostia e la moltitudine di raggi con il monogramma del Cristo, tra i tanti colori fantasiosi.
Sulla sinistra la croce con tanti raggi sempre servendosi di una composizione molto soave grazie allo svariato uso di pannelli vitrei di colori chiari.
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Maddaloni, 250 esimo anniversario dell'altare vanvitelliano della Basilica Minore del Corpus Domini
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La passeggiata ideale prosegue con l’analisi del settecentesco pavimento maiolicato presente dietro l'altareÂÂ vanvitelliano.
La tradizione delle maioliche a Maddaloni è secolare, si data infatti, un primo reperto tra l'età del rame e quella del bronzo. Il creare un pavimento così artisticamente idealizzato e realizzatoÂÂ con motivi vegetali fantasticamente fusi tra loro è non a caso per la nostra chiesaÂÂ un modo per tramandareÂÂ una così antica tradizione lungo i secoli.
Tra il XVII e il XVIII secolo a Maddaloni si sviluppa una attività maiolicale la cui famiglia primeggiante è considerata quella dei Massa, ivi presente fino alla prima metà del secolo XIX.ÂÂ
SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" e Rienzo in un saggio sulle maioliche a Maddaloni dicono che ha favoritoÂÂ tale tradizione il contesto paesaggistico e le risorse minerarie, "di acqua, di boschi e di banchi di argilla” [149].
E’ interessante il quadro maiolicato presente al lato destro dell'opera vanvitelliana, che evidenzia anche il prototipo di tutto il pavimento. Detto quadro infatti è formato da due tipi di ornato, “formanti quattro ligioleÂÂ con cellule dipendenti”, cheÂÂ riprendono i detti motivi vegetali di colore giallo, verde e azzurro[150].
Per l'osservatore è importante dire che il pavimento si divide in due zone, una che crea il corridoio dietro l'altareÂÂ che ho già descritto, e quella che è antistante al coro ligneo che è formata da mattonelle raffiguranti solo la classica stella ad otto punte[151].
A questo punto l’attenzione è indirizzata allo storico ed artistico grande coro ligneo del XVIII secolo conÂÂ 49 stalli, di cui 31 superiori e 18 inferiori, di legno di noceÂÂ ornato di dorature, che è presente dietro l'opera vanvitelliana.
Il nostro fino a qualche anno fa era in uno statoÂÂ ripugnante, poiché abbattuto agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, era statoÂÂ ammassato ad un lato dell’area ad esso destinata[152].
Al tempo detto, infatti, venneÂÂ smontato perché in parte trafugato.
I pezzi, poi, furono ritrovati e ammassati con gli altri. Da qualche anno poiÂÂ è stato rimesso dal rettore mons. ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", con aiuto economico dei fedeli[153].
Tale ligneo monumentoÂÂ fu commissionato nel 1756ÂÂ ai maddalonesi Gioacchino Mazzarella e Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola"[154] maestri falegnami.
L'operaÂÂ realizzataÂÂ era confrontata nel corso dei lavori ad un modellinoÂÂ sempre in legno realizzato dallo stesso GrausoXE "Grauso:Nicola" arteficeÂÂ del disegno.
Sarnella[155] scrive che le spese collaterali l'opera erano incluse nel prezzo conclusivo che i governatori della chiesaÂÂ dovevaÂÂ dare ai mastri falegnami. “Di grande interesse è la clausola che escludeva la "...Sedia Maggiore apprezzarsi..quie sie expalto...". La parte economica incise sul governatorato del Corpo di Cristo, ma non dovette sembrare eccessiva in quanto gli stessi realizzarono,collaborati dal genero del Mazzarella Giacomo Miniero, anche la sagrestia che tutt'ora rispetta la sua originaria composizione, ad eccezione dell'altare che concludeva lo spazio architettonico longitudinale, sul quale fu posta l'Antica tavola del de Carluciis rappresentante S. Maria degli Angeli. I GrausoXE "Grauso:Nicola", Donato e Nicola,con Mazzarella e Miniero completarono l'arredo ligneo della Chiesa del Corpo di Cristo realizzando quattro confessionari”. A tal riguardo una cartolina della chiesa degli anni’30 del secolo scorso ci offre uno spaccato delle opere.
Aggiunge, inoltre,ÂÂ SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" che “affini come lavorazione e composizione sono gli stalli posti lungo le mura perimetrali delle Chiese adibite a Congreghe, che per la specifica funzione richiedevano sedili per i confratelli”.
Una mensola del coro al momento sorregge il modello ligneo del campanile, ed è sistemata alla destra dello stesso dietro la colonna sinistra.
Sono di Grauso,XE "Grauso:Nicola" anche, le sei porte lignee molto lavorate con motivi geometriciÂÂ presenti nei transetti laterali, dietro l'altare e nella sagrestia destra[156].
Da un atto notarile[157] del 4 febbraio del 1765 ÂÂ si prende atto che l’amministratore della chiesa Giacinto de Liguori aveva commissionato a Nicola Grauso XE "Grauso:Nicola"la pulizia quando ne necessitava sia del coro che dell'arredamento ligneo della sagrestia grande per un compenso di ducati annui sei.
Ciò è evidente anche in un documento del notaio Andrea De Roberto del 28 gennaio del 1794[158]ÂÂ ove si evidenzia come l'amministrazione della chiesa dopo che per quarant'anni è stata servita da GrausoXE "Grauso:Nicola" non gli rinnova il contratto per i sei ducati annui. Al che Grauso ilÂÂ 13 dicembre del 1793 scrive al Supremo Tribunale Misto di Napoli, riferendo che sua opera sono le opere lignee della chiesa, coro, sagrestia, organi, confessionali e tutto quanto vi è stato di bisogno, pulpito, oltre a mettere e togliere sull'altare maggiore il baldacchino di legno, depositato quando non serviva in sagrestia. Gli amministratori della chiesa interpellati confermano quanto detto da GrausoXE "Grauso:Nicola", per cui il detto Tribunale il 15 dicembre del 1793 dispone che gli stessi amministratori rinnovino l'appalto per la pulizia delle opere a GrausoXE "Grauso:Nicola", e che lo stesso appalto, sempre per sei ducati annui, abbia inizio con il 1 febbraio del 1794.
Negli anni settanta del secolo scorso il coro, come accennato, è stato abbattuto per motivi a noi non del tutto chiari ma comunque ignoti.ÂÂ
Solo nel 1992 per opera di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare", con la collaborazione di qualche fedele il Coro ligneo è stato rimesso in sesto, per circa ottanta milioni di lire. La ricostruzione dello stesso[159] si è avuta tra il febbraio e il luglio del 1992[160].
Al di sopra del coro v'è un quadro composto d'undici parti enorme raffigurante l'Ultima cenaÂÂ e la settimana santa nei suoi momenti liturgici e storici fondamentali[161]. Al di sopra ancora di questo v'è un piccolo quadro diÂÂ forma curvilinea con cornice lignea dorata raffigurante il Salvatore[162].
Il quadro dell'Ultima cena si è creduto fino a qualche anno fa essere di mano d'ignota seguace della scuola di Marco Pino, mentre l’attenta analisi di documenti d’archivio XE "Sarnella:Giovanna"ci ha permesso di individuarne l’autore nella persona di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo".[163]
Di notevole interesse sono le figure centrali del quadro quali il CristoÂÂ con la veste rossa e il manto blu e San Pietro con veste gialla e manto blu, che sembrano dettare la creazione della chiesa nascente dall'Eucaristia che stanno celebrando in quel momento. “Il quadro è un pò ombrato e mal ridotto dal tempo, tuttavia è ben visibile il Cristo nel centro dellaÂÂ tavolaÂÂ con a destra S. Giovanni Gli altri apostoli, dai lineamenti rudi e fortemente pronunciati, propri della gente del popolo,dalle fattezze energiche, stanno ad indicare la forza della chiesa nascente. Gesù soffuso di soave malinconia porta impressa sul volto la dolcezza ineffabile delle vittime volontarie. Le pupille ed il pallore del volto rivelano le sofferenze intime di una croce che egli porta con rassegnazione convinta. Egli ha accettato ormai il suo doloroso destino e non allontana da è il calice amaro di quest'ultima sua cena terrena”[164].
Vi sono poi cornici dorate raffigurantiÂÂ la lavanda dei piedi, l'adorazione nell'orto, la cattura , la flagellazione, la coronazione di spine,ÂÂ la presentazione dalla loggia di Pilato,ÂÂ la salita al Calvario, la crocifissione, la domandaÂÂ di seppellimento e la schiodazione.
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La sagrestia destra, detta anche sagrestia grande, per le sue dimensioni, presentaÂÂ un arredamento, che riveste gran parte delle pareti, ligneo delÂÂ settecento opera di Nicola GrausoXE "Grauso:Nicola", il cui nomeÂÂ è inciso nel legno con la data di realizzazione: 1761[165].
Gli stucchi sono opera di Michele Santulli[166].
Per ciò che concerne l’opera lignea di notevole interesse sono i capitelliÂÂ ÂÂ con le decorazioni mistilinee dorati, mentre al di sopra della cornice dello stesso arredo vi sono vasi con cespugli fioriti e dorati.
Sul fondo della sagrestia al di sopra della già citata scritta che ricorda GrausoXE "Grauso:Nicola" vi sono tre fusti di stemmiÂÂ coronati e riccamente lavorati e in alcuni particolari dorati.
Quello centrale che spezza il timpano che ha origine sotto i due laterali ha lo stemma della chiesa decorato all'interno, Calice e Ostia con raggiera[167].
