Maddaloni, la conoscenza di una chiesa in ricordo della partecipazione di Luigi Vanvitelli |
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Scritto da Michele Schioppa |
Martedì 07 Marzo 2023 16:59 |
MADDALONI (Caserta) – In questi giorni, in particolare dal 1° marzo 2023 che ricorda i 250 anni della morte del genio Luigi Vanvitelli, si sta portando all’attenzione della comunità il ruolo e l’attività dell’architettore regio che, com’è noto, lavoro anche a Maddaloni nella Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini, al suo tempo essenzialmente chiesa del Ss. Corpo di Cristo. Dal 1991 e più insistentemente dal 1995 al 2003 ho avuto l’occasione di studiare la detta chiesa e l’intervento di Vanvitelli e non solo. Nel 2005 partecipai anche alla prima edizione del Premio Letterario de Sivo presentando lo studio della chiesa, vinto in ex equo con Antonio Tedesco che portò la guida turistica di Maddaloni. Il premio fu indetto dalla Pro Loco di Maddaloni[1]. Lo studio nel tempo ho avuto modo di portarlo avanti ma non è ancora completo, qualche articolo con alcuni paragrafi sono stati anche editi, come quello dell’Altare di Luigi Vanvitelli e sul campanile di Orazio Salerno. Non avendo tempo per presentare l’evoluzione dello studio in corso, per via di alcune citazioni da verificare, propongo lo studio originario del 2003 con qualche aggiustatina del 2005 o comunque non la versione attualmente in correzione. Lo studio presenterà una prima sezione, che costituisce l’articolo presente, poi altre sezioni dunque quelle che definisco le pagine finali o bibliografia sommaria di riferimento e le conclusioni. L’articolo non comprenderà il dettaglio sull’Altare già disponibile al link e quello sul campanile già disponibile al link. La parte del presente articolo contiene anche i testi in premessa elaborati per giustificare la partecipazione ovvero l’originalità dello studio, quale condizione di accesso al Premio de Sivo. Segue il testo così come estratto dal documento trasmesso al Premio: Perché questo libro, perché la partecipazione al Premio de Sivo (Prefazione al testo che ha concorso al Premio “de Sivo”) Originalità ed inedicità dello studio. Questo testo in un primo momento era intitolato La Chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni – Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini– Indagine storico – artistico – religioso - sociale dal XVI al XXI secolo, a seguito di una rilettura, anche in considerazione dell’obiettivo posto, è stato rinominato La Città di Maddaloni attraverso la Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini dal secolo XVI al XXI. Perché questo cambio repentino del nome? Lo studio, condotto nell’arco dell’ultimo quindicennio, si pone quale strumento di conoscenza ed approfondimento della neo Basilica, alla quale sono direttamente o indirettamente legati momenti cruciali della vita della cittadina casertana; costituisce un bagaglio di “fonti” per studi dedicati ai singoli aspetti peculiari della stessa città delle due Torri[i]. L’opera, facendo tesoro dei consigli e delle correzioni in itinere di quelli che considero i miei “maestri nella ricerca storica”[ii], i cui suggerimenti mi sono stati utilissimi fin dai miei primi approcci alle indagini dei “fatti, luoghi e personaggi”, si basa su testimonianze e documenti conservati presso tutti gli archivi di riferimento per lo studio in questione, da quello di Stato a quello Diocesano di Caserta, da quello parrocchiale a quello Comunale di Maddaloni, nei quali ho trascorso molti momenti del periodo succitato. Personaggi, eventi e momenti non solo storico religiosi, ma anche sociali economici civili, scuole di pensiero sono alla base delle vicende costruttive e di crescita/sviluppo, non solo della chiesa ma dell’intera comunità[iii], e sono parte integrale di questa pubblicazione. Nella città di Maddaloni, ed in particolare nella chiesa, neo Basilica, hanno operato personaggi di grande fama come Lama, Balducci, Canevari, Vanvitelli, che hanno lasciato opere di grande pregio. Come del resto va detto che artisti di fama mondiali rappresentandola hanno fatto in modo di farla conoscere in giro per il mondo: il mio pensiero va al compianto e grande Maestro Crescenzo Del Vecchio Berlingieri. In particolare, in relazione a Vanvitelli, per la prima volta, dopo le citazioni di Garms sulla presenza dei tre altari con tempietto, si mettono a confronto, in modo più dettagliato, i tre monumenti, vale a dire l’altare della Cappella Palatina di Caserta, l’altare della Basilica del Corpus Domini di Maddaloni, e quello della Cappella del Sacramento, detta anche Torres, del Duomo di Siracusa. Maddaloni vive fortemente il rapporto con la sua religiosità ed il culto cattolico in particolare, infatti, la stessa Diocesi di Caserta ha origine da quella di Calatia, cioè da “Maddaloni”, con il suo “primo” vescovo e santo[iv]. Lo stesso si è mantenuto inossidabile nel tempo in un rapporto che ha visto l’autorità laica andare avanti e contribuire alla crescita locale con quella ecclesiale. Un rapporto che portò Sua Santità Innocenzo IV a dichiararla in perpetuo terra di regio demanio, vale a dire esente per sempre da giogo baronale, anche se gli eventi poi ci riportano vicende che stravolsero questo come altri privilegi maturati nel tempo come quelle elargiti da Carlo III di Borbone[v]. Oggi più che mai la nostra società è caratterizzata da metodologie informative e di apprendimento di “rimando”, di tipo “ipertestuale”, un esempio per tutti le pagine della grande Rete, del Web, di Internet. E forse anche per deformazione professionale questo testo tiene conto di questo processo di trasmissione dell’informazioni, per cui partendo dalla chiesa del Santissimo Corpo di Cristo, alias Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini, si hanno collegamenti, riferimenti, approfondimenti, chiarimenti che riguardano la città di Maddaloni nell’arco di vita della stessa chiesa. Da anni impegnato nella ricerca storia mi sono occupato della Identità cittadina, pubblicando studi sull’Identità del simbolo della città: lo Stemma; sulla religiosità: il patrono San Michele; e su tanti altri piccoli aspetti. Ebbene, va detto che tutti gli studi, su Identità, tradizioni, eventi e personaggi di rilievo, portano in un qualche momento o stabilmente a trattare della chiesa, e viceversa. Fatto salvo tutto quanto riferito parlare della chiesa significa trattare del territorio, da qui la modifica del titolo dello studio di cui sopra. Perché partecipare al Premio de Sivo. Chiarire il perché della partecipazione al premio indetto dalla Pro Loco in onore ed in memoria di Giacinto de Sivo, vuol dire precisare cosa rappresenta per me questo evento. Agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso mi sono avvicinato agli studi storici