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Capua, viaggio nel Liceo “Salvatore Pizzi” attraverso le parole del suo Dirigente Enrico Carafa PDF Stampa E-mail
Scritto da Mario Celato   
Giovedì 25 Febbraio 2021 18:59

CAPUA (Caserta) - “I ragazzi sono la vera linfa della scuola. Oggi li dobbiamo tenere a casa e ciò significa vedere meno qui lo spirito vitale. Senza i ragazzi è un mortorio, tutto è silenzioso. Anche il loro brusio era importante perché dimostrava vita”.

Tra le “scuole superiori” più note del panorama provinciale casertano spicca l’Istituto liceale “Pizzi”. Ha più di centocinquanta anni di storia e, non dimostrandoli affatto, dona ai suoi studenti una delle migliori preparazioni scolastiche della zona. Dati alla mano.

Ottima preparazione dei docenti, innovazione tecnologica, disponibilità, rispetto e attenzione verso gli studenti e le famiglie sono gli ingredienti che rendono esemplare questa scuola.

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Entrando si notano subito messe in atto tutte le accortezze dettate dal Ministero in tema di Covid-19. Linee colorate individuano percorsi univoci per ogni piano, per ogni classe. Tutte le aule sono dotate di segnaletica personalizzata, sapone igienizzante, banchi distanziati e plexiglass sulle cattedre. Tutto perfetto, non si sfugge.

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Il Dirigente scolastico, dal 2007, è il professor Enrico Carafa, un uomo molto preparato ed estremamente innamorato del suo lavoro, che gentilmente ha concesso l’intervista:

Buongiorno preside e grazie per il tempo che mi dedica.

Buongiorno a lei e grazie per essere venuto.

Lei è stato dapprima insegnante. Com'è nei confronti dei docenti il Carafa dirigente: severo o indulgente?

Io penso che con gli insegnanti ci debba essere una leadership di carattere non autoritario ma autorevole. Un dirigente scolastico deve essere il modello, quindi io il termine “autoritarismo” lo sostituirei con la parola “autorevolezza”. Si tratta di essere credibili per quanto riguarda il coordinamento dell'attività didattica. La scuola è una struttura sociale a legami deboli, non ci sono rapporti gerarchici ma legami che si devono costruire e realizzare giorno per giorno.

Com’è nei confronti degli alunni?

Nei confronti degli alunni del Pizzi credo di aver sempre un atteggiamento cordiale, sempre nel rispetto delle regole e ovviamente dei ruoli. Abbiamo anche un ottimo rapporto di collaborazione. I ragazzi del Pizzi sono dei ragazzi straordinari, educati e si comportano sempre in modo impeccabile quando li portiamo fuori in viaggio… quando era possibile (prima della pandemia). Tutti quanti ci hanno sempre fatto i complimenti. Sono ragazzi che si fanno voler bene, rispettano e si fanno rispettare.

Quanto ritiene sia importante l’apporto dei genitori nel compito della scuola e viceversa?

Il compito di genitori è fondamentale. Purtroppo negli ultimi anni, la diffusione delle chat di gruppo sta veramente creando una sorta di confusione di ruoli e di compiti. La collaborazione dei genitori è utilissima ma sempre nel rispetto dei compiti altrimenti la scuola perde di credibilità. Devo dire che nel consiglio d'istituto ho una straordinaria collaborazione da parte della mamma presidente. È molto attiva e fa egregiamente da tramite tra scuola e genitori. Serve piena collaborazione nell’interesse della crescita degli studenti.

Quanto è importante il contributo della scuola nell'educazione dei ragazzi?

Il contributo della Scuola nell'educazione dei ragazzi è fondamentale ma può anche trasformarsi in un fallimento quindi non c'è uno standard che noi possiamo definire perfetto. La Scuola contribuisce alla formazione dei ragazzi se sa essere innovativa e sa utilizzare gli stessi linguaggi comunicativi dei ragazzi riuscendo a trasmettere codici comunicativi comuni ma se utilizza un linguaggio che è completamente estraneo al loro mondo, non andiamo da nessuna parte.