Tutto l'arredamentoÂÂ è lavorato a sagome. La parte inferiore dei mobili presenta dei sportelli con dei cassetti molto ampi all'interno, la parte superiore a quella descritta presenta una fila di cassetti e di sportelli numerati,che sono formati da lesene con capitelli corinzi e motivi vegetali.ÂÂ
Questo particolare rivestimento è presente in diversi cori lignei maddalonesi[168].
Al di sopra dello stemma ligneo del SS. Corpo di Cristo, dal lato del Coro, vi è un quadro[169] del XVIII secolo che rappresentaÂÂ il Cristo sulla croce, ai piedi della quale si possono osservare la Madonna con abito blu, S. Giovanni che ha sulle spalleÂÂ un ampio manto arancione, a destra della figura due donne una delle quali ha un manto violaceo[170].
Realizzato da GrausoXE "Grauso:Nicola" vi è nella sagrestia anche un orologio ligneo[171], che si trova sul fondo della sagrestia alla destra del quadro di De Carluciis, ha la base rettangolare, il suo fusto è modellato e sagomato come tutto il resto dell'arredamento ed è sormontato sulla sommità una conchiglia dorata.
Alla destra di quest'ultimo è uno sgabuzzino detto della Congregazione di S. Vincenzo de' Paoli[172], all'interno del quale da qualche anno vi è la statua, mal ridotta, di S. Francesco Saverio, prelevata dalle scale di servizio del campanile[173].
Al di sotto del quadro di de Carluciis, sul fondo del locale, dove ora è l'archivio che custodisce i registri più antichi della chiesa e della Congregazione un tempo v'era un altare di stucco come tutti gli altri abbattutiÂÂ negli anni '70 con due scalini di marmo sul davanti ed anche il paliotto di marmo come riferiscono testimonianze viventi, nonché fotografiche.
Qualcuno pensa che il paliotto di questa altare fosse quello[174] che è attualmente sotto il quadro di Sant’Aniello[175] nel transetto destro.
A tal riguardo, però, l'ultimo sacrestano della chiesa del XX° secolo, Michele Galasso, che da qualche anno riposa in cielo, più volte ha detto che questo paliotto era un tempo dell'altare della Congregazione del SS. Corpo di Cristo.
Tale altare doveva essere nel edificio adiacente alla chiesa laicale[176].
Più volte nel corso di questo paragrafo è statoÂÂ menzionato un quadro[177] dal titolo Madonna degli Angeli di Orazio de Carluciis[178].
Il nostro pittore sappiamo che fu anche maestro di un fanciullo di Marcianise, tale Decio Cossa, come riferisce uno studio sull'artista[179].
Passando alla descrizione dell’opera è da notarsi che ai piedi di Sant’Antonio Abate è la firma Horatius D. Carluccio Pingebat 1610[180].
Il quadro rappresenta in la Madonna che con una veste rossa, cinta dorata e manto blu, con la mano destraÂÂ regge il Bambino che è in piedi sulle sue gambe e con la manoÂÂ sinistra regge il mantello verso il petto.
Il Bambino con pelle molto bianca con la mano sinistra si mantiene alla Madre mentre con la destra benedice i santi sottostanti. Ai lati dei due descritti vi sono una miriade di angeli che suonano e cantano la gloria di Dio[181]. Sul basso oltre al paesaggio che ha per caratteristica principale un pendio riccamente adorno di motivi vegetali, vi sono San Francesco d'Assisi riconoscibile per le stigmate e un santo domenicano. Entrambi i santiÂÂ con aureola che a stento si intravede hanno lo sguardo rivolto verso l'alto[182].
Passando alla descrizione degli stucchiÂÂ va detto che al di sopra del quadro si ripresenta il classico timpano spezzatoÂÂ a conclusione di colonne con al centro una finestra finta o veraÂÂ a forma ellissoidale.
Sotto di questa vi è sempre in stucco, anche se nella sagrestia grande è in più dorato, un cartoccio con innumerevoliÂÂ voluteÂÂ ÂÂ e leggermenteÂÂ modellato in modo ondulato all'interno[183].
La volta è molto ben lavorata con stucchi e richiama motivi tipici di Vaccaro e di Sanfelice[184].
Tra la lavorazione della volta e la sistemazione dei finestroni c'è una certa simmetria che si concludeÂÂ con la cornice pluriforme e con i medaglioni modellati dagli stessi stucchi.
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Il transetto destro, è detto anche “in cornu epistolae”.
Con lo stesso inizia il percorso di rientro che conduce all’ingresso laterale, infatti, da questo punto in poi la descrizione di certi aspetti o oggetti della chiesa come possono essere l'organo o l'acquasantiera saranno sorvolati giacché già fatta precedentemente.
Alla destra della porta di GrausoXE "Grauso:Nicola" attraverso la quale si accede alla sagrestia grande v'è una acquasantiera[185], del XIX secolo, o fonte battesimale, sorretta da un tripode di ferro con la parte superioreÂÂ sferica dove è inserita la settecentesca vasca di autore campano di marmo bianco di Carrara[186].
Sull'altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" v'è una croce, il crocifisso del XVIII secoloÂÂ è in legno dorato e molto lavorata presenta anche delle teste di cherubini[187].
Gli altari di Di Lucca XE "Di Lucca:Antonio" sul davanti presentano tre scalini.
La cona dell’altare è il famoso Sposalizio della Vergine, di Pompeo Landolfo, presente già nella chiesa XE "Landolfo:Pompeo"cinquecentesca e nel settecento ampliato con l'aggiunta delle colonne laterali e con le scale antistanti sulle quali è seduto un angioletto con manto blu[188].
Da uno studio di SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" sul quadro, la cui realizzazione dovrebbe essere antecedente il 1597,ÂÂ si evidenzia cheÂÂ questo con relativa cappella cinquecentesca prima e dopo con l'attuale era di proprietà del Reverendo Giovan Battista de Agostino, il quale fu sepolto nella stessa cappella cinquecentesca, dove nel 1599 lo stesso aveva posto una lapide con lo stemma della famiglia.
A dichiarare per la prima volta che il nostro dipinto è di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" è stato G. Previtali.
Nel riprendere le caratteristiche di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" all'interno del nostro dipinto SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" così lo descrive: “...vorremmo rilevare in essa alcuni motivi ricorrenti nelle opere landolfiane. In primo luogo osserviamo che la composizione triangolare, con il punto di vista prospettico centrale convergente nella nicchia di fondo, è piuttosto greve di personaggi che esulano dalla limpida e scandita composizione di altre opere del LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"; tuttavia l'ambientazione all'interno del vano con aperture laterali verso l'esterno ci riconduce al nostro pittore. Oltre ciò sono chiari altri particolari, come l'atteggiamento, il tratto e l'espressione del viso della Vergine avvolta in vesti fortemente disegnate, alla maniera di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo", con il piede proteso verso l'esterno...Ai lati delle tre figure centrali vi sono molti personaggi che per il loro atteggiamenti e tratti somatici sembrano usciti dal pennello di G .B. Lama; in particolare alcuni volti femminili di profilo con il naso allungato, l'immagine del giovane cavaliere con barba dietro il S. Giuseppe, la testa del nobile signore con "gorgiera" dietro la Vergine. In verità la composizione, così affollata più del Lama che del LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" che predilige composizioni equilibrate con altri elementi oltre alla figura umana e quindi tendenti all'essenzialità del "tema" da svolgere”[189]. Così si chiude la trattazione dell’opera.
Queste deduzioni si rifanno alla scena che vede S. Giuseppe sulla sinistraÂÂ con vesteÂÂ marrone chiara e manto rosso, la Vergine sulla destraÂÂ veste rossa e manto blu.
I due si stanno sposando avendo le mani dell'uno sull'altra.
Al centro v'è il gran sacerdote che con camice bianco, mitra e piviale, benedice la loro unione. L'espressione del sacerdote è molto simile a quella del sommo sacerdote ritratta per la circoncisione del Cristo opera di Lama[190].
Sempre nel transetto destro al di sopra del paliotto, di cui prima abbiamo parlato c'è il quadro[191] di Sant’Aniello che faceva da pala d'altare maggiore nella sua chiesa, quando era ancora funzionante ed accessibile.
Tale quadro, tempera su tavola, è di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[192] e si collocaÂÂ per fattezzeÂÂ nella seconda metà del XVI secolo.
Al centro del quadro è evidente la figura di Sant’AnielloÂÂ cheÂÂ ha il messale nella mano sinistra mentre nella destra il pastorale con bandiera. Alla sua destraÂÂ è San Donato con il piviale giallo sul quale sono riscontrabili motivi vegetali rossi, ed ancora San Pietro con la veste azzurra e manto giallo (riconoscibile anche per le caratteristiche chiavi).
Sul piano rialzato, con veste rossa e manto blu, la Madonna che seduta sulle nuvole regge sulle gambe il Bambino.
Gli sguardi dei due ai lati del santo titolare sono rivolti verso l'alto, il titolare guarda di fronte come fa la Madonna, mentre il bambinoÂÂ il volto della Madonna.
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La cappella di patronato della famiglia Lombardi[cxciii]ÂÂ presenta al centro un confessionale di legno di recente costruzione.
Sulla sinistra,ÂÂ a circaÂÂ un metro e mezzo di altezza vi è piccola cappella incastonata con una statua di San Vincenzo de’ Paoli[cxciv] con un fanciullo[cxcv].
Sulla parete centrale vi è il quadro “La deposizione dalla Croce”, che ricorda la deposizione del Salvatore dalla croce, che in parte riprende la Deposizione di Lama conservata presso la chiesa di San Giacomo degli Spagnoli in Napoli[cxcvi].
Il quadro che è tempera su tavola è di fine XVI secolo ed è opera di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo"[cxcvii].