conoscendo tra i primi testi proprio quello dello storico borbonico. Ho iniziato ad appassionarmi alle radici storiche locali con i racconti dei miei nonni, o comunque di persone anziane che mi presentavano il loro vissuto, da qui la mia volontà di fare, per quanto posso, senza interferire nella regolare evoluzione degli eventi storici, studi di tipo cronistorico. C’è storia ma anche cronaca odierna e/o recente di quella che sarà poi la storia. Ebbene, questa ispirazione mi è venuta proprio dalla lettura e dallo studio di Storia di Galazia Campana e di Maddaloni[vi]. Ed è stata proprio la lettura del testo di de Sivo a farmi avviare e condurre l’iniziativa della nascita dell’Archivio Storico Comunale di Maddaloni, che di fatto non c’è, e per tale s’intende qualche “elemento scelto”, attualmente esposto nelle teche dei locali della Biblioteca Comunale di Maddaloni[vii]. Infatti, l’autore descrive la dispersione dell’archivio e biblioteca di proprietà Carafa, sottolineando come si possa procedere inesorabilmente alla perdita delle proprie radici. L’episodio di de Sivo mi porta alla mente quello che ha visto coinvolto Salvatore Cardillo, con gli anni ’80 del secolo scorso, nel corso della sua ultima sindacatura, nel momento in cui nel Palazzotto Rocco, da poco proprietà di un dipendente comunale nonché conoscente legato per affetti di sacramenti, si riuscì a salvare il libro delle Tragedie del borbonico e quello sul castello di Volpicelli. Ciò, oltre a tutta una documentazione libraria che attualmente dovrebbe essere ospitata dalla locale biblioteca cittadina. de Sivo rappresenta un tassello importantissimo della città di Maddaloni, la sua opera è rappresentabile come faro nella notte per tutti i navigatori studiosi che si portano alla scoperta ed alla ricostruzione della nostra verità storica, e che vede nel passaggio di testimone, oggi, Pietro Vuolo che con la sua Storia di Maddaloni in gran parte sostituisce il primo. Nonostante sia stata rispolverata da tempo la sua figura per opera di Benedetto Croce prima e Bruno Iorio dopo, solo da qualche tempo gli si è riconosciuto il giusto plauso. Mancano però epigrafi, e busti a ricordare la sua opera: solo una piazza! Sorte che purtroppo è pari ad altri grandi personaggi locali[viii]. E’ importantissima l’iniziativa della Pro Loco di far nascere il Premio de Sivo, come lo è del resto quella della dott.ssa Maria Olivieri, direttrice dell’Istituzione della Biblioteca Comunale di Maddaloni, di proporre al consiglio guidato dall’avv. Gennaro Pisanti di provvedere all’intitolazione dell’Istituzione della Biblioteca Comunale allo storico e commediografo maddalonese. Per tutte queste motivazioni ho deciso di partecipare al presente bando, perché esso rappresenta un evento importante da vivere, e che richiede di non essere semplici spettatori. La scelta del contributo da presentare? Nel momento in cui ho deciso di partecipare a questo bando, credendo che un eventuale giusto riconoscimento per l’impegno quindicinnale per il recupero della memoria locale potesse trovare riscontro, ero indeciso tra una rosa di testi condotti in questi anni. In effetti, si tratta di tre pubblicazioni ancora non rese note. La scelta del presente contributo è andata a discapito dell’indagine sulla Musica a Maddaloni nel corso degli ultimi due secoli e dell’evoluzione della piazza Grande ( l’asse che va da piazza Ferrara e piazza de Sivo) nello stesso periodo, in quanto, a mio parere, degno di considerazione, anche per gli anni, il tempo, e le risorse dedicategli. La mia scelta è stata dettata, anche, dal fatto che, il presente studio, oltre che, trattare quella che oggi è la Basilica maddalonese, ha il pregio di spaziare su eventi, personaggi ed aspetti peculiari della città di Maddaloni negli ultimi cinque secoli. A questo si aggiunga che non poche volte teatro di manifestazione della Pro Loco, promotrice di questo premio hanno avuto quale luogo privilegiato, vedasi i concerti degli artisti del San Carlo di Napoli, con il patrocinio dell’ex EPT di Caserta, che hanno animato per decenni passati serate di musica classica con il grosso plauso e partecipazione cittadina, è stato quello della chiesa del SS. Corpo di Cristo[ix]. L’opera. Lo studio che si presenta con uno stile letterario di impronta antropologica, che richiamo quello usato in altre pubblicazioni, definito dal Vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, “vivace, svelto, ed aneddotico, che si legge come un racconto appassionante”; lo stesso presenta “poche parole” iniziali che lasciano spazio ad una introduzione storica ed a due sezioni d’approfondimento, l’una principalmente di tipo descrittivo e l’altra di tipo narrativo delle vicende della Basilica. Poche parole…Il presente contributo intende fornire principalmente significative argomentazioni per meglio conoscere le vicende storiche della chiesa del SS. Corpo di Cristo[x], dal 22 giungo 2003 Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini, di Maddaloni Suddivisa in due sezioni la stesura presenta una introduzione storica, quale valido strumento da cui partire per poi passare alle sezioni relative alla descrizione storico architettonico ed artistica ed a quella che mette in luce, sotto il profilo storico, religioso, antropologico, sociale, l’ordinaria e la straordinaria amministrazione del soggetto del presente studio. Il testo ha la funzione, in molti casi, di ovviare alla presentazione non sempre precisa in descrizioni e riferimenti storici sulla chiesa del SS. Corpo di Cristo[xi]. Lo studio non ha la pretesa di essere esaustivo, indica all’occorrenza fonti integrative[xii], ed ha il pregio di presentare il Monumento così come non è stato fino ad oggi ed al contempo pone l’attenzione sugli articoli e contributi vari condotti per il passato ad esso ricollegabili. Cosa mi ha spinto a condurre questo studio[xiii]? Con questo contributo s'intende ricordare che la presenza d'opere d'arte nella chiesa rende evidente l'attaccamento, in modo forse quasi ossessivo in passato, alla realtà ecclesiale, in altre parole alla struttura in muratura. Rendere gloria con opere d'arte era un modo in uso per chiedere perdono o grazie, tanto che oggi si trovano, in posti sperduti e dimenticati, opere che le più prestigiose gallerie o collezionisti ci invidiano. La struttura si fa Monumento di Fede, perché è l'artista attraverso le sue opere a dar testimonianza di qual è il Dono ricevuto e la strada, la retta via, e Monumento d'Arte perché lo stato di conservatorismo, la pressione della stessa chiesa presso chi di dovere per arricchirla, nonché il ruolo principale della nostra, ne hanno fatto un'opera d'inestimabile valore. Non a caso, oggi, si cerca di recuperare, spesso, la disattenzione e l’incuria, di un passato non molto lontano. Lo scambio di informazione è crescita, e la crescita è progresso: progrediamoÂÂ insieme! ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ ÂÂ Nascita ed ampliamento della chiesaLa chiesa del SS. Corpo di Cristo si affaccia su piazza de Sivo[xiv], sita tra via Maddalena e la direttrice di piazza Umberto I°, si è e sviluppata con il tempo attraverso l'ampliamento dell'impianto planimetrico della chiesa preesistente[xv]. Il complesso, in pieno centro storico[xvi], non è quello originale. La genesi della chiesa inizia con una pia assemblea che aveva lo scopo di identificare un luogo sacro, curato dalla congregazione del SS. Corpo di Cristo, dove poter esporre il SS. Sacramento dopo la processione cittadina[xvii]. Per questo scopo, provvisoriamente, la congregazione, aveva alloggiato presso le chiese di San Benedetto, ove nacque per opera del canonico Enrico d'Abenante nel 1536[xviii], della Maddalena, di Sant’Aniello e di San Martino. Ciò nonostante, resta la necessità d’un edificio per il detto scopo. Le strutture citate, ospitanti il sodalizio, oltre a richiami architettonici, hanno relazioni con i monaci benedettini. A tal fine merita menzione l'amministratore di quella riunione[xix], Ranaldo Tenneriello[xx], il quale donò un giardino di mezzo moggio, il 12 settembre del 1546[xxi], alla Basilica di S. Giovanni in Laterano di Roma[xxii], allo scopo di edificare una piccola Cappella che avesse di quella Basilica le stesse grazie ed indulgenze e privilegi. Il Capitolo della Basilica accolse ben volentieri il dono e lo spirito che lo animava, mentre per la parte attuativa diede incarico all'Università di Maddaloni, vale a dire all’amministrazione comunale, di edificare la Cappella[xxiii] e di prendersene il patronato[xxiv]. Circa questo ultimo, a seguire si ripercorreranno le vicende giuridiche amministrative ad opera dell’avvocato Crescenzo Demarco il quale ebbe l’onere di dimostrare come le pretese del duca Carafa fossero prive d’ogni fondamento sulla chiesa ed i suoi beni. Lo stesso togato nel 1791, prima, e nel 1792, poi, con alcuni documenti a stampa, Per L'Università di Maddaloni contro quell'Illustre Possessore[xxv], interviene per risolvere la vicenda sul diritto d'elezione degli amministratori della chiesa; nella sua relazione tratta il titolo e il possesso che l’Università di Maddaloni aveva sull'edificio sacro. Riferisce, infatti, che “un antico istrumento scampato dalla voracità del tempo, e dal penetrante sguardo de' Duchi di Maddaloni manifesta l'origine della nostra Chiesa. Surse questa dalla largizione de' cittadini maddalonesi, li quali in un solenne istrumento rogato nel 1546, dove intervennerò ancora gli amministratori dell'Università, asserirono, che mossi da divozione verso il Santissimo Corpo di Cristo, avean determinato, de propriis eorum bonis, facultatibus velle aedificare facere quamdam cappellam, seu Ecclesiam sub eadem invocatione in infrascripto loco eiusdem terrae, reservato eidem Universitati jure patronatus, quem locum ad effectum fundandi dictam cappellam, ut guadeat omnibus privilegiis, immunitatibus, exemptionibus concessis per Romanos Pontifices Ecclesiae Lateranensis, velle donare eidem Ecclesiae Lateranensi perpetuo dictum locum. Costituirono Procuratore D. Arcangelo Raimondo Rota Notajo Romano per ottenere li privilegi conceduti alla Chiesa Lateranense, e soggiunsero; Quae Cappella possit gubernati per magistros, seu procuratores deputandos per dictam Universitatem anno quolibet amovibiles, quae possit habere Cappellanum, cappellanos ad eorum arbitrium, ita quod eleaemosinae, introitus assignati, donati in futurum dictae Ecclesiae costruende sint pro illius manutentione, salario presbyterorum, allorum piorum usuum, aliter, pro ut dictis Universitatibus hominibus placuerit, ac reservato jure patronatus in perpetuum pro dicta Universitate. Si stabilì di rogarsi un ulteriore istrumento cum obligatione, aliis clausulis, pactis ad id necessariis, prout dicto eorum Procuratori melius videbitu pro cautela dictae Universitatis"[xxvi]. Si riferisce, poi, d'alcuni stemmi da riprodursi in nome del patronato[xxvii], come informa il notaio Andrea Giannettasio in un documento del 13 agosto 1742, dove si evidenzia della costruzione che volge al termine e della presenza di raffigurazioni dell'impresa dell'Università da riprodursi[xxviii]. Prima di passare alle vicissitudini che nel tempo hanno interessato l’edificio in muratura è opportuno definire il legame tra la cappella e Tenneriello. Lo stesso, infatti, dopo la realizzazione di quest’ultima, il 3 aprile del 1552 la rendeva unica erede di tutti suoi beni, ben 22 moggia di terra dette Le Piscine seu Gentile[xxix], e nella stessa, nell'anno 1567 fu sepolto. Una lastra-simulacro[xxx] lo rappresenta come si usava a quei tempi per i frati e contiene la seguente iscrizione: “RANALDUS TENNERELLUS CIVIV ANIMOS ACUENS AD PIETATEM TEMPLUM HOC UNIVERSITATIS NOMINE ET ERE CONSTRUXIT A. D. 1567”[xxxi]. E’ facilmente intuibile, visto l’accrescere del culto al SS. Sacramento, che la cappella ebbe molte opere di donazione oltre a quella di Tenneriello e fu così, che, viste le rendite della chiesa prima nel 1567 e poi nel 1577 abbiamo opere di perfezionamento ed ampliamento[xxxii], che sono ricordate nelle cronache dei notai Liguoro e De Simone.[xxxiii] L’ampliamento del 1577 è stato reso possibile dall’interessamento che ebbe il 4 novembre di quell’anno, l’ordinario diocesano, mons. Agapito Bellomo, il quale donò agli amministratori della chiesa 22 passi di terreno, detti nella descrizione stiriles, infruttuosi petrosi[xxxiv]. Della chiesa cinquecentesca non si hanno documenti grafici[xxxv], anche se va detto che l'architetto Sarnella[xxxvi] giunge alla conclusione che il complesso cinquecentesco doveva avere otto cappelle, quante sono in effetti le tavole cinquecentesche[xxxvii]. L'edificio che noi oggi ammiriamo è settecentesco, secolo in cui l'edilizia sacra, anche a seguito del terremoto di fine XVII secolo, è molto fiorente[xxxviii]. La chiesa tra il 1720-1722[xxxix] e il 1765, quando il 28 maggio di quell'anno mons. Gennaro Albertini[xl], Vescovo di Caserta, la consacrò[xli], è stata sottoposta a lavori d'ampliamento[xlii]. La nuova fabbrica era in piedi al rustico già nel 1732, a testimonianza di ciò fu intarsiata ed è oggi ancora ammirabile in una delle volute alla base della cupola la detta data, con al centro in altorilievo un Calice e l’Ostia simbolo della chiesa, e solo un decennio più tardi saranno realizzati gran parte degli stucchi interni. Di conseguenza, ne diviene che la chiesa, pur essendo costruita tra il 1722 e il 1732, solo nel 1742 avrà gli stucchi interni, mentre per le rifiniture bisognerà aspettare il 1765: ben 43 anni di attesa per una chiesa quasi completa anche se, probabilmente, funzionante da prima. Va ricordato che quando Francesco