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Ucraina: Andrea e Olja fuggiti dai bombardamenti a Kiev, raccontano come sono sopravvissuti PDF Stampa E-mail
Scritto da Rita Ricci   
Mercoledì 18 Maggio 2022 11:17

Roma- Ancora si combatte nel Donbass, la regione dell’Ucraina sud-orientale: l’area separatista del Paese già teatro di un’aggressione russa, nel 2014, mentre alcuni profughi riescono a sfuggire alla guerra. Tra loro, anche una famiglia italo-ucraina, che viveva felicemente a Kiev: Andrea 39enne, romano di nascita, con sua moglie coetanea Olja e i figli Hlib e Tania, di 15 e 4 anni.Protagonisti di una fuga rocambolesca, l’11 marzo sono riusciti a raggiungere l’Italia, dopo un viaggio itinerante e pericoloso; partiti in treno da Kiev, il primo marzo, si sono fermati a Rachni, un villaggio a 70 km dal confine moldavo, ospiti di parenti, per poi rimettersi in viaggio il quattro marzo oltrepassando il confine ucraino-moldavo a piedi e in serata quello moldavo-romeno in autobus e infine, dopo una sosta di pochi giorni, in aereo dalla Romania sino a Roma.Olja_e_Andrea.jpegHanno scelto di raccontare la loro esperienza all' "Eco di Caserta", al fine di aiutarci a comprendere lo scenario di guerra e la sofferenza che si sono lasciati alle spalle.La decisione di fuggire è stata presa dopo che a Kiev, già a fine febbraio, la situazione stava degenerando. « Nel nostro quartiere, sito nella zona del Politecnico a circa 3 km dal centro di Kiev, la notte più critica è stata quella tra 25 e 26 febbraio: si sono registrate sparatorie per le strade ed è stata colpita una struttura militare, a meno di un km dalla nostra casa. Soprattutto, di notte, si sentivano forti esplosioni a circa 15 km di distanza – la nostra abitazione è al 15° piano e le nostre finestre si rivolgono a nord est di Kiev, dove si trovano le tristemente note Irpin e Bucha - e il boato della contraerea. Ci siamo rifugiati in un parcheggio sotterraneo ed eravamo tutti increduli: si era psicologicamente preparati a un attacco a Est del Paese, non a Kiev. A inizio marzo, molti riservisti sono stati richiamati alle armi; intanto in consorzi privati non lontano da Bucha, famiglie sono rimaste bloccate, senza possibilità di essere evacuate, sino alla successiva ritirata russa di fine marzo».

Andrea_e_Olja_Roma.jpegChiediamo, inoltre, aggiornamenti anche su Mariupol, la città costiera martoriata dai russi e passata sotto il loro dominio.«È una città che conosciamo bene ed è considerata “la Taranto ucraina”, sede di impianti industriali e densamente popolata. Il teatro che hanno bombardato – spiegano Andrea e Olja - si trova lontano da qualsiasi obiettivo sensibile di valore militare… Gran parte degli ucraini, consideravano questa città a rischio sin dal primo giorno, sia per problemi di carattere logistico che geografico: perché troppo vicina al confine russo, alle autoproclamate repubbliche indipendenti e con una linea di rifornimento breve per i russi. Battaglioni, esercito e volontari che hanno combattuto a Mariupol sono considerati, da tutti, così come gli stessi abitanti, eroi e martiri, in quanto, pur sapendo di dover pagare un prezzo altissimo, in termini di vite umane, hanno resistito, impegnando le truppe russe ed impedendo a quest'ultime di partecipare su altri fronti e distruggere altre città».Tanta è ancora l’emozione che si legge negli occhi di chi è stato costretto a lasciare tutto in una notte: amici, lavoro e familiari. Ancora frastornati, seppur grati dell’opportunità di scampare al conflitto e trovarsi in Italia, anche grazie alla cittadinanza italiana di Andrea, che lo affranca dall’obbligo di leva.

Qui, a Roma, infatti, ancora risiede la famiglia d’origine Andrea, che lo ha aiutato a insediarsi e trovare un appartamento nel quartiere Trieste, dove è cresciuto. Raccontano i coniugi qual è stata l’accoglienza qui: «Grande è stato il sostegno, sia da parte di conoscenti e volontari anche della chiesa di quartiere: la S.S Trinità a Villa Chigi; supporto medico gratuito è stato offerto ai miei figli, sia da parte dell’Ospedale Bambino Gesù che dalla Croce Rossa, per quanto concerne le vaccinazioni contro il Covid-19. A scuola sono stati pensati percorsi ad hoc per mio figlio Hlib, che frequenta, da circa un mese, il liceo scientifico "Avogadro", dedicando una parte delle ore di latino allo studio dell’italiano, mentre la più piccola Tania è stata facilmente inserita nella scuola materna “Contardo Ferrini”».

Andrea, a Kiev, era un consulente legale e anche qui svolge la stessa mansione, seppur in misura ridotta; diversamente da sua moglie Olja, in patria, responsabile marketing nel settore farmaceutico e qui ancora in cerca di un’occupazione, nonostante la sua ottima conoscenza dell’inglese: «Frequento assiduamente la chiesa ucraina di Santa Sofia a Roma, dove sono attivamente impegnata e seguo corsi d’italiano e altre attività ricreative e di volontariato». Si evince dal suo sguardo nostalgico, il desiderio che questa guerra volga al termine, per poter ritornare un giorno in Ucraina, dove risiede ancora la sua famiglia. Chiarisce Andrea: «La gran parte degli ucraini - forse anche per l’incapacità di prendere davvero atto della gravità della situazione - vorrebbero tornare nel Paese e diversi, stimerei il 15% sono già ritornati. Da Kiev, mi riferiscono che nelle ultime due settimane, in tanti, sono rientrati. Ovviamente vi sono poche donne, molte delle quali si sono rifugiate all’estero e parecchi uomini: per lo più perché impossibilitati a uscire dal Paese. Si registra, inoltre, una scarsità di materie prime, di combustibili e prodotti alimentari: anche i risparmi dei singoli si sono erosi per far fronte a questa carestia».Per tutti, il sogno di un’Ucraina libera e ancora abitabile, dove poter, un giorno, rientrare per commemorare i tanti caduti per la libertà.