Un forte richiamo alla scuola del Lama si haÂÂ riguardo allaÂÂ composizione delle figure con le relative vesti che si fondono armonicamente nello sfondo paesaggistico che richiama quello che è per noi prototipo dello stesso Lama.
La scena riprende il Cristo che è deposto dalla croce con l’intervento di quattro uomini[cxcviii].
Secondo Sarnella XE "Sarnella:Giovanna" l'opera è da considerarsi del periodo in cui il pittore era maturo, vista la forte durezza del disegno e la coloristica schematicità[cxcix].
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All'interno della cappella vi sono due statue di gesso: Santa Rita e Sant’Antonio. Quella di Santa Rita presenta la santa con il crocifisso tra le mani con la vesteÂÂ nera eÂÂ il sottogola con la fodera del copricapo bianco. Quella di Sant’Antonio conÂÂ veste marrone ha tra le braccia il bambino con veste biancaÂÂ ed il giglio fiorito. Entrambe le statue sono donate dai fedeli devoti.ÂÂ Nella cappella recentemente è stato invertito il quadro.ÂÂ Si ricorderà che in questa cappella vi doveva essere il quadro del Salvatore, ma avendolo spostato nella Cappella dei Visitapoveri, quello che lì si trovava è stato qui situato. Quindi in questa cappella troviamo il quadro della Madonna delle Grazie o dei Visitapoveri. Il dipinto originale era olio su tavolaÂÂ e prevalentemente diÂÂ impostazione arcaica, tenendo presente soprattuttoÂÂ l'impostazione della Madonna in tronoÂÂ con il Bambino in braccio. Di richiamo alla scuola del Santafede è la realizzazioneÂÂ anatomica dei corpi, nella quale acquista molta importanza la luceÂÂ che partendo dal volto della Madonna illumina tutta la scena[cc]. Sull'alto al centro del quadro è la Madonna che haÂÂ nella mano destra un bastone con otto punte mentre nella sinistraÂÂ delle monete, vestendoÂÂ viola con il manto blu; haÂÂ sulle gambe ove è seduto in trionfo il Bambino. Quest’ultimo veste verde e con il manto arancione.
La Madonna che è attorniata da anime celesti siede in trono.
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La cappella ha il patronato della famiglia Corvo o Corbo e cioè possibile evidenziarlo dallo stemma ivi presente[cci].
Da quanto ho avuto modo di verificare negli atti notarili e nei libri riguardanti la chiese ed i suoi possedimenti per ciò che riguarda i secoli scorsi, ad ora non mi risulta che vi sia un cappella dei Corbo di conseguenza probabilmente le donazioni sono fatte a questa cappella dei Corvo e non dei Corbo: l'aspetto del nome sarà cambiato per influenze dialettali.
Come si anticipava, in essa vi è uno stemma, che risulta essere stato realizzato su pietra calcarea ed è del XVI secolo[ccii].
All'interno della cappella v'è un quadro di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" che rappresentaÂÂ l'Annunciazione[cciii], riprendendo leÂÂ maniereÂÂ delicate ed armoniose del suocero, Giovan Bernardo Lama[cciv].
Il patronato di questa Cappella è esplicito in un atto notarile del 10 agosto 1787, rogato dal notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello" ove è presente all'atto Giovanni Corvo, figlio del dottor Giuseppe.
Corvo ricorda che è di patronato della detta famiglia la nostra cappella con l'Annunciazione[ccv].
L'altare ivi sito negli anni '70 di questo secolo fu posto nella cappella detta di Pompei o sagrestia sinistra, e secondo la Visita Pastorale del 1930 questo nel decennio precedente fu interdetto dal Vescovo Moriondo.
In questa cappella, che al sul basso un confessionale sempre di legno ma più semplice della cappella precedente ed anche più "antico", vi è anche la statua di Padre Pio[ccvi].
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Per quanto riguarda l’ingresso laterale, oltre al tamburato ligneo che artisticamente non ha alcun cenno v'è al di sopra dello stessoÂÂ un piccolo quadroÂÂ della Trinità[ccvii].
Questo è stato realizzato nel XVI secolo, tempera su tavola, da un seguace di Pompeo LandolfoXE "Landolfo:Pompeo". Qui si vede la figura del Padre Eterno cheÂÂ è sulla sinistraÂÂ ed è seduto indossando una veste verde con un manto rosso. Al centro c'è il globo terrestre che è di colore verde. Sulla destra c'è la figura del Cristo con veste azzurraÂÂ e il manto marrone, sul centro, invece, c'è la classica colomba bianca che rappresenta lo Spirito Santo. La collocazione del quadro, nonché la simbologia rappresentata sono molto legate. Infatti, la Trinità stessa guarda i fedeli che accedono all'edificio sacro, prima, accogliendoli nel perdono, e poi congedandoli con l'effusione del loro Santo Spirito, all'uscita dopo.ÂÂ
Con questo paragrafo ha termine la trattazione della struttura religiosa per ciò che riguarda la descrizione interna.
In effetti, si è voluto solo ed esclusivamente accompagnare il visitatore che attraverso la parte grafica e la descrizione avrà notato come quello presentato non è che un gioiello di Terra di Lavoro.
A seguire si trova l’argomentazione relativa alla struttura artistica ed architettonica della Congrega del Santissimo Corpo di Cristo, ed ancora accenni a restauri e furti subiti.
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La nascita della Congregazione del SS. Corpo di Cristo in Italia è ricordata in Torino nell’anno 1529, con una fabbrica eretta. Altro monumento religioso lo troviamo nel 1536 realizzato a Roma. Da qui si può evincere che potrebbero essere collocata a Maddaloni la Congrega tra il 1536 ed il 1546, data della nascita della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Va chiarito, però, che Francesco Piscitelli, arciprete della parrocchia di San Benedetto, storico di Maddaloni, riferisce di Tenneriello per la costruzione della chiesa all’anno 1542, da qui quest’ultima data, che non potrà essere valida per la costruzione della chiesa potrebbe essere, nel migliore dei casi la data di nascita della congrega nella chiesa di San Benedetto, oppure la data in cui l’amministratore che donò il terreno per la nuova chiesa prese la reggenza dello stesso sodalizio[ccix].
Passiamo ora alle vicende costruttive delle sede settecentesca della Congregazione.
La sede della Congregazione corrisponde alla fabbrica posta alla destra del campanile della chiesa del SS. Corpo di Cristo. Essa fu istituita per la prima volta nella chiesa di San Benedetto ad opera del Sacerdote Enrico d'AbenanteXE "d'Abenante:Enrico"[ccx], passò poi alla chiesa della Maddalena, in quella di Sant’Aniello e infine a quella di San Martino[ccxi].
Laudando nella sua storia dei Vescovi di Caserta ricorda del come oltre a quella di Maddaloni sorsero congregazione con lo stesso titolo in gran parte della Diocesi, ne è testimone lo stesso sacerdote ricordando la situazione agli anni 30 del secolo scorso riferisce che tracce di queste congregazioni si ritrovano principalmente a Maddaloni, nella Cattedrale di Caserta, in Puccianiello, Pozzovetere, Recale, Briano e Mezzano[ccxii].
La Congregazione nella chiesa di San Martino vi rimase fino al 1546 quando fu donato il terreno per l'edificazione da TennerielloXE "Tennerello:Ranaldo",ÂÂ si ebbe la chiesa ad hoc della stessa Congregazione: la chiesa del SS. Corpo di Cristo, poi Basilica del Corpus Domini.
Lungo i secoli i doni alla congrega restavano anche nelle chiese di locazione al tempo del legato stesso, come accade per il caso di don Nicola Pisanti, Economo della chiesa del SS. Corpo di Cristo, che il 31 gennaio del 1773[ccxiii], donava ai suoi eredi un legato intitolato alla Cappella Congregazione che lui aveva in eredità dalla famiglia di Vico, sita nella Parrochial fabbrica di San Benedetto; a questa cappella il notaio Andrea GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" il 30 aprile del 1731 e l'8 giugno del 1732 registra altri lasciti[ccxiv].
de SivoXE "de Sivo:Giacinto"[ccxv] nel parlarci della detta Congregazione ci riferisce che è stata costruita sullo scorcio del secolo XVIII, e che “ l'anno 1859 a cura del priore D. Gennaro Mazzetti fu fatto il mattonato, e l'organo su palco a destra della porta”.
Riferisce inoltre che nel 1865 aveva un Monte dei Morti di ducati 870[ccxvi].
Lo stesso riferisce che alla fine dell’ottocento era servita da un "Padre Spirituale"ÂÂ vestito con un sacco.
La stessa Congregazione, che si ricorda avere per patronato due cappelle nella chiesa , di cui una detta dei Visitapoveri, nelle processioni, al dire del de SivoXE "de Sivo:Giacinto", occupava il quinto posto, mentre in quella del suo nome, era in testa a tutte le altre.
Passiamo ora ad analizzare la vicenda che vede la ricostruzione della sua sede.
Dall'atto del 28 febbraio del 1781[ccxvii] si evidenzia che l’architetto Orazio SalernoXE "Salerno:Orazio" per costruire il campanile fa abbattere la sede della Congregazione del SS. Corpo di Cristo, con al cui interno un Monte o Banco detto della Pietà, progettandone un'altra dignitosa sede da farsi alla destra del campanile.
La detta costruzione deve essere stata iniziata intorno al 1790, ed essendo esternamenteÂÂ ed internamente di semplice fattezze SalernoXE "Salerno:Orazio" non da cenni di descrizione limitandosi a farne il disegno, oggi introvabile.