Piscitelli riferisce che si costruì in circa trent'anni la nuova chiesa alludendo all'opera con il minimo indispensabile degli arredi[xliii]. Naturalmente una tale opera richiese ingenti somme di denaro, al punto da fare in modo che l’amministrazione della chiesa, nonostante i possedimenti della stessa, fu costretta a chiedere un finanziamento-prestito. Lo stesso, oltre 1000 ducati, lo ebbe in data 3 marzo del 1742 dal Monastero delle RR. Monache di S. Maria de Commendatis per le rifiniture[xliv]. Infatti, “le spese affrontate per la costruire la nuova Chiesa superano le aspettative dei Governatori e degli Economi, tanto che fu necessario arrivare alla conclusione di alienare alcune proprietà per far fronte all’impegno del completamento dell’ambizioso progetto. Ma si dovette richiedere alla Sacra Congregazione dei Riti di Roma, nel 1735, l’assenso a tal vendite, giustificate dal fatto che la Chiesa da ben tredici anni era in costruzione e per il termine di tali opere a stima degli architetti napoletani erano necessari più di mille ducati”[xlv]. A termine di questi la chiesa ha assunto la forma attuale. La chiesa del SS. Corpo di Cristo si presenta ad una navata, con sette cappelle laterali nelle quali sono presenti quadri di valore artistico, e fino a circa un trentennio fa, quasi in tutte, altarini per lo più in muratura decorati a stucco, realizzati dal napoletano Antonio Di Lucca, dei quali un solo esemplare è rimasto. Nella prima cappella a destra di chi entra l'altare era di marmo, ma fu trasportato nella cappella detta di Pompei, cioè la sagrestia posta alla sinistra del presbiterio. Posto alla destra dell’ingresso laterale, la nostra attenzione è attratta dal maestoso campanile progettato da Orazio Salerno, ritenuto soventemente più che scuola vanvitelliana, opera dello stesso Maestro. L'edificio, a croce latina, presenta una volta a botte e nell’ampio transetto quattro grandi archi sostengono la cupola[xlvi], con otto finestroni. Fino al periodo antecedente il secondo conflitto bellico, come testimonia anche una foto-cartolina d’epoca, in alto, tra la seconda e la terza cappella, sul lato destro, vi era un pulpito ligneo, con la tipica scala a chiocciola. La stessa immagine ci offre anche l’opportunità di ammirare i confessionali lignei realizzati dal falegname Grauso, oggi disperi ( a seguito di un furto degli anni ’70 del secolo scorso)[xlvii]. Le pareti sono decorate di colonne scanalate sormontati dei capitelli ben modellati e le opere in stucco della chiesa sono di Michele Santullo. La chiesa possiede, inoltre, preziosi arredi settecenteschi, quali i due organi posti ai lati dell'arco trionfale e il coro ligneo[xlviii] dietro l'altare maggiore[xlix], opere realizzate nell'arco della seconda metà del '700, per opera principalmente di Nicola Grauso. Nel transetto vi sono due altari marmorei di Antonio Di Lucca[l] ed al centro l'altare maggiore con pavimento e balaustra, a forma di semiellisse, sempre in marmo, su disegno del regio architetto Luigi Vanvitelli, realizzati sempre da Di Lucca[li]. La chiesa ha due sacrestie, ai lati del coro, di dimensioni diverse. La prima, più piccola, ha funzione di cappella ed è detta di Pompei, con l’altare marmoreo di cui sopra. La seconda molto spaziosa, ha una volta a tratti decorata con stucchi mentre le pareti sono ricoperte da preziosi pannelli lignei intagliati; sul fondo della parete intonacata vi è un quadro a firma d'Orazio de Carlucciis[lii]. La produzione artistica che possiede la chiesa riprende a pieno la capacità della componente artistica operante in loco, e non solo, nello stesso periodo storico[liii]. L'edificio, risulta essere, paradossalmente, la pinacoteca dei maggiori contributi artistici del maddalonese Pompeo Landolfo[liv]. La chiesa è ricca, nel passato ancora più, di statue lignee la cui abbondante presenza su tutto il territorio maddalonese è dovuta alla facile reperibilità del legno, "la sua duttilità... meglio riusciva a fissare i sentimenti di dolore e di gioia, di estasi o di semplice fede che l'artista pensava di trasmettere"[lv]; si ricordi l'insegnamento figurativo del catechismo, degli episodi e insegnamenti biblici, ai fedeli analfabeti. La chiesa de’ … Santissimi Corporis xsti Terra di Matalunii…, è stata onorata della concessione dell’indulgenza plenaria per tutti coloro i quali presso la stessa si portavano a pregare in occasione del primo e dell’ultimo giorno dell’anno, per opera di Sua Santità Paolo V. La concessione è evidente da comunicazione della Santa Sede trasmessa al rettore della chiesa, datata il 26 maggio del 1612, e presso l’archivio segreto della stessa conservata[lvi]. La tradizione più antica che ricorda la chiesa è quella che la vede al centro dell'organizzazione, nel passato con la sua Congrega, in occasione della processione del SS. Sacramento[lvii], e quindi la festa del Corpus Domini[lviii]. Altre due sono le tradizioni della chiesa da ricordare: quella di S. Michele, che vedremo più avanti e quella dei Santi Aniello e Lucia. Quest'ultima è molto sentita dai maddalonesi. Nella chiesa in tale ricordo, nei giorni della loro dedicazione, le statue dei due santi vengono intronizzate nel transetto davanti l'altare maggiore e, inoltre, durante la giornata si susseguono messe ripetutamente ad iniziare dall'alba fino alla messa vespertina, tranne una breve pausa a metà giornata[lix]. La chiesa negli anni '30 dello scorso secolo è passata per patronato dal Comune di Maddaloni alla Diocesi di Caserta[lx]. A cura di Michele Schioppa #cronistoricomaddalonese [1] Al Premio de Sivo partecipai con lo pseudonimo “Cronistorico Maddalonese”. Il titolo del testo era “La Città di Maddaloni attraverso la Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini dal secolo XVI al XXI” mentre il sottotitolo “Una passeggiata ideale in uno dei gioielli di Terra di Lavoro”. In questi venti anni di chiusura della prima versione dello studio tanti studiosi e giovani laureandi o specializzandi trattando direttamente o indirettamente l’argomento mi hanno chiesto di poterlo consultare o averne copia, peccato che ben pochi, pochissimi, quasi nessuno, si sia ricordato di citarne la fonte. Pazienza! Â [i] Nel testo è possibile, grazie a testimonianze, qualche volta di opere storico narrative, cogliere aspetti peculiari del “vivere” a Maddaloni. La pubblicazione presente rispetto a quella che ha preso parte al concorso è stata per layout, grafica e testo scritto dimezzata al fine di consentirne la pubblicazione ovviando così a risorse economiche non disponibili. Il testo per quanto abbia perso alcuni approfondimenti resta nella complessità quanto più possibile vicino all’idea ed al contributo di quello che ha preso parte al concorso de Sivo. [ii] Giuseppe Tescione, Giuseppe Guadagno, Ciro Antonio Sparano, Marcello Natale, Giovanna