La Scuola, che non è più l’elemento esclusivo per veicolare formazione, deve rendersi conto che esistono altre agenzie educative e che se vuole rimanere quella per eccellenza deve imparare, attraverso l'innovazione didattica, a comunicare e a saper leggere i bisogni dei ragazzi.

Qual è l’istituto scolastico che le è rimasto più nel cuore?

Non posso dire che c’è un istituto a cui sono legato di più. Ricordo con particolare affetto la prima scuola che ho diretto. È in un paese del Lodigiano, Codogno, oggi tristemente famoso per l’inizio della pandemia. Due anni di esperienza che mi sono rimasti nel cuore perché si era molto più giovani. Devo dire un’esperienza estremamente formativa che ricorderò per tutta la vita.

Oltre che al Nord, lei è stato preside anche al centro Italia. Che differenze ha ritrovato tra le varie realtà istituzionali venendo poi al Sud?

Le differenze col meridione sono quelle che purtroppo conosciamo. Assolutamente non nella qualità degli insegnanti che non ha nulla da invidiare a quella dei colleghi del Nord ma la diversità è tutta nel funzionamento della macchina amministrativa di supporto alla Scuola. Spesso è un problema economico. È sotto gli occhi di tutti un’attenzione più bassa qui al meridione.

Come è cambiata l'istituzione scolastica in relazione anche alla mutazione caratteriale delle nuove generazioni?

Io non noto questa mutazione forse perché il mio osservatorio è un po' diverso rispetto a quello dei docenti. Penso che i ragazzi siano sempre gli stessi, con gli stessi problemi ma anche con le stesse risorse. Ovviamente io faccio il dirigente scolastico da tanti anni e ho assistito a numerose variazioni avvenute nell'ambito della storia della scuola.

Il problema è proprio questo, secondo me. La scuola dovrebbe essere lasciata un po' in pace nel senso che quando siamo già su una strada, investiamo tempo, energie ed impegno e perfezioniamo la formazione di tutti. Se continuamente cambiamo, come se ogni Ministro debba mettere una sorta di segno del suo passaggio, abbiamo grosse difficoltà. Se lasciassero un po’ le cose come stanno ci sarebbe più efficacia e più efficienza.

A prescindere dalle attitudini personali, quale tipologia di studi consiglierebbe ad un adolescente?

Io consiglierei tutte le tipologie di studio. Non si può prescindere dalle attitudini. A tal proposito penso che l'orientamento come viene fatto in Italia è completamente sbagliato. Oggi la scelta degli studi di secondo grado è consigliata dall'insegnante che dà l’indicazione, dall’amico che si iscrive a quella scuola… non c'è nulla di più sbagliato. Io mi rendo conto che a quattordici anni è difficile pretendere da un ragazzo un progetto di vita perciò quello che serve è un processo di accompagnamento alla scelta.

Se fossi il Ministro dell'Istruzione creerei una scuola con un biennio unico perché ovviamente i ragazzi devono conoscere le discipline caratterizzanti poi a seconda delle propensioni studieranno più approfonditamente talune materie funzionali ad un preciso percorso di vita. L’orientamento deve accompagnare il ragazzo, non deve essere una scelta perentoria.

È un ridicolo luogo comune che i liceali siano più diligenti degli studenti che frequentano gli istituti tecnici e professionali. Per lei è vero?

Quest’anno sono preside reggente anche della ragioneria, come si chiamava un tempo, e dico che tutti i ragazzi hanno le stesse risorse ma, come diceva Gardner parlando di intelligenze multiple, ognuno ha una particolare propensione per un tipo di studi. Chi studia al tecnico o al professionale vive più una dimensione operativa rispetto a chi frequenta il liceo che invece è più riflessiva. Però c’è da dire che anche nei licei oggi ci stiamo orientando verso un rapporto sempre più stretto tra l'apprendimento e la messa in pratica degli apprendimenti.