Con l'atto notarile del 14 maggio 1790[ccxviii]ÂÂ si evince che il Supremo Tribunale Misto con la sentenza del 17 ottobre del 1789 ha dato parere favorevole al che si costruisca la nuova sede della Congregazione come si evince dall'appalto del 28 febbraio del 1781 del campanile e della fabbrica della Congregazione.
Con il 1790 i muratori maddalonesi AulicinoXE "Aulicino:muratori" e Sivo, essendo in stato avanzato i lavori del campanile, hanno iniziato la costruzione della Congregazione.
Si è preventivato per la stessa 1400 ducati , la cui metà spetta alla chiesa del SS. Corpo di Cristo, in virtù del fatto che per il suo campanile è stata abbattuta la vecchia fabbrica della Congregazione.
Una prima rata, di ducati 233, grana 33 e cavalli 4, la detta chiesa, con l'Economo D. Pasquale Roberti, ebbe a darla agli amministratori della Congregazione Giuseppe del Bene e Aniello Farina, il 13 maggio 1791[ccxix] . Una seconda rata lo stesso De Roberto la ebbe a dare a Del Bene a a Farina il 12 gennaio del 1793 per atto rogato dal notaio Andrea de Roberto[ccxx], sempre di ducati 233.33.1\3[ccxxi].
Con l'atto del 12 febbraio del 1798[ccxxii]ÂÂ si appalta a Gaetano Venezia, il tetto, il pavimento, gli stucchi secondo il disegno degli Ingegneri D. Checco Policino e D. Domenico Bruselli, mentre per la costruzione della sagrestia della sede della Congregazione si deve attendere l'indicazione dei Periti della Congregazione.
All'atto è allegato una nota delle opere da farsi a firma di Venezia[ccxxiii].
Venezia si impegna conÂÂ i delegati della Congregazione a consegnare agli stessi l'opera di stucchi interni, del tetto e del pavimento entro l'ottobre dello stesso anno.
Nei due anni successivi si deve essere fatto lo stucco esterno[ccxxiv].
All'atto è allegataÂÂ anche una nota del pagamento che ebbe ad avere lo stesso Venezia firmata e datata al 21 ottobre del 1800, per ducati 400 complessivamente quanto a lui spettanti[ccxxv].
Sopra l'altare un tempo vi era una cappella con la statua della Madonna Visitapoveri, a cui era dedicato l’altare ivi sito, che attualmente si conserva nella sagrestia piccola della chiesa del SS. Corpo di Cristo.
Lungo le pareti della costruzione vi sono quattro dipinti di forma ovale sulle pareti laterali l'ingresso, a destra il Buon Pastore e il Salvatore, a sinistra San Michele Arcangelo che veste di rosso e la deposizione dalla Croce con la Madonna che accoglie nelle braccia il figlio, ove sul cui sfondo è il monte S. Michele di Maddaloni con l'omonima chiesa.
E' opportuno riferire dell'influenza ferdinandea e di un particolare che con il tempo è stato variato e recuperato. Infatti, presso l'Archivio di Stato di Caserta[ccxxvi] vi sono due attestati di approvazione della Congrega, che qui verrà chiama del Santissimo Sacramento, e del Monte della Cappella della Vergine Visita Poveri alla stessa Collegata.
Uno è in data 23 agosto 1779 e l'altro 23 dicembre 1787, in effetti la seconda attestazione riprende la prima al completo e poi, a causa di un ricorso fatto dalla Congregazione che voleva riavere il titolo del SS. Corpo di Cristo per via di certi privilegi ma, anche questa volta, il Re rinnovò quanto già disposto nel 1779.
Lo statuto di assenso porta in se una sorta di regolamento di sei articoli che disciplinano l'organizzazione interna della stessa.
Di rilievo a seguito di una lettura del regolamento è l'obbligo che gli iscritti debbono aderire anche al Monte della Vergine dei Visitapoveri, e che per essere considerati fratelli debbono fare prima un anno di noviziato.
Seguono obblighi di partecipare a tutte le funzioni domenicali e festive e quello di non darsi al gioco o al lusso, etc..
La Congregazione molto probabilmente nel 1864, con il suo Monte e l'effettiva funzione della sua Cappella della Vergine Visitapoveri della chiesa, fu coinvolta nell'opera di recupero delle fasce disagiate promossa dal prefetto di Caserta C. Mayr[ccxxvii], a seguito delle indicazioni dallo stesso formulate nel 1861, al fine di istituire in ogni circondario una struttura atta ad ospitare i poveri e gli anziani, in ogni caso le fasce disagiate e per questa sua opera coinvolge i Sindaci, i Presidenti delle Congreghe di Carità e gli Amministratori delle Opere Pie di tutta la Provincia[ccxxviii].
Presso l'Archivio di Stato di Caserta si evidenzia che tra il mese di aprile e giugno dello stesso 1864 vi furono una serie di iniziative da parte di vari circondari interessati - Caserta, Piedimonte, Alife, Nola - attraverso i sottoprefetti di zona.
Con il 7 giugno il Consiglio Provinciale in pubblica adunanza prende l'impegno di realizzare uno o più opere per l'intera provincia, il prefetto in data 23 giugno comunica con la circolare n. 91 questo evento a tutti i destinatari della delibera di cui in nota precedente.
Nell'anno 1939 mons. Moriondo, Vescovo di Caserta, si adoperò affinché le Congrega ritornassero allo scopo per il quale furono fondate[ccxxix].
Molte saranno le rendite nel tempo derivanti da donazioni che ebbe ad avere la Congregazione[ccxxx].
Lo stato di appartenenza dell'edificio è della Diocesi, anche se è stato occupato per un trentennio, dal Gruppo Archeologico Calatino, dagli anni ’80 del secolo scorso intitolato a "Francesco Imposimato"[ccxxxi].
La disponibilità ei locali affidata al sodalizio culturale maddalonese la si deve collocare con gli inizi degli anni settanta del secolo scorso ed ad opera del parroco di Sant’Aniello, e rettore della chiesaÂÂ del SS. Corpo di Cristo, don Benedetto Bernardo[ccxxxii].
La vicenda circa la legittima proprietà ed uso della struttura con gli anni a seguire l’ingresso nella chiesa di mons. Cesare Scarpa è passata in tribunale, e di pochi anni fa sono ancora i riscontri.
La stessa struttura, che fino a qualche mese fa ospitava, nonostante l’instabilità strutturale, parte dell’archivio e della biblioteca del sodalizio calatino ed anche la mostra dell’artigianato locale,ÂÂ non poche volte è stata messa a disposizione di altri sodalizi locali, in particolare della Pro Loco[ccxxxiii] di Maddaloni, come ricordano testimonianze fotografiche in occasione della consueta sagra del carciofo paesano[ccxxxiv].
In relazione al G.A.C. e nello specifico alla mostra permanente dell'artigianato locale e della civiltà contadina a Maddaloni, ÂÂ lo stesso ha avviato da tempo una campagna per l’individuazione di locali idonei dove porre in mostra, permanente per l’appunto, i tanti reperti messi a disposizione dai cittadini maddalonesi[ccxxxv].
Lo stesso Gruppo Archeologico Calatino, che attualmente è appoggiato presso locali del palazzo Galantuomo, sempre in piazza Umberto I° a Maddaloni, da anni si occupa della denuncia di abbandoni architettonici[ccxxxvi], e tra questi figura la chiesa di Sant’Aniello, parrocchia titolare della nostra Basilica.
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La chiesa del SS. Corpo di Cristo dal XVI secolo, quindi dalla fondazione a tutt’oggi ha subito una serie di interventi di ristrutturazioni e di ampliamenti.
Le vicende che vanno dal XVI al XVIII secolo sono state grosso modo trattate, o comunque il testo ha rimandato a note con eventuali documenti ed approfondimenti, a seguire si cerca di conoscere quelle che vanno dal XIX al XXI secolo.
Con il secolo XIX secolo de Sivo scriveXE "de Sivo:Giacinto" “..ma l'edilizio ha mestieri di pronti restauri, massime a certi crepacci negli archi,dove sofferse sin dal terremoto di S. Anna...”
Gli stessi restauri sono comprovati dagli atti Comunali: nel giugno del 1876 il Consiglio Comunale si riunisce[ccxxxvii]ÂÂ per deliberare la concessione di lire 1500 alla chiesa per rifare il pavimento che allora, di mattoni, era in parte consumato ed in parte distrutto.
L'argomentazione della riparazione del pavimento torna in consiglio comunale il 27 settembre del 1889[ccxxxviii], quando si riferisce che lire 3000 stanziate per la detta riparazione non bastano, poiché ne occorrono altre lire 717.40 per sanare la spesa complessiva. Si chiede, inoltre, che lo sia rifatto ad iniziare dalla crociera.
Il 27 novembre del 1861[ccxxxix] il Consiglio Comunale si riunisce per discutere della spesa per la riparazione dei quadri della chiesa del SS. Corpo di Cristo, cioè quella della cona dell'altare maggiore e gli altri due nella crociera: i restauri saranno a cura del pittore Giannini Pasquale per ducati 180[ccxl].
Il primo maggio del 1862[ccxli] vengono dati all'architetto Giuseppe Rossi ducati 52 o lire 220.99 per avere cura i restauri della nostra chiesa e il completamento della strada Formale[ccxlii].
Nel 1879 si ebbero delle riparazioni al tetto, per la cui opera la Congregazione deliberò di lasciare agli amministratori della chiesa i vantaggi fiscali di quell'anno della congregazione e della Cappella dei Visitapoveri[ccxliii], mentre il consigliere comunale Iorio Francesco, durante la seduta del 20 aprile del 1887[ccxliv],ÂÂ propone di rifare la facciata della chiesa, mentre il consigliere Antonio de SivoXE "de Sivo:Giacinto", rinnovando la proposta dell'Iorio,ÂÂ invita a rifare, anche, la facciata della chiesa dell'Annunziata che possiede dipinti pregiati inccassonati[ccxlv].