Sarnella, Pietro Vuolo, Giuseppe De Nitto, Maria Rosaria Rienzo, Domenico Arnaldo Iannielo, ed altri. [iii] Per i contributi grafici il ringraziamento va ad Antonio Cicchella, Antonio Corriere, Marciano Salvato, Domenico Iovine e Vincenza Moniello. Alcune immagini risultano scansioni ex novo, come del resto altre risultano il frutto di ricerca in “Rete” e tra conoscenti. Molte delle testimonianze grafiche fornite dai succitati sono presenti nel testo che ha concorso al premio e non nella versione che qui si stampa, per i motivi indicati. [iv] G. Guadagno Caserta, Calatia e Sant’Augusto, in “Quaderni n. 1” a cura della associazione Biblioteca del Seminario Civitas Casertana, Caserta 1995. [v] T. Laudano Storia dei vescovi della Dicoesi di Caserta, ristampa Caserta 1996 ( in seguito T. Laudano Storia dei vescovi), pag. 122, 134-135. Tommaso Laudano parlando di Maddaloni chiarisce anche il privilegio di avere un capitolo di canonici nella chiesa di San Pietro. Per approfondimenti ulteriori si vedano anche le pagg. 175-176, 179. [vi] Recentemente ho seguito dalla progettazione alla redazione una tesi della neo dottoressa maddalonese, Regina Focarelli. La tesi di laurea partendo dallo studio del 1860-65 sulla città natale di Giacinto de Sivo, offre lo spunto per un’analisi critica. Ho proposto ed approfondito con Focarelli il significato che ha per de Sivo questo libro, da dove nasce e perché, l’effetto che ne è conseguito e cosa ha rappresentato e rappresenta per gli studiosi di Maddaloni e di Terra di Lavoro. Nello studio che ho indegnamente cercato di condurre ho fatto porre l’attenzione su quanto de Sivo ha reso noto, ed ha conseguentemente posto le condizioni per salvare “reperti” inestimabili come lo Statuto dei Disciplinari di Santa Maria de Commendatis. Una attenzione particolare è stata poi riservata alla rilettura in chiave critica della pubblicazione evidenziandone lacune ed errori con il supporto di studi bibliografici documentali successivi. [vii] Sulla stampa, nelle associazioni culturali a cui ho aderito ed aderisco, nei mandati ricoperti e che ricopro nei Consigli di Amministrazione della Pro Loco di Maddaloni e dell’Istituzione della Biblioteca Comunale di Maddaloni, nel partito politico del quale sono tesserato, mi sono adoperato perché questo progetto culturale prendesse sostanza. Felicissimo sono stato allorquando nel corso del recente congresso cittadino della mia forza politica, all’ennesimo ordine del giorno da me presentato su quest’argomento, l’assessore prof. Angelo Schiavone, oltre ad essere firmatario ha preso formale impegno anche successivamente in sede di segreteria politica con il piano triennale delle opere pubbliche. Ho appreso con soddisfazione la pubblicazione degli atti di giunta n. 3 del 12 gennaio 2005, n. 14 del 24 gennaio 2005 e n. 15 del 28 gennaio 2005 con i quali si procedeva al “Recupero funzionale edificio di proprietà comunale ex liceo classico G. Bruno per realizzazione Biblioteca ed Archivio Storico”. Il giorno 21dicembre 2005 veniva inoltre pubblicato con scadenza il 23 gennaio 2006 il seguente Bando: “BANDO DI GARA PUBBLICO INCANTO per l`affidamento dei Lavori di recupero funzionale edificio di proprietà comunale ex Liceo Classico “G. Bruno“ per realizzazione Biblioteca ed Archivio Storico”, firmato dal Dirigente del Comune per l’area Tecnica, Arch. Vincenza Pellegrino il 16 dicembre 2005, riportante un importo di base d’asta di euro 1.503.504,19. ÂÂ Con L’Archivio Storico Comunale si verrebbe incontro anche a tutta una serie di disponibilità di fondi che ad oggi trovano un diniego con grande perdita cimeli per la nostra comunità. [viii] de Sivo e Garibaldi, va detto, a Maddaloni, fanno vivere una situazione inedita, infatti, il Palazzo de Sivo, nell’omonima piazza, e quasi di fronte al Palazzo Manfredonia, già del Vescovo di Caserta, in piazza Umberto I°, laddove soggiorno Giuseppe Garibaldi come ricorda una epigrafe posta in facciata al palazzo. Nel giro di poche decine di metri abbiamo due grossi esponenti della rivoluzione e della controrivoluzione, l’Unità d’Italia portata da Giuseppe Garibaldi e la dignità ed il valore del Regno delle Due Sicilie inneggiato dal rappresentante della dinastia Borbone. [ix] Si ricorderà che anche eventi come Arte ed Artisti dell’Associazione Culturale Onlus Aniello Barchetta, patrocinati dalla Pro Loco e dal Comune di Maddaloni, sono stati realizzati nella Basilica, come del resto è noto il legame tra il comitato dei festeggiamenti patronali autunnali, che ha sede nella Basilica, con la Pro Loco cittadina. Si ricordi, ad esempio, la presidenza Cardillo ai festeggiamenti del 1999 che vide la neo Basilica delegare la Pro Loco nella gestione dei festeggiamenti. [x] La chiesa nei documenti d’archivio, e comunque nelle citazioni fino agli inizi degli anni’70 del secolo scorso, viene citata chiesa del SS. Corpo di Cristo e non Corpus Domini, da qui ne deriva che quest’ultima formula è stata usata recentemente, salvo casi rari nel passato, tali da non confermare questa definizione, ma quella storicamente consolidatasi. [xi] In ordine cronologico una recente pubblicazione della Touring Club Italia, dal titolo Campania della serie L’Italia, n. 13, edita nel gennaio 2005, ed allegata nel corso della settimana santa dello stesso anno al quotidiano La Repubblica, nelle pagine 314-316, nel riferire della chiesa si attesta, nonostante in premessa si parli di testi aggiornati, che la chiesa è sconsacrata. Sono evidenti anche altri errori, anche se si è preferito evidenziare quello più clamoroso. Probabilmente i dati Touring Club Italia da tempo andrebbero aggiornati sul nostro monumento. [xii] Le note, da non sottovalutare, possono rappresentare un momento di approfondimento nonché punto di partenza di altri studi. [xiii] Nel XX° secolo si affermava che parlare del proprio paese, o Città, significava essere universali, e con questo testo, compendio della descrizione di tante meraviglie artistiche, si vuole iniziare a considerare la possibilità di inserire il nostro Monumento nell'itinerario privilegiato dei gioielli di Terra di Lavoro. Qui, di fatto, arte anonima ed opere pregiate contribuiscono a rendere onore alla Trinità. Sono presenti, infatti, sul nostro territorio, e non solo, piccoli accorgimenti d'arte - stucchi, lavori in ferro o in marmo etc.