Quello che fa la differenza non è la tipologia di scuola ma è il rapporto tra insegnante e discente. Noi dobbiamo mettere al centro l’alunno, dobbiamo fare in modo che lui sia il centro della nostra attenzione didattica. Se ascoltiamo le loro proposte e li facciamo lavorare in modo autonomo, migliori saranno i risultati e non ci saranno più ragazzi svogliati.

Ho visto che lei stato anche componente dell’EDA regionale. È più facile insegnare ai ragazzi o agli adulti che hanno una consapevolezza esperienziale diversa?

Insegnare all’uno o all’altro è completamente diverso. Dal 2001 al 2009 si è realizzata nella Regione Campania una stagione di progetti strategici straordinaria. Ho fatto parte di questo comitato regionale che mi ha dato molto dal punto di vista professionale e dove siamo riusciti a realizzare ottimi risultati.

L’obiettivo era quello di andare a creare un sistema di rete che purtroppo poi è venuto meno con la creazione dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti. La scelta politica è stata fatta, che io ovviamente condivido come dirigente scolastico ma non condivido dal punto di vista pedagogico perché è stata una scelta politica di aumentare il numero di diplomati. Si sono trasformate le scuole serali in una sorta di scuole private o di “diplomifici”. L’obiettivo dell’EDA, educazione degli adulti, ora IDA, istruzione degli adulti, è quello di aumentare il numero dei diplomati però non è la stessa cosa insegnare ad adulti ed insegnare a ragazzi di quattordici anni.

Il docente che insegna agli adulti deve utilizzare strategie completamente diverse ma è lo stesso che insegna pure la mattina, e non è la stessa cosa.

Da ex alunno noto una differenza abissale dal ‘97. Come è oggi il Pizzi e quali progetti ci riserva per il futuro?

Il Pizzi oggi è una scuola che sta viaggiando su oltre millecinquecento alunni. Ha tutta una serie di indirizzi che sono più o meno completi come classico, scientifico, scienze applicate, scienze umane, l’opzione economico sociale e il linguistico. Ha poi una serie di curvature all’interno perché noi stiamo praticamente avvicinandoci alle esigenze formative dei ragazzi.

Io penso comunque che sia fondamentale il senso di appartenenza. Al di là dell’indirizzo che viene scelto, noi siamo comunque il Liceo Pizzi, eredi di una grande storia che ha più di 150 anni. Abbiamo tanti anni di istituto magistrale, che non dobbiamo affatto rinnegare, però abbiamo coniato questo binomio tra tradizione e innovazione. Da quando sono dirigente scolastico ho portato sempre avanti il discorso dell’innovazione didattica e i docenti mi seguono in questo percorso.

Siamo iscritti con tre progetti “avanguardia educativa” dell’lndire e facciamo parte di questa organizzazione per sperimentare nuove proposte formative proprio per entrare in comunicazione con i ragazzi e utilizzare le strategie giuste. Però è fondamentale formare gli insegnanti. Io penso che al di là dei progetti debba esserci il progetto. Noi ne abbiamo tantissimi ogni anno, anche legati al territorio come quello degli sbandieratori. Tutti hanno un filo conduttore comune: dare risalto al protagonismo dei ragazzi e farli crescere nelle competenze di cittadinanza.

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Come è stato e come è il rapporto tra il Pizzi ed il Covid-19?

Qui non abbiamo avuto molti casi ma ci ha trasformati completamente nella didattica a distanza. Ci siamo organizzati e attrezzati ma la DaD non può certamente sostituire quella in presenza, però, piuttosto che realizzare una didattica in presenza che è presa dall’angoscia, è preferibile continuare a far stare i docenti e i ragazzi a casa fino a quando durerà la situazione. Il Covid-19 lo abbiamo affrontato riorganizzando le aule e pronti ad accogliere i ragazzi in sicurezza. È chiaro che la presenza crea sempre dei problemi finché virus non sarà debellato.

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