L'argomento ritorna in consiglio comunale il 14 settembre di quello stesso anno[ccxlvi] (ove vengono stanziati 2450 lire per il lavoro e lire 50 all'ingegnere de SivoXE "de Sivo:Giacinto" per il preventivo) ed il 23 ottobre del 1888[ccxlvii],ÂÂ dove si riferisce che i lavori sono stati fatti dell'impresario Giovanni Venezia[ccxlviii] e che per la somma di lire 122.08 ha diretto i lavori l'ingegnere cav. Destino Carmelo, per lire 3052.03 più lire 208.50 per lavori suppletivi sulla stessa facciata.
Nel 1907 non si ha un restauro, ma un lavoro che sarà di indubbia importanza : l'installazione dell'energia elettrica[ccxlix]. Il contratto di istallazione sarà firmato il 12 settembre del 1907 ed avrà una validità di cinque anni esatti. Istallerà l'impianto l'impresa di Giovanni Balducci, firmatari per la chiesa sono gli amministratori: Cav. Francesco Rocco, Avv. Filippo Iorio e notaio Gennaro Castaldo[ccl].
Nel 1914, durante il consiglio comunale del 20 aprile[ccli], in seguito ad un sopralluogo dell'ingegnere del Genio Civile si provvede alla riparazione della cupola della chiesa[cclii].
Il 10 settembre del 1931[ccliii] l'ingegnere Raffaele Del Monaco fa una relazione perizia sullo stato della chiesa riferendo anche delle opere di cui ha bisogno.
La relazione è accompagnata da una piantina della chiesa 1:1000 che presenta un vano annesso all'attuale sagrestia sinistra.
Solo ad un anno di distanza la curia incaricherà l'ingegnere LuigiXE "Briganti:Luigi" Santonastaso a fare un opera di restauro alla chiesa.
I Lavori non dovettero essere eseguiti nel migliore dei modi perché su incaricoÂÂ nuovamente l'ingegnere del Monaco Raffaele di Maddaloni presenta in dataÂÂ 26 febbraio del 1933 un preventivo al Vescovo sul costo dei lavori di recupero del tetto e della sagrestia destra per un ammontare di lire 930. In effetti il lavoro costà lire 1120 come riferirà lo stesso Del Monaco al Vescovo con missiva il 10 maggio 1933.
Se all'interno i lavori potevano considerarsi fatti all'esterno lo stato era precario.
Infatti, il 18 maggio 1933 il Podestà di Maddaloni, con il prot. n. 5974, scrive al Vescovo,ÂÂ riferendo che in virtù di chiari interpreti dell'indirizzo fascista si è deciso di restaurare tutte le abitazioniÂÂ che si affacciano su piazza Umberto I° e Corso I° Ottobre.
In Particolare la piazza Umberto I° dovrà essere considerata come un oasi verde con cinque aiuole, due filoni di alberi e un grande marciapiede.
Il Podestà riferisce dell'enorme stato di disagio in cui versa l'esterno della chiesa e del campanile[ccliv], da qui l’esigenza di un recupero.
Più volte negli anni successivi si giunse ad imposizioni simili, anche nell’immediato secondo dopo guerra,ÂÂ seppur per argomentazioni differenti alla base[cclv].
A seguito della detta comunicazione del Podestà il Vescovo fu invitato ad apportare un’opera di rifacimento delle facciate, laterale e principale, e allo stesso tempo di intervenire con un opera di recupero per lo stato di degrado e di sporcizia in cui versa soprattutto il basamento del campanile[cclvi], infatti la curia condividendo l'intervento risponde al Podestà in data 26 maggio 1933.
Il podestà Sorvillo Amedeo invierà il 12 agosto 1933 al Vescovo una lettera in cui riferiva che da sopralluogo fatto i lavori preventivati dall'ingegnere comunale Domenico Vigliotta ammonteranno ad una spesa di lire 1800 – 2000, mentre il 13 ottobre 1933 si andrà a pagare lire 2826 all'impresa di Clemente Lombardi perÂÂ i lavori eseguiti.
Il Podestà concorrerà alla spesa con lire 1000 relative al restauro della facciata, e non al recupero del campanile, come si evidenzia dalla comunicazione di Sorvillo al Vescovo del 19 agosto 1933.
Nel 1938[cclvii] a soli cinque anni di distanza si è avuto il ripristino della Croce sulla Cupola della chiesa, per mezzo dell'intervento sia del Commissario Prefettizio del Comune Salvatore Renga oltre che del responsabile Onorario Ispettore dei Monumenti e degli Scavi, can. Giuseppe Ventriglia.
Lo stesso Ventriglia il 10 settembre 1938 chiese al Vescovo lire 500 come contributo per il detto ripristino, mentreÂÂ l'Ordinario il 14 settembre rispondendo andrà a consegnare ben 3300 lire, cioè 500 lire richieste, 1800 contributo personale del Vescovo e lire 1000 offerte raccolte dal prof. Domenico Letizia.
Sussidi anche per elargizioni varie oltre che per annua somma per il mantenimento della chiesa, nella fattispecie diretti da Destino, autore del progetto del Ossario Garibaldino ai piedi dell’acquedotto carolino disegnato da Luigi VanvitelliÂÂ a Valle di Maddaloni, ed eseguiti da Venezia, sul finire del secolo diciannovesimo si evidenziano anche nei registri della Giunta Comunale[cclviii].
A seguito del secondo conflitto bellico mondiale, la nostra chiesa avrà due opere di restauro una a cura dell'impresa di Vinciguerra Antonio nella seconda metà del 1945, ed un'altra a cura dell'impresa di Calvanese Salvatore nel corso dell'anno 1957[cclix].
Da una testimonianza di Tommaso Rescigno, collaboratore da decenni della chiesa, sappiamo che con i mesi di maggio giugno del 1969, e quindi con l’arrivo di don Benedetto Bernardo, l’impresa Luigi Di Chiara si occuperà di rifare il tetto della chiesa.
Per ciò che riguarda l’ultimo trentennio ci viene in soccorso nella ricostruzione storica nuovamente la cronaca parrocchiale, almeno per una parte, di don Benedetto Bernardo.
Dalla cronaca Parrocchiale di don Bernardo troviamo, leggendo il bilancio delle offerte della festa di Santa Lucia e Sant’Aniello del 1971, una spesa di 100.000 lire per vetri pagata a Gaetano Vecchione[cclx], una di 150.000 lire Domenico Santangelo per i finestroni[cclxi], una di 100.000 alla ditta Alois per arredi, e 180.000 lire da destinarsi a spese di restauro.
Nella stessa cronaca si legge che agliÂÂ del 1972 il soprintendente ai monumenti della Campania casertano M. Zampino comunica alla curia di Caserta ed al rettore della chiesa l’avvio a breve dei lavori di restauro dell’edificio. Lo stesso soprintendente rende noto che il Ministero della Pubblica Istruzione ha deciso di procedere al restauro della fabbrica a spese dello Stato ai sensi del primo comma dell’articolo tre della legge 1552 del 21 dicembre 1961. La detta comunicazione ministeriale porta alla base una nota di don Bernardo dove si evince che i restauri sono iniziati nella data 14 febbraio 1972, anche se seguendo nella lettura della cronaca parrocchiale troveremo l’inizio dei lavori alla data 21 febbraio dello stesso anno[cclxii].
L'anno 1974 segna un momento fondamentale per i restauri della nostra chiesa.
Fino al febbraio di quell'anno furono eseguitiÂÂ pochi accorgimenti alla chiesa.
Infatti, fu sostituito il pavimenti in argilla nella sagrestia destra[cclxiii], mentre quello attuale risale agli anni '80 ed è stato realizzato ad opera di mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare".
Altri interventiÂÂ furono indirizzati al rinnovo della chiesaÂÂ nel rispetto del Concilio Vaticano II, o per meglio dire volevano essere in tal rispetto ma non tutti condividono questa tesi[cclxiv].
ÂÂ A tale scopo furono rimossi 7 altarini di tufo e marmi sempliciÂÂ nelle cappelle laterali della chiesa con la motivazione che non avevanoÂÂ alcun valore artistico, oltre che funzione ecclesiale.
L'unico prototipo, almeno degli altari in tufo, è quello, oggi esistente, dell' Hecce Homo[cclxv].
Nel pieno dei restauri l’altare di marmo che era nella prima cappella a destra, quella dedicata alla "Annunciazione" fu posto nella sagrestia sinistra, all'epoca solo deposito, oggi detta di Pompei[cclxvi].ÂÂ
Inoltre fu fatta la zoccolatura perimetrale in marmo di tipo di Lidau di Francia, negli anni '70[cclxvii], infatti, la Soprintendenza permetteva che nelle chiese, a differenza d'oggi la zoccolatura detta[cclxviii].
I lavori di cui sopra furono eseguitiÂÂ per il febbraio 1974, mentre quelli che seguirono erano da eseguirsi, secondo l'allora parroco della chiesa don Benedetto Bernardo, con urgenza[cclxix].
Era da sistemarsi il coro perché in cattivo stato, tenendo presente anche il fatto che parte dello stesso era stato sembrerebbe trafugato e poi ritrovato, anche se testimonianze di vita vissuta suggeriscono che un tentativo di intervento legale si ebbe modo di recuperare almeno parte di quello che poteva rivelarsi uno scandalo ed un danno artistico ai danni della chiesa del SS. Corpo di Cristo[cclxx].
In quell’anno necessitava che si facessero dei lavori di ripristino della volta della chiesa e della sagrestia grande formate da intonaco stucchi e sottostante telaio a canne[cclxxi].