- che pur non essendo legati a scuole ben precise sono il frutto di una elaborazione personalizzata d'insegnamenti di maestri passeggeri. Un’attenta analisi a tal riguardo è stata curata da A. Andreucci Maddaloni: Immagini di un centro antico della realtà casertana, in “Quaderni n.5”, a cura dell’associazione Biblioteca del Seminario Civitas Casertana, Caserta 1999, pagg. 337-345. Su piazza de Sivo ha incentrato la sua tesi di Laurea l’amico architetto Pellegrino Ventrone, detto Rino, noto per il suo impegno politico da diversi anni nella Valle di Suessola, nonché già membro del civico consesso maddalonese negli anni ’90 del secolo scorso. [xiv] Piazza de’ Sivo segna la fine di un’arteria che divide il territorio di Maddaloni. La direttrice in questione nasce da via Ficucella (anche conosciuta come strada provinciale Nola II tratto), prosegue per via Napoli, via Sergente del Monaco, piazza Ferrara, corso I° Ottobre, piazza della Vittoria, piazza Metteotti, piazza Umberto I° da qui piazza de’ Sivo, un tempo l’unione delle ultime cinque piazze elencate dava vita alla Piazza Grande. Con l’amico Domenico Iovine, che ha studiato per la parte urbanistica, l’evoluzione della Piazza Grande ad inizio secolo per esigenze accademiche, ho avviato uno studio storico, cronistorico ed urbanistico sulla nascita ed evoluzione fino ad oggi della stessa. [xv] Per lo sviluppo dell’area urbana maddalonese in tal periodo si segnala il recente studio dell’Architetto Rosa Carafa dal titolo Gli interventi nel centro urbano conseguenti alla concessione in feudo ai Carafa in “L’Annunziata e i Carafa” – atti del convegno del 4 dicembre 1999 a cura del Museo Civico del Comune di Maddaloni, Maddaloni 2000. [xvi] E’ a ridosso della montagna dedicata all'Arcangelo Michele, che è protettore della stessa Città di Maddaloni, oltre che della Diocesi di Caserta. [xvii] L'adunanza – la riunione -,finalizzata alla costruzione dell’edificio, probabilmente si ebbe nella chiesa di San Benedetto Abate di Maddaloni e fu indetta dal parroco della stessa, il sac. Enrico Abenante, come riferisce un articolo anonimo apparso sul quotidiano “Il Mattino” l'11 marzo 1975 (In seguito Mattino 1975) che tra le altre cose non riporta le fonti di quanto si documenta. La presente tesi potrebbe derivare dalle considerazioni che ne fa Piscitelli, vedi nota successiva. Nell’occasione del XII Sinodo della Diocesi di Caserta. mons. Raffaele Nogaro, ha sancito delle formule di regolamentazione per la stessa processione, in particolare riguardanti la città capoluogo. Diocesi di Caserta “XII Sinodo Diocesano Le Costituzioni” - “La Normativa Sinodale”, Caserta 1999, pag. 49. Va aggiunto, per completezza di citazione, che oltre all’articolo Mattino 1975, la cui copia originale è conservata presso l’Archivio Diocesano di Caserta (in seguito ADC), nella serie del Vescovo Vito Roberti nella cartellina relativa alla chiesa del SS. Corpo di Cristo, altri articolo giornalistici, sempre editi da Il Mattino, attirano la nostra attenzione. Si tratta di quattro articoli le cui copie originali sono parte integrante del registro di cronaca parrocchiale redatto dal rettore della chiesa don Benedetto Bernardo tra il 1969 ed il 1978, e che si trova presso l’archivio della stessa Basilica Pontificia Minore. Gli articoli sono: 1) La storia di Maddaloni attraverso quaranta chiese del 20 agosto 1969 a firma di P.P.; 2) Maddaloni: la chiesa del Corpus Domini del 2 novembre 1973 privo di firma; 3) La Storia di Maddaloni è legata alla costruzione delle sue 40 chiese del 13 agosto 1974 a firma di P. Pirone e L. Renga; 4) La chiesa del Corpus Domini del 20 luglio 1976 a firma di Pasquale Pirone. Il primo ed il terzo come il secondo ed il quarto articoli hanno stessa impostazione e contenuto. Gli articoli del 1969 e del 1974 riportano due errori storici, mentre quelli del 1973 e del 1976 oltre ad essere privi degli errori degli altri due riportano contributi inediti forse frutto di studio storico alla base, studio che offre elementi ignari anche a persone impegnate nello studio del nostro monumento negli anni ’80 del secolo scorso. [xviii] F. Piscitelli Dissertazioni per illustrare alcuni punti della storia di Maddaloni, Maddaloni 1880-85, pag. 79. [xix] In quell'occasione stipulò l'atto notarile il notaio Melchiorre Izzo. Così riferisce l’articolo di cui sopra, Mattino 1975. Il verbale di consegna della chiesa alla Diocesi a cura del Podestà, nel 1931, ci riferirà dello stesso notaio. Dello stesso notaio non sono riuscito a trovare atti presso l'Archivio di Stato di Caserta (In seguito ASC). [xx] F. Piscitelli, Op. cit., pagg. 78-79-80. Nel mentre lo storico parla dei personaggi illustri di Maddaloni tratta anche di Ranaldo Tenneriello. Si riferisce del come il culto, con la relativa nascita della congregazione del SS. Corpo di Cristo si diffonda in tutta Italia, per poi giungere alla nostra che la si volle nella chiesa di San Benedetto per opera di d’Abenante. “Ben presto - continua il Piscitelli - questa congregazione attecchì e prosperò; ... Nell'anno 1542 il nostro Renaldo Tennerelli essendo amministratore della detta Congregazione pensò edificarle una chiesa propria, ed a tal effetto donò mezzo moggio di terreno sito nel luogo detto Isola, alla Basilica di S. Giovanni Laterano in Roma, onde vi fosse fabbricata detta chiesa e godesse le stesse indulgenze e privilegi di detta basilica. Questa accettava il legato e censiva al nostro Municipio colla prestazione annua di una libbra di cera il detto mezzo moggio di terra, onde detta chiesa vi si fosse fabbricata, ed in pochi anni fuvvi elevata una chiesetta modesta ma decente. Per i privilegi, concessi dal sommo gerarca Poalo III alla chiesa di S. Maria la Minerva in Roma ed a tutte le Congregazioni del Corpo di Cristo, la nostra congregazione fiorì a segno di diventar straricca”. D’Abenante, de Sivo prima e Sarnella poi lo ricordano nel 1562 impegnato nel rinnovo della chiesa di San Benedetto Abate. Vedasi G. de Sivo Storia di Galatia Campana e di Maddaloni, Napoli 1860-65, (in seguito G. de Sivo Storia) pag. 282, e G. SarnellaLa Pittura Manieristica a Maddaloni Orazio de Carluccio Pompeo Landolfo (in seguito G. Sarnella La Pittura) Maddaloni 1999, pag. 11, nota 31. [xxi] Questa data è riportata da de Sivo, mentre Piscitelli, che scrive vent'anni dopo si riferisce all'anno 1542. Reputo, in questo caso, per vera la tesi di de Sivo, che poi si confronta con quella del Demarco che scrive sulla base dei documenti ufficiali. Ciò nonostante quella del 1542 potrebbe essere la data dell’insediamento di Tenneriello. Non a caso sicuramente sussiste il legame alla chiesa di San Benedetto, e di questa chiesa Piscitelli, lo studioso, era arciprete. [xxii] Prelato diocesano da pochi mesi è il giovanissimo mons. Marzio Cerbone, nominato da Paolo III il 27 maggio di quello stesso anno - T. Laudando Storia dei vescovi, pag. 207-. Questo dato è riportato per la cronaca anche se è bisogna tener presente che, come si approfondirà di seguito, l'ingerenza baronale rendevano vane, quando non ben volute, le disposizioni e l'intervento vescovile. [xxiii] A tal proposito fu posta una condizione da parte della Basilica lateranense la quale chiese che si portassero il 24 giugno di ogni anno, festa di S. Giovanni, a quella Basilica, dei