Pordenone, per uccidere la moglie si schianta contro un tir Stampa
Scritto da Maria Elena Cosenza   
Giovedì 16 Marzo 2017 12:13
PORDENONE - Si è fidata per l’ultima volta del padre dei suoi figli Jamir Temjenlenmla, 37 anni, indiana naturalizzata italiana, e le è costato troppo caro il prezzo, ha perso la vita. E’ accaduto nella provincia di Pordenone, si tratta dell’ennesimo femminicidio. Questa volta, però, l’assassino, Cristiano Dipaolantonio, 45 anni, secondo la Procura, ha tentato di nasconderlo con un incidente stradale, dove hanno perso la vita in tre: Jamir, Cristiano e Florindo Carrer, 52 anni, di Cessalto (Treviso), l’autista del tir con il quale si è schiantato pur di uccidere la giovane moglie.

 

L’Antefatto

Si tratta del tragico epilogo dopo numerose avvisaglie: «“Mi ammazza, aiutami”: Jamir me lo ripeteva di continuo. Aveva fatto di tutto per evitare che si arrivasse a quello che è successo». 

Maria De Stefano è la presidente dell’associazione Voce Donna che gestisce il centro antiviolenza di Pordenone. Jamir «una donna bella e piena di forza, si rialzava sempre», aveva cercato aiuto lì, preoccupata per ciò che il compagno, Cristiano Dipaolantonio, avrebbe potuto fare. 

 

L’incidente

Lunedì mattina il marito l’ha prelevata dall’ospedale dove era ricoverata per un precedente incidente e invece di portarla a prendere i bambini a scuola l’ha condotta su una strada molto trafficata e nota per i numerosi incidenti stradali.

Alcuni testimoni oculari parlano del furgoncino dell’azienda di Cristiano che sfrecciava ad alte velocità ed effettuava sorpassi pericolosi.

L’ultimo sorpasso li ha portati alla morte.

I rilievi effettuati sul posto non evidenziano alcun segno di frenata, proprio a voler avvalorare la tesi della Procura di Pordenone che parla, appunto, di femminicidio mascherato da incidente stradale.

Jamir era ricoverata perché già domenica Dipaolantonio aveva provocato un incidente: era uscito di strada a Cappella Maggiore, nel Trevigiano, dopo aver abbattuto un muretto. Lui non si era fatto niente, Jamir era stata trasportata d’urgenza con l’elisoccorso all’ospedale di Treviso per un trauma cranico. Era rimasta una notte in osservazione. Lunedì sembrava che il pericolo fosse scampato. Poi, inspiegabilmente, ha accettato un passaggio dall’uomo con cui aveva due bambine, di 8 e 14 anni. Ancora non è chiaro perché abbia accettato un passaggio dallo stesso uomo che aveva già tentato di ucciderla, ma forse perché Jamir parlava l’italiano ancora con difficoltà ed era da sola a Pordenone, i parenti sono in India. Si era trasferita 15 anni fa proprio per stare con Dipaolantonio, che aveva conosciuto a una conferenza umanitaria indiana. Si era rivolta prima a uno psicologo, poi al centro antiviolenza perché il marito aveva atteggiamenti sempre più persecutori. 

I disturbi psichici

«Non abusi fisici, ma psicologici: il suo è uno dei rari casi di maltrattamenti, meno del 10%, in cui la violenza è frutto di disturbi psichici— spiega De Stefano —. Perseguitava non solo lei, ma anche altri, si contraddiceva, dava per certe cose che non erano mai accadute». Di recente le sue condizioni erano peggiorate: «Le aveva detto che voleva togliersi la vita, poi che avrebbe ucciso anche lei e le figlie». Jamir a febbraio si era decisa a denunciarlo. «Doveva trasferirsi nella nostra casa protetta con le figlie. Poi è saltato tutto». Proprio quella mattina i servizi sociali del Comune, visto il suo stato di salute, gli avevano imposto il ricovero con un trattamento sanitario obbligatorio. Era stato dimesso dopo 15 giorni, sembrava stesse meglio ma non era tornato a casa. «Jamir si era tranquillizzata e non si era più fatta sentire con noi» dice De Stefano. Invece lui l’ha convinta a seguirlo un’ultima volta.