Nel registro di cronaca parrocchiale troviamo una nota dalla quale si evince che nel corso del 1974 i lavori di restauro iniziati il 7 gennaio saranno completati al 4 agosto dello stesso anno tra difficoltà ed incomprensioni[cclxxii].
Altro restauro lo ritroviamo negli anni 1980-'90 allorquando si fece il restauro della facciata principale e della volta interna[cclxxiii].
Vi è da dire che agli inizi del 1998 sono stati effettuati per conto della Sovrintendenza casertana lavori di recupero dellaÂÂ pareteÂÂ con vetrata adiacente del Coro, oltre al restauro degli stucchi tanto interni quanto esterni.
Negli ultimi anni si è provveduto, con una progettazione avviata sotto la sindacatura del senatore Gaestano Pasacrella, attualmente sottosegretario alla Pubblica Istruzione, del Governo Nazionale, assistito dall’assessore ai Lavori Pubblici Michele Vinciguerra, ed attuata dalla sindacatura di sindaco Francesco Lombardi, assistito dall’assessore ai Lavori pubblici Angelo Schiavone[cclxxiv], alla riorganizzazione dell’arredo urbano[cclxxv] che ha visto direttamente coinvolta la stessa Basilica, che ha ricevuto dalla stessa amministrazione comunale un intervento di pulitura in occasione dell’elevazione a Basilica Pontificia Minore, con un atto di Giunta[cclxxvi].
Sempre in occasione dell’elevazione della chiesa a Basilica altri interventi di restauro verranno fatti alla base del campanile ed agli stucchi esterni dell’edificio.
Infatti, unitamente ai lavori dell’arredo urbano di questo stesso periodo si è fatta anche un opera di recupero e sistemazione degli scalini delle due entrate.
Attualmente il rettore della Basilica, mons. Cesare Scarpa, sta portando avanti un opera di sensibilizzazione per il recupero del tetto della chiesa in quanto presenta delle perdite[cclxxvii].
[1] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21. G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni dalla fine del cinquecento a tutto il settecento, in Rivista Storica del Sannio 3° serie, anno VII, Benevento 2000, (in seguito G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa … a tutto il settecento), pag. 75-76.
[2] Qui vi è un prototipo che caratteristica gran parte degli edifici sacri campani che a seguito del terremoto del XVII secolo hanno visto il '700 come periodo propizio per il restauro o il rifacimento. Per confronto vedi: Duomo di Caiazzo, chiesa di S. Maria delle Grazie in Melito - più roccocògiante - di Napoli, chiesa di S. Antonio in Mercato San Severino ed altre.
[3]ÂÂ Corona simile, con motivi vegetali, si troverà in stucco a fine navata all'interno della chiesa.
[4] Questo stemma si rifà all’interpretazione del nome della città. Infatti, la sola immagine laterale del Leone ci porta a pensare “ Matalone = Metà - Leone", mentre la mezza luna “ Matalune = Metà - Lune".
[5] M. Schioppa Lo Stemma., pag. 27.
[6] ASC, notaio Aniello PascarellaXE "Pascarella:Aniello", atto 7 marzo 1770. Nello stesso atto non figura la commissione dello stemma, perché lo stesso doveva essere a spese dell'Università e non della chiesa - ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1742, atto del 13 agosto.
[7] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[8] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[9] La sede della Congregazione del SS. Corpo di Cristo è sta completamente decorata a stucco per opera di Gaetano Venezia.
[10] Sul davanti dell'ingresso centrale, messa in modo prospettico da sembrare a fronte ad entrambi gli ingressi è una colonna con la statua, dimensioni umane, del Salvatore, con manto rosso e poggiante i piedi su un globo celeste. L'opera in gesso riprende, con braccia allargate, la composizione e simbologia classica del Salvatore.
La stessa è stata posta in loco, in occasione della individuazione della nostra chiesa, per mezzo del decreto diocesano n. 117/99, a firma del Vescovo mons. Raffaele NogaroXE "Nogaro:Raffaele" e del cancelliere don Pietro De Felice, quale sede giubilare della Diocesi di Caserta per ottenere le indulgenze nell'anno giubilare 2000. Le chiese giubilari in Italia sono state 1.040. In Diocesi di Caserta in particolare sono state: Cattedrale di Caserta città, Duomo di Caserta Vecchia, Santuario Santa Maria delle Grazie in Vaccheria di Caserta, Santuario San Michele Arcangelo e Santa Maria del Monte in Maddaloni, e la chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni.
[11] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol anno 1742.
[12] Antonio Canevari, di professione architetto nasce a Roma nel 1681 e muore aÂÂ Napoli nel 1750. E’ considerato uno dei più noti esponenti dell'architettura tardobarocca romana. Tra le sue opere si ricordano: Convento e chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, facciata delle SS. Stimmate, completamento di S. Eustachio, giardino dell'Arcadia, a Roma. L’architetto ebbe modo di lavorare anche in Portogallo oltre che a Napoli.
[13] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La chiesa … a tutto il settecento pagg. 75-76. Giovanna Sarnella in relazione all’autore dei disegni degli stucchi parla di Antonio Canevari, mentre gli atti del GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" (ASC notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea" 1 marzo 1741 e 29 giugno 1742), in relazione all’argomento citato, lo riportano come Antonio Cannavaro, in effetti si tratta di Canevari. Per uno studio più completo sul Canevari e la sua attività si segnala anche AA.VV LuigiXE "Briganti:Luigi" VanvitelliXE "Vanvitelli:Luigi" e la sua cerchia, ed. Electa, Napoli 2000, pag. 91.
[14] Dello stesso SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" così scrive: “La presenza del Canevari a Maddaloni, nella chiesa dei Cappuccini, voluta dalla famiglia Carafa, ci fa supporre la volontà del duca Marzio Carafa di appoggiare l’operato degli Economi della Chiesa dell’Università, nel volere una nuova e magnifica Chiesa, indirizzando l’architetto romano alla progettazione di quanto doveva ancora farsi. Che il Canevari abbia avuto un impegno ancora più ampio di quello che appare dalla documentazione di archivio è possibile visto che era a Napoli impegnato sia per la costruzione del palazzo reale di Capodimonte che della reggia di Portici. Egli potrebbe aver progettato l’intervento settecentesco del SS. Corpo di Cristo forse prima del 1735, anno in cui viene chiesto alla Sagra Congregazione dei Riti di Roma il permesso di alienare alcune proprietà della Chiesa, per portare a termine l’annosa vicenda costruttiva”. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21. Si tenga conto, come si è evinto da uno studio d’indagine su testi di storiografia napoletana del XVIII secolo, che Antonio Canevari, vedi la Reggia di Portici, era attivo presso i Borbone che a loro volta avevano relazioni salde con i Carafa, da qui l’influenza di artisti di fama che iÂÂ Carafa chiamavano per dare lustro alla chiesa di cui godevano il padronato.
[15] SantulloXE "Santullo:Michele" sarà pagato con dieci ducati settimanali e solo ad opera finita gli verrà riconosciuto “ il complimento”.ÂÂ Si consideri che se l'opera non è a perfezione dei disegni e modelli, gli amministratori potranno rivalersi chiamando altri stuccatori, e SantulloXE "Santullo:Michele" sarà costretto a pagare eventuali danni oltre a non potersi rivolgersi a nessun Tribunale. Il primo appalto SantulloXE "Santullo:Michele" lo ha con la commissione in data 1 marzo del 1741, registrata per mano del notaio Giannettasio, la cui copia è conservata presso l’ASCXE "Giannettasio:Andrea".
[16] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende...pag.21.
[17] Mons. Vitaliano Rossetti, in occasione dell’anno mariano 1954, pubblico un opuscolo dal titolo “Itinerari mariani per la diocesi di Caserta”, venduto al costo di lire 200 e stampato nello stabilimenti tipografico casertano di Ernesto Farina. Nel terzo itinerario si fa un excursus della presenza mariana a Maddaloni, ed in particolare della nostra chiesa, alla pagina 21, con le parole che seguono “Passeremo poi al maestoso tempio dedicato al Corpo di Cristo il cui alto campanile di bianco travertino (opera di L. Vanvitelli) con guglia a punta di pigna, sempre allietata da larghi giri di colombi in volo, richiama l’attenzione dei visitatori, ed in questo bellissimo tempio ammireremo dei veri capolavori di arte mariana sia scultorea che pittorica, rimanendo in muta contemplazione davanti alla tela dello Sposalizio della Vergine e alle statue policromate della Madonna del Soccorso (che distribuisce pane ai poverelli) e della Madonna dell’Arco (cosi detta per un arco di argento che ha in mano, simbolo della pace, di cui Ella è celeste regina).ÂÂ ÂÂ ”.
[18] Infatti, da una relazione a firma dell'ingegnere Perrelli datata in Napoli ilÂÂ 7 dicembre del 1769, allegata all'atto del 7 marzo 1770 del notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", che più avanti analizzerò, si evidenzia del come si paghi a Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" “ per li tondiÂÂ e Croci indorate ne pilatri”. Le croci di rame in oggetto sono caratteristiche delle scuole campane del tempo ereditate dal imponente Rinascimento campano.
[19] Due tondi sui due pilastri che aprono il transetto a specchio della stessa altare, con le relative torce sono stati trafugatiÂÂ tempo fa. Il rettore mons. Cesare ScarpaXE "Scarpa:mons. Cesare" anni a dietro pensò di fare riprodurre le torce, senza i relativi tondi, forse perché costoso, tale progetto non fu mai attuato.