ceri, e si precisava da rinnovare ogni quindici anni questo impegno. [xxiv] Tutto ciò il 5 dicembre dello stesso anno. [xxv] Biblioteca Provinciale di Caserta - Museo Campano di Capua (In seguito BMC), Biblioteca Topografica, reparto Maddaloni. [xxvi] Il testo che continua è del seguente tenore: "S'ignora, se fosse stato così menato ad effetto, mentre non è riuscito di rinvenire rastro dopo il decorso di due secoli e mezzo. Vero è però, che all'Università non ncumbe il peso di convalidare con atto posteriore quel che vedesi esistente, e corrisponde appuntino a quanto nell'istromento fu scritto, il quale sebbene sia un atto di procura, pure conservando le memorie di ciocchè fu col fatto eseguito, val quanto un solenne instromento di fondazione... Vi sarà ora chi può negare l'adempimento del contenuto ne cennato istrumento, dopocchè il primo tra i cittadini in esso intervenuti ebbe l'onore della riferita memoria? Chi non vede che quel tempio stesso stabilito da farsi nel 1546 si trovò perfezionato nel 1567? Ma non è questa la sola pruova, che convalida il padronato. Altre memorie esistono, quali erano in tempo della erezione, altre mutate o nel sito, o nella sito". [xxvii] M. Schioppa Lo Stemma e il titolo Città della Comunità maddalonese, Maddaloni 1999, pagg. 25- 27.(in seguto M. Schioppa Lo Stemma) [xxviii] Si fa riferimento anche due sepolcri un tempo esistenti con lo stemma dell'Università, vale a dire quello del pagliaio e dei due leoni. ASC, notaio Andrea Giannettasio, fondo di Maddaloni, n. corda 9298 - 9338 (In seguito notaio Giannettasio), vol. atti anno 1742. [xxix] L'atto di quest'ultima donazione, come si evince dalla Platea Magna del 1760, è stato rogato dal notaio Leonardo Persico, i cui atti sono sì presenti all'Archivio di Stato di Caserta, ma nel volume rilegato con gli atti di quell'anno manca il rogito cercato. (ASC, notaio Leonardo Persico, n.corda 193-199, fondo di Maddaloni, volume anno 1552. Ve n'è uno al 4 aprile che però non ci riguarda) La perdita dell'atto in questione potrebbe essere dovuta a distrazioni al momento della rilegatura dei documenti. [xxx] Dimensioni 104 per 67 cm. [xxxi] La stele sepolcrale attualmente nella chiesa è sotto l'organo destro, ma non si può dire che sotto di essa vi siano ancora i resti di Tenneriello in quanto dopo due secoli la chiesa è stata rifatta. [xxxii] G. Sarnella La Pittura pag. 7-12. Sarnella riferisce che nel ‘500 operavano nei tanti cantieri molti artisti per l’arredo interno delle chiese in costruzione o in ampliamento, con una netta prevalenza di pittori. Tra le altre cose aggiunge: “In questa frenetica attività costruttiva, si alternavano maestranze locali, napoletane e toscane... e il S.S. Corpo di Cristo che, da piccola cappella fondata da Giacinto (Ranaldo n.d.r.) Tennerelli, viene dopo la sua morte, a partire dal 1577, trasformata in Chiesa stando alle documentazioni delle varie fasi costruttive. La formazione delle cappelle e le concessioni di patronato, daranno l’input all’arredo pittorico per buona parte affidato a Pompeo Landolfo”. [xxxiii] G. Sarnella Le vicende costruttive della Chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni in Rassegna ANIAI n.4\98 (in seguito Sarnella vicende...), pag. 19 [xxxiv] … ac parios fruttos percepit …Biblioteca Comunale - Archivio Storico - Comune di Maddaloni (In seguito BCASCM) Registro deliberazioni del Podestà, anno 1931, pagg. 1- 18. [xxxv] Dalla Platea Magna del 1760 della stessa chiesa, conservata presso l' BCASCM, si legge che la struttura cinquecentesca aveva dedicato alcune delle sue cappelle ai titoli che seguono: S. Caterina o S. Maria del Carmine, SS. Apostoli Giovanni e Giacomo, S. Maria della Libera, Sposalizio della Beatissima Vergine - patronato della Famiglia de Agostino - ed altre. [xxxvi] G. Sarnella Il quadro dello Sposalizio della Vergine nella Chiesa del SS. Corpo di Cristo in Maddaloni in atti del I Convegno dei Gruppi Archeologici dell'Italia Meridionale, Prata Sannita 1986 (In seguito Il quadro cit.), pag. 236. [xxxvii] Secondo quanto riportato dalla Platea Magna del 1719 - ASCCCM, foglio 296 -ÂÂ ÂÂ si evidenzia del come il 18 agosto del 1656 Giovan Giacomo Landolfo di Napoli fece intestare sei cappelle ai suoi familiari. Parla delle cappelle della chiesa di quel periodo Sarnella, Sarnella vicende... pag. 22 nota n. 6. [xxxviii] L'unica probabile immagine della chiesa antica è riprodotta nel quadro di Pompeo Landolfo “Cristo tra i simboli della Passione” (1595) dove sulla parte inferiore si riproduce una processione funebre che si avvia verso una chiesa che si identifica con la nostra; di fronte è la chiesa del A.G.P.. Il quadro di Landolfo è stato trafugato dalla chiesa la notte tra il 14-15 luglio 1991. Attualmente è esposta una gigantografia. [xxxix] G. de Sivo Storia pag. 258, riferisce che non si ebbe a costruire prima del 1720; Piscitelli, Op. cit., pag. 80, riferisce che si inizio la costruzione nel 1722, Dalla Platea Magna del 1719, ASCCCM, si evidenzierà che nell'aprile del 1721 si abbatterà un gruppo di case per spianare l’area destinata al coro ed ai cappelloni, foglio 274. “A. D. 1722”: questa scritta accompagnata da un calice in alto rilievo è scolpita nella pietra calcarea- testata d'angolo del transetto sinistro della chiesa. Giovanna Sarnella relativamente alla muratura della fabbrica aggiunge: “osservando il parametro esterno privo d’intonaco prospiciente la via sopracitata, e misurando le pietre di tufo, riteniamo quelle essere estrate dai «monti» nella località «la fossa delli Papi» e «la masseria degli Alessandri» dai tagliapietre Francesco Troncillo, Nicola Marcantonio e Luca Capasso.Un’altra riflessione va fatta, il parametro murario esterno sinistro appare omogeno fino all’imposta delle coperture a tetto, senza nessuna traccia di tompagnature di precedenti aperture e quindi la sua realizzazione è in un sol tempo, senza recuperi, per lo meno verso questo parametro, di antecedenti strutture. Questo trova conferma, in quanto viene più volte ribadito nelle relazioni annesse alla pratica dell’assenso della Sagra Congregazione dei Riti di Roma”. Sarnella vicende... pag. 20. [xl] Cronache del tempo asseriscono di una particolare amicizia che legava mons. Albertini al Vescovo di Sant’Agata de’ Goti, poi santo, Sant’Alfonso Maria de Liguori, il quale ebbe anche una lunga corrispondenza con l’Economo e Governatore della Basilica, Pisanti. [xli] Considerando che la chiesa era di patronato comunale, oltre che realizzata con impulso ed interessamento ducale, vedi artisti impegnati, va da se che oltre la comunità dei fedeli, e clero diocesano, le presenze dominanti erano quelle degli Eletti comunali e della famiglia ducale. [xlii] I lavori con la posizione della prima pietra iniziarono probabilmente il 16 settembre del 1722. Mattino 