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Caserta, impiegato prefettura arrestato con 2 pakistani per aver fatto entrare clandestini in Italia PDF Stampa E-mail
Lunedì 29 Gennaio 2018 14:56

CASERTA - Nella mattinata odierna, personale della Squadra Mobile della Questura di Caserta ha dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare emessa dall’ Ufficio GIP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, su richiesta di questa Procura della Repubblica, che dispone il divieto di dimora nella Provincia di Caserta a carico di tre persone, AHMED Shahbaz, di anni 40, AHMED Shahzad, di anni 45, e MOSCIA Alfonso, di anni 43, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere, corruzione e altro.

L’indagine ha permesso di svelare l’esistenza di una collaudata organizzazione criminale, insediata in provincia di Caserta, ma con stabili articolazioni in altre regioni del Territorio Nazionale ed all’estero, dedita a procurare l’illegale ingresso in Italia di cittadini extracomunitari, di cui risultavano promotori ed organizzatori i suddetti fratelli, di origini pakistane, AHMED Shahzad ed AHMED Shahbaz.

Gli stessi si avvalevano dell’indispensabile e consapevole apporto del MOSCIA Alfonso, pubblico ufficiale in servizio allo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura - UTG di Caserta, il quale, in cambio di denaro ed altre utilità, compiendo atti contrari ai propri doveri di ufficio, favoriva il rilascio di Nulla Osta al ricongiungimento familiare, pur non ricorrendone i requisiti di legge, ovvero ne accelerava l’iter procedimentale.

In particolare, il sodalizio, in cambio di somme di denaro, variabili dai mille ai 1.500 euro, procacciava N.O. al ricongiungimento familiare in favore di cittadini extracomunitari che non disponevano dei requisiti prescritti dalla normativa vigente, solitamente per la mancanza di un reddito adeguato al sostentamento dei familiari per i quali veniva presentata la relativa istanza.

Le investigazioni permettevano di ricostruire il complesso meccanismo escogitato dall’organizzazione per perseguire i propri illeciti fini, fondato essenzialmente sul sistematico ricorso al falso documentale: infatti venivano procurati dagli indagati falsi documenti che certificavano la residenza, contratti di locazione di immobili, certificati di idoneità abitativa, dichiarazioni di redditi attestanti la disponibilità di adeguati mezzi di sostentamento dei familiari con i quali si desiderava ricongiungersi.

II provvedimento veniva eseguito nei confronti di AHMED Shahzad e MOSCIA Alfonso, stante l’irreperibilità di AHMED Shahbaz all’atto dell’esecuzione del provvedimento.