[20] Gli stessi forse sono stati realizzati da FioreXE "Fiore:Domenico", tale deduzione deriva dalla presa d'atto che gli economi della chiesa per ogni categoria avevano un solo referente professionista, es.ÂÂ per le opere in legno GrausoXE "Grauso:Nicola".
[21] Queste in ogni modo sono molto importantiÂÂ in quanto ricordano il lungo Calvario del Cristo in una chiesa che è intitolataÂÂ proprio al sacrificio.
[22] I. Calvino ÂÂ Collezione di Sabbia, Mondadori, 1994, pag. 103.
[23] Con la presente lapide il Vescovo detto concedeva ben 40 giorni di indulgenza a coloro i qualiÂÂ pregavanoÂÂ ivi o visitavano la chiesa la domenica dopo l'ottava del SS. Corpo di Cristo (Corpus Domini), l'epigrafe è datataÂÂ all'anno 1765.
[24] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" ÂÂ Il quadro cit., pag. 235.
[25] NelÂÂ testamento di Giovanni Cerreto del 29 maggio del 1793ÂÂ per mano del notaio A. De Roberto - ASC - , vol anno 1793, si evidenzia del come lo stesso lasci quale erede dei suoi averi la chiesa in cambio di una cappella per la sua sepoltura.
[26] V.Quintavalle - D. Romano . Per i Funerali celebrati dal Municipio di Maddaloni addì 18 febbraio 1887 nella Chiesa del SS. Corpo di Cristo in onore dei caduti in Africa, Maddaloni 1887 - BMC-. P. Vuolo Maddaloni nella Storia di terra di Lavoro, Maddaloni 1990 ( In seguito P. Vuolo Maddaloni 1990), pag. 202, 231; Maddaloni nella storia di terra di Lavoro dall'Unità al Fascismo, Maddaloni 1995 ( In seguito P. Vuolo Maddaloni..al Fascismo), pagg. 20, 55. A. Broccoli ÂÂ Catalogo della Biblioteca Topografica del Museo Campano, Capua 1898 - 1902, vol I, pagg. 650.
[27] G. De Liguoro Orazione in Morte dell'Augustissimo Carlo III di Borbone Re Cattolico delle Spagne e delle Indie, Napoli 1879- BMC.
[28] Dimensioni 112 per 86 per 60 cm.
[29] Come si vedrà di seguito i vari richiami a caratteristiche vanvitelliane hanno quale interprete Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" cosa questa che ci porta a pensare all'influenza che il nostro marmoraro ha avuto dagli insegnamenti del regio ingegnere, e specifico sarebbe opportuno uno studio su Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".
[30] A parer mio sia quelle di Maddaloni che quelle diÂÂ Marcianise richiamanoÂÂ realizzazioni richiamanti poi la scuolaÂÂ vanvitelliana. In effetti anche a Melito di Napoli, nella chiesa di S. Maria delle Grazie, vi sono acquasantiere simili - AA.VV. Campania, Napoli 1998 -’99, vol.III, pag. 62 - , a sostegno della tesi che forse tutte quelle citate nel presente paragrafo non sono altro che una caratteristica di una scuola artisticaÂÂ napoletana alla quale appartiene Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio".
[31] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol. anno 1792.
[32] Si legge, poi, che il marmo da utilizzarsi e il bardiglio, e poi come si andrà a vedere la conchiglia incastonata nella parte anteponente anche il marmo bianco di Carrara.
[33] Delle cui fattezze doveva essere anche l'altareÂÂ della Congregazione del Corpo di Cristo, almeno secondo alcune testimonianze verbali.
[34] G. de SivoXE "de Sivo:Giacinto" Storia. pag.260.
[35] Circa l’attività di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", anche in relazione alle composizioni in stucco, per coloro vogliono integrare l’argomento si segnala: V. Rizzo Lorenzo e Domenico Antonio Vaccaro, Napoli 2001, edizioni AltraSampa, pagg. 205,207,267,269,271.
[36] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol. anno 1770, atto delÂÂ 7 marzo. Gli stessi sono stati valutati al fine di remunerarne l’autore dal Regio Ingegnere Giuseppe Astarita. La presenza della verifica di Astarita degli altari, e si ipotizza, poi, anche degli stucchi, non è casuale. Astarita è considerato uno dei maggiori discepoli del pensiero di Vaccaro. Per uno più attento studio sull’operato di Astarita V. Rizzo Op. cit., pagg. 127-128,132,174,177,212.
[37] Tanto gli altari a pietra che a marmi semplici erano realizzati a seconda del prestigio della famiglia.
[38] Ricordiamo che il loro autore, Antonio Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio", sarà il materiale realizzatore dell’altare vanvitelliano e comunque si ipotizza un discepolo del regio architetto. Lo stesso sarà interprete anche della linea stilistica di Domenico Antonio Vaccaro. V. Rizzo Op. cit., pagg. 205,207267,269,271.
[39] La dimensione della statua è 60 per 35 cm.
[40] Vedi catalogazione on line: http://www.regionecampania.org/beniCulturali/ beneCulturale.asp?IDBene=3487&IDComune=6037.
[41] Allorquando, agli inizi degli anni ’70 del secolo scorso fu fatta la schedatura, il redattore ebbe modo di notare come il pessimo stato di conservazione non permette una corretta lettura dell’opera.
[42] ASCCCM, Magistrale del 1760, foglio 541r. Nello stesso foglio si fa cenno ad un calice d'argento con piede d'orato che viene imprestato.
[43] Dal 1976 a tutto il 1997 vi era sull’altare in muratura un quadro di alcun valore artistico, per il suo essere fatta di metalli umili e molto semplice nello stile, con fotografia del medio santo, mentre dai primi del 1998 una tela del Santo su tempera, firmata da M. L. Lima, in una cornice aurea decorata con motivi vegetali.
[44] La scelta di dedicare una cappella al Beato, poi Santo, Giuseppe Moscati, non è casuale, infatti don Benedetto Bernardo ha fatto suo il metodo di vita del medico. Don Benedetto Bernardo, nato a Caserta il 6 dicembre 1921, impegnato da giovane nell’Azione Cattolica, e poi nei movimenti cattolici universitari, si laureò in Medicina il 31 marzo del 1949 e nell’esplicare la sua missione di medico chirurgo fu il braccio forte dell’azione cattolica diocesana. Da qui la sequela allo stile di San Giuseppe Moscati, e la sua ordinazione sacerdotale del 23 agosto del 1958.
[45] In tale occasione la santa messa fu celebrata dall’assistente ecclesiastico dell’Associazione Medici Cattolici Italiani di Caserta (AMCI), tenente cappellano Padre Benedetto Curaro.
Per l’occasione, alla presenza di tutta la comunità dei fedeli, fu presente mons. Vito Roberti, Arcivescovo e Vescovo di Caserta. Nella stessa occasione, nella cappella appena dedicata, alla presenza dei sopraccitati, il prof. Salvatore Ricciardi, presidente AMCI di Caserta, tenne un discorso molto apprezzato e veramente sentito e documentato sulla figura dell’allora neo Beato Giuseppe Moscati. Testimonianze di vita vissuta, fotografiche e cronache del tempo, ricordano che la celebrazione eucaristica si ebbe a celebrare sull’altare vanvitelliana, mentre il quadro da benedire era posto nel presbiterio su di una base, nei pressi dello scalino posto alla base dell’organo settecentesco del lato sinistro. A fine celebrazione eucaristica e benedizione, processionalmente il quadro fu trasportato nella neo cappella dedicata.
[46] Cioè cappelle che in virtù di un accordo con determinate famiglie di quelle stesse mantengono il titolo che gli dà il diritto, nella maggior parte delle volte, anche alla sepoltura del titolare. Inoltre, a quest’ultimo o ai suoi eredi tocca l'organizzazione celebrazione eucaristiche nonché gli addobbi.
[47] Giovanni Balducci, di professione pittore nasce a Firenze nel 1560, e muore a Napoli dopo il 1631, era legato per le attività nel napoletano in particolare alla famiglia Carafa. Opere dello stesso sono presso il Duomo di Napoli. Il fiorentino è conosciuto anche come il Cosci. Nelle sue opere tardomanieriste si avverte l'influsso della severità controriformistica, mentre tra le sue opere vanno ricordate: Ultima cena (Firenze, S. Maria del Fiore); affreschi per S. Prassede e altre chiese (Roma); Martirio di S. Pietro di Verona (1600, Napoli, S. Maria della Sanità). In Maddaloni in particolare il cassettone della volta della chiesa dell’Annunziata.
[48] La Madonna è seduta sulle nuvole attorniata da una schiera di angeli e regge il bambinoÂÂ sulle gambeÂÂ vestendo di viola con un manto blu. Sul fondo del quadro si possono osservare le Anime Purganti cheÂÂ accompagnate anche da angeliÂÂ vestiti di rosso anelano allaÂÂ Madonna ed al Bambino.
[49] Informo il lettore che Balducci trovandosi a Napoli perÂÂ dei lavoriÂÂ venne chiamato a Maddaloni per abbellire la volta a cassettoni della chiesa dell'Annunziata, in questo modo si spiega anche il perché di unaÂÂ opera nella nostra chiesa.
[50]ÂÂ P. Giusti - P. Leone de CastrisÂÂ Pittura del Cinquecento a Napoli, - Le Presenze artistiche nel Viceregno: la fase delle Logge, Machuca e Polidoro -ÂÂ Electa, Napoli 1988, pagg. 36 - 54.
[51] C.C. Palma Giovanni Balducci a Maddaloni-Studi preliminari in “Maddaloni Archeologia, arte e storia”, Maddaloni 1989, pagg. 127-140. Il nostro dipinto non in modo vago riprende un altro elaborato, del quale solo la bozza è stata realizzata, di Polidoro da Caravaggio, dal titolo “Studio per la Madonna delle Grazie per la Pescheria”, conservato presso l'Albertina di Vienna, che a sua volta è iconograficamente simile alla “Madonna del Suffragio” di Machuca (P. Giusti - P. Leone de Castris ÂÂ Op.cit., pagg 36 – 54).