1975. [xliii] F. Piscitelli, Op. cit., pag. 80. [xliv] ASC, notaio Aniello Pascarella, fondo di Maddaloni, pacchi 2106 2107 (In seguito notaio Pascarella), atto del 17 settembre del 1765. [xlv] Sarnella vicende... pag. 20. Come si nota si parla della costruzione per mano di architetti napoletani. [xlvi] Il paesaggio maddalonese è caratterizzato dall'abbondante presenza di cupole, gran parte delle quali hanno richiami adriatici. Probabilmente c'è l'influenza di Diomede Carafa, che oltre ad essere nostro duca era vice re in Puglia, così si giustificherebbero tendenze o insegnamenti non caratterizzati da gusti locali. Per inciso va precisato che questo discorso pur coinvolgendosi nel complesso non fa rientrare la nostra cupola tra quelle di stile pugliese. [xlvii] Dall’immagine apprendiamo oltre alla presenza di candelabri con raggiera, per il passato in parte trafugati, quelli restanti senza raggiera, ed altri due candelabri, di enorme dimensione, che erano posti ai lati della stessa altare vanvitelliana. Quest’ultimi due attualmente sono conservati nella Cattedrale di Caserta città. [xlviii] Quest’ultimo nei particolari richiama una cona lignea del XVII secolo esistente nella chiesa delle Trentatré, in Napoli. [xlix] Un tempo anche quattro confessionali riccamente intarsiati. [l] Per ciò che riguarda i pagamenti di Di Lucca, bisognerà fare fede al notaio Aniello Pascarella, come si vedrà dalle fonti che ci sono offerte, ma anche al Banco del Popolo di Napoli, presso il quale gli amministratori della chiesa chiedevano dei prestiti. E. Nappi “Fonti inedite per la ricostruzione della vita economica, sociale e culturale della Provincia di Caserta” in “Quaderni n. 5” a cura dell’Associazione “Biblioteca del Seminario Civitas Casertana”, Caserta 1999, pag. 58. [li] Circa il tabernacolo dell'altare vanvitelliano l'articolo del Mattino 1975 riferisce che lo stesso è stato realizzato da Carlo Vanvitelli e non già dal padre Luigi: questa tesi non trova fondamento in nessuno dei numerosi documenti trovati sull'altare, anzi si vede come i disegni siano del padre e l'opera di Fiore. [lii] In occasione della XI settimana per i Beni Culturali organizzata dal Ministero dei Beni Culturali l'amministrazione comunale di Maddaloni organizzò una serie di manifestazioni e giornate di studio nel corso di una di queste ultime l'arch. Giovanna Sarnella presentò un contributo, poi dalla stessa amministrazione pubblicato: G. Sarnella La Pittura Manieristica a Maddaloni - Orazio de Carlucio Pompeo Landolfo. Maddaloni 1999. [liii] “La vivacità culturale della Napoli del Settecento - commenta Mario Landolfi - trovò nell’immagine pittorica una delle espressioni più significative di sviluppo. Sia negli anni del governo vicereale austriaco, sia nel successivo periodo carolino, si avvicendarono in campo pittorico esperienze la cui eco non si propagò solo nell’intero territorio campano, ma giunse in ogni regione del Regno ed ebbe non poche influenze anche in molti paesi europei”. M. Landolfi Marco e Domenico Mondo nella Napoli del Settecento, Caserta 1999, pag. 72. [liv] G. Sarnella il quadro; G. SarnellaPompeo Landolfo pittore manierista, documenti dal 1592 al 1627 in Rivista Storica del Sannio n.2/1996, pag. 212; G. Sarnella La Pittura. [lv] V. Pacelli Prefazione in Statue Lignee in Maddaloni, Maddaloni 1989, pag.6. [lvi] Archivio Storico della chiesa del SS. Corpo di Cristo di Maddaloni (In seguito ASCCCM) - Sezione Segreta. La sezione segreta è costituita da una urna di ferro contenente documenti originali che riguardano vicende costruttive e vita amministrativa religiosa economica della chiesa nel corso dei secoli, gelosamente conservata dal rettore della Basilica, e solo in occasione della preparazione dei carteggi per innalzare la chiesa a Basilica e stata resa nota alla mia umile persona, che ha avuto modo di studiarla e citarla nel presente studio. [lvii] Tale processione finisce davanti a questa chiesa con la benedizione del popolo di Dio, all'interno segue la Celebrazione Eucaristica. [lviii] P. Toschi Folklore, vol. IX della serie Conosci l'Italia ed. Touring Club Italiano, Milano 1967. Relativamente alla festa del Corpus Domini evidenzia una caratteristica che si riscontra, seppur in modo non del tutto uniforme, nella realtà maddalonese: "…l'elemento più caratteristico della tradizione popolare che si innesta nella liturgia ufficiale è dato dallo sfoggio di piante e fiori di cui si adornano le vie e piazze ove assa la processione. Un elemento integrativo della decorazione è la mostra di arazzi, tappeti, coperte ai balconi e anche alle finestre delle più umili case. A Ortona (Abruzzo) - si riporta per curiosità - si crede che le stoffe esposte e benedette, al passaggio del Santissimo, non si tarlino", pag. 39. [lix] Negli anni '50 nella nostra chiesa si celebravano i seguenti tridui: SS. Nome di Gesù, Sant'Apollonia, Addolorata, San Francesco Saverio, Arcangelo Raffaele, Madonna della Speranza, Madonna dell'Arco. Si celebravano la novena di Natale, le SS. Quarantore, Ottovenario del SS. Corpo di Cristo (Corpus Domini) e quella grande dedicata all'Arcangelo Michele Patrono della città di Maddaloni ed altre viciniore. Questi dati si evincono dalla relazione redatta in occasione della Visita Pastorale del 1947 dal parroco di Sant’Aniello, di cui copia si conserva presso l’ADC. Ricordi di persone avanti con gli anni ricordano che fino al secondo dopo guerra nella chiesa si celebrava l’Agonia, funzione liturgica musicale, nel corso della settimana santa, per ricordare l’evento biblico. Per un maggiore contributo sul tradizioni del periodo maddalonese quaresimale, che coinvolgono a pieno quella che oggi è la Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini vedasi: M. Schioppa Maddaloni:La Processione del Cristo Morto e dell’Addolorata, detta anche del Venerdì Santo in Settimanale Indipendente il Caffè di Caserta, Anno VII n. 11 del 19 marzo 2004 pag. 11, Anno VII n. 12 del 26 marzo 2004 pag. 11, Anno VII n. 13 del 02 aprile 2004 pag. 11, Anno VII n. 14 del 09 aprile 2004 pag. 11, Anno VII n. 15 del 16 aprile 2004 pag. 11 (in seguito M. Schioppa Maddaloni: La Processione del Cristo Morto). Ed ancora M. Schioppa Aniello ed Antonio Barchetta e la Basilica Pontificia Minore del Corpus Domini, Maddaloni 2003 (in seguito M. Schioppa Aniello ed Antonio Barchetta) e M. Schioppa Tu: Donna – Note sul Maestro Antonio Barchetta Maddaloni 2004 (in seguito M. Schioppa Tu: Donna – Note). [lx] Esattamente il verbale del passaggio è stato stipulato nella sagrestia della stessa chiesa il 9 dicembre del 1931 e il 4 febbraio del 1932 alla presenza del mons. Frese Donato vicario generale e del sig. Briganti Luigi, ad inizio anno, però, il Podestà già decretò il passaggio con una sua deliberazione. ADC, serie III, busta 26, fascicolo 189\8. |