[52] L’opera in questione, inoltre,ÂÂ trova nella realizzazione un complesso simile nella sua totalità con la tela La Madonna con le anime purganti di Paolo De Majo, conservata presso la chiesa di Sant’Andrea in Capodrise “Capodrise: guida storico artistica”, a cura di G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna", Capodrise 1997, pagg. 59-60.
[53] Per la curiosità di chi legge c'è da dire che da questa cappellaÂÂ l'ultima domenica del febbraio 1995 è stata esportata la statua di Sant’Antonio, che è stata situata, in primo momento, nella prima cappella a destra, e poi con la statua di S. Rita, nella seconda dello stesso lato, ed al suo posto è stata messa una statua della Madonna di Lourdes e la cappella è stataÂÂ detta del “Santuario” o “Santuario di Maria Immacolata di Lourdes”, ciò per ricordare la Missione dei padri O.M.I. di Maddaloni avutasi in questo periodo, nei mesi di mesi di marzo e di aprile 1995. La cappella da qualche anno presenta ai lati dell’effige della Vergine di Lourdes due figure angeliche di gesso un tempo presenti sull’altare di Di LuccaXE "Di Lucca:Antonio" nel transetto sinistro (Delle stesse si è riscontrata la presenza anche in altre fabbriche religiose dello stesso periodo, da qui l’ipotesi di produzione in serie). La cappella, come la terza sullo stesso lato, è stata arricchita di un impianto elettrico.
[54] Una stampa del secolo scorso riproduce una statua con lo stesso titolo che si venerava nella chiesa, andata persa, probabilmente trafugata, in un passato probabilmente non recente.
[57] La congregazione è libera di commissionare uno steccato di legno di noce da porre fuori la cappella e lo sgabello per il celebrante.
[58] ASC, notaio Persio de Roberto, Fondo di Maddaloni, n. corda 1313 - 1331 ( In seguito notaio P. de Roberto) , anno 1616, pag. 126-127.
[59] Per la stessa occasione la Congregazione si era preoccupata di addobbare la cappella mettendo la statua della stessa Vergine con degli addobbi. Da una analisi della documentazione se ne deduce che trattasi della statua precedentemente citata di omonimo titiolo.
[60] ADC, serie VII, busta 26, fascicolo 145\3.
[61] ADC, serie VII, busta 26, fascicolo 145\3.
[62] In quella occasione furono riprodotte anche le cone della Cappella Iorio e Mazzone, che avevano subito la stessa sorte, furono riprodotte e benedette.
[63] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 25.
[64] La figura posta a sinistraÂÂ ha una veste gialla e regge anche un calice dove raccoglie il sangue di Gesù che sgorga dalla mano, l'altra con veste azzurra nella sua opera è aiutata anche dall'alto da un altro angioletto che è sul lato destro. Sulla sinistra è presente un angioletto in azione di pregare il Salvatore.
[65] IÂÂ personaggi incappucciati che sono parte integrale della processione devono intendersi come i confratelli della Congrega del SS. Corpo di Cristo, forse nelle idee di LandolfoXE "Landolfo:Pompeo" quel cadavere doveva essere quello di TennerielloXE "Tennerello:Ranaldo".
[66] La devozione della Madonna di Pompei nella chiesa è molto viva. Si ricordano due venute, nel febbraio (dal 4 all' 11) del 1996 e nel febbraio (dal 15 al 22) del 1998 - , del quadro originale della Madonna, in occasione del XII° Sinodo della Diocesi di Caserta, tra le acclamazione dei fedeli. In particolare la seconda venuta ha rivestito una certa importanza visto che è stata incentrata sull'ordinazione di due Vocati della chiesa, il Domenicano Fra Marco Bruno, poi rientrato nel clero secolare della Diocesi di Caserta con il nome don Vicernzo Bruno, ed il sacerdote diocesano don Edoardo Santo. Solo un triennio prima un'altra, don Nicola Lombardi, il primo ordinato della chiesa dopo oltre 20 anni. Le tre vocazioni sono il frutto di un impegno pastorale di mons. Cesare Scarpa. Dietro il quadro ricordando la Settimana di Missione Maria dal 4 all’11 febbraio 1996 vi sono riportate cinque firme, di protagonisti della Missione, che ricordano l’evento. Tra le altre vanno segnalate quella di Padre Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo Prelato di Pompei, e quella di don Adolfo l’Arco, Salesiano.
[67] Il Santo si presenta le braccia allargate con una bandiera crociata nella mano sinistra. La veste del Santo è bianca con sopravveste grigia scura.
[68] Statue Lignee in Maddaloni, Maddaloni 1989, pag. 48, schedatura a cura M.R.Rienzo ( In seguito Statue... schede Rienzo).
[69] La statua si presenta con un piattino con degli occhi nella mano destraÂÂ e con la sinistra che regge una palma simbolo del suo martirio. Oltre la veste azzurra cosparsa di fiori presenta una tunica di colore verde cosparsa di fiori doratiÂÂ e il mantello rosso mentre ha protesa la gamba sinistra sul davanti. Le scarpe con fondo bianco riprendono gli stessi motivi floreali. “Fanno da cornice al perfetto ovale del viso lunghiÂÂ capelli annodati alla nucaÂÂ secondo la moda del tempo”.
[70] Il volto infantile del Santo richiama alla memoria la sua vita sacrificata e donata al Signore. La statua haÂÂ il braccio destro con crocifisso alzato e rivolto verso il viso del santo. La mano sinistra protesa sul davanti sembra accogliere le preghiere dei fedeli che si rivolgono a lui.
[71] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1726 atto del 29 agosto; vol. anno 1727 atto del 5 luglio ; vol. anno 1728 atto del 10 ottobre; vol. anno 1731 atto del 18 dicembre; vol. anno 1732 atto del 17 ottobre.
[72] ASC, notaioÂÂ PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol anno 1782.
[73] ASC, notaio PascarellaXE "Pascarella:Aniello", vol anno 1798.
[74] ASC, Opere Pie, fascio 321,fascicolo 1 eÂÂ 4.
[75] F. Angelino L'azione Pastorale del Vescovo De' Rossi attraverso le Visite Pastorali e il Sinodo del 1844 in “Caserta e la sua Diocesi”, Napoli 1995, vol. II, pag. 73.
[76] Francesco Mastriani “La Messa Votiva” ( Vol. II pagg. 65 - 70) in F. Bourcard “Usi e Costumi di Napoli e contorni descritti e dipinti”, Napoli 1857 (vol. I) 1866 (vol.II).
[77] Il Santo coronato di aureolaÂÂ vesteÂÂ di verde con il mantello marrone chiaro. Nella mano sinistra regge il bambino vestito di bianco con aureola e nella mano destra ha il bastone-giglio.
[78] G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" La Pittura, pag. 26.
[79] La Madonna è seduta su di un trono ricoperto da una stoffa marrone e presenta veste rossa con manto blu. Il tutto è su di una pedana con due scalini. La Madonna ha in grembo il bambino che tende le braccia sulla destra dove è Santa Caterina. Questa vestita di arancione con manto marrone ha nella manoÂÂ sinistra la palma del martirio e la destra è tesa al Bambino. Alla gamba sinistraÂÂ che è tesa sul davanti ha appoggiato un mezza ruota altro simbolo del martirio della nostra santa.
[80] Tutto ciò si evince da un atto del notaio Persico de Roberto del 30 gennaio del 1622.
[81] Ci si riferisce alla cappella dello stesso titolo della chiesa cinquecentesca.
[82] ASC, notaio GiannettasioXE "Giannettasio:Andrea", vol. anno 1722 atto del 9 aprile; vol. anno 1726 atto del 29 agosto.
[83] Dimensioni 800 per 450 cm.
[84] SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" vicende... pag. 21.
[85] F. D’Amato Gli Organi a Canne nella Diocesi di Caserta in Chiesa in Cammino Bollettino Ufficiale degli Atti del Vescovo e della Curia di Caserta, Anno II, Numero 10 Novembre Dicembre 2005,Caserta 2005, pagg. 128-131.Il contributo storico costituisce la tesi di conseguimento del “Corso di Perfezionamento Liturgico Musicale”, organizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana – Ufficio Liturgico Nazionale, relatore prof. don Antonio Parisi. Nel contributo oltre alla definizione delle caratteristiche dell’organo, alla luce del tipo di modello, se ne deduce anche la funzione dell’organista che tra il ‘700 e l’’800 aveva lo scopo di intrattenere i fedeli con le sue melodie, non potendosi questi permettersi teatro o che di simile. Si unisce la funzione educativo religiosa a quella ludico folkloristica.
[86] ASC, notaio A. De Roberto, anno 1794, atto del 28 gennaio 1794. G. SarnellaXE "Sarnella:Giovanna" I cori lignei di Maddaloni in Maddaloni Archeologia, arte e storia ( In seguito I cori), Maddaloni 1989. pag.196. Dal Catasto Onciario del 1754 (BCASCM, foglio 614) Grauso risulta abitare in quello stesso anno, e forse anche in futuro in una casa di cinque membra nel luogo detto SanÂÂ Filippo dalla parte del notaio Nicola Iorio.
[87]ÂÂ Casiello-Di Stefano "Santa Maria Capua Vetere - Architettura e Ambiente Urbano", Napoli 1980, pag. 79. Un’opera simile nella quasi complesso si trova nella chiesa di Santa Maria del Carmine i |